il topone...

Avevo visto alla televisione un qualcosa di simile: molto simpatico, ma come spesso accade, avevo poi dimenticato quella curiosità ovvero giochetto; il tempo che passa, aldilà del fatto che porta con sé ed in sé tanti e tanti guai, provvede alla obliterazione delle altre, soprattutto le piacevoli, cose. Un pò come: uno studente pulisce e cancella, elimina dalla lavagna ciò che in essa stà scritto al fine di avere a disposizione dello spazio, netato, dove poter scrivere, il tempo annulla i ricordi meno importanti per poter incidere [scolpire] nella nostra mente [anticamente: tabula rasa; lavagna(?)] fatti e vicende più recenti e con tutta probabilità, meno ridanciane.

Purtuttavia la mente non realizza l'eliminazione,come dire, totale del ricordo, lo propone in secondo piano: sopito non annientato. Ci rendiamo conto di questo qualora una vicenda simile, una particolarità oppure una persona risvegli in noi l'esperienza dismessa e 'incantinizzata'. E' quello che, fra capo e collo, é successo a me, proponendomi sia la riflessione sulle capacità mentali: delle quali ho già detto; sia il ricordo che, adesso, andrò a descrivere.

E' tanto che partecipo ad un incontro tra giovani: simpatico, accattivante, talora persino divertente; una piacevolissima riunione insomma: si parla di tante cose, si argomenta sui fatti in generale ovvero su alcune vicende personali; un modo come un'altro per conoscere e farsi conoscere, scambiarsi opinioni e pareri, essere più uniti, legati da vincoli che rasentano la complicità ed inoltre, seguendo la moda attuale che prevede nei giovani una capacità d'insieme, si dovrebbe dire: non è solidarietà o meglio non solo, non così poco, é voglia d'unione e d'amicizia, desiderio insopprimibile di familiariarità e fratellanza.
Oltre a me partecipano in tanti.
Taciturno e poco disposto ai facili entusiasmi dati da potenziali risoluzioni dei miei problemi e guai, mi tengo in disparte: schivo, riservato e, ammetto senza crearmi pensieri, spesso evito, rinuncio ad intromettermi nella disputa;diciamo pure che spesso e volentieri,sui discorsi glisso.

Da un pò di tempo sono attratto da un giochetto, delle cui origini televisive ho annunciato poco sopra. Ogni essere umano ha un simile nel mondo animale, che sò: un uomo leone, una uomo cammello ecc..., la somiglianza sia chiaro, non è un parallelo caratteriale, bensì una identità fisica. In tv si aveva, come base di partenza, un volto: immagine o caricatura; di un animale quindi dopo pochi ritocchi si aveva o meglio, scaturiva dalla figura di partenza il volto: immagine o caricatura; di una persona [in questo caso, è ovvio: la raffigurazione di un personaggio famoso]. L'esperienza televisiva mi ha indotto a riproporre, in questa circostanza (nella riunione) il gioco: mentalmente intendo, non avevo la disponibilità dell'interattività visiva né la possibilità della correzione virtuale. In verità, per quanto il mio giochetto potesse essere assimilato al corrispettivo televisivo si avevano notevoli divergenze legate alla qualità mentale: soggetta a traduzioni improprie perché basate sulla simpatia e all'inverso, antipatia personale; ed inoltre, diviene difficile attribuire e slegare le rappresentazioni create dall'idea personale che si ha dell'interessato.
In pratica: sapere che di una certa persona si affermava fosse un gran vigliacco, finivo per affibbiargli, come discendenza animale, un verme. Al limite svariavo sulla famiglia, ma l'idea di fondo era quella, un verme era ed ad un verme doveva essere approssimato. La mente e i suoi calli! ... Non divaghiamo.

Arrivo, mi siedo e aspetto; bisogna avere un pò di pazienza, aspettare che l'atmosfera si riscaldi [a volte bolle troppo, e male, le raffigurazioni non riescono], il discorso iniziale e via si parte e parto anch'io: la sulla mia destra, Gilda parla, parla sembra un canarino, ma non somiglia affatto all'uccellino in questione; alta e magrolina si direbbe una giraffa oppure uno struzzo: ma i lineamenti del volto non coincidono; gli occhi grandi bellissimi: paiono richiedere tenerezza; e quei rigonfiamenti della mandibola: belli eh!, non c'è che dire; è un cerbiato, senz'altro. Subito dopo aver individuato la 'origine animale' della persona presa in considerazione procedo alla trasformazione e dispongo, mentalmente, il necessario: il viso dell'animale e le matite che più virtuali di così non possono essere; la traduzione si compie in brevissimo tempo, credo, la velocità, sia dovuta all'arte cerebrale in grado, dopo essersi proposta dei fini, di realizzarli facilmente nell'astratezza dell'immaginazione.
Il lavoro compiuto m'impone, mi costringe a riflettere sull'opportunità di proseguire, non perché il tutto potrebbe portarmi ad errori clamorosi, in fin dei conti è solo un giuochino, peraltro, pure segreto, ma per ragioni di 'eccesso del giusto'. Meditazioni che tento di ricacciare, ma tante che più le affosso e più riemergono: vivaci e ... Più arrabbiate di prima.

