Lettura del Vangelo - Domenica 1a di Quaresima - Anno C

 

SCHEDA BIBLICA - 17

 

 

DAL VANGELO SECONDO LUCA (4,1-13)

In quel tempo, (1) Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, (2) per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. (3) Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane". (4) Gesù gli rispose: "Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo"".

(5) Il diavolo lo condusse in alto, e mostrandogli, in un istante, tutti i regni della terra, gli disse: (6) "Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. (y) Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo". (8) Gesù gli rispose: "Sta scritto: "Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai"". (9) Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei il Figlio di Dio, buttati giù; (10) sta scritto infatti: "Ai suoi Angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano"; (11) e anche:"essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piedi non inciampi in una pietra"". (12) Gesù gli rispose: "E' stato detto: "Non tenterai il Signore Dio tuo"". (13) Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

 

IL CONTESTO

Anche Luca, come Mc. e Mt., fa delle tentazioni un punto importante di tutta la vita di Gesù, però egli solo le estende a tutti i 40 giorni, mette come ultima la tentazione a Gerusalemme e aggiunge che il diavolo "si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato" (v. 13). Ciò significa che i 40 giorni nel deserto sono soltanto il primo round e che lo scontro finale avverrà a Gerusalemme durante la passione (22, 3.53).

Singolare in Luca è anche la collocazione del contesto: le tentazioni non seguono la narrazione del battesimo di Gesù come in Mc. e in Mt. ma la genealogia di Gesù che, nella sua forma ascendente, riporta all'inizio dell'umanità. Gesù, il nuovo Adamo, è tentato come ogni uomo nella concupiscenza della carne (1^ tentazione), nella concupiscenza degli occhi (2^ tentazione) e nella superbia della vita (3^ tentazione). Egli esce vittorioso per il suo attaccamento alla Parola di Dio.

 

L'ESEGESI DEI TESTO

v. 2: "Quaranta" è un numero simbolico per indicare un lungo periodo di tempo in mano a Dio. Gli ebrei e i giudeocristiani vi ricollegarono la memoria di avvenimenti storico-salvifici. Questi giorni trascorsi nel deserto si dimostrarono non solo un periodo di particolare vicinanza a Dio, ma anche di prova. Già nell'A.T. il deserto era il luogo dove si poteva incontrare Dio, mentre nella concezione di Lc. è anche il luogo dei demoni. Il tentatore si ricollega due volte alla precedente proclamazione della figliolanza divina di Gesù. Con la sua risposta, invece, Gesù si pone per tre volte nella tradizione della Scrittura. Le risposte infatti vengono prese dal Deuteronomio. Un altro parallelo con il vecchio testamento (Dt. 8,5): là Israele venne tentato come "figlio" e venne meno. Gesù invece rimane fedele e si dimostra il figlio obbediente al Padre.

v. 3: Il riferimento veterotestamentario ricompare nella 1^ tentazione. Israele nel deserto fu accompagnato dalla scarsità di pane, anche Gesù sente la mancanza di cibo. Astutamente il demonio prende lo spunto dalla fame per spingere Gesù ad abusare della sua onnipotenza di Figlio in proprio favore, distogliendola dalla sua funzione salvifica.

v. 4: Gesù respinge con superiorità questa profferta indicando che la parola di Dio è nutrimento. Egli si rifà a Dt. 8, 3b dove Mosé ricordò a Israele che fu Dio a sostenere mirabilmente il suo popolo. Questa azione salvifica di Dio ora trova il suo culmine in Cristo.

v. 5: La 2^ tentazione è collegata a un cambiamento di luogo. Mentre in Mt. 4,8 si parla di un alto monte, Lc. rinuncia a ogni localizzazione specifica. Il diavolo fa uso della visione simultanea di tutti i regni del mondo abitato quale stimolo per destare un'attrattiva di potenza politica.

v. 7: Gesù sarebbe così degradato al rango di messia politico, di un vassallo di satana, e tradirebbe quindi la sua figliolanza divina e la sua missione di salvatore.

v. 8: Gesù rifiuta decisamente la proposta e con Dt. 6,13 indica colui che è il solo a dover essere adorato: Dio.

v. 9: La scena della 3^ tentazione è Gerusalemme. Se le prime due tentazioni erano indirizzate a creare disobbedienza e caduta, quest'ultima tende a scalzare la base della fiducia nel rapporto tra il Padre e il Figlio.

v. 12: Di nuovo Cristo risponde con superiorità a questa sfida radicale. Egli si dimostra Figlio obbediente del Padre.

 

IL MESSAGGIO

I Vangeli sottolineano il legame tra il battesimo di Gesù e la tentazione a cui è sottoposto dal demonio: condotto nel deserto dallo Spirito ricevuto nelle acque del Giordano, Gesù viene messo alla prova durante il suo digiuno di 40 giorni.

Lc. coglie l'occasione per presentare, in un primo scontro, i due protagonisti di un dramma che raggiungerà il suo culmine "al tempo fissato", cioè al venerdì santo. Affrontando il demonio al l'inizio della sua vita pubblica Gesù fa vedere come intende la propria condizione di Cristo, figlio di Dio.

In che modo Gesù, secondo Lc., si presenta come Figlio di Dio? In primo luogo rifiuta di servirsi della propria potenza come di un potere magico e per fini egoistici. Definisce quindi la propria sovranità di Figlio nei confronti delle istanze politiche del mondo: la sua regalità è sottoposta unicamente a Dio. Infine, condotto a Gerusalemme per la passione, respinge l'idea di tentare il Padre esigendo una protezione particolare.

