Lettura del Vangelo - Domenica 2a di Quaresima - Anno A

 

SCHEDA BIBLICA - 36 -

 

 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (17,1-9)

In quel tempo, (1) Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse in disparte su un alto monte. (2) E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. (3) Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. (4) Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: "Signore, + v. è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia."(5) Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo." (6) All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. (7) Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: "Alzatevi e non temete". (8) Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. (9) E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti"

 

IL CONTESTO

Il contesto della nostra pericope ci dischiude il suo profondo significato teologico, è la chiave per interpretarne il contenuto. Anzitutto è da tener presente, nel contesto immediato, che l'episodio della trasfigurazione (17,1-9) è collegato con la confessione messianica di Pietro (16,13-20), l'annuncio che il Messia de ve soffrire (16,21-23) e l'insegnamento che il discepolo deve seguire nella passione (16, 24-28).

A questo punto inizia il nostro brano. Nell'orizzonte più ampio di questo vangelo ci troviamo nella parte in cui si parla della rivelazione del mistero del Messia (13,53-17,27), o meglio che la sua vita culmina nella passione. Sullo sfondo vi è l'idea centrale del vangelo di Matteo: Gesù viene rifiutato dall'antico Israele. Ora inizia a configurarsi il nuovo, vero Israele, la Chiesa, che compie la vera volontà di Dio. Qui, nel punto di passaggio a una nuova parte del vangelo di Matteo, si rivela ancora una volta in modo pressante, per mezzo dell'episodio della trasfigurazione, che Gesù è veramente l'atteso. Ora che il rifiuto è certo, che Gesù l'ha detto così esplicitamente, era necessario che si mettesse in discussione la sua realtà messianica. La risposta della trasfigurazione è: anche in quanto sofferente egli è l'atteso, anzi, ora dopo la svolta decisiva si presenta appunto in quanto Messia sofferente.

 

L'ESEGESI DEL TESTO

vv. 1.3 : Il primo evangelista, Mt. si ricollega a Marco e solo in pochi particolari alla tradizione di Luca. In Lc. il monte della trasfigurazione viene quasi a coincidere con il monte degli ulivi: Gesù sale con Pietro, Giacomo e Giovanni per pregare. I discepoli dormono. Mosè ed Elia parlano con lui circa la sua fine. Mt. invece vede semplicemente Gesù sul monte con i discepoli e Mosè ed Elia stanno solo "conversando" con lui. Si mette in rilievo la continuità tra antico e nuovo testamento.

vv. 2.5 : Lo splendore del volto che si mette in evidenza mostra la gloria di Dio in Gesù, quella gloria che si rifletteva sul volto di Mosè dopo che aveva incontrato Dio. (Es. 34,29s). Anche la nube accenna a questa vicinanza di Dio stesso. Si coglie a questo punto la linea che permea tutta la rivelazione: Sinai-trasfigurazione-ascensione-parusia. Anche nell'episodio della trasfigurazione in Mt. c'è il tema della passione. La voce della nube riferisce il testo di Is 42,1 che descrive il servo di Dio nella grandezza della sua vocazione. Si conferma così la necessità della passione che viene inserita nella investitura del Messia.

vv. 6-7 : In Mt. la reazione dei tre discepoli, a differenza di quanto avviene in Mc. e Lc, è esattamente identica a quella di fronte a una teofania dell'A.T. "Caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore". La teofania non avviene solo nella nube e nella voce, si realizza in Gesù.

vv. 8-9 : Alla fine dell'apparizione Gesù è nuovamente solo con i suoi discepoli. Gesù proibisce ai discepoli di raccontare l'apparizione finché non sarà risorto dai morti. Questa proibizione si trova anche in molti episodi di miracoli. Solo con la sua risurrezione Gesù vuol dimostrare di essere Signore del mondo e Figlio dell'uomo.

 

IL MESSAGGIO

La seconda tappa del cammino quaresimale ci presenta Gesù tra sfigurato sul monte. Più che un racconto da ascoltare, è un'icona da contemplare, come uno spiraglio aperto su un mondo divino e misterioso, vicino e nello stesso tempo molto lontano.

Per comprendere esattamente il racconto della trasfigurazione bisogna anzitutto collocarlo nel contesto: "Sei giorni dopo..." dopo che cosa? Dopo il primo annuncio della passione (Mt. 16,21).

 

IL "PROGRAMMA DI VIAGGIO

"Siamo a un momento decisivo della vita di Gesù. Dopo aver annunciato con le parole e con le opere il Regno di Dio, dopo aver condotto i suoi discepoli alla professione di fede ("Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio") Gesù ha incominciato ad annunciare la sua passione, morte e risurrezione.

Il "programma di viaggio" in direzione di Gerusalemme, in direzione della croce, ha lasciato senza fiato i discepoli. Costoro sono arrivati a scoprire l'identità di Gesù, a riconoscere in lui il Messia, ma trovano estrema difficoltà a seguire la sua strada. Rimangono come sgomenti di fronte alla prospettiva del Calvario.

Pietro, rappresentante di tutti, si è sentito in dovere di convincere Gesù a cambiare discorso, tanto quelle parole ripugnavano alle sue attese e speranze. "Inviato dal Padre", va bene. Ma dovrebbe essere secondo la loro mentalità un viaggio trionfale. Invece la prospettiva svelata dalle parole di Gesù è tutt'altro che esaltante.

