L'intrepido giornalista...

L'ascensore era molto grande e certamente, avrebbe consentito alla squadra giornalistica di raggiungere tutti insieme e in un solo viaggio, il nuovissimo, attrezzatissimo, efficientissimo, e chissà quanti altri 'issimo' reparto del più grande ospedale della città. Quanto ad attrezzatura, la troupe [francesismo(forse) italianizzato] non era da meno: tre telecamere, uno studio mobile e la possibilità di avvalersi del satellite, anche lui nuovissimo; tra l'una e l'altra novità, c'è da segnalare l'impiego, come corrispondente esterno, di un giovane cronista [l'intrepido, per l'appunto].

L'ingresso nella sala adibita a ricevitoria avvenne in maniera caotica e rumorosa: due operatori, un tecnico di ripresa e la segretaria addetta alla vigilanza accompagnavano il giovane autore, l'intrepido. Semplice, superare gli ostacoli: sia quelli fisici sia quelli 'personali', l'infermiera dell'accettazione mostrò una certa irritazione, sulle prime, salvo attenuare le proteste dopo aver sentito la qualifica: SIAMO DELLA TELEVISIONE. Bastava dire così: formula magica del tipo 'apriti sesamo', e tutte le porte si aprono, incredibile, ma vero. Se superare il divieto, più che altro morale ed etico, dell'ingresso non impegnò più di tanto i giornalisti e l'intrepido, loro capo. il percorso che portava alla meta, il reparto lassù in cima, all'ultimo piano, era irto di difficoltà: pazienti quì, là e gente che la pazienza l'aveva persa da tanto. in un modo o nell'altro eccoci all'ascensore e tutti dentro ovviamente.

La prima cosa da fare, seguendo il programma già stilato e riportato nel fogli che l'intrepido trasse dalla tasca del soprabbito, era riprendere la vetrata che introduce al reparto.
"Allora siamo d'accordo - disse l'intrepido - iniziamo a 'filmare' la rampa di scale che porta al reparto, in alto c'è il nome del primario e della malattia, poi, sul fianco, dicono ci sia una statua, se è un'opera originale, dovremo soffermarci".
Un piccolo sorrisino, lampeggiò nei volti degli operatori: la parola 'soffermarci' si era, curiosamente, sovrapposta all'atto di arresto dell'ascensore. E dunque, dispostisi tutti in maniera adeguata le su dette operazioni ebbero inizio: il ronzio della cinepresa sui gradini e poi su su fino ai titoli, posti a mò di insegna, della vetratta-ingresso, quel primo rapporto cinematografico si concluse sulla piccola scultura, strana e un pochino incomprensibile: pareva un fungo atomico; sotto la figura, vi stava scritto, in latino
QUI' PUSINAS ET TRODDiOS AC VOLUNTAS.
il 'video' venne commentato, e molto bene dall'intrepido.
"Ci troviamo di fronte al nuov...[non è il caso di star lì a ripetere gli 'issimo'] reparto dell'osped... [nomi e indirizzi di poco conto] fortemente voluto e giustamente realizzato, potrà ospitare 20 pazienti, persone che purtroppo soffrono a causa di un disaggio che si manifesta non solo fisicamente: diciamo pure così; ma anche oppure soprattutto, nella vita di relazione: l'AEROFAGIA".

L'ingresso nel reparto. i giornalisti, e questo và a loro grande merito,tennero un atteggiamento correttissimo: entrarono in punta di piedi, come si suol dire, e mostrarono una notevole sensibilità per coloro che vivevano l'infelice situazione.
I malati, dico tutti, non sono degli individui perennemente tristi perchè afflitti, nel corpo e nella mente, da un male.
I malati sono persone allegre e gioviali e chì di loro, conquistata una certa confidenza con la propria malattia, è di una simpatia ed unica persona: ride persino di se.

