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Aleida Guevara

 

Intervista a Aleida Guevara in occasione della commemorazione della morte del Che a Collegno (To)

D. Aleida, sembra che quando tu sei nata tuo padre non fosse contento perché ad una bimba avrebbe preferito un maschio. Poi, quando ti ha visto, ha cambiato idea? - Sin dalle prime battute Aleida ci cattura per l'umorismo del suo narrare.

R. Si, è vero, desiderava avere un maschio.
Nei giorni che precedettero la mia nascita mio padre era in visita a Parigi. Si racconta che al Louvre chiedesse alla Gioconda cosa mai sarebbe nato. Da li a poco un telegramma: un amico da Cuba gli annuncia il lieto evento con queste parole: "sei fottuto è nata una femmina!". La sua risposta all'amico fu: "fottuto sei tu che non ne hai nessuno"; e alla mamma scrive: "visto che è femmina, buttala giù dal balcone".
Naturalmente, femmina o non femmina, tornato da Parigi, come prima cosa espresse alla mamma la voglia che aveva di vedere "la sua ciabatta" ("ciabatta" si dice affettuosamente della bimba appena nata); al che mia madre rispose : "non c'è, l'ho buttata dal balcone".
Per quanto desiderasse un maschio mio padre fu comunque molto felice di avermi.

D. Dei ricordi dell'infanzia con tuo padre, cosa ti è rimasto particolarmente impresso? Quale momento vissuto insieme ti torna alla mente quando lo pensi, adesso che sei adulta?

R. Ricordo quando la sera mi sollevava dal suo letto dove ero rimasta addormentata accanto alla mamma, aspettandolo, e mi portava nel mio. Per quanto cercasse di essere delicato, io sentivo le sue braccia, e il bacio che mi dava, e l'abbraccio tanto stretto che mi svegliavo. La sua figura nel buio mi spaventava. Questo ricordo mi è caro. Non è un caso che io oggi faccia lo stesso lavoro con mia figlia: l'abbraccio forte e la bacio fino a svegliarla.

D. Quasi sempre ti viene chiesto di tuo padre. Ma cosa dici di tua madre?

R. Mia madre non è una donna molto speciale. Amò straordinariamente mio padre, ed ha sempre cercato di fare quello che a lui fosse gradito.
Quando si conobbero lei era una donna valorosa e combatteva in clandestinità. Di lei mio padre diceva che aveva cercato di farlo innamorare subito avendo indossato dei pantaloni color rosa tanto aderenti che, nel montare a cavallo, quella volta si ruppero. Mio padre la canzonava per questo, dicendole che i pantaloni non contenevano il suo gran culo, e non le credeva quando diceva che un comunista anche a Cuba non poteva essere visto di buon grado. Del resto lei ebbe presto modo di cambiare opinione sui comunisti. Non tutti sono cattivi, e mio padre era un uomo molto umano. Di lei posso dire che, d'allora, combatté a fianco di mio padre, e fu con lui a Santa Clara.

D. Adesso Aleida, una domanda che rievocherà momenti tristi. Ti chiediamo scusa in anticipo. Oggi siamo qui a Collegno a commemorare la morte del "Che". Cosa ricordi tu di quel giorno? Come hai appreso la notizia?

R. La notizia ci venne data, ero assieme a Hildita, da mia madre anche se a prepararci era stato Fidel, Quel giorno ci mandò a chiamare, a me e Hildita, e ci consegnò una lettera di nostro padre. Papà anticipava gli eventi. Ci esortava a non piangere per lui perché, diceva, non si piange per un uomo che muore come vuole morire. Ci impegnava con la nostra parola di rivoluzione. Fu mia madre a finire di leggere la lettera, e quando ebbe finito io mi resi conto che allora per tutto il resto della mia vita non avrei più potuto pronunciare la parola "papà". Questo mi commosse e mi si bagnarono gli occhi. Poi pensai a Fidel come ad un padre, e a quanto mi era stato detto. Esortai mia madre a non piangere ripetendo quasi meccanicamente le parole di mio padre. Lui era morto come voleva, e non si piange per chi muore combattendo.
E questo ci aiutò a tirare avanti.

D. In tre parole, ci puoi dire cosa tuo padre ti ha trasmesso?

R. L'amore per gli uomini, la consegna totale all'essere umano e il desiderio di essere sempre migliore.

intervista di Sara Leonardi