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Un posto attraente, solo questo?
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novembre 2002 I Caraibi tentano di dar corpo al Mercato Unico ed
Economia Caraibica (MUEC), per cui recentemente il Ministro degli Esteri giamaicano,
Kenneth Knight, ha promosso di fronte alla Comunità dei Caraibi (CARICOM) la
conformazione di questo strumento, "necessario di fronte alle sfide della
globalizzazione".
Previsto per dicembre 2005, il MUEC ha tra le sue aspirazioni quella di essere un
istituzione solida in vista dellArea di Libero Commercio delle Americhe (ALCA),
promossa dallAmministrazione statunitense, dove i meno sviluppati resteranno in
svantaggio rispetto a prosperi sviluppi come il Canada e gli stessi Stati Uniti.
"Lintenzione del MUEC, ha detto Knight, è quella di rafforzare la zona con una
rete di accordi di libero commercio e di associazioni con paesi vicini e con
organizzazioni internazionali di fronte a quello che si intravede con linizio della
creazione dellALCA".
Allo stesso modo, i paesi caraibici hanno realizzato passi comuni nei sistematici incontri
dei 16 paesi membri del Forum del Caribe (CARIFORUM) e nel suo processo di
ristrutturazione, che prevede la creazione di una segreteria tecnica con la comunità
anglofona (CARICOM).
Il CARIFORUM è un elemento fondamentale della cooperazione tra le nazioni integranti e
contribuisce abbondantemente a rafforzare il potere di negoziato di piccole economie.
Una delle preoccupazioni latenti di questa organizzazione è nella riduzione
dellaiuto dellUnione Europea, compromesso dallAccordo di Cotonou, che
dei 90 milioni di euro ne ha fornito solo 57. Questo aiuto è imprescindibile per il
decollo regionale dellindustria del rum, come pure per il progresso di nazioni come
la Guyana e il Suriname in materia di coltivazione, trattamento ed esportazione del riso.
Tuttavia, con il mondo di oggi il nostro continente si sta lasciando dietro la sua
"dipendenza" dalle sue attività tradizionali intraprese nellagricoltura e
nella pesca.
Unanalisi della Commissione Economica per lAmerica Latina e i Caraibi delle
Nazioni Unite (CEPALC) indica che cè stato un cambiamento significativo nei
disimpegni insulari dove i servizi hanno rappresentato nellanno 2000 il 47 % del
Prodotto Interno Lordo (PIL) della Comunità dei Caraibi.
I servizi comprendono attualmente tra l80 e il 90 % del PIL e dellimpiego
delle piccole economie e sono a loro volta il principale legame con leconomia
internazionale.
Per questo il turismo si è trasformato nella fonte per eccellenza di entrate in divisa
per la maggior parte dei nostri paesi e in particolare per quelli dellAssociazione
degli Stati dei Caraibi (AEC), un altro dei nostri gruppi di punta.
Norman Girvan, segretario generale dellAEC, ha segnalato che i servizi costituiscono
il punto centrale nel tracciare le strategie economiche nella regione, ma disgraziatamente
alcune volte, questi sembrano svolgere un ruolo secondario relativamente ad attività più
antiche di tipo agricolo, manifatturiero e di industrie di tipo basico.
Tale visione, argomenta, rallenta laccesso nellarea dei mercati, aspetto che
richiede un maggior approfondimento per portare avanti gli interessi dei paesi caraibici.
Come si può vedere, i Caraibi hanno un insieme di realtà obiettive artefici del destino
di ciascuno dei popolo nel realizzarsi in piani concreti, sostenibili e seri di sviluppo,
nei quali sono contenute notevoli possibilità anche nei trasporti e nelle comunicazioni.
Il
narcotraffico provoca un aumento del crimine nei Caraibi
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novembre 2002 La comunità dei Caraibi (CARICOM) ha identificato
lutilizzo della regione per introdurre droghe negli Stati Uniti come la principale
causa di unondata di violenza senza precedenti che si registra in vari paesi
dellarea. Secondo questo ente, il livello del crimine sta raggiungendo proporzioni
tali che se continuasse così distruggerebbe le aspettative di sviluppo economico e
sociale dei Caraibi. Il gruppo di lavoro, La Forza del Compito contro il
Crimine, è stato creato da poco come parte degli sforzi per affrontare questo male,
durante una riunione del Consiglio del CARICOM per lo Sviluppo Sociale e Umano, realizzata
lo scorso 26 ottobre in Guyana.
I
paesi dei Caraibi con magri risultati della loro promozione turistica
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novembre 2002 Tale e quale come è stato reso noto dallagenzia
Reuters, la campagna per attirare turisti ha dato ben pochi frutti nei Caraibi, essendo
larrivo dei turisti sceso del 9 % nel primo semestre del 2002. I più reticenti a
viaggiare sono stati gli statunitensi, ancora sotto gli effetti dellimpressione per
gli attentati dell11 settembre. Questa persistenza è stata comunicata alle Bahamas
durante la 25° Conferenza dellOrganizzazione Turistica dei Caraibi (OTC), il cui
obiettivo è stato quello di affrontare il peggior periodo del settore nella regione negli
ultimi 50 anni.
Congresso delle
Municipalità dellAmerica Latina
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novembre 2002 Circa 300 delegati dellAmerica Latina e dei Caraibi
si sono dati appuntamento a Santo Domingo per il 6° Congresso dellUnione
Iboroamericana delle Municipalità (UIM). Lincontro ha sviluppato i suoi dibattiti
sulla distribuzione delle entrate tra i poteri pubblici, sul finanziamento dello sviluppo
locale e sulla coesione territoriale nel continente. Lappuntamento ha approvato la
Dichiarazione di Santo Domingo che raccoglie le prospettive di questa organizzazione non
governativa creata agli inizi degli anni 90, al fine di favorire i processi di
trasformazione regionale.
Otto Reich
con un piano per ogni paese dellAmerica Latina
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novembre 2002 Lincaricato per lAmerica Latina nel
Dipartimento di Stato nordamericano, Otto Reich, ha detto che ha pensato a un candidato
per le elezioni argentine, però non lo ha rivelato, e che il suo paese ha un piano
contingente per il Brasile, però non ha indicato quale fosse.. Se Reich fosse argentino
ci sarebbe da pensare a una psicopatia diplomatica. Siccome non lo è, bisogna prendere
sul serio, persino, i suoi misteri.
Dopo una conferenza sul continente organizzata dal quotidiano The Miami Herald, Reich è
stato consultato sul fatto se uneventuale candidatura di Carlos Reutmann fosse stata
in contrasto con la sua benedizione. Noi non abbiamo candidati, neppure in questo paese,
ha detto Reich. Personalmente io sì, ho un candidato in questo paese, ma come diplomatico
suppongo che non devo mostrare alcuna preferenza.
Durante gli anni di Ronald Reagan, Reich comandò lUfficio Diplomatico che, secondo
quello che ha relazionato il ricercatore Roy Gutman nel suo libro Banana
diplomacy, era incaricato di diffondere dati manipolati per influire
sullopinione pubblica e favorire i contras antisandinisti.
Tre settimane fa, il funzionario, la massima autorità del Dipartimento di Stato per le
relazioni con lAmerica Latina, citò Carlos Ménem parlando della corruzione nella
regione. Dopo volle smentire, ma la giornalista di El País che aveva raccolto
le sue dichiarazioni, provò lesattezza del suo articolo.
Reich disse che un accordo con il Fondo era possibile, affermazione che già suona vuota
se non è datata, e si ritrovò in compagnia su questo pronostico da uno dei
sottosegretari del Tesoro, Kenneth Dam. Aggiunse che varie relazioni sullArgentina
indicavano che leconomia tende alla stabilità e, apparentemente, la situazione
sembrava aver toccato il fondo.
A Miami, il 15 ottobre, Reich ha dato una confusa opinione sul Brasile. Quando gli venne
chiesto su Luiz Inacio Lula da Silva, al primo posto nelle previsioni per il ballottaggio
del giorno 27 ottobre, segnalo: "Lavoreremo con chi verrà scelto dal popolo
brasiliano nello sviluppo di un paese che è fondamentale per la salute economica
dellAmerica Latina, e niente indica che non possiamo lavorare con il futuro Governo
brasiliano". Disse anche che il suo paese aveva pensato a un piano di contingenza per
il Brasile. Non risultò chiaro nelle parole di Reich perché vi fosse questo piano.
Secondo linviato dellagenzia argentina Télam, si tratta di un programma per
aiutare le aziende nordamericane nel caso di una cessazione dei pagamenti brasiliani.
Secondo lagenzia spagnola EFE, il piano di contingenza si riferisce a una
"sinistrizzazione" intollerabile da parte di Washington.
Mentre il Brasile continua a essere un paese amico e democratico, un paese con il libero
mercato e che appoggia liniziativa privata, siamo molto ottimisti riguardo al futuro
di questo paese, ha affermato Reich in una dichiarazione che può essere interpretata come
un semplice augurio o come un condizionamento.
Sia uninterpretazione politica o sia uninterpretazione economica, la serie di
affermazioni del Sottosegretario di Stato per i Temi Interamericani si complementa con
quanto detto da Bob Zoelick, con un incarico equivalente a quello di Ministro del
Commercio Internazionale nel Governo di George W. Bush. Questo ha dichiarato a The
Miami Herald, che quando il suo Governo parla dellArea di Libero Commercio
delle Americhe è perché vogliamo fare la prima offerta allAmerica Latina, perché
lì ci sono i nostri soci più vicini.
Commentando un possibile trionfo di Lula e un cambiamento di rotta del Brasile, il
Sottosegretario di Stato, Reich, ha detto che se essi decideranno che vogliono andare in
unaltra direzione, se essi vogliono prendere la direzione sud, verso
lAntartide, noi guarderemo verso est o ovest.
Nella conferenza di Miami, lopinionista di Folha do Sao Paulo, Clovis
Rossi, ha approfittato per domandare a Zoelick la sua opinione sulla definizione di Lula
riguardo al fatto che lattuale progetto dellALCA è unannessione e non
unintegrazione. LALCA è una scelta per il Brasile, non unesigenza.
Il funzionario ha usato la tribuna della conferenza per riaffermare lappuntamento
del 1° novembre in Ecuador, dove verranno stabiliti calendari fissi per lapertura
dei mercati. Quella del 2003 è in discussione. Il Brasile accetterebbe che fosse a Miami,
sempre che quella del 2004 si realizzasse in una città del Brasile. E le date non sono a
capriccio, perché nel 2005 dovrebbe iniziare lintegrazione effettiva. Lula ha
promesso, come candidato, che non vuole affrettare lapertura dei mercati, perché
questo presupporrebbe la distruzione dellindustria brasiliana.
Il fantasma di un Lula violentemente antiamericano esisteva in maniera informale, però
solida, nella conferenza di Miami, anche se molti hanno citato le ripetute dichiarazioni
di Marco Aurelio García, uno dei possibili Ministri degli Esteri di Da Silva, sul fatto
che solamente un pazzo si dedicherebbe a lottare stupidamente con gli Stati Uniti. García
è anche il teorico lulista di una posizione diplomatica: il Brasile deve
dispiegare il suo potere di trattativa a partire dal Mercosur, e affinché questo funzioni
prima deve consolidare le sue relazioni bilaterali con lArgentina, anche più in là
di qualsiasi differenza commerciale.
La mercantilizzazione del Mercosur è la posizione di molti esportatori brasiliani di
prodotti primari e di alimenti, offuscata dalla concorrenza argentina. Edmund Klotz,
presidente dellAssociazione Brasiliana degli Industriali Alimentari, ha detto che
preferisce i cinesi come soci commerciali. Ha citato come esempio di problema lo scarso
mercato che rappresenta lUruguay e ha detto che con lArgentina, il Brasile ha
problemi riguardo al pollame, al caffè e allo zucchero.
Proteste
in Messico e nellAmerica Centrale contro lALCA e il Piano Puebla-Panama
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ottobre 2002 Migliaia di indigeni, contadini e attivisti sociali hanno
protestato il 12 ottobre in diversi punti del Messico e dellAmerica Centrale contro
lArea di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) e contro il Piano Puebla-Panama
(PPP), durante la commemorazione della Giornata della Razza.
I manifestanti hanno realizzato blocchi stradali, chiusura di posti di frontiera e
piantonamenti in ripudio alle politiche neoliberiste.
Il PPP è un progetto di sviluppo del Governo messicano per il sud-sudest del Messico e
dellAmerica Centrale.
Nello stato sud-orientale messicano del Chiapas, alla frontiera con il Guatemala,
simpatizzanti dellEsercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) hanno chiuso in
maniera simbolica una base militare a 12 km. dalla città di San Cristóbal de las Casas.
Nella capitale statale, Tuxtla Gutiérrez, gruppi di contadini e di indigeni hanno
bloccato gli accessi principali della città.
Vi è stata pure una marcia di gruppi antiglobalizzazione, indigeni e contadini, a Città
del Messico, in cui è stato chiesto il rispetto dei diritti degli indigeni e sono stati
respinti i piani neoliberisti.
In Guatemala sono stati realizzati blocchi di posti di frontiera sulla linea vicino al
Messico. Daniel Pascual, dirigente del Coordinamento Nazionale delle Organizzazioni
Contadine, ha comunicato allagenzia DPA che nel dipartimento nord-occidentale di
Huehuetenango è stato bloccato il passaggio della frontiera. Oltre a protestare per
"la dignità e per i diritti degli indigeni e dei contadini", i manifestanti
hanno espresso il loro rifiuto alla costruzione, nellambito del PPP, di una centrale
idroelettrica sul lato messicano del fiume di confine Usumasinta, il più grande
dellAmerica Centrale.
A El Salvador, la Rete di Azione Cittadina di fronte al Commercio e agli Investimenti
SINTITECHAN, che riunisce 50 organizzazioni contadine, sociali, lavorative e ambientali,
ha bloccato le strade, le dogane e i ponti di El Salvador per due ore con lappoggio
di circa 5.000 persone.
A Managua, i sindacati e gli organismi sociali hanno fatto una protesta di fronte alla
sede della Banca Interamaricana di Sviluppo (BID) contro la privatizzazione delle aziende
dei servizi di base e in rifiuto al PPP e allALCA. In Honduras migliaia di indigeni
hanno sfilato a Tegucigalpa protestando contro le politiche governative, come pure contro
le iniziative del PPP e dellALCA. La marcia ha fatto sfilare rappresentanti delle
sette tribù che riuniscono i popoli indigeni honduregni.
Gli esperti propongono un
commercio aggressivo
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ottobre 2002 Secondo lIstituto Interamericano di Cooperazione per
lAgricoltura (IICA), lAmerica Latina e i Caraibi devono adottare un nuovo
modello di commercio agricolo, che assegni una maggiore importanza alla promozione dei
prodotti e alle nuove richieste dei consumatori.
Studi tecnici dellIICA considerano necessaria una strategia aggressiva per
modificare la mentalità dei dirigenti del settore nella regione e dimostrare che
lagricoltura è redditizia.
"Se io avessi una bacchetta magica la prima cosa che farei sarebbe quella di cambiare
i Ministeri dellAgricoltura dellAmerica Latina e dei Caraibi", per
trasformarli in centri di "agroaffari", che promuovano linserimento dei
loro paesi nel competitivo mondo globalizzato, ha detto il direttore dellIICA,
Chelston Brathwaite.
"Molti settori agricoli della regione sono fuori dal mercato mondiale, perché i loro
produttori la unica cosa che fanno è quello di vendere ad aziende multinazionali, che
alla fine sono quelle che ci guadagnano", ha commentato.
Una ricerca realizzata da questo organismo dellOrganizzazione degli Stati Americani
e dalla Commissione Economica per lAmerica Latina e i Caraibi segnala che i prodotti
più dipendenti dal commercio internazionale hanno avuto uno scarso aumento
nellultimo decennio.
Il cotone, il grano, il caffè, la canna da zucchero, le banane e luva sono alcuni
di questi prodotti che negli anni 90 hanno avuto una recessione o, nel migliore dei
casi, sono cresciuti appena dell1 % allanno.
"Non possiamo continuare a dedicarci semplicemente a prodotti primari, dobbiamo dar
loro un valore aggiuntivo e per questo dobbiamo cercare nicchie specifiche nel mercato
mondiale", ha aggiunto Brathwaite, rappresentante di Barbados.
Lagricoltura rappresenta il 7.8 % del Prodotto Interno Lordo (PIL) dei paesi
dellAmerica Latina e dei Caraibi, ma esperti dellIICA hanno assicurato che
limpatto economico reale di questo settore nelleconomia regionale è molto
maggiore per il concatenamento generato ad altre attività.
NellAmerica Latina e nei Caraibi vivono oltre 500 milioni di persone che tutti i
giorni hanno bisogno di mangiare, per questo dobbiamo capire che lagricoltura è un
buon affare e che in questa attività gira molto denaro", ha precisato Brathwaite.
Ha sostenuto, inoltre, che la regione deve approfittare della sua biodiversità per
soddisfare nuovi consumatori nel mondo, come quelli che richiedono prodotti altamente
specializzati..
Per esempio, Brathwaite, ha segnalato che gli agricoltori latinoamericani che coltivano
caffè dovrebbero specializzarsi in maniera organica o con sapori differenti per
affrontare la caduta dei prezzi di questo prodotto sul mercato internazionale.
La popolazione rurale dellAmerica Latina e dei Caraibi ammonta, attualmente, a 124
milioni di persone, che equivale al 25 % degli abitanti della regione, 10 punti di
percentuale in meno rispetto agli anni 80.
Questa tendenza ad abbandonare le zone rurali incide in modo diretto nella capacità di
produzione agrozootecnica, in quanto si riduce in maggior misura la popolazione economica
attiva nel settore.
Il
TLC tra America Centrale e Stati Uniti allargherà il divario sociale
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settembre 2002 Il Trattato di Libero Commercio (TLC), che lAmerica
Centrale e gli Stati Uniti intendono concertare, amplierà il divario sociale tra ricchi e
poveri nella regione dellIstmo, ha riconosciuto a San José, in Costa Rica, il
prestigioso accademico Roberto Artavia.
Durante le discussioni intere sulla firma di un TLC, il rettore dellIstituto
Centroamericano di Amministrazione di Aziende (INCAE) ha considerato che il meccanismo
"miracoloso" lascerà senza posto i settori meno qualificati e colpirà
leconomia nazionale dei paesi dellarea.
Nellattuale era della globalizzazione i meno capaci e i meno produttivi vengono
lasciati indietro e diventano sempre più poveri, e questo accadrà con i produttori
agricoli e con gli artigiani, soprattutto del Nicaragua e dellHonduras, che sono
maggiormente sensibili a questo impatto, ha affermato in modo critico.
Artavia ha spiegato alla stampa locale che gli abitanti e i settori produttivi di queste
due nazioni non hanno le capacità necessarie per sopravvivere in mezzo a una maggiore
apertura del commercio agli Stati Uniti.
Così come appare scritto in un messaggio di Prensa Latina, per il rettore
dellINCAE, il paese centroamericano che non riesca a trasformare la propria
piattaforma produttiva, vale a dire, che non acquisirà una maggiore stabilità economica
e una maggiore diversificazione delle sue esportazioni, potrebbe affrontare una crisi
sociale di grande portata.
Intanto, la settimana scorsa il segretario di Stato nordamericano per gli Affari
dellAmerica Latina, Otto Reich, ha invitato i centroamericani a dare impulso ad
azioni di governabilità e di risanamento delle finanze, in vista di spianare la strada
per il futuro accordo, dato che a suo giudizio questi sono i principali ostacoli per
unintegrazione.
Il CARICOM con una pesante agenda commerciale
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settembre 2002 La Riunione del Consiglio per il Commercio e lo Sviluppo
Economico del CARICOM (COTED nella sua sigla in inglese), che si è tenuta a Puerto
España a metà di settembre, è stata significativa in più di un aspetto.
Ha messo in evidenza limportanza cruciale degli assetti nel campo del commercio
estero nel futuro della Comunità dei 15 Membri allargata con ladesione
formale di Haiti nel mese di luglio e la portata e la complessità dellAgenda
dei Negoziati Commerciali.
Sono state portate a termine revisioni dellArea di Libero Commercio delle Americhe
(ALCA), dellAccordo di Società Regionale Economica, dellUnione Europea e del
gruppo Asia, Caribe, Pacifico (ACP) e del processo dellOrganizzazione Mondiale di
Commercio (OMC).
Questi tre palcoscenici di negoziati interessano lo spettro totale delle esportazioni di
beni e di servizi che servono di sostegno alle piccole e aperte economie del CARICOM.
Per lALCA si dovranno completare i preparativi per la Riunione Ministeriale a Quito,
in Ecuador, agli inizi di novembre.
I negoziati con lUnione Europea (UE) sullAccordo di Società Regionale
Economica, inizieranno alla fine di settembre a Bruxelles.
Inoltre, a Ginevra, sta procedendo un intenso Programma di Lavoro dellOMC per la V
Riunione Ministeriale del prossimo anno, a Cancún, in Messico.
Ci sono temi comuni "che si incrociano" nei tre spazi dei negoziati, tra questi
spiccano il Trattamento Speciale e Differenziato per le piccole economie e il trattamento
per i prodotti agricoli e per i servizi.
In tutti questi temi, COTED affronta i difficili compiti di considerare le implicazioni
economiche di accordi alternativi e di armonizzare le posizioni di negoziato di un gruppo
di 15 membri con unampia diversità nelle loro economie.
La riunione di Puerto España ha anche enfatizzato drammaticamente il ruolo centrale di
COTED nel coordinamento politico di queste posizioni.
La grande maggioranza dei Ministri del Commercio erano qui, come i rappresentanti della
Repubblica Dominicana e di Cuba, che sono membri della macchina di negoziati regionali del
CARICOM, che rappresenta la regione nelle discussioni internazionali.
Siccità: sinonimo di maggiore
povertà
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settembre 2002 Alcune volte per eccesso e altre per difetto, ma quello
che è sicuro è che lAmerica Centrale ha una relazione molto speciale con
lacqua che scende dal cielo, dove questa volta è mancata la sua caduta in diversi
insediamenti della regione fino a diventare in una reale siccità.
El Salvador, lHonduras, il Nicaragua e il Guatemala, secondo il Programma Mondiale
di Alimenti (PMA) dellONU, sono sul punto di una nuova situazione di fame come
conseguenza del deterioramento dellagricoltura e del consumo dellacqua per le
loro necessità.
Christiane Berthiaume, portavoce di questa agenzia internazionale, ha affermato che circa
centomila persone avranno carenza di viveri, situazione che sarà un po alleviata,
in una certa misura, con larrivo delle quote di aiuti alimentari del PMA, che
tuttavia risulteranno insufficienti.
La parte sud del territorio honduregno incomincia a sbriciolarsi con facilità nelle mani
dei contadini, che non possono fare nulla di fronte al deterioramento dall80 al 100
% del loro raccolto, per la mancanza di piogge.
Il mais, il sorgo e le leguminose non hanno potuto arrivare ai mercati locali, perché la
loro crescita è rimasta a metà, facendo mancare circa 13.000 tonnellate di alimenti.
In questa occasione il Guatemala ha visto ridursi la sua piovosità media, dando luogo a
maggior fame e al riapparire di malattie, fatto per il quale sono stati mobilitati aiuti,
unaltra delle tragiche pennellate di un paese in cui l80 % dei suoi abitanti
possono essere definiti poveri.
Circa 14.000 ettari persi è il saldo che per il momento presentano Nicaragua ed El
Salvador di fronte a questo fenomeno, pertanto è prevedibile un rialzo negli indici di
povertà di queste due nazioni.
Solo per citare un esempio, , il 44.5 % della popolazione salvadoregna vive con meno di
due dollari al giorno e un altro 21 % vive con meno di uno. A questo vanno aggiunte le
difficoltà nazionali derivate, da poco tempo, dalla crisi del caffè che ha raggiunto nel
2000-2001 limiti catastrofici.
Gli oppositori del Governo e in particolar modo i più progressisti accusano il Governo di
negligenza e di cattiva gestione, dato che le inondazioni e la siccità sono frequenti
nella regione, pertanto è un fatto che avrebbe dovuto essere preso in considerazione
quando si pianifica il bilancio preventivo nazionale in vista di prevenire tali disastri,
dove le difficoltà ricadono sempre sugli umili.