Come da programma la troupe televisiva cercò di mostrare, e dunque, visionare, riprendere il reparto: l'organizzazione del personale sia medico che paramedico, le disposizioni, la dinamica d'azione. il personale infermieristico era perfetto: rapidi, prontissimi, preparati per poter, nel migliore dei modi, fronteggiare qualsiasi evenienza e tutti gli operatori, potevano vantare una notevole preparazione specifica in materia. il vestiario era semplice: camice color cacchi, stetoscopio, alcuni oggetti non facilmente identificabili, parevano dei tapi, e una maschera sul volto che dicevano gli infermieri fosse efficacissima. Nel mentre la telecamera mostrava queste immagini una voce fuoricampo [al di fuori del campo d'azione della telecamera] commentava bellamente, e che paroloni, quanti elogi, quale entusiasmo: bravo quì, bene là, ottimo e straordinariamente positivo questo. Le interviste ai medici non sono da meno: tante belle parole; dottori al limite dell'eroismo e quindi, i chiarimenti sull'importanza del reparto, il prestigio dell'intero complesso ospedaliero e le annotazioni sui degenti.
"Dottoressa, perchè questo reparto".
"Perchè la malattia, quì in italia, è in costante aumento; non se ne conoscono le cause, è tutto allo studio, ma aspettando le risposte dei ricercatori bisogna premunirsi. L'aerofagia è un grosso problema che può portare a gravi conseguenze".
"L'aerofagia è in aumento quì in italia, ma perchè il reparto è stato fatto quì e non nelle città più grandi: nei grossi centri".
"Perchè, dalle recenti statistiche, si è stabilito che il problema è maggiormente diffuso quì piuttosto che altrove, sà com'è, la situazione politica; pare che i politici siano soggetti a rischio".
"Tralasciamo i soggetti a rischio e occupiamoci dei pazienti autentici, che può dirci di loro, dottoressa".
"Bene, le devo dire che, personalmente, sono entusiasta del loro... Atteggiamento di vita: sono persone simpaticissime e cordiali, brava gente...".
"Non a caso sono italiani" - interruppe l'intrepido: sempre più a suo aggio.
il gelido sorriso della dottoressa chiarì, al giornalista, intrepido, che l'interruzione, con quella scialba battuta, era fuori luogo. Ella riprese:
"i nostri pazienti sono divertenti, ricchi di fantasia. Li intervisti... Vedrà, constaterà lei stesso".
"Posso intervistarli, me ne dà licenza...?0".
"Certo, faccia... Faccia pure. Purchè, questo è un consiglio non un avviso: non ci sono cautele particolari da prendere; non produca in loro una forte reazione emotiva, insomma deve fare in modo che i pazienti, al cospetto della cinepresa, non si emozionino".

L'intrepido giacchè intrepido ascoltò attentamente ciò che, un istante dopo, dimenticò e con fare a dir poco dissennato: entrò in una camera del reparto, ando nel centro della camera e disse
"bene, bene, chì intervistiamo per primo?";
diceva, l'intrepido pazzo [o forse con la 'c'], queste parole mentre, roteando sulla mano destra il microfono e addittando con la sinistra; ruotava su se stesso, di modo che tutti i pazienti potessero vedere il cono microfonico e venissero indicati dalla mano dell'intrepido... Lo sciagurato non si rese conto che proprio quelle parole avrebbero determinato la temibilissima reazione emotiva.
E così, il primo a destra, indicando, probabilmente, il più ciarliero: "pri... Pri"; e questi di rimando: "prrrrrrr... Splat.... Prri... Pufs"; si fà sentire quello al centro: "prot... Prrrrr... Prrrr... Pufs-Pufs"; come un temporale lontano che, rapidamente, si avvicina e ci raggiunge la... emozione degli aerofagici cresceva, tumultuava, rombava, tuonava: "brrrrrummm... Ta-ta-ta-ta-ta... Prrrrr... Splasc... Sprit..."; e poi ancora, la camerata in preda ad un irrefrenabile 'auto_sciogli_lesionismo: "ta-ta... Prroo... rrrrrrr tasss... Brroomm... Ffsss... Plat_plat... Bbrou_brou_brou..."; e c'è pure chì "Prrrrrrrrrr..rrrr..rrrrrrr" in piena crisi urla [senti quanto urla] e maledice [meglio tralasciare]; la corsia è ormai incontrollabile, gli infermieri giunti in gran numero portano fuori l'intrepido, sotto shock, che, un pò molle sulle gambe, ha bisogno urgente di aria: il terrazzino sul tetto è tutto suo.

Ripresosi l'intrepido, con i suoi collaboratori torna alla carica e deciso ad effettuare l'intervista con i degenti, quantomeno con uno di essi, si infila in una camera del reparto; pronto a tutto. Si tratta della camera singola, nel momento dell'ingresso del caro, anzi no!, carissimo intrepido, il dottore, di manifeste origini tedesche, realizza un complicato esperimento che lui stesso appella: 'il beneficio degli opposti'. Così spiega al nostro
"Penzo che malattia sia reazione per ambiente. Magna esplosione di energia non utilizzata, ja, corpo afere dentro, tanta forza und corpo dofere sprigionare altrimenti questa tanta forza, perchè forza accumula et fà... quello rumore, ja".
Parlava con enfasi e oltre tutto, gli occhi, parevano scintillare a causa del brillio, ottimo dottore, trasandato nel vestire e un pò matto per via di quelle idee strambe, soprannominato, il nazista: aveva sempre un espediente da comprovare. Continuò nella spiegazione
"Penzo che se noi costringere corpo, impiegare sua tanta forza, noi afere corpo senza più forza, ja', e corpo senza più forza non fare... esplosione di rumore, ja'".
E si, il ragionamento non fà piega - penso l'intrepido - che ormai ragionava tedesco o quasi.
"Fin quì dottore è tutto giusto, ma come possiamo costringere il nostro corpo a consumare l'energia eccedente"
, disse il giovane, intrepido, cronista.
"Ciusto - rispose il 'doicdoc' -, ora io te spiega, ja'. Corpo finisce energia, se corpo spende energia per evitare rumore".
"Certo, certo, ma come costringere corpo"
ormai anche il nostro parlava masticando le parole, soggiogamento o stupidità? Impietosito, il dottore procedette ad una ulteriore spiegazione
"noi, ora dare faggioli paziente grave malattia, lui, paziente, spende energia per evitare rumore und non afere più, dentro suo corpo, forza che esplode, ja'".