Possiamo facilmente comprendere la crisi dei discepoli. Hanno abbandonato tutto per seguire Gesù; sperano che lui sia il liberatore, il salvatore. E adesso sentono parlare di passione e di morte; anzi, sentono dire: "Se qualcuno vuol venir dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Che linguaggio è mai questo? Chi può comprenderlo? Ce n'è abbastanza per spiegare le perplessità, anzi lo scandalo dei discepoli.

Non è questo anche il nostro scandalo? Chi di noi sa sopportare con fiducia il fallimento, la sofferenza, pensando che attraverso queste strade si compie la salvezza di Dio? Chi di noi non ha mai patito scandalo davanti alle sofferenze sue o degli altri?

In questo contesto di paura, incertezza, dubbio, Gesù inserisce una "pausa luminosa". Per aiutarli a superare lo scandalo della croce, fa gustare a tre apostoli un anticipo di risurrezione. Per incoraggiarli a "sopportare" le tenebre incombenti, fa balenare dinanzi ai loro occhi un guizzo della luce futura. In una parola, fa scorgere ai suoi amici "l'al di là" della prova imminente.

Vediamo di cogliere, nella ricchezza di questo episodio, alcuni elementi significativi per la nostra avventura cristiana.

 

IL MISTERO DEL CRISTO

È un mistero che ha, per così dire, due facce, una luminosa e l'altra oscura: croce e gloria, abbassamento ed esaltazione, debolezza e potenza, fallimento e trionfo.Tutta la pedagogia di Gesù nei confronti dei discepoli è consistita nel far loro accettare il "passaggio" obbligato. Alla gloria attraverso la croce, alla luce della Pasqua attraverso le tenebre del Venerdì Santo, all'esaltazione attraverso la sconfitta.

Anche per noi, bisogna ammetterlo onestamente, è difficile accettare questo "passaggio". Siamo d'accordo sul punto finale, ma abbiamo parecchio da ridire sulla strada scelta dal Cristo per arrivarci. Difficile "digerire" la sapienza di Dio che si manifesta nella stoltezza della croce.

Eppure dobbiamo convincerci che non basta rispondere con esattezza - come ha fatto Pietro - alla domanda sull'identità di Gesù. Occorre pure accettare il suo itinerario, farlo nostro. Il mistero del Cristo va accolto nella sua totalità sconcertante. Non è lecito, privilegiare la "faccia" che più ci è simpatica, che risponde ai nostri gusti, accantonando l'altra.

Il cristiano sa riconoscere sia nel "Trasfigurato" come nello "Sfigurato" il Figlio di Dio che chiede di fidarsi di lui di non esitare a ripercorrere la sua strada.

 

LA MONTAGNA

Seguiamo allora Gesù, su un alto monte, in disparte. La montagna è il simbolo per eccellenza della vicinanza con Dio. È il luogo abituale delle rivelazioni divine. È sulla montagna che a Mosè ed Elia - il liberatore e il profeta contestatore - è stato fissato l'appuntamento con Dio.

La montagna, per noi, significa la necessità di prendere la di stanza, interiore, dal nostro universo quotidiano, dai nostri affanni, dalla nostra agitazione. "In disparte", lontano dal frastuono, nella calma della preghiera, in uno spazio di silenzio, ritroviamo noi stessi e percepiamo quella voce che ci interpella.

 

LA VOCE

Il punto culminante del racconto della Trasfigurazione è il rii suonare della voce: "Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo". Come nella scena del Battesimo al Giordano, all'inizio della vita pubblica, anche qui, alla vigilia della Passione, la voce esprime il riconoscimento del Padre.

"Ascoltatelo"! È importante questo comando. Il discepolo non è l'uomo delle visioni, ma dell'ascolto. Non si tratta di vedere, toccare il Signore. È essenziale ascoltare la sua voce, prendere sul serio il suo messaggio, lasciarsi mettere in discussione dalle sue parole. Ascoltare per prendere coscienza dei compiti che ci vengono assegnati, realizzare il progetto di Dio su di noi e sul mondo.

Anche il cristiano partecipa alla Trasfigurazione. Pure il suo volto, la sua vita può subire una trasformazione radicale. Questa è frutto di un ascolto assiduo della Parola.

 

LE TENDE

"Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende...". La proposta di Pietro esprime un duplice equivoco. È il tentativo di accaparrarsi Cristo, piegarlo alle proprie esigenze e comodità, limitarlo nella sua missione. Inoltre Pietro confonde la pausa con il finale. Vorrebbe prolungare all'infinito quell'istante che invece dovrebbe servire a mettere in cammino.

Anche noi, come Pietro, vorremmo "eternizzare" il riposo, la contemplazione. È bello rimanere nella "luce". Invece bisogna ridiscendere.

La montagna è bella. Ma il luogo del nostro vivere quotidiano è l'asfalto, con la sua noia, la banalità, la fatica, le contraddizioni, il peso del lavoro, il fastidio di certi incontri. La fede è impastata di luce e di oscurità. Di certezze e di dubbi. Di sicurezze e incertezze. Di consolazioni e "tormenti".

Il cristiano è uno che ha bisogno di "assentarsi", di salire sulla montagna. Ma è uno che soprattutto il coraggio di riguadagnare la pianura. Il cristiano cerca la luce perché non è soddisfatto del proprio volto. Per questo intende sottoporlo alla luce del volto di Dio.

Ma quando dalla nostra faccia, cominciano a cadere i segni della paura, dell'egoismo, della pigrizia, dell'indifferenza, della durezza, della "furbizia", dell'interesse, dell'orgoglio, allora dobbiamo tornare col volto finalmente "guarito", per non deludere le attese degli uomini.