Lo scorso anno, lAmerica Centrale è stata vittima di una simile carenza di acqua,
che ha colpito circa 1.5 milioni di persone, quasi tutte delle zone rurali.
Pare che i disastri naturali abbiano una certa predilezione per i
centroamericani, che dal 1997 hanno avuto poca tregua, quando El Niño li ha lasciati in
mezzo a unacuta siccità, preambolo indesiderato delle torrenziali piogge di dodici
mesi dopo, provocate dalluragano Mitch, una delle più grandi tragedie naturali e
umane della fine del secolo scorso.
Andrai a scuola?
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agosto 2002 Oltre un secolo fa sarebbe stato una cosa strampalata domandarsi
se vi fosse la necessità di stabilire un sistema di insegnamento generalizzato per i
bambini e le bambine, dato che questi erano considerati muscoli ed energia per lavorare.
Con il successivo raggiungimento delle conquiste sociali, anche in America Latina questo
obiettivo cominciò a ricoprire un maggiore interesse in quanto i bambini hanno cominciato
a essere visti attraverso lottica della protezione umana per non dire come un
sinonimo di futuro.
Ancora oggi, a queste latitudini i contrasti rimangono, e da una parte allaltra vi
sono scenari contraddittori: piccolini agghindati e pieni di coccole con superbi computer
o i classici lustrascarpe o ladruncoli truffaldini in fuga dopo un furto. E questa è la
faccia della realtà meno dolorosa, ci sono quelli che muoiono per colpi di arma da fuoco
o per abusi sessuali.
Per questo, ottenere un inserimento totale dei più giovani nei sistemi di insegnamento
è, forse, la principale priorità del continente, aspetto che richiede, inoltre, risorse
di volontà politica.
In America Latina, due milioni di bambini non frequentano linsegnamento primario e
circa 20 milioni di adolescenti non si sono mai presentati in unaula per proseguire
gli studi fondamentali, che anche se non costituiscono un trampolino sicuro per
"essere" qualcuno di successo nella vita, secondo i modelli occidentali di
benessere, li preparano teoricamente sulle questioni fondamentali e utili.
Secondo uno studio dellOrganizzazione delle Nazioni Unite per lEducazione, la
Scienza e la Cultura (UNESCO), recentemente diffuso a Parigi, i paesi latinoamericani
presentano alti indici di abbandono e di ripetizione, rivelando un problema di qualità
nei loro sistemi educativi.
LIstituto di Statistica dellUNESCO è stato incaricato di elaborare questa
relazione, che comprende dati su 19 paesi dellAmerica Latina: Argentina, Bolivia,
Brasile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Cile, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras,
Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela,
con grafici statistici per ognuno di questi.
Linserimento degli indigeni alle opportunità che offre la società in tutte le sue
varianti alla popolazione è stato uno degli aspetti più criticati in detto studio.
Venezuela e Bolivia hanno cercato di instaurare interventi complessi per controvertire
labbandono dei loro antenati etnici, elaborando piani particolareggiati, come il
riconoscimento degli idiomi autoctoni e il ruolo dellinsegnamento orale
nellapprendimento del sapere.
Il documento dellUNESCO fa riferimento, in tal senso, alla Dichiarazione
intergovernativa di Cochabamba, dello scorso marzo, che ha riconosciuto limperativo
del fatto che linsegnamento venga impartito sia nelle lingue indigene sia in quelle
ufficiali.
Allo stesso modo, lente delle Nazioni Unite riconosce laumento del numero di
bambini e di bambine scolarizzati con un tasso di inserimento in ogni paese di almeno
l80 %.
Le zone rurali continuano a essere le "cenerentole" senza "fate" né
tocchi di campane alle 12 della notte, poiché due minori su cinque non terminano le
elementari o lo fanno con almeno due anni di ritardo. Un bambino o una bambina della
campagna su sei, si sporcano i piedi per rivoltare la terra e non oltrepassano mai il
cortile di una scuola.
Tra i successi regionali in materia delleducazione, lUNESCO riconosce che
Argentina, Bolivia, Brasile, Cuba, Ecuador, Messico e Perù sono riusciti a estendere a
tutti leducazione elementare, mentre Uruguay e Venezuela sono molto vicini al
raggiungimento di questa meta.
Questi progressi non devono far passare in sottordine, tuttavia, i problemi derivati dalla
qualità delleducazione, riflessi dagli alti indici di abbandono e di ripetizione.
Per gli altri, bisogna ricordare le disuguaglianze economiche esistenti, che comportano
una disuguaglianza nel tema dellinsegnamento.
Inoltre, la posizione socio-economica della famiglia condiziona, allo stesso modo,
laccesso alla educazione media-generale di un bambino o di un giovane, sia in senso
positivo sia in senso negativo.
LUNESCO ha manifestato preoccupazione per la continuità degli studi a livello
superiore, arrivando a ipotizzare che lentrata allUniversità ritorni a essere
uno dei traguardi principali dei Governi latinoamericani, dato che la media regionale è
di poco meno del 20 %.
Su questo punto, le differenze sono significative tra un paese e un altro. Per esempio, in
Argentina è del 47 %, nonostante la crisi, e al contrario nonostante la relativa
stabilità politica in Nicaragua è solo del 12 %.
Andrai a scuola?, torna a essere la domanda obbligata in molti ambiti familiari
latinoamericani. La suoneria della sveglia non è uguale per tutti, né il sistema degli
studi è ancora accessibile a tutti.
La terra delle scoperte
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agosto 2002 Veniamo da essa e verso essa andiamo, dato che la terra è
il nostro mantello di protezione o lo spazio che ci permette la socializzazione con altri
della nostra specie che, in numero sempre maggiore, si impegnano per custodirla, facendo
delle sue risorse un potenziale di vita a lungo termine.
Ma alla fine lattività umana ha bisogno di responsabili di analisi e di punti di
riferimento, e in questo senso il Progetto Prospettive dellAmbiente Mondiale (GEO),
delle Nazioni Unite, recentemente diffuso, è un mezzo utile, in particolare per
lAmerica Latina e i Caraibi, una delle zone più esuberanti del pianeta.
Quando Cristoforo Colombo si è messo in testa di arrivare alle Indie attraverso una via
più diretta, la cultura universale ha aperto il suo ampio spettro di possibilità e la
"scoperta" di un continente sconosciuto cambiò il corso della storia.
La natura colpì le menti dei primi navigatori e la bellezza dei suoi paesaggi rimase loro
impressa, come una fotografia indelebile raccontata poi al loro ritorno. Attualmente, il
panorama è abbastanza mutato, nonostante, tuttavia, ci siano rimasti molte foreste,
fiumi, città e gruppi etnici da salvare e da proteggere.
Circa un quarto del totale dei boschi a livello mondiale, ossia 834 milioni di ettari di
boschi tropicali e 130 milioni di altro tipo, fa parte del patrimonio naturale di questo
continente, per cui Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Messico, Perù e Venezuela si
vantano del fatto di avere un terzo della riserva mondiale di legname.
Sotto la loro ombra si sono sviluppati modi di vivere singolari, che definiamo indigeni,
ma i loro legami con lambiente conformano una visione più equilibrata e giusta dei
diversi cicli della vita che non sarebbe sbagliato imitare nei loro principi di base. Allo
stesso modo, gli alberi nutrono lindustria del legname nazionale e di esportazione.
LAmerica Latina può, inoltre, vanagloriarsi di possedere la metà del
"polmone" della terra, poiché nel Bacino dellAmazzonia si trova la selva
tropicale più estesa del mondo, con 20 tipi di selve differenti e una grande diversità
di speci uniche, fatto che significa che 7 delle 25 ecoregioni terrestri biologicamente
più ricche a livello mondiale si trovano in questa parte del mondo.
Il 30 % del totale dellacqua mondiale si trova in America Latina e nei Caraibi, per
cui le nostre riserve idriche rinnovabili ricoprono un enorme significato per il
rifornimento. A questo va aggiunto un particolare valore per attività fondamentali come
lagricoltura e lindustria, elementi generatori, in modo paradossale, di
società alle loro stesse fonti di potenziamento.
Il turismo rappresenta il 12 % del Prodotto Interno Lordo (PIL) della regione, e tutto
grazie alla quantità di spiagge e luoghi quasi paradisiaci delle zone costiere che ci
circondano. il 60 % dei latinoamericani vivono a meno di 100 chilometri dalla costa e 60
delle 77 maggiori città sono costiere.
Ogni anno, circa 100 milioni di turisti fanno le loro valigie per fare un giretto ai
Caraibi, meta quasi obbligata per indimenticabili vacanze estive. Il 43 % del PIL della
regione ha origine, proprio, da questa affluenza di persone in questa parte del continente
per ammirare le sue spiagge o le barriere coralline.
Un altro punto incredibile della nostra quotidianità è dato dalla conformazione di
migliaia di città, vie e piazze, insomma, tutto quello che riguarda
lurbanizzazione, che da noi ha livelli elevati del 75 %, e che costituisce pertanto
la zona più urbanizzata del mondo. Molti turisti si meravigliano degli agglomerati
moderni di Brasilia, di Città del Messico, di Buenos Aires, o rimangono estasiati di
fronte al miscuglio di stili di Managua, di Kingston o di La Habana.
Tuttavia, questo continente porta con sé una grande quantità di problemi sociali ed
ecologici degni di essere presi in considerazione, non solo dalle amministrazioni locali,
bensì anche dalle strategie dei diversi organismi internazionali e dei molti forum del
pianeta rivolti ad analizzare lo stato dellambiente.
La popolazione della regione è aumentata del 74 % negli ultimi 30 anni, periodo in cui la
quantità di persone povere è aumentata in maniera allarmante, sfociando in 200 milioni
di poveri, vale a dire il 40 % della popolazione totale dellAmerica Latina e dei
Caraibi.
Con un incremento per niente favorevole si acutizza sempre di più in questo continente la
distribuzione disuguale delle ricchezze, che è cresciuta nel decennio appena concluso,
dopo lapplicazione del modello economico neoliberista, e che ha prodotto il fatto
che i livelli di distribuzione disuguali siano qui quelli più alti del mondo.
Senza potere separare le diverse attività umane delleconomia, lAmerica Latina
e i Caraibi hanno il 32 % del debito estero globale, che è cresciuto da 46.251 milioni
nel 1971 a 982.032 milioni nel 1999.
Riguardo alla natura propriamente detta, il continente ha molte cose su cui fare
attenzione, dato che delle sue 178 ecoregioni, 31 sono in stato critico di conservazione,
51 in pericolo e 55 sono a rischio. La minaccia si estende anche su 275 tipi di mammiferi,
361 di uccelli, 77 di rettili, 28 di anfibi e 132 di pesci.
Linquinamento atmosferico costituisce, allo stesso modo, uno dei principali problemi
ambientali con grave incidenza sulla salute umana. Inoltre, la desertificazione e i
disastri naturali non ci danno tregua, e causano un impatto negativo sulleconomia
domestica.
Si tratta, allora, di ridurre la vulnerabilità alla quale siamo sottoposti dalla stessa
incoscienza delle azioni umane, sia nazionali sia delle aziende straniere, per fare in
modo che questa continui a essere una terra di perenni scoperte.
La
salute dellambiente dipende dallacqua potabile e dalla bonifica
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agosto 2002 - Quando si esaminano stime da cui risulta che 70 milioni di
abitanti dellAmerica Latina non hanno accesso allacqua potabile, appare
evidente che ci si trova di fronte a un problema grave, che è diventato prioritario per
lOrganizzazione Panamericana della Sanità (OPS), in modo particolare in seguito
alla ricomparsa del colera nel 1991.
"Per quanto riguarda laccesso allacqua e la bonifica, la situazione
rimane critica. Infatti, nonostante la copertura del servizio sia stata ampliata,
permangono vaste aree scarsamente raggiunte dalla rete idrica, come i quartieri periferici
delle città o le zone rurali" spiega il dottor Mauricio Pardón Ojeda, direttore del
Dipartimento di Sanità e Ambiente della OPS.
A suo avviso, questa è la conseguenza della mancanza di investimenti adeguati nel
settore.
Daltra parte, non si tratta soltanto di estensione insufficiente della rete idrica;
il problema riguarda anche la qualità di tale servizio e quindi dellacqua stessa. A
dimostrazione della sfiducia della popolazione nei confronti della purezza del liquido che
esce dai rubinetti delle abitazioni cè il prosperare dellindustria delle
acque minerali.
Il Programma di Bonifica di Base della OPS sostiene le politiche statali impegnate a
estendere allintera popolazione le infrastrutture e i servizi necessari a soddisfare
le esigenze di base relativi alla sanità ambientale.
Gli obiettivi principali del programma riguardano la riduzione dei rischi sanitari
ambientali connessi allinsorgenza di malattie diarroiche, da attuarsi attraverso
lestensione dellaccesso allacqua e alla bonifica; il miglioramento della
qualità dellacqua; il consolidamento delle strutture e istituzioni che operano nel
settore. La stessa OPS sta riconsiderando le modalità del suo supporto tecnico nei
prossimi dieci anni, comprese nuove strategie per risolvere il problema dellacqua e
della bonifica. I progetti futuri riguarderanno in particolare le zone rurali, i comuni di
media grandezza e le zone urbane periferiche, contando sulla partecipazione attiva delle
stesse comunità.
Analisi
della situazione di corruzione nella regione caraibica
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agosto 2002 - Un Simposio Regionale promosso dal Programma di Controllo delle
Droghe dellOrganizzazione delle Nazioni Unite (ONU), della durata di due giorni, ha
avuto luogo a Barbados. Lobiettivo dellincontro è stato lanalisi del
ruolo dei mass media e la denuncia contro la corruzione. Allincontro hanno
partecipato rappresentanti di stampa, radio e televisione di Barbados, Guyana, Giamaica,
Trinidad e Tobago.
Al centro delle discussioni, la ricerca di vie per la collaborazione nella lotta dei
Ministeri caraibici contro il flagello della droga e dei guadagni illegali realizzati dal
suo traffico.
Allappuntamento hanno partecipato lex presidente della Banca Caraibica dello
Sviluppo, Neville Nicholls, e Rosina Wiltshire, rappresentante dellONU a Barbados e
nei Caraibi Orientali.
Gli orsi andini invocano protezione
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agosto 2002 - In America Latina 275 specie di mammiferi sono in pericolo
destinzione, uno dei più vulnerabili è lorso. Sebbene sia lanimale
più versatile degli spettacoli circensi, e anche uno dei più sorprendenti data la sua
imponente figura che supera la statura umana, e malgrado lo si tema molto, è forse uno
dei più perseguitati del regno animale. Gli esemplari che vivono nel Sud America non
costituiscono uneccezione: è questa la ragione per cui si cerca di proteggerli.
LOrso dagli occhiali od Orso Frontino, la cui denominazione scientifica è
Tremarctos Ornatus, passeggia ora con diffidenza e non con la maestosità che lo
caratterizzava precedentemente, per la Cordigliera delle Ande, da Mérida, a ovest del
Venezuela, passando per la Colombia, Ecuador, Perù fino a Porta, provincia boliviana.
Si crede perfino che alcuni siano arrivati isolatamente nel nord-est argentino e i più
intrepidi a Panama, oltre la frontiera del Parque Nacional de los Katios, in Colombia.
Attualmente è in pericolo destinzione il che sarebbe un peccato per questo
bellesemplare, arrivato nel continente 16 mila anni fa. La deforestazione è stata
un duro colpo per il suo habitat e la caccia per la sua stessa vita.
La fondazione senza scopo di lucro Eco Ciencia, in Ecuador, si è impegnata a
responsabilizzare la società, poiché questorso è molto suscettibile rispetto ad
altre specie americane come il puma o il giaguaro, data la sua bassa variabilità genetica
non si adatta facilmente ad ambienti nuovi.
Il Ministero dellAmbiente colombiano avvierà una campagna per informare le
comunità contadine, che lOrso Frontino non minaccia il bestiame e le coltivazioni,
ma è un grande rastrellatore naturale di grandi varietà di speci vegetali e
del corso di fiumi.
La Colombia propone anche il suo inserimento nella lista delle speci in via
destinzione, nella prima Appendice I della Convenzione sul Commercio Internazionale
delle Speci Minacciate di Fauna e Flora Silvestre.
I Caraibi
ratificano un piano di prevenzione contro la droga
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luglio 2002 Una Terza Riunione Regionale dei Caraibi si è svolta a
Paramaribo, alla quale hanno partecipato rappresentanti di Granada, Guyana, Giamaica, St.
Kitts e Nevis, Trinidad e Tobago, Suriname, che hanno ratificato il documento del progetto
dei Caraibi sulla prevenzione dellabuso di droga e per una politica orientata verso
i bambini. I caraibici hanno evidenziato che il tema dellabuso di droga va
affrontato in modo globale, nei diversi settori e in maniera esauriente, che tenga in
conto le leggi nazionali in cui tutti i settori siano coinvolti.
Il CARICOM Critica le barriere
commerciali
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luglio 2002 La Comunità dei Caraibi (CARICOM) ha avvisato che i paesi
della regione manterranno il loro sistema tariffario fino a quando i paesi sviluppati
continueranno ad applicare altri tipi di barriere commerciali. Dopo vari giorni di
sessioni tenute in Guyana, il 23° forum ha criticato la Legge Agricola degli Stati Uniti
che assegna importanti sussidi a varie produzioni, e allo stesso modo ha considerato che
per instaurare lArea di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), sarà necessario
valutare i tipi di dazi, perché questi costituiscono lunica difesa delle economie
deboli, ed è stato proposto inoltre che vengano tenute in conto le limitate capacità dei
membri di questo raggruppamento regionale
Un virus chiamato Argentina
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luglio 2002 Un ironico sorriso affiora tra gli occupanti dei
confortevoli uffici del Fondo Monetario Internazionale (FMI), dopo che il gioco del giorno
è quello di scommettere sul collasso o sulla ripresa della terza economia
dellAmerica Latina. Una smorfia di preoccupazione segna i sudamericani, perché la
regione è in pericolo di fronte allarrivo di un nuovo virus, non si sa se di
influenza o di informatica. LArgentina, nel frattempo, si ritrova tra gli assassini
e la crisi generalizzata.
La parola dubbio è sparita dal vocabolario locale, poiché le certezze si sono insediate
nella vita quotidiana argentina quasi senza ritorno o, almeno, con poche probabilità.
Certezze di disoccupazione, di fame, di indigenza, di scandali politici, di inflazione, di
svalutazione della moneta e di caduta della produzione industriale.
Tale come lo dimostra uno studio della Fondazione di Ricerche Economiche Latinoamericane,
i dieci principali articoli di produzione non sono riusciti a raggiungere questanno
i loro livelli precedenti, per cui lattività industriale di questa nazione è
diminuita di un 15 % rispetto al 2001.
Il settore automobilistico ha avuto una caduta del 49.9 %, quello metalmeccanico del 42.1
%, quello minerario non metallico del 32.5 %, gli articoli tessili del 29.5 % e gli
alimenti e le bevande del 14.5 %. A questo bisogna aggiungere una svalutazione della
moneta nazionale del 6.6 % allapertura del mercato libero, circa quindici giorni
fa., con una quotazione record di 3.96 come risultato dellacutizzazione delle
vicissitudini economiche.
Dopo avere chiesto soccorso e dopo avere criticato leggermente gli Stati Uniti per non
avere adempiuto alle loro responsabilità globali, Eduardo Duhalde, Presidente
dellArgentina, si impegna ad aggrapparsi a una presunta tavola di salvataggio
arrivata con la mareggiata di un credito "stand by" del FMI.
Da questo aspetta una "spintarella" di 18 milioni di dollari che propizierà un
ri-finanziamento delle scadenze del debito di questanno, il cui ammontare è di
9.000 milioni.
Il direttore generale del FMI, Hornt Kohler, ha indicato che cerano stati progressi
nei negoziati, che tradotti nel lessico popolare voleva dire timidi passi in avanti ma di
poco.
Però intanto che questo avviene, e questa decisione sembra dormire nelle "calende
greche", le possibilità di "contagio" per lAmerica Latina accelerano
sempre di più, come se leconomia regionale fosse connessa a una rete informatica
interdipendente o fosse una sala di un ospedale alla mercé di un virus mortale.
Per José Antonio Ocampo, che conduce la Commissione Economica per lAmerica Latina
(CEPAL), questanno sarà il secondo consecutivo di crollo del Prodotto Interno Lordo
(PIL) per una parte importante del continente.
La sfera commerciale e quella degli investimenti sono le più colpite dal cosiddetto
fenomeno Tango, che ha inciso negativamente nei flussi degli investimenti stranieri
diretti, dove, forse, anche la decelerazione delleconomia mondiale ha messo il suo
granello di sabbia.
Molti sono stati, tuttavia, i campi di contagio, in evidenza quello del lavoro, i cui
esempi più evidenti sono i paraguayani e i boliviani, lontani dal mercato del lavoro
argentino. Inoltre, la moneta della Bolivia ha sofferto una svalutazione, secondo fonti
governative, per mantenere la competitività con i prodotti argentini.
Il Brasile, da parte sua, ha subito una drastica diminuzione delle sue esportazioni verso
lArgentina, oltre al fatto di vivere sottoposto a unacuta turbolenza
finanziaria, con una svalutazione della moneta nazionale del 25 %, oltre ad affrontare
serie speculazioni politiche riguardo al futuro Presidente.
Il Messico tantomeno è riuscito a sfuggire dalle lotte dellattuale situazione
argentina. Una forte svalutazione del peso rispetto al dollaro caratterizza il panorama di
questo paese che ha tentato di riattivare le sue relazioni con lAmerica del Sud con
un viaggio del Presidente messicano, Vicente Fox.
E nonostante le assicurazioni uruguayane sul fatto che alla loro nazione non sarebbe
successo quello che è avvenuto in Argentina, quello che è certo è il fatto che il PIL
è caduto questanno di oltre il 6 %, linflazione ruota attorno al 20 % e la
disoccupazione ufficiale è del 15 %. Montevideo, allo stesso modo, si è vista obbligata
ad adottare una nuova politica valutaria.
Neppure le notizie che arrivano dal Paraguay sono incoraggianti, dato che Asunción ha
bisogno di 275.000 dollari al mese per pagare salari e pensioni, e il ritardo dei
pagamenti degli interessi del debito estero già ammonta a 18 milioni di dollari.
Perdendo ogni giorno più credibilità di fronte al mondo e legati alle manovre degli
organismi finanziari internazionali, i governi latinoamericani tentano di prendere le
distanze dal "virus", tuttavia, lo vogliano o meno, lArgentina li riguarda
molto da vicino.
Privatizzazioni
in America Latina o la vendita al "miglior" offerente
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giugno 2002 Come un polpo che uccide con i suoi tentacoli, come
unedera che toglie il respiro alle pareti di una casa o come una formula alienante
è considerato da molti in America Latina il processo di privatizzazione dei beni dello
Stato. Questa opinione è sottoscritta dai gruppi più vulnerabili in relazione alla
proprietà e al lavoro o rappresenta il livello più progressista del pensiero
latinoamericano.
Per i componenti dei circoli di potere o per quelli che sono al servizio di interessi
economici nazionali ed esteri, la stessa questione è giustificata come il rimedio
risanatore delleconomia regionale o come la profezia neoliberista di prosperità.
Oltre tremila contadini paraguayani si sono messi in marcia con un percorso di 150
chilometri fino alla sede del Congresso ad Asunción, la capitale, per esigere la deroga
della legge 1615. Alla loro manifestazione si sono aggiunti studenti e lavoratori, in
quanto questa disposizione promuove la privatizzazione della telefonica statale COPACO.
Belarmino Balbueña, coordinatore della Federazione Nazionale Contadina, ha affermato che
il paese si mobiliterà con uno sciopero generale se il Presidente del Paraguay, Luis
Gonzáles Macchi, insiste nel trapassare al capitale privato e straniero i beni nazionali.