il viso ovale dell'intrepido, mai come adesso, mutò, così rapidamente colore, assumendo via via le colorazioni meno vivaci, anzi, per dirla meglio, perdeva, istante per istante, la sua vitalità. Muto e fisicamente distrutto, sentiva, come voce lontana, le spiegazioni del dottore. E, nella stessa maniera, come rombo lontano, sentiva i piccoli rumori prodotti dal dottore nell'espletare quelle operazioni, attentamente seguite dall'intrepido, che il dottore aveva bravamente spiegato. Oh beh, come rombo lontano, proprio no! in vero, il rombo, diventava sempre più grande, come un rotolio o per meglio intendere, una valanga, magari nemmeno tanto piccola e più, direi, anzi, potrei dire... Un tuono molto forte e... Magari, lo si potrebbe definire: un jet che passa lassù... No, meglio dire quaggiù... Una scossa di terremoto con epicentro l'ospedale. AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH l'urlo disumano dell'intrepido fù l'ultima annotazione prima della... Eruzione, una scorreggia così grande non la si può neanche raccontare: il boato si avvertì a decine di chilometri di distanza e per quella giornata, in città, il sole apparì velato. Gli strumenti di rilevamento sismico impazzirono e i satelliti, in quota, scattarono tantissime foto su una massa nebulosa: non diversamente identificabile; che si innalzò verso il cielo in forma di fungo. Le televisioni di tutto il mondo si collegarono alla famosa CNN che, in diretta via satellite, documentava lo strano e... un tantino puzzolente, fenomeno; ovviamente, oltre alle notizie e i dati di fato inappellabili, c'era chi, cretino, azzardava ipotesi più o meno macchinose: si diceva, quasi dappertutto e diverse volte, fosse esplosa, in italia, una bomba chimica frutto di ricerche, in campo bellico. Venne allertato lo stato maggiore e l'esercito italiano, ma subito dopo si capì che le notizie su una possibile guerra chimica, erano false e tendenziose, conseguenza del clima politico_amministrativo che regna nel nostro bel paese. Un pò alla volta venne a galla la verità; la CNN, notissima rete televisiva americana, si diresse,lei e tutte le televisioni ad essa collegate, all'ospedale: in fondo, anche se non si tratta di un conflitto, la notizia và approfondita e valutata, non perdiamoci possibili analisi; in vero, l'idea di una guerra chimica, facendo esplodere un'ordigno 'putridamente economico': basta un aerofagico e una scattola di faggioli; non è male. Gli americani raggiunsero l'ospedale prima dei magistrati italiani, attardatisi per aprire un'inchiesta, l'ospedale era stato evacuato per timore di... secondi brontolii. Si sentiva nell'aria, oltre al puzzo caloroso e fortunatamente, in via di dissoluzione, una lieve melodia: era l'intrepido; vittima di una crisi mistica non connetteva. Era conciato proprio male, povero intrepido, ustioni sull'ottanta per cento del corpo, ed uno shock terribile. Quando la troupe americana entrò nel reparto grandi ustionati, laddove portavano il cronista intrepido, ebbe appena il tempo di azionare la cinepresa e mostrare, al mondo intero, l'eroico giornalista: il viso era viola, gli occhiali sciolti ed appicicati al viso davano l'impressione di una macabra festa mascherata, i capelli ancora fumanti, si mostravano a chiazze, zozzi, infangati, davano l'immediata impressione fossero luridi, era adagiato su una sporca e sgangherata carrozzella. Le ante della porta, del reparto, si chiusero sù quella desolazione mentre dal povero intrepido cadeva l'orecchio sinistro e la caduta, dovuta all'eccessivo rumore sopportato dall'organo uditivo, simboleggiò la disfatta cronistica sottolineata, la caduta e la disfatta, da un piccolo, breve, sommesso ahia.

Giancarlo Fenu

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