Ma i pensieri, truci, si sono affollati nella mia mente quando ho applicato il giochetto ad un ragazzo un pò 'strano', erano dubbi e perplessità di ordine morale ed etico: mica da niente. Entra si siede, piccolo e silenzioso si acquatta in un angolino come un topolino, timido non si muove e cerca disperatamente di non fare rumore: starà aspettando che i gatti vadano via - penso; nel pensare mi sorprendo, sento le sue prime parole: ha un leggero difetto di pronuncia come la 'r' moscia, ma diverso non così distinto, caratteristico, indistinguibile: come fosse un suono più forte di un rantolio ma meno cupo e chiuso nella tonalità; a me pare lo squittio di un topo innamorato, l'imitazione umana, insomma, per non dire delle parole: pare il tentavo di articolazione linguistica di un topo [un topo che cerca di parlare]. Mi dico e mi ripeto che sbaglio nell'impostazione: invero la trasmutazione o traduzione che dir si voglia non vale se realizzata sulla base di sembianze corporali, deve essere il volto a somigliare; rasserenato da ciò mi slancio nell'osservazione del viso, con grande entusiasmo devo dire. Naso piccolo e poco appariscente, occhi rotondi, veloci e furbetti, baffetti corti e minuti in cima ad un musetto sporgente, capelli radi color topo: MA QUESTO E' UN TOPO!!! Non riesco a crederci: stò descrivendo un topo, viste le dimensioni, un grande topo. Non ci sono ritocchi da fare, la figura è già costruita, nessun angolo da smussare, un minimo, insignificante filino da correggere ed adattare, niente, non c'è niente di fuori posto, è proprio un topo. E poi parla, reagisce, guizza, salta, è velocissimo, imprendibile; le sue grida, gli urli, gli squitti, scappa..., lui contro tutti noi, eccolo... preso..., è in trappola ormai.
Penso di non poter più giocare, capite! Tutte le difficoltà morali per non parlare delle implicazioni etiche, il problema psicologico. Non mi và e non voglio proseguire, che direbbero di me: durante i convegni pensa alle trasformazioni animale_uomo; ma non è per questo, magari, gli altri, sapessero mi capirebbero, potremmo persino farlo insieme: grande gioco di società; no, non penso al 'che direbbero', mi dispiace per il topo... voglio dire per il ragazzo: certo che è incredibile, non mi è mai accaduto, facevo delle ipotesi, e poi le correggevo, ma un topo dall'inizio alla fine, dall'ipotesi alla stesura definitiva; e poi, la completezza che sà di straordinario e terribile allo stesso tempo: il passo lesto, il carattere timido, la furtività, il rannicchiarsi in un angolino ed il viso, per giunta, piccolo e rotondo, il muso, i baffi, i peli... e l'odore!? - da topo, forse adora il formaggio e... basta - basta!!! Non nè posso più,

capite adesso: il mio dramma; non era un gioco, un innocente gioco; non era un tradurre ovvero trasformare, io ho svelato il trucco, eliminato la patina, scoperto l'arcano, tolto la maschera. Ho rischiato la follia; lui era un pensiero fisso per me o meglio, il suo aspetto 'topesco', e quella figura così strana mi affascinava e provocava in me vampate rabbiose allo stesso tempo; irritante ma attraente si potrebbe dire: attraente nel senso che la sua presenza fastidiosa faceva da contraltare alla sua assenza spiacevole; una sorta di Pasqualino settebellezze [tanto brutto da sembrare bello]. Lo vedevo passeggiare e ne seguivo con lo sguardo gli atteggiamenti: si liscia i capelli, mette a fuoco le figure, si strofina il naso_muso, fiuta l'aria e sente che non c'è pericolo e passeggia furtivo e attento; questo è un topo, un grande topo, un topone. Incredibile e pazzesco.

Non è giusto, e poi questo ragazzo... a già, non vi ho detto come si chiama nè cosa fà: il suo nome è Jerry e cerca disperatamente una topina.

Giancarlo Fenu

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