Le recenti richieste popolari in Paraguay già sono state contrassegnate dallo spargimento
di sangue, in quanto lo scorso 4 giugno la polizia ha sparato contro e ha ucciso uno degli
occupanti della Piazza del Congresso, che protestava per la vendita della COPACO. Calixto
García è morto con una pallottola nel cranio. Altri sei sono stati feriti gravemente.
Da parte sua, la Federazione di Produzione Industria e Commercio (FEPRINCO) ha deplorato
la sospensione della privatizzazione della telefonica statale, aggiungendo che il caso
della COPACO minaccia altre licitazioni previste dal Governo.
Il Fronte Ampio Civico di Difesa degli Interessi di Arequipa, seconda città peruviana per
importanza, ha incoraggiato i propri membri a serrare le fila contro la vendita di quattro
aziende elettriche in differenti posti del sud-est del Perù e ha fatto appello a non
pagare il consumo di elettricità.
Nella città di Cuzco, nel sud delle Ande, altri seimila lavoratori si sono mobilitati per
lo stesso motivo. Allo stesso modo, 12 persone hanno deciso di effettuare uno sciopero
della fame come segnale di protesta per limpegno governativo di dar corpo al
processo, quando ha dichiarato, nonostante le proteste, che avrebbe continuato fino alla
fine.
Secondo la logica del capitale multinazionale, il modello economico che prevaleva in
America Latina comincia a non essere funzionale nel decennio degli anni 70 del
secolo scorso, e pertanto venne diffuso il criterio che la crisi regionale aveva le sue
origini nel sovradimensionamento della partecipazione dello Stato nel settore pubblico.
Alcuni governi nazionalisti dellAmerica Latina, nel periodo tra il 1950 e il 1980,
tentarono di aumentare loccupazione, di ridurre il divario tra le disuguaglianze
sociali e di difendersi dalle crisi esterne al riparo delle aziende statali e non lasciare
tutto al mercato o alle istituzioni private.
Gli esperti sostengono che questo è stato possibile grazie alle caratteristiche del mondo
dove prevalevano le teorie keynesiane o neostrutturali nelleconomia borghese, mentre
la materializzazione del socialismo dava unaltra dimensione ai problemi universali,
mossi sotto altre coordinate.
A partire dallapplicazione delle riforme neoliberiste, i suoi difensori si sono
scagliati contro la cosiddetta "inefficienza statale", propugnando i benefici
delle privatizzazioni, dando via libera nel 1998 a un episodio senza precedenti: circa
42.000 milioni di dollari entrarono nella regione per le vendite di aziende e di beni
dello Stato, accompagnato da una crescente sottomissione alle potenze multinazionali.
Lappropriazione privata delle telecomunicazioni brasiliane TELEBRAS, la vendita in
Messico di 360 delle 618 aziende che aveva lo Stato, la consegna delle aerolinee argentine
o il caso dellente nicaraguense di telecomunicazioni (ENITEL) sono esempi
emblematici del processo di privatizzazioni degli ultimi dieci anni.
Secondo i neoliberisti, le aziende pubbliche sono insostenibili, con troppi impegni da
compiere, sia commerciali sia politici, e lo Stato è solo una zavorra per gli interessi
economici.
Un altro argomento utilizzato si riferisce alla riduzione dellinflazione, che,
insistono, si ottiene con la diminuzione delle spese pubbliche.
Con meno risorse destinate alla salute, alleducazione e alla cultura della
popolazione, si potrà trattare in miglior modo un deficit fiscale adeguato, secondo un
livello stabilito dal FMI che oggi è collocato al 3 % del Prodotto Interno Lordo (PIL).
LArgentina, tuttavia, ha smentito la nota ricetta e questa nazione sudamericana si
vede coinvolta in una situazione catastrofica di imprevedibili conseguenze. Il Governo
argentino ha perso le redini del controllo finanziario a favore delle banche
multinazionali e in particolar modo degli Stati Uniti.
Privatizzare è stato, allo stesso tempo, la via "spedita" per sistemare i conti
"fuori di casa", poiché lammontare del debito estero aumentava ogni volta
che venivano sottoscritti nuovi impegni con gli organismi internazionali. E come per
lAmerica Latina le risorse dei pagamenti hanno smesso di essere in eccedenza dagli
anni 80 del secolo XX, la vendita delle risorse nazionali si è trasformata nella
raccomandazione "miracolosa".
Per gli interessi neoliberisti, privatizzare ha significato pure una formula per rendere
solvibile un debito estero che era completamente in crisi, in quanto i Governi
latinoamericani destinavano ogni giorno il denaro a coprire i debiti e non ad ammortizzare
gli acuti problemi sociali dei popoli. In questo modo, già oggi Argentina, Uruguay,
Colombia, Ecuador e altre nazioni, dopo aver effettuato pagamenti superiori
allammontare del debito estero, stanno entrando in una nuova situazione di
insolvenza dei pagamenti, o vi si stanno avvicinando, così saranno necessari nuovi
negoziati con il FMI.
La questione sociale è rimasta nel dimenticatoio. Le privatizzazioni hanno annullato il
ruolo dello Stato e la popolazione è rimasta alla mercé della legge dellofferta e
della domanda sul mercato della forza lavoro, ma in una nuova situazione, con la volontà
dei sindacati corrosa da recenti leggi che proteggono in modo assoluto le aziende e che
facilitano licenziamenti e chiusure, e in conseguenza di questo centinaia di migliaia di
persone sono rimaste letteralmente per strada, fatto irrilevante per tecnocrati e
politici.
Forti
piogge peggiorano la situazione della povertà nellAmerica Centrale
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giugno 2002 I violenti acquazzoni caduti in Nicaragua nelle ultime
settimane hanno fatto sì che il Governo di questo paese abbia decretato lo stato di
disastro nel Pacifico e abbia mobilitato la Difesa Civile e lesercito al fine di
evacuare 12.995 persone. Secondo la Commissione Permanente di Contingenze (COPECO), le
piogge hanno colpito 30.000 persone residenti in 51 dei 151 municipi, distruggendo 1.214
abitazioni, 35 tratti di strada e 22 ponti, con un costo di perdite che ammonta a 4.5
milioni di dollari. Il Triangolo Minerario, Puerto Cabezas e Bilwn, sono state le regioni
più danneggiate del Caribe nicaraguense, fatto che preoccupa alcune organizzazioni non
governative locali per gli alti indici di abbandono del 50 % della popolazione infantile,
che abitualmente beve acqua contaminata e non ha accesso ai servizi di base della salute.
Allo stesso modo il Procuratore per la Gioventù e lInfanzia della Costa Atlantica,
Carlos Emilio López, ha riconosciuto che i bambini delle etnie sumus, miskitos, creoles e
garifonos sono, in periodi di disastri, i più vulnerabili di tutto il paese. Daltra
parte, il direttore di Epidemiologia del Ministero della Salute, Juan José Amador, ha
informato sulla possibilità reale di epidemie in tutto il territorio nazionale di
malattie come il dengue, la malaria, malattie respiratorie e diarree. Anche in Honduras,
El Salvador, Costa Rica e Panama, le precipitazioni sono state considerevoli, e hanno
causato in totale 40 morti, 12.000 persone danneggiate e perdite materiali per vari
milioni di dollari.
Critica situazione degli emigranti centroamericani
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giugno 2002 La VII Conferenza Regionale sullEmigrazione,
effettuata questa settimana in Guatemala, ha discusso il grave panorama di quelle persone
che emigrano dallAmerica Centrale, in particolar modo verso gli Stati Uniti, in
cerca di migliori condizioni di vita. Margarita Hurtado, rappresentante della Tavola
Nazionale per le Migrazioni in Guatemala, ha denunciato in un evento parallelo, la Rete
delle Organizzazioni per le Migrazioni, la mancanza di rispetto per i diritti degli
emigranti. La maggior parte dei centroamericani di questa categoria, ha sostenuto la
Hurtado, sono trattati come delinquenti o terroristi, fatto che contraddice la Convenzione
dellONU che ha stabilito nel 1990 il rispetto del libero movimento e il diritto al
lavoro, senza tenere conto della loro situazione migratoria. Lattivista si è
battuta per uninstaurazione regionale di protezione per le persone in questa
situazione che con i loro piccoli invii di rimesse aiutano pure i loro familiari e fanno
parte dellidentità nazionale di ciascun paese al quale appartengono.
Grande
aspettative latinoamericane alla riunione con il Vertice europeo
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maggio 2002 La comunità latinoamericana spera in maggiori livelli di
aiuti e di investimenti del vecchio continente nel continente americano. In occasione del
II Incontro tra America Latina, Caraibi e Unione Europea (UE), a Madrid, nei giorni 17 e
18 maggio, si negoziano accordi settoriali in materia di scienza, tecnologia, educazione,
pratiche doganali e ambiente. Vari Governi latinoamericani hanno espresso che nonostante
le differenze di ricchezza e di progetti storici, le due zone geografiche devono insistere
per un obiettivo comune per promuovere adeguatamente il commercio, come pure estendere gli
ambiti della cooperazione sociale e umana.
Verrà creata la Segreteria dei
Caraibi
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aprile 2002 Il Forum dei Caraibi (CARIFORUM) istituirà una Segreteria
Tecnica strettamente vincolata alla comunità anglofona del CARICOM tendente a potenziare
la cooperazione regionale. Edwin Carrington, segretario generale delle due associazioni,
ha dichiarato che diventa indispensabile un ente che unisca gli interessi delle due
piattaforme come un mezzo per moltiplicare gli interessi dei paesi dei Caraibi. Il
funzionario ha avvisato sul difficile periodo al quale verranno sottoposte le piccole
economie, portando come esempio la riduzione a 57 milioni di dollari dellaiuto
dellUnione Europea (UE), che avrebbe dovuto essere per questanno di 90 milioni
di dollari.
Delusione prevista
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aprile 2002 I governanti dellAmerica Centrale sono rimasti con gli
stessi dubbi che hanno preceduto la visita di George W. Bush sullestensione del
permesso temporale di residenza (TSP) per i latinoamericani dellistmo che risiedono
illegalmente negli Stati Uniti e il cui numero oscilla a oltre un milione di persone.
Al suo posto il Presidente nordamericano ha abbozzato un progetto di Trattato di Libero
Commercio (TLC), condizionato da maggiori impegni neoliberisti e di appoggio
incondizionato alla politica estera attuata dalla Casa Bianca.
Lattuale amministrazione statunitense ha dichiarato, affermandolo chiaramente, che
il tema dellimmigrazione non sarà compreso nellagenda trattandosi di
"qualcosa che potrebbe attendere fino allestate".
Le affermazioni di Washington in tal senso contraddicono le aspirazioni di numerose
famiglie della regione, che dipendono fondamentalmente dalle rimesse di denaro, che sono
in pericolo di sparire di fronte al letargo di uneventuale riforma delle leggi
nordamericane sullimmigrazione che non terminano di concretizzarsi nonostante le
storiche promesse.
Il chiarimento della condizione giuridica di grandi masse di persone senza documenti è
stato, allo stesso modo, uno dei "veli da togliere" durante il recente viaggio
di Bush in Perù, dove si è incontrato con suo omologo Alejandro Toledo. Questo argomento
verrà affrontato anche con i Presidenti di Bolivia, Colombia ed Ecuador.
Lo spiegamento di circa 7.000 agenti segreti della polizia peruviana per le vie centrali
di Lima, lo schieramento di combattimento di varie squadriglie aeree con caccia MIG-29, la
dotazione di missili per le fregate e lordine di "massimo allarme" dato
alle truppe di terra sono state alcune delle misure estreme prese in Perù per la presenza
di Bush.
Il timore allinterno del Governo peruviano era quello che avvenissero, come segnale
di rifiuto, molte esplosioni di petardi davanti allAmbasciata statunitense. La
stessa cosa era accaduta durante il Vertice Stati Uniti-America Centrale, dato che San
Salvador non era rimasta indietro nel raddoppiare le precauzioni.
A tal fine vennero utilizzati 11.000 uomini, sia delle Forze Armate, sia del Comando
Speciale Anti-Terroristi (CEAT), sia del Gruppo di Reazione Poliziesca, tutti incaricati
di respingere le manifestazioni di protesta convocate dal Forum della Società Civile e
dal Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale.
Numerose Organizzazioni Non Governative salvadoregne hanno messo in discussione la
legittimità di un futuro TLC con gli Stati Uniti, dato che considerano che questo aprirà
la porta al neoliberismo più spietato, causa del "fenomeno argentino" e della
propagazione della più profonda miseria in questa parte del mondo.
Il movimento regionale Iniziativa Mesoamericana di Commercio, Integrazione e Sviluppo,
fustiga il servilismo dei governanti centroamericani e la "debolezza" degli
andini.
Un articolo del New York Times ha messo in dubbio il reale esito del giro statunitense
attraverso alcune nazioni latinoamericane, al di là di far suscitare il miraggio nei
circoli di potere regionali sul fatto che Bush non ha impegnato la sua parola invano
quando ha promesso rispettivamente ai centro e ai sudamericani vantaggi doganali,
agevolazioni commerciali e aiuto finanziario.
Il quotidiano statunitense ha affermato che la delusione prenderà piede con il passare
del tempo e senza vedere grandi cambiamenti, in quanto il rinnovamento delle leggi di
preferenza commerciale andina e del TCL proposto per il lAmerica Centrale hanno
fatto sorgere interrogativi allinterno del Senato nordamericano, fatto per il quale
Bush dovrà fare opera di persuasione.
Si tratta, precisa il quotidiano, di un modo molto abile di giocare con "le
noci" del proprio Stato alle quali Bush addiziona altri ingredienti come parte della
sua strategia di ingerenza, con riferimento alla lotta contro il terrorismo universale,
alleliminazione del narcotraffico o al conseguimento della democrazia per il
cosiddetto "caso cubano".
Gli Stati Uniti e la
politica del bastone e la carota
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marzo 2002 - Secondo Otto J. Reich,
sottosegretario di Stato per lAmerica Latina, la "ripresa" della
democrazia in Argentina, Colombia, Haiti e, naturalmente, Cuba è un tema che tocca molto
da vicino la Casa Bianca e aggiunge, inoltre, che le mete di sviluppo regionale si
realizzeranno solo se si seguiranno i consigli che provengono da Washington.
"Abbiamo il grande obbligo di dare alla Colombia laiuto necessario per
proteggere la sua democrazia ed aiutare il paese ad affrontare le molteplici
minacce", ha dichiarato nel discorso tenuto di fronte ai rappresentanti del Centro
per Studi Strategici e Internazionali (CSIS).
Questo funzionario, che non fa niente per giustificare a Posada Carriles i reiterati
tentativi per abbattere e assassinare il presidente cubano Fidel Castro, insiste
nellinserire Cuba tra le "priorità" statunitensi.
Oto Reich ha tra i suoi "meriti" quello di aver presieduto lUfficio
Diplomatico Pubblico, incaricato di distorcere le verità sullingerenza
nordamericana, o di essere un attivo affiliato del Center for a Free Cuba (Centro per una
Cuba Libera), collegato alla Freedom House (Casa della Libertà), della CIA, di chiaro
contenuto contro la Rivoluzione Cubana.
E ben conosciuto, egualmente, nellambito dei terroristi internazionali per i
suoi legami con i tenebrosi signori delle bombe, Orlando Bosch e Luis Posada Carriles.
Senza dubbio, niente di tutto ciò è stato preso in considerazione
dallamministrazione repubblicana di Gorge W. Bush che lo ha promosso a suo uomo di
fiducia per le faccende latinoamericane, passando sopra allopposizione del Senato
degli Stati Uniti.
Reich ha anche, nella sua storia recente, detto di no al ritorno del bambino cubano Elián
González, sequestrato per circa due anni dalla mafia di Miami, è stato coautore della
Legge Helms-Burton, che peggiora il blocco nordamericano contro lIsola, così come
ha finanziato, incoraggiato e promossi gruppuscoli controrivoluzionari in Cuba.
La sua "ossessione" di abbattere la Rivoluzione trascende, tuttavia, i suoi
"consigli e azioni" promosse unitamente ai settori di destra
dellemigrazione cubana negli Stati Uniti. Cerca di influire, in ugual modo, nelle
decisioni dellattuale gabinetto nordamericano per boicottare la possibilità di
stabilire scambi commerciali, culturali e damicizia tra i due popoli.
Con una manovra nascosta di "regali" e "cooperazione" nel vecchio
stile di Babbo Natale, il presidente statunitense andrà a Panama per una riunione con i
suoi omologhi centroamericani per discutere sulle "potenzialità" e gli
"accordi" politici con la Casa Bianca.
La consigliera per gli Affari Pubblici dellAmbasciata statunitense in San Salvador,
Marjorie Coffin, ha assicurato che il tema principale dellagenda verterà sulla
negoziazione di un trattato di libero commercio, la lotta contro il narcotraffico e la
democratizzazione dellarea, ponendo una particolare enfasi su Cuba, tema assunto
specialmente dal presidente salvadoregno Francisco Flores.
Gli Stati Uniti, prima della celebrazione della 58ª
sessione della Commissione dei Diritti Umani dellONU, a Ginevra, ricorrono ai suoi
stipendiati nello sforzo di condannare Cuba.
Il 43% della popolazione latinoamericana vive al disotto della soglia di povertà, dove
ognuno dei suoi abitanti "versa", con le sue scarsità, lequivalente di
circa 1.500 dollari per il pagamento del debito estero. Così facendo lamerica
Latina paga, per interessi sul debito estero, il doppio delle entrate per via degli
investimenti diretti.
La regione ha anche, tra i suoi svantaggi concreti, un
rallentamento economico preoccupante dello 0,5% nellanno scorso, con una proiezione
dello 0% per il presente e una dipendenza molto forte delle sue operazioni col mercato
borsistico nordamericano.
Circa 400 milioni di persone subiscono sulla loro pelle i tagli ai preventivi destinati,
da ventanni, alla salute ed alleducazione nelle differenti società di questo
emisfero, ciò dovuto allimposizione del neoliberismo come schema di Governo
imperante.
Però, come "non vi è peggior cieco di chi non vuol vedere", Bush ignorerà una
volta di più la lunga lista di necessità urgenti della zona e si incaricherà di
convincere lauditorio centroamericano dei vantaggi di operare sotto le sue regole
tra le quali si evidenzia quella di esercitare "un buon governo" allombra
dellArea del Libero Commercio delle Americhe (ALCA).
Ricerche della stessa Banca Interamericana di Sviluppo (BID), hanno evidenziato che un
terzo della popolazione dellAmerica Latina scarseggia di acqua potabile. Una donna
su cinque non ha assistenza medica per i suoi figli e la media dei latinoamericani può
frequentare la scuola solo per i primi cinque anni della sua infanzia.
Bush cercherà, tuttavia, "istruire" i suoi omologhi sulla sterilità di
unazione regionale senza la sua leadership. Pertanto insisterà
sullapplicazione dellALCA, il quale, secondo lui, "offrirà a tutte le
nazioni le medesime opportunità di uguaglianza e diritto nel commercio con gli Stati
Uniti", impostazione chiesta da molti economisti e personalità del mondo.
Così pure, il Governo nordamericano si riparerà con una "clausola democratica"
per imporre misure punitive, favorevoli ai suoi desideri politici o, al contrario,
lAmerica Latina dovrà prepararsi alle pressioni di Bush ai differenti organismi
finanziari internazionali perché "adattino" le loro strategie di prestiti e
assistenza.
Si
creano le condizioni per uno scambio commerciale tra i Caraibi orientali e il Canada
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marzo 2002 LOrganizzazione degli Stati dei Caraibi Orientali
(OECO) ha manifestato in un seminario regionale la propria intenzione di favorire le
relazioni con il Canada per mezzo di un ampio flusso commerciale tra le parti. Formata da
Anguila, Antigua y Barbuda, Dominica, Granada, Monserrat, San Cristóbal y Nevis, San
Vicente y las Granadinas, Santa Lucía, questo ente intende incrementare la partecipazione
canadese nelle lavorazioni agroindustriali, come pure nellindustria delle bevande
alcoliche della regione, oltre a promuovere un maggior accesso dei caraibici alle piazze
commerciali del Canada.
Per
lAmerica Latina, il candidato della mafia terrorista
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dicembre 2001 E stato colui che ha permesso al terrorista Orlando
Bosch di rifugiarsi definitivamente negli Stati Uniti. In questa e in altre faccende è
stato socio di Jorge Mas Canosa, fondatore della Fondazione Nazionale Cubano-Americana
(FNCA), e continua a essere vincolato ai circoli anticubani più irresponsabili. Si è
distinto in America Centrale come capo della campagna di disinformazione attribuendo una
flotta di aerei MIG ai sandinisti. E in collusione con Frank Calzón, agente della
CIA e cervello dellanticubana Freedom House di Washington.
Otto Reich è un altro Uomo del Presidente. E quando George W. Bush diceva che
gli avrebbe trovato un posto nella sua Amministrazione, lo diceva sul serio. Che sia un
bugiardo di professione, associato a elementi screditati dellultradestra o che abbia
condiviso i sogni dei terroristi patentati, non importa. E per questo il Presidente si
ostina o si ossessiona? nel mantenere la sua candidatura come principale
rappresentante della Casa Bianca per lAmerica Latina, con il titolo di
Sottosegretario di Stato per lEmisfero Occidentale.
Nel maggio scorso, il senatore Harry Reid, aiutante del leader della maggioranza
democratica al Senato, rispedì la trovata di Reich a George W. Bush,
invitandolo a trovare un candidato decente. Né più, né meno. Lo scorso 11 ottobre , il
senatore Christopher Dodd, in una lettera al Wall Street Journal, ha ripetuto il messaggio
e ha invitato nuovamente il Presidente a trovare un candidato "competente". Ma
George W. Bush non si è lasciato impressionare.
Così da pochi giorni è riapparsa la nomination alla porta del Senato. E
questa volta nelle mani dello stesso Segretario di Stato, Colin Powell, che ha messo
dietro questa il suo prestigio. E unargomentazione angelica. Per luomo della
Guerra del Golfo, "non esiste niente" nella carriera di Reich "che lo
dequalifichi" per limportantissima carica.
Secondo lagenzia ANSA, Powell ha assicurato che (Reich) "è stato sottoposto a
indagine" per tutte le accuse contro di lui e dai risultati è emerso che "è un
uomo onorevole".
Per caso, lonorevolezza alla Casa Bianca è un concetto diverso da quello
riconosciuto universalmente?
Figlio di padre austriaco e di madre cubana, Otto Juan Reich, di 56 anni, è nato a Cuba e
ha lasciato lIsola nel 1960, da adolescente, quando la sua famiglia si è stabilita
a Charlotte, nel Nord Carolina.
Terminati gli studi, Otto Reich ha trascorso due anni nelle file dellesercito, in
una base di Panama. A partire dal 1972, ha vissuto a Miami ed è entrato in contatto
sempre di più con i circoli repubblicani dellultradestra, garantendosi il suo
futuro nellAmministrazione.
Da buon opportunista, ha sempre approfittato delle sue origini cubane - anche se aveva
abbandonato Cuba alletà di 15 anni per costruirsi una retorica anticubana
che presto gli avrebbe procurato i desiderati benefici. Riconoscendogli il talento per la
demagogia, i dirigenti della mafia terrorista di Miami si sono incaricati di aprirgli le
porte del potere.
Con larrivo di Ronald Regan alla Casa Bianca e durante i dodici anni di regno
repubblicano. Reich si trasferì a Washington e occupò posti sempre più importanti, al
ritmo delle sue dichiarazioni di assoluta fiducia nellestablishment e
nellestrema destra.
Passò dallAgenzia per lo Sviluppo Internazionale allUfficio per la Diplomazia
Pubblica e poi a Segretario di Stato, per poi ottenere il posto di Ambasciatore in
Venezuela, nel 1986.
Lì conobbe Orlando Bosch che, detenuto in un carcere di Caracas, aspettava il suo
processo per il sinistro crimine di Barbados, attentato contro un aereo di Cubana de
Aviación costato la vita a 73 persone compresa la squadra cubana di scherma, al
completo, che ritornava in patria al vertice della sua gloria, dopo aver trionfato in un
torneo continentale.