Lo Spirito quindi lo spinge nella solitudine, il luogo della esclusione, della necessità, delle difficoltà. Ritrovatosi solo, Gesù penetra così, all'inizio del suo ministero di salvezza, nelle fatiche, nelle difficoltà, nello stato di solitudine dell'uomo. Gesù si identifica con coloro cui indirizza la sua azione salvifica: con Lazzaro, con coloro che sono caduti in mano ai briganti, con i prigionieri, gli esclusi, gli affamati, gli ignudi, con gli abbandonati e i deboli di tutti i tempi.

Se non avesse condiviso personalmente fin dall'inizio il loro destino, come avrebbe potuto presentarsi loro come fonte di salvezza e di pace?

Gesù non si avvicina all'uomo dall'esterno come un "benefattore" superiore, ma dall'interno, come un fratello. Per questo motivo condivise totalmente, senza venir meno, il destino della creazione decaduta.

Le tentazioni quindi costituiscono il tentativo diabolico di farlo deviare dalla solidarietà di tipo verticale con il Padre, ma anche da quella di tipo orizzontale con la creatura sofferente; di farlo desistere dallo stare insieme a coloro che hanno fame e sete, di farlo passare dalle file degli oppressi alla parte dei dominatori.

Gesù non ha abbandonato il deserto, è rimasto in compagnia de gli uomini, per tutta la vita. Dal deserto al Golgota: Gesù è presente in ogni difficoltà dell'esistenza umana. L'uomo non è più abbandonato totalmente in potere delle forze del male.

Luca intende dunque presentare Gesù come modello ai cristiani, dato che la prova è la sorte quotidiana di tutti i battezzati.

Nella lotta che Gesù conduce contro Satana, il cristiano ritrova il suo dramma personale. Nel deserto Israele aveva dovuto scegliere: la Parola di Dio o la sicurezza politica ed economica? Dio o gli idoli? Accogliere Dio o esigere da lui dei miracoli?

Gesù fa sua tale visione delle cose, affermando così in che modo egli intenda essere "figlio" di Dio. Venir tentato non è semplicemente rischiare di essere sedotti dal male; significa essere messi alle strette per una scelta decisiva: o la sicurezza di una vita sistemata, o la totale fiducia in Dio, senza neppure sapere, come Abramo, dove vorrà portarci.

Ogni vita cristiana deve affrontare tentazioni più o meno radicali. Il culto del denaro, di cui si sente dire facilmente che "non puzza"; il potere politico, quando viene esercitato nel disprezzo dei diritti dell'uomo; lo sfruttamento della religione, quando la si riduce al ruolo di semplice strumento dell'ambizione umana.

Altrettante maschere sotto cui si nasconde un tentatore che non è mai così maligno come quando fa dubitare della propria esistenza.

 

 

LA CHIESA OGGI

Come Gesù anche la sua Comunità viene adescata e pressata a uscire dalla solidarietà con coloro che non hanno privilegi per poi agire nella zona di sicurezza del benessere come dispensatrice di elemosine. E poiché sono troppi coloro che cedono a questa tentazione, l'immagine della Chiesa rimane sbiadita, inefficace, non è in grado di dare impulsi sufficienti a curare radicalmente il male della nostra epoca e a guarirlo.

Non sarebbe il caso a questo punto di presentare in modo ancora più vivo e concreto la realtà della conversione dei cristiani nella Chiesa post-conciliare?

Il prendere in mano il "potere" fu in ogni epoca una pericolosa tentazione per ogni uomo; lo fu e rimane ancora tale anche per la Chiesa. La sua storia è piena di esempi impressionanti. Termini quali Cesaropapismo, clericalismo, ideologizzazione della fede furono spesso esasperati in modo antiecclesiastico, ma nascondevano sempre in sé una percentuale di verità.

All'inizio del periodo che prepara alla Pasqua dobbiamo riflettere seriamente sul come Gesù si presenta e su quali problemi la narrazione delle "tentazioni" ci pone.

Il mondo in cui vive Gesù non è un mondo sano, è piagato, in preda alla malattia, anche ai nostri giorni, perciò Gesù guarisce gli ammalati. È caratterizzato dalla fame, per questo egli spezza il pane. Si trova sotto il dominio dell'ingiustizia e della colpa, perciò egli invita a perdonare. Si trova sotto l'oppressione dei "potenti", perciò egli invita all"'impotenza" dell'amore. Rimane sotto il terrore della morte, perciò egli annuncia la vita.

Noi siamo la Comunità di Cristo, noi siamo la Chiesa. Se si osserva attentamente come pensano e come agiscono i cristiani nella situazione attuale, si noterà come in molti casi continua ad incidere un passato impregnato dalle tre "tentazioni".

Il Cristianesimo soffre ancora in molti dei suoi membri di una grande ristrettezza di vedute. Non ci siamo ancora liberati a sufficienza di molte forme di "potere". Ci manca un po' di quello slancio di solidarietà e adattamento che Gesù ha vissuto prima di noi.

La nostra riflessione e il nostro comportamento dovrebbero essere più protesi a ritrovare coloro che sono "isolati" ed esposti alle forze del male per riunirci e offrire loro dei segni di amore e di speranza. Gesù ha proclamato di essere dei fratelli, non benefattori. Questo è l'insegnamento che ha lasciato alla sua comunità.