Anticubano storico, Bosch dallinizio degli anni 60 si unì a qualsiasi
cospirazione degli elementi più violenti della Florida del sud, con la benedizione della
CIA. Si calcola, modestamente, che partecipò a un minimo di 30 attentati in
ventanni. Nel 1968 è condannato (finalmente!) a 10 anni di carcere per avere
sparato con un bazooka da 57 mm. contro una nave polacca, in pieno porto di Miami.
Ma, beneficiando di protezioni, il terrorista sparì dalla Florida, approfittando di una
libertà condizionata, per poi riapparire in Venezuela, dove subito venne identificato
come complice di un altro pericolosissimo terrorista e socio della CIA, Luis Posada
Carriles, nellattentato contro il volo di Cubana, avvenuto di fronte alle coste di
Barbados.
Nonostante le prove contundenti che dimostrano la sua colpevolezza, alcuni giudici lo
condannano, allo stesso tempo altri del tribunale militare lo assolvono ... mentre Reich
aveva preparato personalmente la sua rapida uscita dal paese. Da messaggi recentemente
declassificati, risulta che Reich aveva insistito per ottenere il via libera da Washington
e far rientrare il terrorista in territorio nordamericano.
In una nota segreta inviata prima della decisione del tribunale, Reich precisa che gli
"amici" di Bosch sono già pronti "per farlo uscire dal Venezuela in meno
di quattro ore a partire dalla sua liberazione".
Bosch venne, effettivamente, liberato e inviato rapidamente a Miami, dove continuò a
beneficiare dellospitalità nordamericana, nonostante una nota dellFBI che lo
caratterizzava come uno dei più pericolosi terroristi.
Intanto, si sviluppava lindagine sul famoso caso Iran-Contras, unoperazione
grazie alla quale lAmministrazione Regan arrivò a finanziare la guerra sporca
contro i sandinisti nicaraguensi attraverso vendite segrete di armi allIran e di
altri prodotti "non santi".
E chi apparve nel capitolo della disinformazione dellopinione pubblica
nordamericana? L "onorevole" Otto Reich, che, come direttore del nuovo
Ufficio della Diplomazia Pubblica (OPD) aveva utilizzato tutta la sua immaginazione
furibonda non solo per nascondere allopinione pubblica nordamericana le attività
criminali del tenente colonnello Oliver North, ma anche per disinformarla, disorientarla e
ingannarla con qualsiasi metodo di propaganda.
Così, sotto le istruzioni di Reich, il personale della OPD, redigeva "lettere
aperte" di lettori ai principali quotidiani del paese, senza rivelare la loro vera
origine. In questi scritti venivano difese con ogni mezzo, compresa la menzogna, le
politiche reganiane in America Centrale, con lobiettivo di manipolare
lopinione pubblica e gli stessi mezzi di comunicazione.
Invitato dalla Casa Bianca a non mettersi troppo in evidenza fino a una possibile
comparizione di fronte al Senato, secondo il Miami New Times, Reich ha ripiegato
momentaneamente sul suo ufficio di Arlington, da dove allombra della CIA, che
ha una sede anche in questa bucolica località della Virginia traffica con la sua
ditta, unattività che consiste nel dedicarsi a influire (se non a corrompere) i
più alti circoli del potere. La RMA International, un ufficio con quattro impiegati, si
dedica a rappresentare gli interessi della Lockheed-Martin, ben nota costruttrice di aerei
militari, e del produttore del rum Bacardí, eterno sponsor dei settori più frustrati
della mafia anticubana.
Tra le sue occupazioni, Reich mantiene attivo, fino a questo momento, il suo Centro per
una Libera Cuba, una dipendenza della Freedom House, creata dalla CIA e diretta dal suo
direttore a vita Frank Calzón, altra figura permanente dellindustria
dellanticubanismo, con il quale mantiene le migliori relazioni, così come continua
a fare con tutti i leader e gli ex-leader della FNCA, ricordando con nostalgia il suo
defunto socio Jorge Mas Canosa.
Se il suo amico John Negroponte è arrivato di corsa al suo seggio alle Nazioni Unite,
nascondendosi dietro le colonne di fumo degli attentati dell11 settembre, è sicuro
che Otto Reich non godrà di questa stessa umanità momentanea del Senato.
Alcuni fattori fondamentali sono cambiati da maggio. Il vecchio senatore Jesse Helms,
leader repubblicano in materia di politica estera, soprannominato "Senatore No"
per la sua ostinazione reazionaria, ha già annunciato il suo ritiro, mentre la
maggioranza al Senato è passata ai democratici.
Cè qualcosa in più. Vari senatori repubblicani hanno già tolto il loro appoggio
al blocco contro Cuba, invenzione genocida della Guerra Fredda.
Semplicemente hanno constatato che quando una politica fallisce per 40 anni, è
ragionevole pensare che sia unaberrazione.
E la retorica obsoleta di personaggi tali come Reich, sia verso Cuba sia verso
linsieme del continente, può solo generare incomprensioni e fallimenti.
Non occorre di più per lasciare definitivamente l "amico del Presidente"
nella sua grotta di Arlington.
Diseguaglianza
sociale, brodo di coltura per la violenza
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novembre 2001 - Le nazioni latino-americane hanno richiesto questa settimana
alla 56ª Assemblea Generale dell'ONU azioni concrete contro la povertà, che è, in
ultima istanza, promotrice di violenza. Condizione, questa, elusa dagli Stati Uniti, che
insiste nell'identificare il terrorismo mondiale come un'attitudine individuale di
supposte forze malvagie.
Senza una definizione chiara sul terrorismo internazionale, hanno concordato molti
dirigenti dell'America Latina, è quasi impossibile iniziare qualsiasi campagna su scala
mondiale che possa essere efficace.
In questo contesto, la parola disuguaglianza sociale è stata la più utilizzata come
denominatore comune dagli oratori latinoamericani, i quali hanno illustrato le penose
realtà dei loro popoli, in contrapposizione agli interessi della Casa Bianca. Il
Presidente statunitense, George W. Bush, ha fatto il possibile e l'impossibile per
evitarlo.
La Repubblica Bolivariana del Venezuela, rappresentata dal Presidente Hugo Chávez, ha
invitato la comunità dell'ONU a unire le file per i diritti dei diseredati, dichiarando
"milioni di persone vivono con la speranza di migliorare le loro povere condizioni di
vita".
Chávez ha sostenuto, anche, per non prolungare indefinitamente una conseguente lotta
contro il terrorismo, poiché questo sarà sconfitto solo con comportamenti intensi e
decisi, guidati dalla ragione e dalla saggezza perché non siano danneggiati degli
innocenti.
Il progresso, la cooperazione economica e le reali possibilità d'accesso ai mercati e
alle tecnologie sono alcune delle premesse fondamentali.
I massimi dirigenti della regione, hanno convenuto che la riduzione del divario tra le
nazioni ricche e povere sarà il punto di rottura di fronte all'attuale crisi globale, in
particolar modo quella che si è scatenata dopo gli attentati dell11 settembre
scorso, contro strutture nordamericane allinterno di questo stesso paese.
Washington, tuttavia, ha sofferto di sordità politica, poiché tutta la durata del tempo
dell "apocalittico intervento" del suo rappresentante era centrata nel
personificare Osama Bin Laden come il maggior pericolo contro la civiltà moderna.
Per la stragrande maggioranza dei presenti alla 56ª Assemblea Generale dell'ONU, la lotta
contro il terrorismo deve figurare nelle agende nazionali e in particolare in quelle
dell'America Latina, anche se le cose vanno chiamate con il loro nome.
Jorge Battle, presidente uruguayano, si è mostrato in questo senso preoccupato dal
terrorismo, giacché è sua opinione che non vi sia causa o bandiera che lo giustifichi.
Ha detto di sentirsi anche preoccupato per l'incertezza economica dei paesi
latinoamericani, i quali attraversano momenti molto difficili.
Il terrorismo, principale tema dell'assemblea plenaria, è stato duramente criticato,
evidenziandone la volontà collettiva di combatterlo: però non tralasciando, come
pretendeva Bush, di risolvere le pressanti necessità di ciascuno dei popoli
sottosviluppati che fanno parte della grande comunità delle Nazioni Unite.
11°
Vertice dei Paesi Ibero-Americani - LAmerica latina si guarda dentro
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novembre 2001 - Con spirito integrazionista, le 21 nazioni latino-americane più la
Spagna e il Portogallo apriranno le discussioni dell'11°
Vertice regionale. L'imperativo fondamentale è dare un impulso alla traballante
situazione mondiale generatrice di molteplici problemi sociali per questa parte
dell'umanità.
Il distretto di San Isidro, a Lima nel Perù, accoglie gli importanti rappresentanti, i
quali si riuniscono consecutivamente da dieci anni con l'impegno di portare avanti, senza
gli Stati Uniti, piattaforme programmatiche coordinate da ciascuno dei popoli della grande
famiglia Ispano-Americana.
Alejandro Toledo, Presidente del Perù, nella sua veste di padrone di casa ha invitato i
suoi omologhi a lasciar perdere i convenevoli e i protocolli iniziali per dar inizio a una
"bufera d'idee". La proposta ha avuto una buona accoglienza data l'utilità
dell'interscambio necessario per l'approvazione di accordi precedenti, approvati a
maggioranza.
Prima di questo undicesimo appuntamento, mesi prima è stata trattata una diversificata e
esauriente agenda di lavoro sui temi della salute, educazione, temi delle donne e
argomenti dell'arena internazionale, strettamente legati all'area Iberoamericana.
Il più importante di tutti i preparativi è stato, senza ombra di dubbio, la bozza
elaborata dai Ministri degli Esteri delle 23 nazioni interessate, che hanno sfruttato
l'occasione della 56ª Assemblea Generale dell'ONU per incontrarsi a New York.
Il progetto di Dichiarazione Finale affronta i principali temi della situazione politica,
economica e internazionale attuale, di prima importanza per la regione, come sono la
governabilità, i diritti umani, e ponendo l'accento sulla lotta contro la povertà,
sull'integrazione economica e sulla cooperazione Iberoamericana, così come nelle
relazioni tra America ed Europa.
Allo stesso modo, l'11° Vertice riserva un capitolo per la
riflessione su quanto è stato realizzato durante i dieci anni trascorsi dal 1991, quando
è nata questa convocazione annuale a Guadalajara, in Messico, e la parte del lungo
cammino che ancora resta da percorrere proietta il suoi contenuti quali temi del Vertice.
La rappresentanza cubana, che sarà capeggiata in questa fase iniziale dal Viceministro
degli Esteri, Pedro Nuñez Mosquera, si reca a questo nuovo incontro della comunità
Iberoamericana, secondo fonti vicine ai partecipanti, con il convincimento che è
necessario preservare questo meccanismo di concertazione politica sulla base dei principi
che gli hanno dato origine, e animata in primo luogo dall'unità per poter affrontare le
grandi sfide del futuro.
Il proposito di consolidare la concertazione Iberoamericana tendente ad assicurare uno
strumento regionale istituzionale era presente in tutti gli interventi.
Facendo un'analisi introspettiva, le 23 nazioni hanno discusso sulle possibili cause della
recessione economica che affligge molti dei nostri paesi.
L'identità collettiva è il denominatore comune dei presenti, che si radunano attorno al
motto "Uniti per l'infanzia e l'adolescenza, base della giustizia e dell'equità nel
nuovo millennio".
Prima di questo 11° Vertice Iberoamericano, ministri ed
esperti dei problemi sociali hanno elaborato una proposta di calendario di lotta alla
povertà. Nel periodo di quindici anni dovranno essere risolti, almeno nella loro
totalità, alcuni dei problemi più difficili.
Innalzare gli indici di sanità sessuale e riproduttiva, ridurre quelli di denutrizione e
di abbandono scolastico, la riduzione delle disuguaglianze nella ridistribuzione della
ricchezza saranno l'unico lasciapassare che potrà aprire, a milioni di bambini e giovani,
le porte del futuro.
Area di
Libero Commercio delle Americhe: le ragioni per dire no
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novembre 2001 - Per abbattere l'ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), è
necessario basarsi prima di tutto sulla spiegazione del suo contenuto egemonico e
antipopolare, ha affermato l'economista cubano Osvaldo Martínez nella giornata inaugurale
- 13 novembre - dell'Incontro Continentale di Lotta contro l'ALCA che si è tenuto nel
Palazzo delle Convenzioni di La Habana.
Martínez, membro del Comitato Organizzatore dell'Incontro, ha svolto un intervento
introduttivo sul contenuto e sul significato di questo progetto sostenuto dagli Stati
Uniti.
Alle sessioni inaugurale e serale del primo giorno di lavoro, hanno presenziato il
Presidente Fidel Castro e altre personalità cubane e sono state presiedute da Marcela
Escribano, cilena residente in Canada, attiva combattente sociale e una delle
organizzatrici del Secondo Vertice dei Popoli del Quebec.
Il tavolo della presidenza era formato, inoltre, da rappresentanti di varie
organizzazioni, tra i quali Norma Cano, segretaria generale della Centrale dei Lavoratori
di Panama, il vescovo Medardo Gómez della Chiesa Luterana Centroamericana, Nora
Castañeda, presidentessa della Conferenza delle ONG del Venezuela; Marta Ojeda, dirigente
della Rete di Lotta degli Stati Uniti e Pedro Oliveira, presidente dell'Associazione degli
Economisti dei Caraibi.
La sua composizione è indice dell'ampio spettro di organizzazioni e istituzioni di
accademici, leader indigeni, contadini, religiosi, studenti e sindacalisti che hanno
risposto alla convocazione.
Leonel González, della segreteria della Centrale dei Lavoratori di Cuba, al momento di
dare il benvenuto ai partecipanti ha precisato che erano convenuti a Cuba 679 delegati di
248 organizzazioni e istituzioni continentali di 34 paesi e anche un piccolo gruppo di
organizzazioni sociali dell'Europa "come gesto di solidarietà con la lotta dei
nostri popoli" (salutiamo anche il reverendo Lucius Walker, dell'Associazione
nordamericana Pastori per la Pace).
Marcela Escribano, prima di iniziare con le analisi (tenute tutte in assemblea plenaria),
ha affermato che l'Incontro vuole essere "una sfida per ottenere consensi, una
convergenza delle nostre lotte per la pace, contro la guerra e contro l'ALCA" e su
questo saranno i dibattiti e che vengano fatte relazioni su esperienze concrete sul
movimento antiglobalizzazione.
Nella sua analisi su contenuto e significato dell'ALCA, Osvaldo Martínez, presidente
della Commissione Economica del Parlamento cubano, ha rilevato che dopo gli avvenimenti
dell'11 settembre e della "guerra assurda che pretende di combattere il terrorismo
con dosi maggiori di terrore", i sostenitori dell'ALCA pretendono che adesso più che
mai si debba approvarlo, in modo che - ha sottolineato - opporsi all'ALCA può adesso
essere visto come un appoggio al terrorismo.
Ha ribadito che si pretende presentare l'ALCA come un semplice accordo tecnico, di libero
commercio, quando in realtà è un progetto che compromette a fondo il futuro della
regione.
Martínez ha affermato che gli Stati Uniti si affrettano ad approvarlo, tanto che è uno
dei pochi temi che hanno meritato l'attenzione del Congresso in questi tempi, oltre alla
guerra. "La Camera ha già approvato la bozza, per spingere l'ALCA".
Martínez, che è anche direttore del Centro di Ricerche di Economia Mondiale, ha spiegato
che la fretta ha varie cause, tra cui la crisi economica e sociale del paese e l'attuale
recessione globale (a seguito delle crisi che hanno causato la caduta del miracolo
giapponese, la crisi messicana, quella delle tigri asiatiche e della Russia durante il
decennio degli anni 90)
Quest'analisi gli ha permesso di affermare che la crisi non si è scatenata l'11
settembre, "esisteva già, gli avvenimenti l'hanno accelerata, ma non ne sono stati
la causa". Per questo ha continuato - la fretta di approvare l'ALCA, per
sfruttare lo spazio regionale che sarebbe riserva esclusiva del capitale
nordamericano" e, tra le altre cose, appropriarsi ancor più delle risorse naturali
dell'America Latina e dei Caraibi, e sfruttare una forza lavoro meno costosa.
L'economista ha spiegato le conseguenze per i lavoratori (maggior disoccupazione), per i
contadini (inserimento di prodotti agricoli nordamericani sovvenzionati), per i giovani
(disoccupazione e nessun accesso all'educazione privata), compreso il fallimento e la
sparizione delle piccole e medie industrie. "L'ALCA è il miglior affare delle
multinazionali".
Altri aspetti sui quali si è soffermato sono stati il cosiddetto diritto ai liberi
investimenti e la dollarizzazione delle economie, mentre - qui ha posto speciale enfasi -
l'accesso al mercato nordamericano sarà ancora più illusorio che mai, poiché "si
prevede un protezionismo più aperto e senza barriere".
L'ALCA - ha concluso Martínez - è il culmine dell'accettazione all'annessione agli Stati
Uniti per mezzo di un patto coloniale e la sua sconfitta passa per la comprensione da
parte dei popoli della sua implicazione egemonica e antipopolare. "Dire no all'ALCA
vuol dire fare uno sforzo formidabile per chiarire questo progetto estraneo, che non è
stato nemmeno discusso dai parlamenti", e per questo ritiene che l'Incontro debba
elaborare un'alternativa di integrazione regionale.
Le discussioni della sessione serale hanno affrontato due dei temi dell'agenda:
"ALCA: Commercio e integrazione", e "ALCA e investimenti".
Le prossime sessioni verteranno sull'ALCA e sui suoi rapporti con la povertà,
disuguaglianza sociale, disoccupazione e deterioramento ambientale; identità culturale,
discriminazione razziale e sessuale e i diritti dei popoli indigeni e dei lavoratori
rurali.
I delegati avranno, inoltre, l'opportunità di ascoltare le esperienze di lotta
dell'Alleanza Sociale Continentale, del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre e della
lotta contro il TLC.
Le discussioni sulle Alternative all'ALCA e al Piano di Azione da adottare, domineranno le
ultime giornate dell'Incontro che si concluderà (venerdì 16) con una Dichiarazione
Finale.
Uragani e
neoliberismo: pantani per i popoli centroamericani
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novembre 2001 LAmerica Centrale continua a essere il bersaglio dei
cicloni a solo tre anni dal devastatore Mitch, il quale ha virtualmente rovinato la già
deteriorata economia della regione che farà molta fatica, con il passaggio di un altro
fortunale, a risollevarsi.
L'uragano Michelle, che la settimana scorsa ha flagellato tutta l'area dei Caraibi, ha
posto l'istmo in una situazione difficilissima, dato il livello di penuria che i popoli
centroamericani si trovano ad affrontare dal 1998, perché i danni precedenti non hanno
potuto essere risolti in questo lasso di tempo.
Approssimativamente di 12 morti, 26 dispersi e circa 100.000 danneggiati è stato il
risultato lasciato dal nuovo fenomeno meteorologico, che sebbene non avesse la potenza del
suo leggendario predecessore, ha in modo considerevole danneggiato Honduras e
Nicaragua.
Tegucigalpa ha riconosciuto, per colpa di Michelle, che erano carenti i mezzi necessari
per tirare fuori la nazione honduregna dal disastro nel quale si è trovata. Il presidente
Carlos Flores ha lamentato lo stato di abbandono di quasi 70.000 suoi compatrioti ai quali
non ha dato speranze di miglioramento.
La Commissione Statale Permanente di Crisi (COPECO), dell'Honduras, ha stabilito che il
passaggio di Michelle ha causato grandi inondazioni in 6 delle 18 province, colpendo
direttamente 51.000 persone per le quali ci vorrà molto tempo a soccorrerle.
Il titolare della Salute Pubblica dellHonduras, Plutarco Castellanos, ha informato
dell'aumento delle malattie respiratorie e intestinali della popolazione, in special modo
infantile, che è curata direttamente dagli 80 medici cubani che prestano il loro servizio
alla nazione centroamericana fin dal passaggio di Mitch.
Castellanos si è felicitato con il personale cubano per la sua "dimostrata capacità
e spirito di sacrificio".
Il Nicaragua è stato, così pure, sconvolto, per cinque giorni consecutivi, da una
fortissima pioggia e da raffiche che hanno provocato forti danni in 24 comunità, oltre a
bloccare i collegamenti con l'etnia miskitia che abita la regione autonoma del Nord
Atlantico.
Le grandi piogge cadute sul suolo nicaraguense hanno provocato, anche, perdite in 321.678
ettari coltivati a riso, mais, yucca e banana.
Con venti molto forti, fino a 100 Km. l'ora, Michelle, che in un primo momento era una
tormenta tropicale, ha aggravato, secondo l'Istituto Centroamericano di Studi Politici del
Guatemala (INCEP), la vita di centinaia di migliaia di centroamericani, specialmente
quella di quelli che si confrontano quotidianamente con la povertà e
lemarginazione.
Recenti ricerche dell'INCEP hanno evidenziato le deficienze di gestione dei differenti
Governi per stimolare una ricostruzione a fondo dei loro paesi.
"In tutto questo tempo trascorso da Mitch avrebbe dovuto esserci un decollo delle
nostre economie, visto che si erano creata le condizioni per mettere in atto programmi
contro la miseria e a favore dello sviluppo", ha detto l'esperto guatemalteco
Fernando Solis.
Per Solis il passaggio di Mitch dai territori centroamericani ha significato una vera
tragedia, giacché "mai prima nella nostra storia erano morte tante persone in poche
ore. Le 20.000 vittime tra morti e dispersi, i circa 2 milioni di sinistrati e le perdite
di 6 milioni di dollari ci dicono quanto grande sia stato il disastro".
Lo studioso considera che la mancanza di volontà politica è stato il fattore
determinante per il quale l'istmo non è riuscito a migliorare i deficit economici,
sociali e produttivi aggravati dal passaggio dell'uragano.
Guatemala ed El Salvador sono due esempi classici, secondo l'INCEP, del cattivo utilizzo
degli aiuti statali e internazionali. Dei 276 milioni di dollari ricevuti, il Governo
salvadoregno ne ha utilizzati solamente circa 30, destinandoli, fondamentalmente, alla
ricostruzione di San Salvador, la capitale del paese.
L'impatto dell'uragano ha mostrato dopo tre anni i profondi problemi strutturali di El
Salvador in ambiti importanti come sono quelli ambientali, economici e sociali.
Mazariegos, dirigente popolare del Fronte dei Colonizzatori del Guatemala, ha definito
disastrosi gli interventi governativi di assistenza alla popolazione. "Esistono
ancora 5.000 famiglie danneggiate che abitano dal 1998 in condizioni a rischio", ha
dichiarato il difensore dei diritti civili.
Si
intensificano gli sforzi per combattere il narcotraffico nei Caraibi
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settembre 2001 - Il 9 e il 10 novembre scorsi la città di La Habana è stata
la sede di un incontro tra le autorità di diversi paesi dei Caraibi sul tema della lotta
al narcotraffico, che ha contato sulla partecipazione di 15 stati della regione aderenti
al cosiddetto Piano di Azione Barbados, costituito per combattere più efficacemente
queste attività criminali.
Il Ministro della Giustizia, Roberto Díaz Sotolongo, che è anche presidente della
Commissione Nazionale Antidroga (CND), ha ricordato che all'incontro erano state invitate
anche delegazioni del Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Spagna e Stati Uniti,
rappresentanti del Programma antidroga dell'ONU, la Commissione Antidroga della OEA, così
come rappresentanti dell'UNICEF, della OPS e dell'INTERPOL.
L'incontro ha avuto come obiettivo l'intensificazione degli sforzi nella lotta al
narcotraffico e un loro maggiore coordinamento, in un territorio, come quello caraibico,
dove questa attività è particolarmente articolata, per bloccare il viaggio della droga
verso i grandi centri di smercio e consumo.
Per avere un'idea dell'importanza strategica delle misure antidroga che si intendono
intraprendere, basti pensare che attraverso i Caraibi viaggia il 50 % della marjuana che
arriva negli Stati Uniti e il 65 % della cocaina che raggiunge l'Europa.
Riguardo a uneventuale collaborazione fra Cuba e gli Stati Uniti in questo campo,
Díaz Sotolongo ha affermato che esiste l'intenzione da parte di Cuba di allargare la
collaborazione con la nazione nordamericana, a patto che vengano rispettati i principi di
sovranità e non ingerenza rispetto agli affari interni.
La posizione strategica in cui si trova Cuba nell'ambito dell'area caraibica gli permette
di tenere sotto controllo il traffico internazionale di droga che la attraversa, oltre che
di sequestrare le quantità di stupefacenti che spesso finiscono sulle coste cubane
in conseguenza di una tecnica specifica detta di "bombardamento", tramite la
quale la droga viene lanciata da piccoli aeroplani sulla costa e poi fatta proseguire su
motoscafi, come anche quella che viene lanciata in mare dai narcotrafficanti nel momento
in cui vengono sorpresi dalla polizia.
L'anno scorso Cuba ha confiscato 12 tonnellate di stupefacenti (8 di marjuana e 4 di
cocaina) in più rispetto al 1999, mentre nel 2001 le tonnellate confiscate sono 4, di cui
3 di marjuana e 1 di cocaina. Secondo quanto ha affermato il Ministro della Giustizia, in
carcere sono finiti 170 trafficanti, dei quali il 45 % è di nazionalità colombiana,
mentre alcune decine sono cubani.
In risposta alle domande dei giornalisti, Díaz Sotolongo ha spiegato che nonostante Cuba
non sia esente dalle gravi conseguenze legate al consumo e al traffico di stupefacenti,
nell'Isola ciò non costituisce un problema sociale nella misura in cui si può invece
riscontrare in altri paesi. A questo proposito, il Ministro ha sottolineato che a Cuba
esiste un ferma volontà politica di combattere qualsiasi atteggiamento o attività che
possa contribuire all'aggravarsi di tale situazione. Sotolongo ha infatti ribadito il
deciso impegno da parte delle istituzioni e delle autorità di intervento sociale per
impedire un incremento del consumo di droghe, come conseguenza della grande quantità di
queste sostanze in circolazione nei mari attorno all'Isola.
Sotolongo ha infine ricordato che a Cuba non solo sono illegali il possesso e lo smercio
di stupefacenti, ma lo stesso codice penale è stato opportunamente riformato per colpire
più duramente il narcotraffico.
America Latina: o si
integra o la disintegrano
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settembre 2001 - L'America Latina risente ogni volta di più della penosa
vicenda che le si è abbattuta addosso con la globalizzazione neoliberista:
disuguaglianza, povertà, indebitamento, fuga di cervelli e distruzione dell'ambiente e
della diversità biologica.
Per frenare tanta volatilità sociale e aggressione all'ambiente naturale, imperante nella
regione, è imprescindibile adesso disfarsi delle rigide politiche economiche in essere e
riorientare il consumo fino all'eliminazione dell'elevato indice di miseria e di fame che
pervade intere comunità.
Finora i nostri paesi - a eccezione di Cuba - hanno aderito inesorabilmente ai modelli di
crescita promossi dal "Consenso di Washington" e ciò li ha portati al disastro
economico e alla crisi sociale: in quest'inizio del Terzo Millennio, più di 180 milioni
di latinoamericani vivono in povertà estrema, mentre la disoccupazione cresce ogni giorno
e degradano ogni volta di più i già impoveriti indici di salute e scolarità.
E' arrivato il momento in cui l'integrazione latinoamericana sia un fatto e non un'altra
chimera. Ai paesi a sud del Río Bravo urge difendere la cooperazione e la solidarietà
tra di loro, come soluzione attuabile per fermare la crescente disuguaglianza che bussa
alla porta.
Nella sua visita in Venezuela, a metà agosto scorso, il Presidente cubano Fidel Castro ha
ribadito le conseguenze fatali che potranno esserci per l'America Latina dovute alla
mancanza d'unità, tanto invocata dal grande indipendentista Simón Bolívar e che
continua a essere il principale obiettivo; anche perché i problemi attuali sono molto
più gravi di quelli che avvertiva due secoli fa il Liberatore nello storico Congresso di
Angostura.
Perché il pericolo non è solo quello di continuare a essere poveri, ma è quello di
essere annessi agli Stati Uniti attraverso la proposta dell'ALCA (Area di Libero Commercio
delle Americhe), che è stato disegnato con la chiara intenzione di spazzare via le
economie più forti della regione come quelle di Brasile, Messico, Cile e Argentina -
l'attuale crisi ne è la prova - o per dare il colpo di grazia alle strutture più deboli,
oltre a perpetuare la dipendenza assoluta dei nostri paesi.
L'ALCA rappresenta il maggior ostacolo e non uno strumento per l'integrazione dell'America
Latina, come vorrebbero far credere i suoi promotori.
Risulta improcastinabile, allora, l'elaborazione di posizioni congiunte di tutti, poiché
al contrario gli sforzi d'integrazione soccomberanno di fronte alle crisi cicliche che
patiscono oggi le nazioni del subcontinente, dovute all'applicazione arbitraria delle
ricette del Nord. Bisogna mettere in atto contromisure alle pressioni protezionistiche e
alle esigenze dei mercati finanziari, che mai si sono preoccupati sul come ridurre la
povertà e la diseguaglianza.
Proprio le politiche neoliberiste di sistemazioni macroeconomiche che si applicano
attualmente a vari paesi persistono come insuperabili scogli per l'integrazione che, se
non dovesse avanzare prima che l'ALCA si avvii, potrebbe accrescere la catastrofe umana
che imperversa nella regione.
Voci di differenti latitudini, filosofie, razze e posizioni politiche, quantunque
coincidenti nel loro latinoamericanismo, si sono alzate ormai contro la sua instaurazione
a partire dall'anno 2005, approvata quest'anno in Quebec, dalla maggioranza dei Capi di
Governo del continente (al primissimo posto quello degli Stati Uniti), con l'eccezione di
Cuba. Sono state formulate riserve da parte di alcuni Capi di Governo come Hugo Chávez
Frías, del Venezuela, e Fernando Henrique Cardoso, del Brasile.
Il messicano Cuauctemoc Cárdenas, leader del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD),
una delle tre forze politiche del suo paese, ha precisato durante la Riunione sul Debito
Sociale, che si è tenuta lo scorso mese di luglio a Caracas, la capitale venezuelana, che
deve essere ben chiaro che l'ALCA non è il progetto per integrare i nostri popoli,
perché la sua finalità è di permettere agli Stati Uniti di consolidare il loro accesso
alle grandi risorse naturali ed energetiche dell'America Latina.
Il segno dell'incidenza che già ha l'ALCA sulla volontà politica dei Governi, è
evidenziata nel contenuto principalmente commerciale e finanziario che viene impresso a
tutto il proposito integrazionista, da ciò, lungi dal rinforzarlo, lo frammenta. Perciò
è necessario mettere ordine nella ramificazione degli accordi che oggi esistono tra le
nazioni latinoamericane.
Una proposta capace di risolvere questa situazione potrebbe essere quella esposta da
Chávez lo scorso 20 agosto a Santiago del Cile, facendo un appello al rafforzamento del
fondo di riserva della regione e all'instaurazione di una confederazione di repubbliche
nello stile bolivariano.
Chávez ha detto che i nostri paesi devono pensare a un nuovo modello d'integrazione che
comprenda non solo i mercati ma anche l'ambito politico, sociale e militare. E' necessaria
- ha puntualizzato - una rivoluzione etica e morale, piena di concetti applicabili
all'integrazione latinoamericana.
Senza dubbi, l'America Latina deve crescere dentro per risolvere le proprie urgenze
mediante un proprio cammino, che chiede di porre al primo posto la volontà politica e poi
i mercati.
Un magnifico esempio per tutti lo hanno dato Chávez e Cardoso, all'inaugurazione lo
scorso 13 agosto di una centrale elettrica d'alto voltaggio a Santa Elena di Uairén,
località venezuelana a pochi chilometri della frontiera comune.
Decine d'anni prima, i venezuelani si erano spaventati davanti alla peregrina tesi -
promossa come sempre dai nemici dell'integrazione regionale - del supposto pericolo
dell'espansionismo brasiliano che li minacciava. Adesso toccano con mano i vantaggi dei
mutui accordi e del beneficio sociale della combinazione del già esistente potenziale
industriale brasiliano con le grandi risorse energetiche venezuelane.
Speriamo che la vicinanza e l'amicizia fraterna continui a rafforzarsi nel resto degli
altri popoli, tutti uniti da oltre 500 anni di colonizzazione delle loro terre e delle
popolazioni autoctone, uniti dalla causa comune durante le guerre contro le metropoli
conquistatrici (Spagna e Portogallo), ma spogliati e inimicati dalle meschine
intromissioni degli Stati Uniti.
Se non avanzano nuovamente verso l'unità che li ha caratterizzati durante la lotta per
l'indipendenza più di un secolo e mezzo fa, i nostri popoli corrono il pericolo espresso
lo scorso 13 agosto dal Presidente Fidel Castro, alla presenza di Chávez e di Cardoso, in
piena selva amazzonica: "O ci integriamo o ci disintegrano".
E dei poveri, chi si ricorda?
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settembre 2001 - E un peccato che i governanti, i vicepresidenti e i
politici dei 19 Paesi latinoamericani si siano riuniti e dopo un fine settimana di
eccessiva verbosità e di non-incontri, i loro popoli si debbano rassegnare nel vedere
trascorrere il tempo senza nessun cambiamento a loro favore.
Che lo crediate o no, così si potrebbe definire il recente vertice del Gruppo di Río,
dove si è discusso tanto, che si è ottenuto molto poco. Poche volte sono state gestite
opportunità storiche come quella che hanno avuto i partecipanti allultimo
appuntamento a Santiago del Cile, per rompere lortodossia economica neoliberista
loro imposta dal cosiddetto "Consenso di Washington".
Però ancora una volta hanno sprecato loccasione per aiutare i loro popoli e di
nuovo sono caduti nel ridicolo, chiedendo aiuto finanziario agli stessi boia del G7, le
cui banche e il cui potere economico si mantengono saldi grazie alla rovina delle fragili
strutture che sostengono i paesi della regione.
Pare che i governanti e gli altri ospiti di Ricardo Lagos abbiano dimenticato i drastici
tagli che hanno ridotto i fondi destinati alla salute e allistruzione nei loro Paesi
durante gli anni 90, così come consigliava il Nord, al quale tutto ciò conveniva
per mantenere in ordine le proprie finanze, con la minaccia di destabilizzare socialmente
le sue vittime in geografia.
Durante il Vertice hanno anche dimenticato che lAmerica Latina deve disfarsi della
rigida politica neoliberista in corso e tornare a orientare le spese verso la povertà e
la disuguaglianza sempre maggiori denunciate dai nostri Paesi.
Sebbene i dibattiti si siano avvicinati - come mai prima dora - alle difficoltà che
affliggono circa 400 milioni di persone, certo è che i governanti hanno stemperato e
sfiorato appena in superficie temi tanto incandescenti come il controverso Piano Colombia,
che gli Stati Uniti caldeggiano nella regione. Nonostante questo cosiddetto piano
controinsurrezionale e antidroga abbia ricevuto le critiche di buona parte dei
partecipanti, le voci non sono andate oltre la protesta lieve contro gli effetti negativi
lasciate dalle disinfestazioni aeree degli Stati Uniti su vasti territori della Selva
Amazzonica, dove proliferano le coltivazioni illecite.
E dove è rimasta lanalisi delle errate politiche basate sulla disciplina fiscale,
nelleliminazione arbitraria di barriere al commercio e allinvestimento, nella
privatizzazione di imprese pubbliche e nelle misure di aggiustamento dei conti pubblici.
Con le eccezioni dei Presidenti Fernando Henrique Cardoso e Hugo Chávez Frías, di
Brasile e Venezuela, rispettivamente, che in varie occasioni hanno argomentato la
necessità dellintegrazione latinoamericana e dellunione delle voci in ogni
forum mondiale, in pochissimi accordi viene valutato laiuto alla maggioranza
impoverita. E di più: non ci sono stati pronunciamenti per destinare risorse
pubbliche allistruzione, alzare le tasse sulle ricchezze ai fini di una migliore
ridistribuzione, proteggere i diritti dei lavoratori e aiutare le famiglie più povere. Se
non si è parlato di questo, per che cosa è stato realizzato il vertice?
Un elemento in più: lAmerica Latina paga per gli interessi del proprio debito
estero il doppio delle entrate grazie agli investimenti diretti e tale peso va a gravare
sugli uomini dei loro popoli. Il vertice, lontano da propugnare soluzioni, certo non
immediate bensì mediate o a largo raggio, si è diretto ancor di più verso
lindebitamento quando il presidente Gerge W. Bush ha chiesto lappoggio per
ottenere dal FMI nuovi prestiti allArgentina in cambio di un maggiore adattamento
fiscale, con il pretesto di tranquillizzare i mercati finanziari. Che povertà di
cervello: mai la banca internazionale ha risolto come ridurre la povertà e la disuglianza
economica senza sacrificare la crescita economica. E il peggio è che le economie
latinoamericane non crescono o lo fanno vagamente nel contesto attuale.
Il vertice di Santiago del Cile non ne ha approfittato per creare un nucleo bolivariano,
capace di iniziare la necessaria rivoluzione latinoamericana per un nuovo ordine
finanziario internazionale meno ingiusto, saccheggiatore e devastatore; un nucleo capace,
infine, di generare limprescindibile unità e di far diminuire la dipendenza dei
nostri popoli.
Caffe allaroma di crisi
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settembre 2001 - La peggiore crisi del caffè che si ricordi in America Latina,
minaccia di avere origine in situazioni critiche di instabilità sociale e politica nei
Paesi produttori.
Nonostante gli sforzi dei produttori di caffè per concertare politiche che potenzino
laumento del valore dei raccolti nel mercato internazionale, le vendite
dellaromatico chicco continuano a scendere in picchiata e già superano il 25 %
della diminuzione delle entrate che storicamente generavano in America Centrale, Messico,
Colombia e Perù.
La forte depressione dei prezzi ha provocato la caduta delle esportazioni nelle suddette
nazioni e la situazione diventa critica in quelle in cui il caffè costituisce una delle
scarse entrate generanti divisa. Secondo lopinione di qualificati esperti in
economia e nella commercializzazione di questo prodotto agricolo, i disastrosi prezzi cha
attualmente ha il caffè sul mercato internazionale impediscono ai produttori di rimanere
a galla.
Colpiti da fenomeni naturali (severa siccità in zone di piantagione del Centro America o
eccessive piogge fuori stagione) e scarsi finanziamenti interni, questi Paesi
latinoamericani soffrono anche per la scomparsa dellAccordo Internazionale del
Caffè (AIC).
Mentre ha governato lAIC sotto il rettorato dell OMC il commercio del
caffè è salito a circa 30 miliardi di dollari lanno, dei quali i produttori
ricevevano un terzo approssimativamente. Senza laccordo, le vendite sono ammontate a
55 miliardi, ossia, sono cresciute globalmente, però ai rassegnati produttori sono
cominciate ad arrivare allora meno di 7 miliardi, appena unottava parte.
Il Presidente della Colombia, Andrés Pastrana, ha insistito recentemente sulla necessità
di nuovi accordi nel commercio internazionale, in particolare a causa della crisi attuale,
che solo nel suo Paese colpisce più di due milioni e mezzo di persone.
Caduta dei prezzi e diseguale distribuzione delle quote esportabili potrebbero gravemente
colpire estesi settori agricoli delle nazioni in questione, da lì la tagliente battuta di
Pastrana: "Le soluzioni non possono essere a medio o lungo termine, ma
immediate".
Adesso resta solo di avere fiducia nel fatto che volontà e coscienza camminino mano nella
mano: la volontà di dialogare in cerca di consenso per nuovi accordi commerciali e la
coscienza del fatto che unuscita di di sicurezza risiede nellintegrazione,
perché poco ci si può aspettare dalle borse commerciali e finanziarie se non si agisce
uniti.
Non si dimentichi che alla banca multilaterale, o transnazionale, o filo-nordamericana
leggasi il binomio maligno Banca Mondiale-FMI e la sua grottesca appendice
regionale, il BID (Banca Interamericana di Sviluppo) poco importa la disuguaglianza
e la povertà nel continente, acutizzatesi ora nelle regioni del caffè e che sono sul
punto di provocare esplosioni sociali, per le quali lo stesso Pastrana ha lanciato
lallarme.
Chi non ci crede, vada in Nicaragua, solo per citare la situazione più drammatica
chiarisco che la crisi del caffè è lì unaggravante in più del caos generato
dalla già inqualificabile corruzione del Governo di Arnoldo Alemán e si
imbatterà in un marcia della fame alle porte della capitale, Managua.
ALCA: divoratore di economie
della regione
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settembre 2001 - Per dare una continuità a Cuba alla concertazione dell'ampio,
crescente e convergente movimento che si va formando contro il progetto dell'Area di
Libero Commercio delle Americhe, organizzazioni cubane in rappresentanza di diversi
settori della società intendono realizzare a La Habana, dal 13 al 16 novembre di
quest'anno, un Incontro Continentale di Lotta contro l'ALCA.
L'incontro si propone di analizzare completamente un'ampia serie di temi per valutare le
minacce che quest'accordo porta ai popoli dell'America Latina e dei Caraibi e a tracciare
le strade verso altri sistemi di integrazione basati sulla democrazia, sull'umanità,
sulla giustizia sociale e sulla difesa dell'ambiente.
E' un appello a sindacalisti, contadini, studenti, donne, accademici, artisti e
intellettuali di ogni tipo, a giovani, indigeni, ecologisti, religiosi, imprenditori
nazionali e culturali che condividono la preoccupazione per il destino dei nostri popoli.
Rientra nella prospettiva del Secondo Vertice dei Popoli delle Americhe, tenutasi in
Quebec, e nel solco dello straordinario movimento contro la globalizzazione neoliberista
che ha impressionato a Seattle, Davos, Praga, Genova e in altri scenari di lotta popolare.
Pretende, inoltre, di essere un importante antefatto d'appoggio e di mobilitazione per il
Foro Mondiale di Porto Alegre, in Brasile, che si terrà il prossimo anno.
L'ALCA è un progetto strategico ed egemonico degli Stati Uniti per consolidare il loro
dominio sull'America Latina e sui Caraibi, per ampliare le loro frontiere economiche e
assicurarsi un grande mercato di fatto prigioniero delle aziende statunitensi, eliminando
la concorrenza dell'Unione Europea e del blocco asiatico.
Nell'aprile di quest'anno, in Quebec, Canada, si è tenuta la terza Riunione dei Capi di
Stato del continente, nella quale sono continuati, a porte chiuse, i negoziati
sull'accordo.
Parallelamente, proprio in Quebec, si è tenuto il Secondo Vertice dei Popoli delle
Americhe, che ha fissato le regole delle azioni contro l'ALCA, che da qualche anno vanno
realizzando varie organizzazioni sociali del continente con un grande sforzo di risposta
articolata a questo progetto di dominazione neoliberista.
Li è emersa con forza l'iniziativa di effettuare un plebiscito o una consultazione dei
popoli sul tema dell'ALCA.
L'appuntamento di La Habana cerca di porre enfasi sul fatto che un progetto sostenuto da
un governo di estrema destra, che stimola la corsa agli armamenti e alla repressione su
scala mondiale, complice di una politica razzista e sessista, nemico delle misure
elementari per la protezione dell'ambiente, non potrà portare nulla di buono per
l'insieme delle Americhe.
I promotori del vertice vogliono sottolineare che l'ALCA significa l'assorbimento totale
delle economie dell'America Latina e dei Carabi.
Sottoscritto dalla Centrale dei Lavoratori Cubani (CTC), dalla Federazione degli Studenti
Universitari (FEU), dalla Federazione delle Donne Cubane (FMC), dall'Unione dei
Giornalisti Cubani (UPEC), dall'Unione degli Scrittori e Artisti Cubani (UNEAC), tra le
altre organizzazioni di Cuba, l'appello propone una vasta agenda.
Alcuni tra i temi da trattare sono: "L'ALCA e l'integrazione economica dell'America
Latina e dei Carabi"; "L'integrazione subordinata agli Stati Uniti sotto i
principi di politica neoliberista"; "Commercio, investimenti, finanza,
proprietà intellettuale, rapporti di lavoro e ambiente". I lavori si concluderanno
con una Dichiarazione e un Piano d'Azione contro il preteso progetto di Washington.
Vivere pagando, per morire con i
debiti
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luglio 2001 LAmerica Latina offre un panorama desolante di
disuguaglianza, povertà, indebitamento, emigrazione e, di conseguenza, instabilità
politica e sociale. Londata migratoria che percorre il continente è il miglior
riflesso del fallimento dei sistemi che vi imperano.
Dopo vari decenni di atroci dittature e di governi repressivi come quelli di Cile,
Paraguay, Argentina, Guatemala ed El Salvador pendenti tuttora come spade di
Damocle sopra questi popoli lAmerica Latina ha visto il succedersi di sistemi
più o meno democratici. E sembrato che lumano diritto alla piena libertà
sarebbe arrivato con il nuovo modello politico ed economico, varianti
possibili a parte.
Non pochi hanno creduto o hanno immaginato allora che con la fine della guerra fredda e
dei bagni di sangue nella geografia americana, e concluse le crisi interne in senso
generale, sarebbero stati recuperati i capitali evasi in tempo di repressione e sarebbero
migliorati gli interscambi economici con altre regioni o paesi. Lillusione ha avuto
anche un punto più alto: si era pensato che sarebbero diminuite le crescenti
disuguaglianze.
Mai è stato così. Che cosa è successo veramente? Le nazioni latinoamericane sono state
zavorrate dallimportazione della ricetta neoliberista somministrata dal Nord, che
non cessa nel suo impegno di dominare il Sud, di domarlo come una fiera e di tenerlo come
cortile interno, e che non smette nella ricerca di formule, ogni volta più complesse,
più sottili, quasi perfette, per ottenere i propri obiettivi in modo mascherato o
apertamente.
Londa neoliberista e la pressione delle multinazionali, degli organismi finanziari
internazionali e anche dei Governi delle potenze economiche con grandi interessi nella
regione, hanno smantellato gli stati latinoamericani, hanno privatizzato le aziende
pubbliche, le risorse naturali e i servizi sociali.
Le aziende straniere hanno realizzato affari scandalosi, impadronendosi del patrimonio
statale e nazionale a prezzi irrisori. Lo smantellamento delle dogane è stato tale che le
piccole e medie aziende nazionali sono rimaste alla mercé di una concorrenza disuguale:
sono crollate bruscamente di fronte alla logica incapacità di affrontare le
multinazionali.
Condannati a vivere pagando, per morire con i debiti, i governi latinoamericani continuano
ad accettare duri piani di aggiustamento, in cambio di nuovi prestiti, mentre le loro
economie continuano in discesa e i loro popoli si dissanguano.
La vendita di aziende statali al capitale privato ha risposto alla raccomandazioni del
Fondo Monetario Internazionale (FMI) e aveva tra i suoi principali obiettivi di ridurre il
saldo del debito estero. Al contrario il debito totale dellAmerica Latina è quasi
raddoppiato in meno di dieci anni: da 440.000 milioni di dollari nel 1990 è salito a
750.000 milioni di dollari lo scorso anno equivalente al 39 % del Prodotto Interno
Lordo e al 201 % delle esportazioni di tutte le nazioni dellarea e quello che
è ancora peggio è il pagamento degli esorbitanti interessi che blocca ogni possibilità
di sviluppo e di effettiva lotta contro la povertà e contro lesclusione sociale.
Ma chi dubita che il continuo incremento di detti interessi risponde più a una decisione
politica che insiste per perpetuare la precarietà finanziaria del Sud, piuttosto che alle
continue oscillazioni del mercato? Così, nuda e cruda è la realtà, al limite che
ciascun bambino latinoamericano quando nasce ha già 1.550 dollari di debito.
Il recente Vertice sul Debito Sociale e sullIntegrazione Latinoamericana, svoltosi
alcune settimane fa a Caracas, la capitale del Venezuela, ha affrontato apertamente il
magro panorama, senza un orizzonte definito, che scuote la regione.
Secondo Bernardo Kliksberg, direttore delle Ricerche della Banca Americana dello Sviluppo
(BID), la povertà colpisce 60 latinoamericani su 100 e 40 di questi vivono in
condizioni estreme e aggiunge: "Un terzo della popolazione non dispone di
acqua potabile, una madre su cinque partorisce senza alcun tipo di assistenza medica e il
latinoamericano medio ha solo cinque anni di scolarità alle spalle".
Ma le statistiche arrivano a definire realtà terrificanti e inimmaginabili fino a qualche
anno fa. E stato calcolato che ogni anno avvengono in America Latina 30 omicidi ogni
100.000 abitanti, cifra sei volte maggiore rispetto a quella dei paesi sviluppati.
Kliksberg afferma che è una violenza che non è localizzata, ma che è epidemica, che si
propaga, dovuta alla disoccupazione giovanile, al basso livello di educazione, alle
famiglie devastate dalla miseria e alle disuguaglianze che stanno arrivando a un punto di
non ritorno se non vengono prese misure adeguate per tempo. Perché lAmerica Latina
è già la regione con le entrate e le ricchezze distribuite nel modo peggiore: il 10 %
della popolazione più ricca ha entrate 84 volte superiori al 10 % della popolazione più
povera.
I parlamentari delle 22 nazioni rappresentate a Caracas, oltre a dirigenti sindacali,
religiosi e governativi hanno valutato le possibilità per il necessario viraggio di un
quadro così desolante. Ma una volta ancora il neoliberismo ha impedito accordi concreti e
immediati: non si possono fare appelli da sottoporre a votazione ancor prima di avere
detto cosa concretamente si deve fare, e lAmerica Latina è proprio di questo che ha
bisogno. Per smettere di essere la regione più disuguale del pianeta si devono impostare
politiche concrete che puntino verso un accesso ugualitario ai servizi indispensabili, in
particolar modo alla salute e alleducazione.
Ogni giorno è sempre più urgente prendere la via dellintegrazione per ottenere una
forza che possa invertire lindebitamento e la povertà attuali. Consolidare un
blocco capace di riunire le potenzialità disperse dei debitori per negoziare con i
creditori. Perché fino a oggi gli accordi regionali per il trattamento della situazione
sono stati solamente fantasmi, poiché non sono mai esistiti.
Il Vertice nella terra di Simón Bolívar, il Liberatore, è servito per comprovare che
molti latinoamericani stanno comprendendo la necessità dellintegrazione, senza
obbedire ed è molto importante ai disegni di Washington.
I parlamentari della regione hanno concordato che di fronte alla globalizzazione, i legami
tra le nazioni dellAmerica Latina e il Caribe sono oggi più perentori che mai, e
non solo per combattere lallarmante e desolante povertà, bensì per questioni di
dignità, e se si tratta di dignità latinoamericana il peggior nemico del momento è la
presunta Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), che forse sarebbe meglio
chiamarla "area per la libera appropriazione dellAmerica Latina e del
Caribe" da parte degli Stati Uniti.
Perché, come è stato ben affermato nel vertice, lALCA costituisce un ostacolo e
non un mezzo: se lintegrazione latinoamericana non procede prima che avanzi tale
fantasma, promosso e spinto dalla Casa Bianca, il processo corre il rischio di perdersi e
di essere affossato.
Il principale difetto dellALCA è quello di trattare allo stesso modo tutte le
nazioni come se tutte avessero la stessa estensione di territorio o lo stesso grado di
sviluppo economico degli Stati Uniti, per trarne maggior profitto dalle evidenti brecce
esistenti. Le nazioni latinoamericane sono in grado di impedire per tempo
unulteriore frammentazione e una spoliazione maggiore, ultramoderna, mistificata da
presunte liberalizzazioni commerciali in ogni direzione.
Vale la pena di ricordare adesso quanto espresso dal Presidente Hugo Chávez, padrone di
casa del Vertice: "E necessaria lunione politica come massima priorità
per raggiungere nellarea lunità economica e sociale, che costituisce
lopzione insostituibile per fare uscire i nostri popoli dalla povertà adesso che
modelli come il neoliberismo sono in caduta. Bisogna approfittare di questa opportunità,
aiutandoci con audacia, coraggio e saggezza per arrivare a unUnione di Popoli
Latinoamericani e Caraibici ispirata al pensiero di Simón Bolívar".
Comunità
del Caribe: il tortuoso cammino dellintegrazione
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luglio 2001 La storia recente della Comunità del Caribe lascia poco
spazio allottimismo riguardo a quello che concerne lintegrazione economica, se
ci atteniamo ai risultati dellultima Riunione-Vertice dei Capi di Governo dei
quattordici paesi membri, effettuata a Nassau, Bahamas.
Diversi temi erano in elenco nellagenda sui quali sono stati imperniati colloqui e
dissertazioni degli invitati, tra questi i Presidenti della Repubblica Dominicana e del
Messico, rispettivamente Hipólito Mejía e Vicente Fox.
Fin dai primi tempi - dal 4 luglio 1973 data di costituzione mediante il Trattato di
Chaguaramas (Trinidad e Tobago) la Comunità ha messo in luce la necessità di
stabilire un mercato comune, oltre che a legami che permettessero un sostenuto e
necessario interscambio bilaterale in materia di salute, educazione, cultura, turismo e
industrie varie.
Le divergenze sul tavolo di dialogo non sono nuove e costituiscono la causa fondamentale
della mancata entrata in vigore del cosiddetto Mercato Comune Caraibico, concordata nel
1992, in quanto ancora oggi non vi è un consenso unanime tra i suoi membri su vari punti
tecnici. Per le nazioni e per i popoli non cè più tempo di ulteriori ritardi e,
purtroppo, a Nassau si è fatta poca strada.
Già nel 1997, le piccole ex-colonie avevano riposto le loro speranze nella cosiddetta
Associazione di Prosperità e di Sicurezza nei Caraibi, firmata da William Clinton,
ex-presidente nordamericano, con i leader della regione. Ma la realtà è rimasta molto
distante dalle aspettative, perché in pratica hanno ricevuto un impulso considerevole
solo quegli aspetti che interessavano a Washington, come gli accordi per permettere a
imbarcazioni statunitensi lentrata nelle acque territoriali di queste nazioni, come
parte della lotta contro il narcotraffico.
Una prova in più: ricordiamo solamente la posizione difensiva adottata dalla Casa Bianca
nel mezzo dei contrasti della crisi delle banane, quando gli interessi dei paesi dei
Caraibi erano in contrasto con quelli delle aziende statunitensi in America Centrale.
Per caso servono altri elementi per dimostrare la necessità del CARICOM a rendere
concreti il mercato comune e lintegrazione? La celerità con cui avanzano gli
avvenimenti sotto la pesante zavorra della globalizzazione, obbliga i suoi membri a uscire
dalla cappa di diffidenze che attualmente li sovrasta, perché lunica alternativa
possibile per contrastarla sono i blocchi commerciali, costituiti su interessi e basi
reciproci. La storia, i costumi, la geografia, la natura e perfino lidiosincrasia
comune, dipendono dalle loro mani: pertanto, che peccato che a Nassau non si siano fermati
a pensare e ad analizzare profondamente tale situazione, quella che lo stesso segretario
generale della Comunità Caraibica, il guyanese Edwin Carrington, avrebbe definito poco
tempo dopo: "I piccoli paesi che compongono la regione dei Caraibi devono nuotare
insieme oppure affogare nelle turbolente acque dellambiente internazionale".
I criteri individuali sembrano rallentare i destini della subregione, anche se nessuno
nega quanto sia difficile liberalizzare le proprie politiche economiche, che si sostentano
ora sullo sfruttamento del turismo, sui servizi finanziari e sullesportazione della
frutta, in sostituzione di vecchie economie basate sulle piantagioni canna da
zucchero, caffè, cacao e banane quasi in modo esclusivo.
Alcuni dei partecipanti hanno espresso a Nassau che è imprescindibile prendere
precauzioni prima di definire la messa in moto del nuovo blocco economico multilaterale.
Altri, come Ralph Gonsalves, Primo Ministro di San Vicente y las Granadinas, hanno ripreso
il tema della libera circolazione dei professionisti, ma il Primo Ministro di Bahamas,
Hubert Ingraham, si è mostrato scettico per lelevato numero di haitiani senza
documenti che esiste nel suo paese.
Questo elemento cardine, così come i contrasti di frontiera nei quali sono coinvolti
diversi membri con i loro vicini Dominica e Guyana con il Venezuela, il Belize con
il Guatemala, tra gli altri la mancanza di un tribunale caraibico, imprescindibile
per dare gli strumenti allintegrazione, e il timore delle nazioni a minor sviluppo
di perdere risorse finanziarie, costituiscono laspetto focale delle attuali
situazioni indefinite, che rallentano il consolidamento del gruppo.
Mentre più ci si sofferma a limare le proprie asperità e più si prosegue
nellapplicazione di criteri protezionistici che rispondono agli interessi della
grande potenza vicina gli Stati Uniti, è chiaro e non alle proprie
necessità strutturali, più si tarderà ad arrestare londa durto delle grandi
nazioni. Il cammino è tortuoso, ma non impossibile. Magari non ci siano ritardi e che
Nassau non si converta in una nuova sindrome
La fame non cede e risorge la
schiavitù
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giugno 2001 Mentre il numero di affamati nel presente anno probabilmente
crescerà di altri 60 milioni in tutto il mondo, non si intravedono luci che indichino che
diminuirà il solco tra ricchi e poveri. Questo fatto è riconosciuto da enti ed esperti
di tutte le latitudini, compresi quelli nordamericani, che si fanno eco di un flagello che
sembrava fosse estinto: la schiavitù.
Un documento emesso a Washington, risultato di 18 mesi di riunioni dello statale Consiglio
Nazionale dellIntelligenza e di esperti non governativi degli Stati Uniti è
arrivato alla conclusione che è improbabile che la globalizzazione economica conduca al
benessere generale nei prossimi 15 anni in quanto la differenza tra ricchi e poveri
continuerà ad aumentare tra gli stati e all'interno di ciascuno di essi.
E previsto che la maggior parte dellAfrica, del Medio Oriente, del sud, centro
e sud-est dellAsia e dellAmerica Latina resteranno molto arretrati nei
confronti dei paesi ricchi e tecnologicamente più avanzati, capeggiati dagli Stati Uniti.
Gli esperti di Washington hanno precisato che le regioni, i paesi e i gruppi arretrati
patiranno linstabilità politica e lalienazione culturale.
In questi la popolazione soffrirà di una crescente ristagnazione economica, di
instabilità finanziaria e politica e si incrementerà lemigrazione verso i paesi
sviluppati, in principal modo verso gli Stati Uniti. Poiché ritardo tecnologico è
sinonimo di povertà e a questa è unita la fame, ci sarebbe da aggiungere alla relazione
un fattore che è stato omesso: lesistenza nel mondo di circa 800 milioni di persone
che soffrono la fame (dato della FAO), situazione che si aggraverà nel presente anno per
60 milioni di persone minacciate dalla scarsità di alimenti e da emergenze alimentari,
secondo lavvertenza della stessa Organizzazione delle Nazioni Unite per
lAgricoltura e lAlimentazione..
La FAO considera che 36 paesi in via di sviluppo stanno affrontando una grave
insufficienza di alimenti come conseguenza della povertà aggravata da intense siccità e
da guerre civili.
Unaltra significativa omissione la cita Juan Somavia, direttore
dellOrganizzazione Internazionale del Lavoro (OIT), quando avverte che le cifre
ufficiali indicano in circa 160 milioni i disoccupati nel mondo, anche se si arriverebbe
alla cifra di un miliardo se si tenesse conto del mercato lavorativo informale. Il 75 %
dei disoccupati non ha assistenza sociale, né unindennità di disoccupazione, né
qualsiasi altra protezione.
In questa situazione sono compresi molti lavoratori dei paesi sviluppati. Ricordiamo che i
paesi più ricchi dellEuropa e degli Stati Uniti hanno ridotto negli anni 90
le disposizioni di sicurezza sociale e di aiuto ai disoccupati.
Non si può disconoscere che i lavoratori sono diventati prigionieri della globalizzazione
controllata da mercanti che propongono uneconomia di speculazione e una crescita
economica che porta con sé la disoccupazione.
Insieme a questa situazione, risorge nel mondo una pratica tanto antica e barbara come la
schiavitù e la servitù feudale, mentre aumenta con gran rapidità il traffico di esseri
umani, compreso il sequestro di persone per sottometterle in schiavitù, principalmente in
Africa dove, secondo la OIT, 27 milioni di esseri umani lavorano sotto la minaccia dei
padroni che li sottopongono a violenti castighi, in particolar modo nellagricoltura.
Listituzione umanitaria Anti-Slavery International ha denunciato che il lavoro
forzato e la servitù sono forme moderne di schiavitù non meno gravi di quelle antiche
che non hanno avuto spazio in questo secolo, mentre organizzazioni non governative e
sindacati chiedono drastiche misure governative per far finire linumano sistema di
cui si hanno moltecipli esempi nel continente africano e in altre regioni del Terzo Mondo,
dove sono in aumento la fame e la schiavitù moderna.
Clausola democratica made in Usa
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giugno 2001 - Stati Uniti, Argentina, Perù e Costarica si sono
incaricati di cucinarla ma il lezzo del condimento guasto e gli ingredienti scaduti
l'hanno tradita, anche se prima di essere servita, la maggioranza dei commensali si sono
rifiutati di degustare la ricetta dello chef (Washington): clausola democratica alla San
José.
Gli ingredienti? Quelli che comportano l'obbligo generale di applicare in tutti i paesi
americani, i prodotti che si usano per preparare il piatto preferito da padroni e signori:
la cosiddetta "democrazia rappresentativa".
Il ristorante? Una vecchia casa a San José, la capitale del Costa Rica, dove si sono
incontrati i rappresentanti di 34 nazioni, che formano l'Organizzazione degli Stati
Americani (OEA).
Al banchetto è stato invitato dallo stesso Presidente costaricano, il nuovo segretario di
Stato, Colin Powell, che ha lasciato il campo ai suoi assistenti. Giorni prima lo aveva
fatto con i Ministri degli Esteri del CARICOM.
Chi realmente ha sentito la sua assenza è stato il padrone di casa che non ha avuto il
tempo di riscrivere il discorso inaugurale, mantenendo intatti gli elogi alla difesa dei
diritti umani di "stile nordamericano".
Per senso di giustizia, dovrei sottolineare che questa 31a sessione
dell'Assemblea Generale dell'OEA, non aveva altro da fare che adempiere a un mandato della
3a Vertice delle Americhe, tenutasi in Quebec lo scorso aprile, il cui
obiettivo istituzionale era quello di escludere Cuba e tutti quelli che seguono il suo
esempio nel costruire una società giusta, sovrana e indipendente.
I documenti, pertanto, arrivarono a San José già precucinati dal Nord e, con la
prepotenza che li caratterizzano, nella speranza che fossero trangugiati così com'erano,
com'era abitudine all'epoca delle repubbliche delle banane.
Cosa si pretendeva in Costa Rica, qual era l'obiettivo di quest'appuntamento? Dare il via
libera a una denominata "clausola democratica" con il presunto proposito di
unificare ed estendere a tutto il sistema politico quanto un giorno Washington ha
delineato per la regione, con il per nulla nascosto scopo di controllare i fili del potere
politico ed economico nelle nostre terre.
Oggi, come mai prima, il mondo unipolare necessita di un Centro e un Sud America docile al
volere imperiale.
Al di là di quanto detto, la "clausola democratica" con la quale si pretende di
rafforzare la sicurezza delle Americhe, cerca di stabilire che quando il Governo di uno
Stato membro considera che il suo processo politico istituzionale o il suo legittimo
esercizio del potere sono a rischio, potrà ricorrere all'OEA per sollecitare l'assistenza
opportuna e necessaria per la conservazione dell'istituzione democratica. Leggasi
"intervento".
Allo stesso modo, con il parere del Segretario Generale e l'avvallo dei paesi membri,
qualsiasi alterazione dell'ordine istituzionale democratico in un determinato paese lo
condurrebbe alla sua esclusione da tutti i meccanismi dell'organismo.
Forse potremmo dimenticare che per la pressione yankee, Cuba è stata sospesa dall'OEA
perché è stato considerato da Washington che il trionfo della Rivoluzione cubana il 1°
gennaio 1959, "ha interrotto il sistema costituzionale" a Cuba?
La già condannata al fallimento "clausola democratica" prevede misure punitive
a carattere politico ed economico contro coloro i quali pretendono, ahimè, di esercitare
il potere a favore del popolo.
Chi si comporta così dovrà vedersela, inoltre, con gli organismi finanziari
internazionali, i quali negheranno loro ogni credito. Lo ha affermato Peter Romero, il
funzionario uscente del Dipartimento di Stato nordamericano che ha presieduto la
delegazione degli Stati Uniti. E' necessaria l'approvazione di una risoluzione, ha
prospettato, "che faccia un appello alla Banca Interamericana di Sviluppo (BID),
affinché tenga conto della 'clausola democratica e si comporti di conseguenza nella sua
politica dei prestiti".
Con sfrontatezza ha ammesso che "questa sarebbe la prima volta che un'organizzazione
regionale come l'OEA fa un appello a una banca multilaterale, chiedendole di sospendere i
prestiti a uno dei suoi membri per motivi politici.
Di questo si tratta. Utilizzare una volta di più l'OEA come un'arma di esclusione contro
quelli che resistono nel copiare gli schemi che i governi yankee hanno imposto all'America
Latina e al Caribe per perpetuare la propria egemonia imperiale.
Già nel Quebec, quando durante il 3° Vertice delle Americhe, nel firmare con riserva la
Dichiarazione Finale, il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, si è incaricato di
ricordare che si opponeva alla lettera e allo spirito della famosa clausola perché
"la democrazia rappresentativa" che si pretendeva d'imporre aveva portato al suo
paese solo miseria e corruzione.
Questa volta, a San José, dopo il Venezuela, 15 nazioni hanno alzato la voce contro
questa camicia di forza. Tutti i paesi caraibici e alcuni centroamericani e sudamericani
hanno impedito che fosse utilizzato in quest'occasione lo strumento giuridico
dell'annessione, che sarebbe stato il complemento dell'ALCA.
L'impero ha novanta giorni per indorare la pillola.
Di quale "clausola democratica" stanno parlando se non ve nè nessuna più
democratica del principio di non intervento, di libera determinazione dei popoli e di
eguaglianza giuridica tra gli stati, vigente in tutti e ciascuno degli strumenti che
regolano le relazioni internazionali (comprese la Carta dell'ONU e della stessa OEA), che
finora nessuno ha posto in dubbio, almeno teoricamente?
Cos'è la democrazia? Cosa si intende per "interruzione del ritmo
costituzionale"? Chi lo definisce?, o forse i paesi Latinoamericani hanno dimenticato
il caso del Cile e il ruolo svolto dagli Stati Uniti. Chi allora ha alzato un dito per
escludere Washington dalla OEA come adesso pretendono di fare con quelli che a beneficio
del popolo sono disposti a governare con questo, esercitando un potere veramente
partecipativo e trasparente.
Non sarà che il mondo unipolare necessita di un vero vaccino contro le possibili
esplosioni sociali o movimenti popolari, che immunizzi per sempre lo Status Quo?
Potrà qualcuno negare che l'unico paese del continente che promuove ufficialmente la
"interruzione del sistema costituzionale" con il rispetto degli altri paesi
vicini, sono gli Stati Uniti nel caso di Cuba? A tal punto che è stato consacrato nella
propria legislazione nordamericana con la legge Helms-Burton.
Forse quelli che entro novanta giorni si daranno appuntamento a Lima, Perù, per firmare
finalmente la famosa clausola non hanno pensato che questo è sufficiente perché la prima
misura punitiva, la prima sanzione, la prima esclusione dal sistema continentale dovrebbe
essere applicata contro gli Stati Uniti?
Non sarebbe ozioso domandarsi se nel caso di "interruzione del sistema
costituzionale" di Cuba come conseguenza di un'aggressione nordamericana, il resto
dei paesi dell'America Latina che hanno sottoscritto la Dichiarazione Finale del Vertice
di Quebec, applicheranno allora la "clausola democratica"? o questa clausola è
applicabile solo tra i paesi che la sottoscrivono?
Hanno pensato se non tremerà loro la mano per firmare l'esclusione di Washington se viene
meno alla clausola democratica con la sua sempiterna politica di ingerenza e di intervento
nella regione?
Dovrebbero accuratamente pensarlo quelli che hanno di fronte ai loro popoli e alla storia
la responsabilità di sottoscrivere uno strumento giuridico di questa natura, il cui unico
obiettivo è quello di liquidare in pratica l'indipendenza e la sovranità nazionale dei
propri paesi e di consacrare il diritto dell'impero yankee a imporre il suo sistema in una
specie di annessione collettiva.
Novanta giorni sono sufficienti per meditare.
Aspettativa per
maternità: un diritto in estinzione
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maggio 2001 - Allospedale Durand numerosi ricoverati, alcuni gravi, sono
ancora in attesa di essere visitati dalla dottoressa Laura Fuxman, al lavoro in corsia
già da 5 ore, senza pause.
Nessuno dei pazienti è in condizione di notare un particolare singolare: la dottoressa ha
partorito appena 15 giorni prima e adesso il latte che le sale al seno le inumidisce il
camice.
In tutto il mondo, infatti, il corpo di una madre calcola come un orologio i tempi
dellallattamento, incurante del fatto che la donna sia a riposo o costretta a
lavorare. In quasi tutta lAmerica Latina proprio il diritto allaspettativa per
maternità, stabilito per tutelare la salute della madre e del suo bambino, rischia di
finire per esistere solo sulla carta; tanto più che molte donne non denunciano la sua
sistematica violazione da parte dei datori di lavoro per paura di perdere il posto.
"In realtà, in Argentina il contratto dei medici ospedalieri prevede il periodo di
aspettativa; tuttavia la mole di lavoro da svolgere in corsia è tale, per cui le donne in
maternità si sentono colpevolizzate dal fatto che la loro assenza comporta un maggior
carico di lavoro per i colleghi" spiega allagenzia IPS il dottor Juan
Rodríguez del Sel, marito della dottoressa Fuxman, mentre accudisce il piccolo Agustin.
La situazione di Laura Fuxman, pur non essendo registrata dalle statistiche, è in realtà
analoga a quella di molte donne lavoratrici attive nell'intera regione, in particolare di
quelle che percepiscono i salari più bassi.
Tutte loro si trovano di fronte a una difficile alternativa: mantenere a qualunque costo,
per sé e per i propri figli, il posto di lavoro oppure essere costrette a crescerli
nell'indigenza.
In Argentina questo problema ha raggiunto una gravità tale da spingere l'antropologa
Monique Alfschul, coordinatrice dell'Associazione Donne per l'uguaglianza, ad
affermare, in occasione dell'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna: "Se le
donne non si impegnano attivamente a difendere i loro diritti acquisiti, corrono il
rischio di perderli. Il diritto all'aspettativa, per esempio, si trova già in una
situazione critica".
Negli ultimi 10 anni, gli effetti negativi della flessibilità e della conseguente
precarizzazione dei rapporti di lavoro sono ricaduti soprattutto sulle donne - una
considerazione questa, dietro cui si celano i costi reali di questo fenomeno, come per
esempio la rinuncia a diritti acquisiti a tutela della maternità.
A tale proposito, il Governo di Cuba ha annunciato che il periodo di aspettativa
retribuito per le donne lavoratrici sarà prolungato da 6 mesi a 1 anno, differenziandosi
così sensibilmente rispetto agli altri Paesi Latinoamericani, dove il permesso varia
dagli 84 giorni in Messico e Perù, ai 3 mesi in Argentina e Uruguay, 4 mesi in Brasile e
4 mesi e mezzo in Cile e Venezuela.
Inoltre, mentre a Cuba questo diritto viene riconosciuto indistintamente a tutte le donne,
negli altri Stati le assicurazioni dei Governi vengono spesso smentite dalla realtà
quotidiana.
"Una donna finisce per accettare il fatto di dover tornare a lavorare subito dopo il
parto, a volte portandosi addirittura il bimbo con sé, altre volte ricorrendo all'aiuto
della famiglia" - commenta rassegnata la biologa argentina Valeria Miranda.
Lo stesso può succedere nelle scuole, dove un'insegnante che lavora tutto l'anno, tutti i
giorni, ha a disposizione solo 45 giorni di maternità. "Questo accade perché non
faccio parte dell'organico, ma figuro come lavoratrice a contratto" - spiega Yanina
Gómez, insegnante in un collegio privato di cui ha preferito non fare il nome.
Secondo l'avvocato Carmen González, "è difficile portare la questione dei diritti
in tribunale, perché sempre più donne, se vogliono lavorare, sono costrette ad accettare
impieghi a tempo determinato della durata di 3, 6, 18 o 24 mesi, regolati da contratti che
non contemplano il diritto all'aspettativa".
Per le collaboratrici domestiche, per esempio - continua González - che in Argentina
costituiscono la forza lavoro più importante del Paese, la legge non prevede
l'aspettativa.
Stando ai rilevamenti effettuati dalla Commissione Economica per l'America Latina e i
Caraibi (CEPAL), un organismo delle Nazioni Unite, in quest'area soltanto il 9 % della
popolazione possiede un reddito alto, il 14 % percepisce un reddito medio, mentre il
restante 74 % percepisce salari che non sono sufficienti a sfuggire alla povertà.
In un documento informativo redatto dalla stessa Commissione si legge inoltre che "il
lavoro salariato tende a essere sostituito da forme flessibili di impiego della mano
d'opera, per ottenere maggior competitività e, nello stesso tempo, una riduzione dei
costi". Il documento spiega come il costo della mano d'opera si riduca del 30 %
quando dai contratti vengano esclusi previdenza sociale, ferie e permessi retribuiti e
contributi pensionistici a carico del datore di lavoro.
Nello stesso comunicato si afferma inoltre che la situazione attuale del modo del lavoro
"favorisce i contratti a termine contribuendo alla formazione di una categoria nuova
di lavoratori, i salariati temporanei, della quale entrano a far parte soprattutto le
donne, i giovani e i lavoratori con un basso livello d'istruzione".
Aziende
statunitensi vogliono divorare quelle latino-americane
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maggio 2001 - L'intenzione delle maggiori multinazionali statunitensi di
impadronirsi dell'economia latino-americana, utilizzando l'Area di Libero Commercio delle
Americhe (ALCA), si è rivelata con la pubblicazione di una lettera recentemente inviata
al Governo di George W. Bush.
Secondo l'agenzia Notimex, le più grandi società degli Stati Uniti hanno chiesto alla
Casa Bianca di ottenere che nell'ALCA che tutti gli investimenti possano arrivare al 100%
di capitale straniero.
Le aziende hanno chiesto "mano libera" sugli investimenti nell'area dell'ALCA.
Questi giganti, che videro rompersi il segretissimo Accordo Multilaterale d'Investimenti a
livello mondiale, essendone stato divulgato il contenuto di ciò che si discuteva di
nascosto all'opinione pubblica, pongono molta enfasi ai loro "appetiti"
economici e mettono in risalto che "gli investimenti internazionali sono la
condizione "sine qua non", perché le aziende statunitensi rivaleggino con
successo nell'economia globalizzata ¼ .".
Gli imprenditori desiderano che sia dall'ALCA sia dagli accordi bilaterali con il Cile e
con Singapore vengano eliminate tutte le barriere all'ingresso degli investimenti e
permettano il 100% del capitale straniero, con il quale possano inghiottire le imprese
nazionali che loro desiderino.
Inoltre, chiedono protezione contro espropriazioni dirette o indirette; compresa la
salvaguardia contro regole che possano abbattere gli utili, così come garanzie che
dispute con i governi possano essere discusse davanti a collegi arbitrali.
I firmatari di questo documento sembrano estratti da una pagina di "Who's who?"
(Chi è chi?), del mondo delle multinazionali: Chevron, Daimler-Chrysler, Dow Chemical,
DuPont, Eastman Chemical, Estée Lauder, Ford, General Electric, General Motors,
Honeywell, International Paper, 3M, Motorola, Procter & Gamble, Texaco e UPS, tra le
altre.
La lettera è stata inviata ai funzionari statunitensi un giorno prima del Vertice di
Quebec, ma è stata divulgata solo alla fine della scorsa settimana, quando è stata
consegnata al comitato del Commercio della Camera dei Rappresentanti.
Il Brasile entrerà nell'ALCA alla condizione che dai negoziati sortisca "un buon
accordo di cui ne beneficino tutti i paesi coinvolti e non solo gli Stati Uniti".
"Noi non prenderemo una decisione preventiva sull'ALCA. Il Brasile analizzerà se
l'accordo che si sta trattando serve ai nostri interessi. Vedremo. Se sarà un buon
accordo vi aderiremo e se non sarà un buon accordo, ne resteremo fuori", ha
dichiarato l'ambasciatore brasiliano a Washington, Rubens Antonio Barbosa, secondo
lagenzia DPA.
Queste dichiarazioni sono state una parte di una discussione molto "accalorata",
alla quale hanno partecipato anche l'ex ambasciatore degli Stati Uniti in Brasile, Anthony
Harrington, e il capo degli analisti di una multinazionale, Arturo Porzecanski, le cui
affermazioni sono state calorosamente ribattute dal diplomatico.
Porzecanski ha affermato che il "Brasile ha un atteggiamento abbastanza freddo
sull'idea dell'ALCA. L'approvazione del "fast track" (autorizzazione del
Congresso per cui il governo possa negoziare più celermente accordi di libero scambio con
altri paesi), non è facile, ma tutto sarebbe più semplice se il Brasile prenderà più
seriamente l'ALCA e mostrerà un po' più d'entusiasmo sul trattato".
Secondo il diplomatico brasiliano, "l'unica cosa che facciamo è quella di cercare di
difendere i nostri interessi. Quando qualcosa ci riguarda, il Brasile parla, e lo fa
pubblicamente. Chissà forse questo è il problema: a volte è difficile comprendere che
un paese latino-americano difenda chiaramente e francamente i suoi interessi di fronte
agli Stati Uniti".
Barbosa ha fatto si che il Brasile apparisse come il paese che opponeva i maggiori
ostacoli all'ALCA, ma nella riunione ministeriale di Buenos Aires, "a porte chiuse,
quando i paesi hanno cominciato a parlare, si è visto chiaramente che il Brasile non era
per niente il più radicale, né quello che ha più riserve. Al contrario, altre nazioni,
per esempio alcuni paesi andini, sono stati molto più radicali".
Bush
nomina ambasciatore allonu il Machiavelli dellAmerica Centrale
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aprile 2001 - Toronto, Canada. Il futuro ambasciatore della Casa Bianca
allONU nonostante la sua candidatura sia ancora in attesa di approvazione da
parte del Congresso sarà probabilmente uneminenza grigia della politica
estera statunitense degli Anni 80 in America Centrale: John Negroponte.
Lallora presidente Ronald Regan spinto dallossessione di abbattere il
Governo sandinista in Nicaragua e sbaragliare la guerriglia del Fronte Farabundo Martí di
Liberazione Nazionale (FMLN) in Salvador lo aveva nominato ambasciatore in
Honduras, carica che ha ricoperto dal 1981 al 1985. In quegli anni, Negroponte è stato
uno degli artefici di una tragedia di terribili proporzioni, che ha causato più di
200.000 vittime e due milioni di profughi, che per sfuggire ai conflitti armati in corso
nei loro Paesi hanno cercato asilo negli Stati Uniti. Secondo una sentenza emessa dalla
Corte Internazionale di Giustizia dellAia a favore del Nicaragua contro gli Stati
Uniti, e da questi ultimi mai accettata, i danni politici ed economici subiti da questo
Paese centroamericano ammontano addirittura a 17 bilioni di dollari.
In seguito, alla fine degli Anni 80, in Nicaragua il Governo sandinista ha accettato
di riconsegnare il potere, dopo aver perso le elezioni democratiche che hanno assegnato la
presidenza del Paese alla signora Violeta Barrios de Chamorro la candidata gradita
a Washington. A El Salvador, invece, il FMLN ha firmato un accordo di pace con il Governo
e ha consolidato la propria forza rappresentativa al punto da costituire oggi il secondo
partito politico del Paese.
Sono passati ventanni e, nonostante tutto quello che è accaduto, John Negroponte -
il machiavellico ambasciatore statunitense in Honduras al tempo della infame guerra dei
Contras, finanziati da Ronald Regan, contro i sandinisti in Nicaragua e i guerriglieri del
FMLN a El Salvador è stato candidato in questi giorni alla carica di ambasciatore
degli Stati Uniti allONU dallattuale presidente George W. Bush.
Negroponte membro del corpo diplomatico statunitense da 37 anni è stato
ambasciatore in Messico nel 1989 e ha ricoperto la stessa carica nelle Filippine nel 1993.
Amico dellex generale Colin Powell, capo della Sicurezza Nazionale durante la
presidenza Regan e oggi Segretario di Stato del governo Bush, fu da lui nominato Direttore
Assistente del Consiglio di Sicurezza Nazionale.
Durante il periodo del suo incarico come ambasciatore in Honduras, Negroponte ha mantenuto
latteggiamento di un prepotente proconsole romano, tramando in tutta lAmerica
Centrale. La sua responsabilità più grave è stata quella di aver diretto
loperazione segreta attraverso la quale la Casa Bianca, nella sua lotta senza
quartiere contro il Governo sandinista e il FMLN, ha armato i Contras. Approfittando del
potere così acquisito, Negroponte ha inoltre ottenuto il controllo del Paese, come se
fosse stato lui il vero presidente dellHonduras.
Questo Paese centroamericano è stato così ridotto a rango di colonia militare
statunitense e utilizzato come base operativa dalla quale partivano le offensive dei
Contras che hanno devastato il Nicaragua ed El Salvador. Nel periodo durante il quale
Negroponte ha rivestito la carica di ambasciatore, gli aiuti militari degli Stati Uniti
allHonduras sono cresciuti da 4 milioni a 77.4 milioni di dollari. In pratica
lHonduras, uno dei Paesi più poveri dellAmerica Latina, si è trasformato da
un giorno allaltro in una delle nazioni più militarizzate del continente,
oltretutto in mancanza di nemici reali o presunti in agguato.
La militarizzazione ha avuto come conseguenza una serie di violazioni dei diritti umani,
ai danni di quei cittadini honduregni che il Governo, condizionato da Negroponte e quindi
dallambasciata degli Stati Uniti, sospettava essere comunisti o simpatizzanti del
comunismo. Non a caso Negroponte ha svolto un ruolo fondamentale nellistituzione del
tristemente noto Battaglione 3-16, addestrato dalla CIA e conosciuto come il terribile
Squadrone della Morte, responsabile della "sparizione" di non meno di 184
oppositori del Governo honduregno.
Dallinizio di questanno negli Stati Uniti si è verificata una singolare serie
di "coincidenze", che sembrano tuttavia studiate apposta per sgombrare il campo
da qualsiasi ostacolo che possa compromettere la candidatura di Negroponte allONU.
In gennaio il cittadino honduregno Juan Angel Hernández Lara, sospettato di essere stato
un membro del battaglione 3-16, è stato espulso dalla Florida. La stessa sorte è toccata
a José Barrera, uno di coloro che nel Battaglione conducevano gli
"interrogatori", che lo scorso 20 febbraio ha dovuto lasciare il Canada.
Nel frattempo, il generale Luis Alonso Discua Elvir, fondatore del gruppo di paramilitari
del Battaglione 3-16 e titolare nel 1996 di un'alta carica diplomatica allONU su
incarico del Governo dellHonduras, ha perso il suo posto a New York il mese scorso.
Discua - la cui nomina alle Nazioni Unite si presume dettata dall'intenzione di
garantirgli l'immunità diplomatica, per metterlo al riparo da probabili accuse per
crimini e violazioni dei diritti umani, commessi nel periodo in cui era a capo del
famigerato Battaglione - sembra così aver perso repentinamente l'appoggio dei suoi soci
di Washington.
Per la verità, Discua si è assunto di rado le responsabilità che la sua carica al
Palazzo di Vetro richiedeva; ha infatti sempre preferito starsene a Miami, a curare le sue
numerose proprietà, nonostante fosse stato accusato in più occasioni di violazione dei
diritti umani da parte di organizzazioni umanitarie honduregne e statunitensi. Tali
accuse, ignorate per anni, hanno improvvisamente sortito il loro effetto: lo scorso
febbraio, tre settimane prima che Bush proponesse Negroponte come candidato alla carica di
ambasciatore all'ONU, il Dipartimento di Stato, attraverso la Segreteria presieduta dal
generale Powell, ha revocato a Discua lo status diplomatico con la motivazione che questi
non ricopriva alcun incarico ufficiale alle Nazioni Unite. Discua si è visto perciò
costretto a fare ritorno in Honduras alla fine dello stesso mese.
Due giorni dopo il suo rientro, però, dalle pagine del quotidiano La Prensa,
ha affermato che nel 1983 fu proprio la Casa Bianca a convocarlo negli Stati Uniti per
organizzare il Battaglione 3-16 e per collaborare con le forze antisandiniste dei Contras.
Secondo lopinione di Berta Oliva di Nativi, presidentessa di unassociazione
che rappresenta le famiglie dei desaparecidos, "con le sue dichiarazioni Discua ha
voluto inviare un messaggio ben preciso al Governo statunitense: se persisterà
nellintento di danneggiare la sua immagine, egli rivelerà il ruolo svolto da
Washington nellorganizzazione dello Squadrone della Morte e la sua responsabilità
nei crimini commessi in quel periodo". Tutto ciò potrebbe evidentemente
compromettere la candidatura di Negroponte, superiore responsabile di Discua
allepoca delle violenze perpetrate dai paramilitari, da lui in seguito
ufficialmente disconosciute in dichiarazioni rese di fronte al Congresso. Secondo quanto
ha affermato in queste occasioni, infatti, lAmbasciata in Honduras non è mai stata
al corrente delle violazioni dei diritti umani commesse dal Battaglione.
Discua, da parte sua, da quando è stato rispedito in Honduras ha continuato a cantare,
svelando alla radio e alla TV nazionale il coinvolgimento della Casa Bianca nelle
operazioni condotte dallo Squadrone della Morte.
Negroponte ha senza dubbio più vite di un gatto. Basti pensare che quando lo scandalo
dellIrangate minacciò di travolgere il governo Reagan (lo scandalo scoppiò perché
venne scoperto che gli Stati Uniti vendevano armi allIran per finanziare i Contras
in Centroamerica, contravvenendo a due divieti del Congresso su questo argomento),
Negroponte, che insieme al colonnello Oliver North dirigeva le operazioni dagli uffici
della Sicurezza Nazionale al piano terra della Casa Bianca, ne uscì illeso, appoggiato
comera nientemeno che dallallora generale Colin Powell, suo superiore.
Ora più che mai, poi, può contare sul potente appoggio del suo vecchio collega, nominato
alla carica nientemeno che di Segretario di Stato del Governo Bush. Secondo fonti
attendibili di Washington, infatti, sembra che Powell abbia scelto personalmente
Negroponte per il posto di ambasciatore allONU. E proprio il caso di dire che
Dio li fa e poi li accoppia.
In ogni caso, la sua nomina è ancora in attesa dellapprovazione da parte del
Congresso e non è escluso che il Partito Democratico dia battaglia, anche se sarà
difficile contrastare il potere di Powell, il capo dei falchi nella Segreteria di Governo.
Il senatore John F. Kerry, membro del Comitato per i Rapporti con lEstero del
Senato, è uno di coloro che voteranno contro. In una sua recente dichiarazione ha infatti
riferito di "nuove informazioni, che fanno supporre come in fatto di violazioni dei
diritti umani lAmbasciata statunitense in Honduras sapesse più di quanto avesse
reso noto al Congresso e ai cittadini".
"Negli Anni 80 ha continuato Kerry John Negroponte è stato una
figura chiave allinterno dellacceso dibattito a proposito del ruolo che gli
USA avrebbero dovuto assumere nel contesto politico centroamericano e, ancora più
importante, riguardo alle modalità e alle strategie spesso mantenute segrete
attraverso cui si attuava la politica estera statunitense in quellarea".
Tali rivelazioni, e il tentativo attraverso di esse di smascherare definitivamente
Negroponte, non sortirebbero alcun effetto nel momento in cui la sua candidatura ricevesse
il beneplacito del Congresso.
Se così fosse, il governo Bush agirebbe in maniera estremamente contraddittoria nei
confronti dellONU: permetterebbe infatti a un fanatico anticomunista di rivestire
una carica politica di notevole influenza, nonostante la guerra fredda faccia ormai parte
della Storia. In altre parole, favorirebbe il rappresentante di una maniera obsoleta di
far politica, una specie di "dinosauro", un personaggio che i suoi amici
definiscono "un leale americano", mentre è considerato dai suoi oppositori di
Washington "un individuo amorale".
Per Cuba leventuale conferma della sua nomina significherebbe in termini di politica
estera che latteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dellIsola
proseguirebbe invariato. Per il Nicaragua invece - dove ci si aspetta che Daniel Ortega,
leader del Partito Sandinista, sia favorito nelle elezioni presidenziali che si terranno a
fine anno la nomina di Negroponte equivarrebbe a fare un salto indietro nella
Storia, un ritorno agli Anni 80, quando lui e Ortega erano acerrimi nemici.
Lamministrazione Bush sembra così procedere facendo paradossalmente dei passi
indietro, regredendo addirittura di 20 anni. Mentre la realtà cambia sempre più
rapidamente, la situazione in America Centrale e nei Caraibi rimane fatalmente sempre la
stessa.
Molti impedimenti e un
superinteressato
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aprile 2001 Lintenzione di trasformare quasi tutto il continente
occidentale in una zona di libero commercio sta perdendo terreno alle porte del 3°
Vertice delle Americhe.
Una riunione di Ministri del Commercio di questa regione conclusa il 7 aprile a Buenos
Aires ha dato il consenso di proseguire su questa iniziativa e ha stabilito come data di
inizio dicembre 2005.
Il tema figurerà tra quelli principali in esame da parte delle 34 nazioni americane che
si riuniranno prossimamente nella città canadese di Quebec.
Da questo gruppo verrà esclusa solamente Cuba, una delle nazioni con i più alti indici
di sviluppo umano nel contesto latinoamericano, secondo i dati pubblicati dallONU.
Uno dei documenti ufficiali inseriti nel sito web del Vertice afferma che questa decisione
non proviene dal Canada, ma da un "consenso" espresso sette anni fa a Miami,
quartiere generale dellestrema destra cubano-americana.
Il cosiddetto Accordo di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) affronta evidenti
impedimenti per le comprovate situazioni non definite che sussistono proprio in materia di
libertà dellinterscambio in questo settore, tenendo conto delle disparità abissali
tra le economie del continente e delle paure che questo comporta.
Le preoccupazioni di questo genere superano nella realtà le gestioni degli acquisti,
delle vendite e degli investimenti per tradursi in inquietudini politiche, ideologiche,
sociali, scientifiche e che riguardano anche lhabitat e lambiente.
Se parliamo di commercio, le recenti riunioni dei Ministri di Finanze e Commercio
dellAmerica, svoltasi a Toronto, Canada, e a Buenos Aires, Argentina, sono state
testimoni di non pochi dubbi e modi di pensare rispetto a dogane, meccanismi antidumping,
sussidi e quote.
La creazione di una zona senza barriere commerciali, dallAlaska fino alla Terra del
Fuoco era stata proposta nel primo Vertice (Miami 1994) e ratificata nel secondo (Santiago
del Cile 1998), dove venne approvato il suo inizio nel 2005.
Gli esperti concordano sul fatto che tutto dipende dalla serietà e dalla disponibilità
degli Stati Uniti a dibattere largomento su basi che presuppongano e non escludano
le singolarità e gli aspetti di ogni nazione.
Accettare lALCA senza questo presupposto, significherebbe, più che un suicidio, la
subordinazione assoluta alla principale potenza non solo del continente ma del mondo
intero.
Il Presidente Bush e i suoi inviati nei citati Vertici hanno insistito sul fatto
"prima si fa, meglio è", posizione che ha generato un senso di raggiro o di
momentaneo sconcerto che alcuni statisti ed esperti non hanno tardato a smantellare.
I documenti dibattuti a Buenos Aires hanno visto segnati nei loro margini oltre mille
appunti "cosè questo?" o "non si capisce"
testimonianza di quanto manchi ancora da precisare prima della nascita o dellaccordo
dellALCA.
Soluzioni di conflitti, accesso ai mercati, agricoltura, investimenti, diritti di
compensazione e di proprietà intellettuale, servizi, acquisti governativi, politiche di
competenza e di equità, figurano nella lista dei paragrafi con a lato gli appunti
menzionati, in un testo che è ancora lontano dallessere una brutta copia.
In pratica, laccordo base del Vertice di Santiago del Cile, riguardo alla
definizione degli accessi ai mercati, è stato letteralmente incompiuto, la stessa cosa
accaduta per linizio dei negoziati.
Charlene Barshefsky, inviata della Segretaria di Commercio degli Stati Uniti
allincontro svoltosi a Buenos Aires, forse è ritornata a Washington con la
sensazione di aver visto trasformato in fumo il progetto che aveva portato, per effetto
dellantagonismo che ha dovuto affrontare.
Impossibile pensare che solamente dopo pochi giorni dellincontro nel Quebec, tanti
spinosi problemi possano essere chiariti.
Un "più" che terrorizza
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marzo 2001 Questa volta è a Santiago del Cile. I governatori della Banca
Interamericana dello Sviluppo (BID), principale promotrice e guardiana del neoliberismo
nel continente, si sono riuniti e tutta lAmerica Latina escluso Cuba
con seria preoccupazione rivolge la sua attenzione verso la capitale della nazione
sudamericana.
Allinterno delle strutture del Centro Culturale Mapocho, sede principale della
riunione, si parla nuovamente del presente e del futuro della regione, di fronte allo
sguardo (a volte complice, altre volte supplicante e persino di stanchezza) di
rispettabili e democratici presidenti, imprenditori, politici e di circa 4.000 uomini
daffari e di rappresentanti di enti finanziari della regione e del mondo.
Insieme a temi puramente economici, inevitabilmente, si pongono quelli della
disoccupazione, della crescente povertà, della distribuzione degli introiti disuguale
con la sua tendenza da sempre in aumento dellemarginazione, della
discriminazione, della violenza. Ma tutto scorre allinterno di una retorica che
perde le sue già poche tracce di utilità e di sentimento umano quando inciampa nelle
ricette inflessibili mantenute dal potente ente come soluzione a tutti questi problemi.
Come è noto, la formula magica del BID è già vecchia e si riduce in essenza al fatto
che i poveri (molti di più della terza parte degli abitanti del continente) hanno una
sola via possibile per migliorare il loro accesso alle ricchezze: per ora essere più
poveri e pagare il debito non contratto propriamente da loro, ma che gli compete e poi
..... bene poi, questo non è mai stato chiarito.
Tutto questo portato a scala nazionale significa vendere tutto alle multinazionali e al
capitale privato, ridurre (a volte quasi a zero) le spese pubbliche, come quelle destinate
alleducazione, alla salute, alla sicurezza sociale, e con questo pagare ciò che si
deve ai creditori stranieri, per poi avere diritto ai crediti che manterranno vivo in
eterno questo stesso debito e così continuare in un infernale circolo vizioso.
Ma mentre allinterno del Centro Culturale Mapocho quelli che credono alle formule
della Banca Interamericana dello Sviluppo cercavano in molti casi di guadagnarsi la
fiducia del gendarme del neoliberismo nella regione e di ottenere una qualche concessione
finanziaria, fuori nelle strade centinaia di persone sfidavano la forte repressione e
protestavano a nome delle vere vittime di queste politiche economiche: i poveri.
"Vogliamo che se ne vadano da qui quelli che dagli anni 80 hanno provocato nel
nostro paese oltre due milioni di disoccupati, di analfabeti, di bambini senza scuole, e
sempre più povertà tra i poveri e disuguaglianza sociale", ha dichiarato uno dei
partecipanti alle proteste.
"La ricchezza creata dal BID nel nostro paese è la nostra miseria", affermava
uno dei cartelli portati durante le manifestazioni e che accusavano lente
finanziario internazionale di propiziare lo sfruttamento inumano dei lavoratori,
larricchimento dei più ricchi e lingiustizia nella regione.
"Il BID non vuole aiutare i poveri, bensì vuole fare arricchire i ricchi ha
detto un altro dei manifestanti poiché altrimenti non porrebbe come condizione di
un prestito per la costruzione di ospedali il fatto che unalta percentuale dei letti
siano in mano ai privati".
E proprio alcune ore prima che cominciasse la 42° assemblea annuale dellente, è
scoppiata la crisi argentina. Il Governo di questo paese, seguendo le direttive della
Banca Interamericana dello Sviluppo e di altre istituzioni finanziarie capitaliste, ha
prontamente annunciato un taglio delle spese pubbliche di 1.962 milioni di dollari per il
2001 e di 2.485 milioni per il 2002, e così alleggerire il suo esagerato deficit fiscale.
E come è precisato nel programma anticrisi argentino, le attività più colpite saranno
leducazione, la salute pubblica e la sicurezza sociale, vale a dire più bambini e
adolescenti senza scuole, più maestri senza lavoro, gente povera senza medici e medicine,
persone invalide senza assistenza di nessun tipo e padri di famiglia senza lavoro .....
ossia, più fame e più bisogni per quelli che da sempre hanno sofferto queste situazioni.
La prima grande verità uscita dal primo giorno di sessioni della riunione è stata quella
che, benché nel 2000 la crescita economica dellAmerica Latina e dei Caraibi sia
stata del 4 %, questo risultato non solo non è stato sufficiente per alleviare la
povertà e la disuguaglianza, bensì non ha potuto evitare che entrambe aumentassero e
diventassero più profonde nella regione.
Nonostante la sempre più continua e definitiva evidenza dellinutilità del
neoliberismo per alleggerire la povertà, il BID insiste con la ricetta e la sua
imposizione a tutto campo: durante la riunione in Cile, Dora Curvea, rappresentante del
BID a Quito, non ha usato giri di parole né molta diplomazia per ricordare al Governo
ecuadoriano che qualora non rispettasse il programma di aggiustamento, non riceverà i
finanziamenti esteri che attende, e lo ha messo con le spalle al muro.
La riforma che la funzionaria esige comprende linnalzamento delle imposte al valore
aggiunto dei prodotti, misura a cui si oppone la maggior parte dei parlamentari
ecuadoriani.
In realtà il BID, creato nel 1959 per contribuire ad accelerare lo sviluppo economico e
sociale dellAmerica Latina e dei Caraibi e per promuovere lintegrazione della
regione, da allora ha fatto poco o quasi nulla in tal senso.
Il suo capitale di 101.000 milioni di dollari fa gola ed è assediato dai ricchi del
continente, ma le sue ricette di "più" sviluppo creano un vero terrore tra i
poveri..... e non per divertimento.
Come un giudice sordo
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marzo 2001 Come un giudice completamente sordo e quasi cieco, che nessuno ha
nominato né riconosce come tale, gli Stati Uniti continuano a giudicare nazioni in tutto
il mondo, approvando o disapprovando, nella lotta contro il narcotraffico.
Questanno, con atteggiamento di giudice comprensivo che sa riconoscere quando i
subordinati migliorano il loro lavoro, il Governo nordamericano è stato di manica
larga e ha ripartito approvazioni e congratulazioni tra 11 nazioni latinoamericane,
alcune delle quali in altre edizioni di questa specie di girone finale erano
state diverse volte dequalificate, come nei casi di Colombia, Paraguay,
Messico e Bolivia.
In tutto il continente solo la povera Haiti non ha ottenuto il visto buono dalla grande
potenza, ma ha ricevuto il perdono e non riceverà le rappresaglie e i
castighi stabiliti in questi casi: blocco degli aiuti, dei crediti da parte di istituti
finanziari internazionali e altro ancora.
Però anche, come accade da 15 anni, quando questo sistema è stato imposto dal Congresso,
unondata di indignazione e di protesta ha percorso il continente latinoamericano.
Perfino i promossi e congratulati da parte di coloro che si considerano i capi
mondiali della lotta contro la droga, non hanno dubitato con distinti toni e
varianti nel sottoscrivere il loro rifiuto a tanta indignante intromissione nei
loro fatti interni.
In Bolivia, per esempio, il Ministro degli Interni, Guillermo Fortun, ha ricordato agli
Stati Uniti i loro obblighi nel controllo del consumo di droga, nonostante gli elogi che
nella valutazione nordamericana sono stati fatti alla Bolivia riguardo lo sradicamento
delle piantagioni di coca.
Parlando alla radio il Ministro ha segnalato che uno dei principali compiti per combattere
il narcotraffico è quello di ridurre il consumo di droghe proibite nei paesi ricchi
controllando i grandi narcotrafficanti nel loro stesso territorio e in Europa, e di questo
gli Stati Uniti dovrebbero occuparsene di più, ha spiegato.
Ha aggiunto che gli aveva attirato lattenzione un imprecisato numero di avvenimenti
giudiziali nordamericani, come recenti indulti a elementi legati al riciclaggio di denaro
proveniente dal commercio illecito delle droghe.
Dal Messico, unaltra delle nazioni promosse ed elogiate questa volta
dagli Stati Uniti nella lotta contro la droga, Liliana Ferrer, portavoce del Ministero
degli Esteri, ha definito irritante, unilaterale, ingiusto e controproducente questo
sistema di certificazione. Ha chiarito che il suo paese continua a respingerlo come negli
anni precedenti e ha assicurato che il Governo non realizza qualsiasi attività per
ottenere il benestare da Washington.
Da parte sua José Vicente Rangel, Ministro della Difesa del Venezuela, un altro dei paesi
promossi con la certificazione della superpotenza, commentando questo sistema
ha affermato che è proprio nella nazione da cui provengono queste valutazioni, dove si
"lava" la maggior parte del denaro proveniente dalla droga e questo è una parte
importante della sua struttura finanziaria.
Ha respinto pure il fatto che il Governo nordamericano possa attribuirsi un diritto di
questo tipo, allo stesso modo in cui lo fa per quello che riguarda la situazione dei
diritti umani nel mondo.
A La Paz, in Bolivia, il dirigente contadino e parlamentare, Evo Morales, ha detto che la
certificazione è sinonimo di genocidio, per attentato ai diritti dei popoli
latinoamericani e la ha definita un meccanismo di ricolonizzazione e uno strumento per un
maggior controllo degli Stati Uniti sui paesi andini a fini nettamente economici e
politici, molto lontano dallobbiettivo umano che proclama di perseguire..
Da subito, lamministrazione capeggiata da Bush non ignora la forte resistenza che
riceve questa valutazione extraterritoriale, e ogni giorno diventa sempre più molesto e
scomodo il fatto di applicarla. Perfino i loro amici più servili nel continente
arrossiscono quando devono esprimere o assumere una posizione su questo tema.
Per questo non sono casuali le voci che negli organismi legislativi statunitensi si
battono per modificare questo meccanismo di ricatto e di intervento, per renderlo meno
offensivo e umiliante per lAmerica Latina, scenario dove finora seguendo la
loro tradizionale politica di incolpare gli altri su problemi che loro stessi creano
i nordamericani hanno alzato il principale fronte della loro guerra antinarcotici.
E nel Congresso esistono in questi momenti almeno quattro iniziative di legge al fine di
modificare il suddetto sistema, partendo dal fatto che questo ha raggiunto il suo
apparente obiettivo di far sorgere un maggiore interesse nei Governi latinoamericani per
migliorare la cooperazione in questo campo.
Rand Beers, Sottosegretario di Stato Aggiunto per i Problemi dei Narcotici, ha detto
recentemente al Comitato di Relazioni Estere del Senato che, nei suoi 15 anni di
esistenza, il sistema di certificazione ha dimostrato di essere uno strumento di politica
effettivo nonostante, ha riconosciuto, la convenienza di studiare altre forme "meno
rozze" per stimolare la cooperazione in questo campo.
"E un buon momento per revisionare tutta la questione, perché attualmente
cè un mondo diverso", ha affermato al riguardo il principale responsabile
della lotta antidroga nel Dipartimento di Stato.
Per gli altri, la polemica sostenuta dai parlamentari nordamericani su questo tema
evidenzia quello che non è un segreto per nessuno: la lotta contro la droga continua a
essere per gli Stati Uniti la loro migliore scusa per cercare di controllare il continente
e di difendere i loro interessi egemonici.
Uno nuovo, ma sempre uguale
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marzo 2001 - Il problema, metaforicamente parlando, è di origine genetica: ha infatti
a che fare, come per lorganismo umano, con i cromosomi dei genitori, che, attraverso
i loro geni, sono responsabili del meccanismo dellereditarietà. Il cosiddetto
Vertice delle Americhe, fin da quando il governo Clinton lo ha ideato e lo stesso
Presidente lo ha convocato per la prima volta a Miami nel 1994, soffre di un difetto
congenito, di un male senza rimedio.
Ciò dipende essenzialmente da due fattori: da un lato lottica distorta,
superficiale e latteggiamento arrogante con cui vengono affrontate le diverse e
problematiche realtà del continente; dallaltro lapproccio retorico e vago con
cui si analizzano i problemi che affliggono le nazioni latinoamericane, per cui si
attribuisce maggiore importanza allenumerazione degli effetti delle gravi
difficoltà sociali ed economiche sulla loro popolazione, mentre vengono taciute o
dissimulate le reali cause di tali disagi.
Tra breve, a montreal il Vertice si riunirà per la terza volta. Tutto sembra far
presupporre che non si differenzierà molto dai precedenti: il nome di Cuba sarà anche
questa volta cancellato con un colpo di spugna dalla carta geografica del continente; si
darà la priorità a problemi nuovi, che tuttavia non differiscono in nulla da quelli di
sempre; sarà presentata una lista infinita di nuovi accordi, nonostante le promesse fatte
con i precedenti non siano ancora state mantenute.
In realtà, questi summit non sono mai stati la dimostrazione di un vero impegno degli
Stati Uniti a contribuire al miglioramento della situazione dei loro tormentati e
instabili vicini latinoamericani, non sono neanche mai stati concepiti per questo.
Il loro scopo è piuttosto quello di rafforzare legemonia statunitense in
questarea e nello stesso tempo quello di contrastare il crescente peso politico
assunto dai vertici iberoamericani, che si sono progressivamente trasformati per le
nazioni partecipanti in banchi di denuncia, confronto e solidarietà, dal momento che
costituiscono un contesto di comunanza ideale, dal punto di vista geografico e storico,
allinterno del quale qualsiasi diversità politica o ideologica passa in secondo
piano rispetto a problemi e difficoltà che interessano tutti.
Al contrario, le assemblee convocate da Washington si sono finora limitate alla pura - e a
volte parziale enumerazione dei mali della regione. Sin dal primo vertice si parla
pomposamente, per esempio, della povertà e si individuano soluzioni che consistono in
interventi di tutela in campo ambientale e in programmi di sviluppo che dovrebbero
garantire nuove fonti di occupazione; si concordano strategie, si presentano progetti.
Giunti però alla riunione successiva, si scopre che non solo la povertà è aumentata, ma
è più grave che mai, mentre il divario tra chi ha tutto e chi non ha niente si è
ulteriormente acutizzato.
Lo stesso accade con i programmi di tutela dellambiente che, unitamente al problema
delle disuguaglianze sociali, sono oggetto di ampollosi interventi da parte dei delegati.
Ciononostante, di vertice in vertice la situazione in entrambi i settori si aggrava.
Si fa poco o niente per cercare di tener fede agli impegni presi nelle precedenti
dichiarazioni conclusive su temi come lalimentazione e la sua garanzia, i servizi
sanitari, loccupazione, la casa, lacqua potabile, lattenzione
privilegiata da accordare alle fasce più deboli e discriminate della società: gli
indios, i bambini, gli anziani, i disabili. In realtà, in tutto il continente essi
continuano a essere privi di diritti e vergognosamente sfruttati o ignorati.
Infatti, mentre secondo statistiche compilate nel 1994, in occasione del primo vertice di
Miami, il 35 % della popolazione latinoamericana risultava vivere al di sotto della soglia
di povertà, all'inizio del nuovo secolo questa percentuale è già salita quasi al 50 %,
così come si sono accentuati gli indici di povertà estrema.
Questi dati sono confermati da statistiche stilate da organi specializzati delle Nazioni
Unite, secondo le quali risulta che nei primi mesi del 2001 sono circa 50 milioni gli
adulti analfabeti in territorio latinoamericano, quasi 60 milioni le persone che non hanno
accesso al sistema sanitario nazionale, più di 100 milioni gli abitanti che non
usufruiscono di acqua potabile. Si rileva inoltre che sono 38 milioni gli adulti con più
di 40 anni e 5 milioni i bambini fino a 5 anni che soffrono di malnutrizione.
I valori di questi indicatori di povertà risultano oggi notevolmente più elevati
rispetto al passato, nonostante l'impegno dichiarato dagli Stati Uniti a contribuire alla
loro riduzione.
Tra i progetti scaturiti negli ultimi vertici, quello su cui maggiormente si sono
concentrate le speranze dei Paesi Latinoamericani, che da esso si aspettano un aumento dei
posti di lavoro e un rafforzamento della loro economia, è stato il piano relativo alla
creazione dell'Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), che si prevede di
realizzare entro il 2005.
Il suo sviluppo è stato tuttavia condizionato dall'opposizione del Congresso degli Stati
Uniti che, già a partire dal 1994, ha negato all'allora presidente Clinton la prerogativa
del fast track - la via rapida - impedendo in questo modo al capo dell'esecutivo di
stingere accordi commerciali in prima persona. Il Congresso sembra deciso a dare del filo
da torcere anche al nuovo presidente Bush, il quale, da parte sua, ha già espresso
l'intenzione di avvalersi quanto prima di tale potere, che gli consentirebbe di
sottoscrivere accordi commerciali con gli Stati latinoamericani senza doverli sottoporre
alla verifica del potere legislativo.
Tuttavia, secondo USA Today - il quotidiano più letto negli Stati Uniti, che ha
affrontato di recente il tema del Trattato di Libero Commercio stipulato con il Messico
(NAFTA) - accordi commerciali di questo tipo influiscono negativamente sulle condizioni di
vita della popolazione. Infatti "sia dal punto di vista economico che da quello
sociale, si è ampliato il divario tra i più ricchi e i più poveri, in conseguenza del
fatto che i profitti sono confluiti nelle tasche di pochi privilegiati".
Cuba, come al solito, aleggerà come un elemento perturbante sull'intero vertice: la
qualità del suo sistema educativo, sanitario e di sicurezza sociale - riconosciuta in
tutto il mondo - costituisce un chiaro esempio di come sia possibile dare una soluzione ai
problemi del continente.
La sistematica esclusione di Cuba da queste riunioni dimostra la superficialità e la
retorica che contraddistinguono la loro impostazione, dovuta all'atteggiamento di assurda
superiorità nei confronti del sud manifestato da coloro che considerano tali vertici solo
come una maniera di difendere i propri interessi.
Priorità
assoluta alla realizzazione di uneconomia comune
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marzo 2001 - Di fronte alla crescente minaccia rappresentata da un mondo dominato dal
neoliberismo e dalla globalizzazione, i cui rappresentanti i Paesi ricchi
pretendono di determinare i destini del resto dellumanità, la Comunità degli Stati
Caraibici (CARICOM) attribuisce priorità assoluta al suo progetto di "Economia e
Mercati Unici", al centro delle discussioni durante il recente 12° Vertice dei Capi
di Stato e di Governo della regione.
In occasione di questo summit - che ha avuto luogo a Barbados, dal 14 al 16 febbraio
scorso lassemblea ha riconosciuto limportanza di procedere uniti verso
la costruzione di uneconomia comune, obiettivo la cui realizzazione è prevista per
il 2003 e che si considera addirittura prioritaria rispetto allentrata in vigore
dellArea di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), supportato dagli Stati Uniti.
Secondo gli esperti, il progetto "Economia e Mercati Unici" rappresenta
lalternativa maggiormente praticabile per permettere alle deboli economie caraibiche
di sostenere la concorrenza commerciale di nazioni molto più forti.
Decisiva in questo senso è stata la firma del trattato in base al quale la Corte di
Giustizia dei Caraibi diventa listituzione fondante per la creazione della base
giuridica necessaria alla progettata unione economica.
Tale corpo legislativo, che sostituirà il Consiglio Privato di Londra e servirà sia come
meccanismo ultimo di ricorso per regolare cause civili e penali, sia per dirimere
contrasti commerciali allinterno del processo di integrazione regionale, è stato
definito negli interventi degli oratori il risultato di un gesto storico, una decisiva
affermazione di indipendenza e sovranità da parte dei Paesi membri della CARICOM.
Un documento reso noto dalla stessa CARICOM, e ripreso da Prensa Latina, conferma che dal
vertice sono scaturite diverse misure previste già per il 2001, tra cui la necessità di
approvare leggi a livello nazionale che permettano il libero movimento di laureati,
musicisti e giornalisti e altre che favoriscano il comune riconoscimento dei benefici
della previdenza sociale.
Nei prossimi mesi si provvederà inoltre allabolizione delle restrizioni alla libera
circolazione di capitali e servizi tra i Paesi membri della Comunità; alla messa a punto
di sistemi di valutazione per permettere il riconoscimento e lequiparabilità di
qualifiche professionali e gradi di formazione; alla creazione, infine, di un ente
regionale preposto alla certificazione della qualità e al controllo delle normative, nel
campo della produzione industriale..
Altrettanto significativi sono i punti che riguardano limpegno a eliminare gli
ostacoli alla libera circolazione dei cittadini, attraverso la semplificazione e
lalleggerimento delle pratiche burocratiche (documenti, formulari ecc.)
Uno dei temi maggiormente dibattuti allinterno del forum è stata la decisione di
attribuire ad Haiti lo status di membro permanente della Comunità, dopo che dal 1997 ha
sempre preso parte ai summit in qualità di membro provvisorio.
Per quanto riguarda infine la prevista conclusione di un accordo commerciale con Cuba, che
stabilisce condizioni preferenziali per prodotti come succhi di frutta naturali e cemento,
la sua approvazione definitiva è stata rimandata alla prossima riunione del vertice
annuale, che avrà luogo in luglio alle Bahamas.
Al vertice delle Barbados ha partecipato una delegazione cubana capeggiata dal ministro
Ricardo Cabrisas, che ha incontrato il Ministro del Turismo di Barbados, Noel Lynch, per
una valutazione delle ampie opportunità di collaborazione tra i due Paesi proprio nel
campo dello sviluppo turistico. I rappresentanti dei due Governi sono stati inoltre
concordi nellindividuare nella prossima Convenzione del Turismo, che si terrà a
Cuba, loccasione più propizia per lanciare limmagine dei Caraibi come meta
privilegiata della cosiddetta "industria senza ciminiere".
Cabrisas ha incontrato anche il Ministro del Commercio e degli Scambi Internazionali,
Reginald Farley, che ha sottolineato limportanza delle relazioni diplomatiche e
commerciali tra i due Paesi, ricordando la visita ufficiale del Presidente Fidel Castro
nellagosto del 1998, per la cerimonia di inaugurazione del Monumento ai Martiri di
Barbados, in memoria delle vittime dellattentato del 1976, quando un aereo della
Cubana de Aviación esplose in volo con 73 persone a bordo.
Il secolo
perduto dellAmerica Latina
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gennaio 2001 - Alle soglie del nuovo millennio, trascorsi gli anni 80 e
90, in America Latina i presunti miglioramenti sociali ed economici stentano a
realizzarsi. A che cosa sono serviti dunque i miracolosi provvedimenti
"caldeggiati" dal FMI e dalla Banca Mondiale? In effetti, dagli anni 80
fino a ora, da quando cioè si è dato avvio alle politiche di aggiustamento economico, in
ottemperanza alle condizioni poste dai paesi industrializzati per concedere i loro
prestiti, nellintera regione regnano contraddizioni e incertezze.
Daltra parte, la pianificazione, da parte degli organismi finanziari internazionali,
di strategie economiche da introdurre nei paesi sottosviluppati senza tra
laltro tenere conto delle particolarità che contraddistinguono ciascuno di essi
così come la privatizzazione indiscriminata o i provvedimenti diretti alla
riduzione della spesa sociale, si sono dimostrati un fallimento. Il debito estero,
aggravato dai costi derivanti dal pagamento degli interessi, ha rappresentato dagli anni
80 una vera catastrofe per leconomia dellarea latinoamericana e
costituisce attualmente un ulteriore fattore di pressione da parte dei paesi ricchi.
Tra il 1982 e il 1990, questo "debito eterno", come lo ha definito l'argentino
Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace, è costato da solo al continente
americano qualcosa come 388.000 milioni di dollari di interessi, più altrettanti di spese
di ammortamento, per un totale di 773.000 milioni di dollari.
Più che un circolo vizioso assomiglia a un girone infernale, dato che, a conclusione di
tutti questi calcoli, gli aiuti che lAmerica Latina ha ricevuto dagli
accondiscendenti paesi industrializzati ammontano circa alla stessa cifra che ha dovuto
pagar loro di interessi.
Il pacchetto di misure neoliberiste è fallito. Dopo aver aperto i mercati interni ai
prodotti delle multinazionali e aver permesso che i capitali stranieri entrassero e
uscissero liberamente dal paese, tramite la vendita delle imprese statali ai grandi
consorzi esteri facilitando, in questa maniera, il dilagare della speculazione - la
nuova tendenza liberista impone ladozione del dollaro come moneta unica per il
mercato interno - la cosiddetta "dollarizzazione" (N.d.T.). Tutto ciò con
conseguenze insostenibili per la già debole struttura sociale delle nazioni
latinoamericane.
Lo stato di Panama ha attuato la conversione al dollaro già vari decenni fa, come
conseguenza di una sua particolare situazione storica, condizionata in maniera
determinante dallinfluenza del capitale nordamericano sulla propria economia. In
Uruguay invece la moneta statunitense viene utilizzata per il mercato delle auto e per
quello degli immobili, mentre la moneta nazionale continua a essere usata in tutti gli
altri settori commerciali e nella vita di tutti i giorni. Tuttavia nessuno di questi due
casi rientra nelloperazione di "aggiustamento" economico in atto in
America Latina.
Sembra per esempio che il sucre la valuta ecuadoriana sia stata la prima
vittima finanziaria della globalizzazione. Lex presidente, Jamil Mahuad, dovendo far
fronte a un paese in piena crisi inflazionistica, decise di avviare il processo di
dollarizzazione. Ciononostante, nel momento in cui, nel gennaio 2000, si decretò
lentrata in vigore del provvedimento, il sucre era già morto. La banconota da 1
sucre era scomparsa da tempo dal mercato, perché ormai di nessun valore tanto che
diverse generazioni di ecuadoriani non ne hanno mai visto una, essendo abituati a
utilizzare le monete da 100 e le banconote da 1.000 fino a 50.000. Che cosa è accaduto in
Ecuador? La dollarizzazione fu introdotta nel pieno di una crisi finanziaria spaventosa:
la Banca Centrale stava emettendo carta moneta senza copertura e invece di portare a
compimento una politica di risanamento, incominciò a fare prestiti. Nel gennaio 2000 la
crisi in cui si trovavano le finanze del paese era diventata insostenibile: il tasso di
cambio raggiunse valori altissimi in pochi mesi si arrivò a cambiare 25.000 sucre
per 1 dollaro, con conseguenze devastanti per leconomia. Linflazione, che nel
1999 aveva raggiunto il 66 %, avrebbe raggiunto nel 2000, secondo le proiezioni, il 96.6
%.
Dal punto di vista dei lavoratori e di altri settori della popolazione, non ha tanta
importanza il tipo di valuta che si è deciso di adottare, quanto le conseguenze di una
scelta che, privilegiando proprio il dollaro, ha sancito la sconfitta della sovranità
nazionale di fronte allavanzare della dominazione economica nordamericana, che del
dollaro si serve come di una scudo e di una lancia allo stesso tempo.
Intanto le misure neoliberiste continuano a porre vincoli ai servizi sociali, creando
problemi che una moneta straniera non ha certo interesse a risolvere.
In Argentina la moneta statunitense si utilizza dal 1991, attraverso un sistema chiamato
"Cassa di Conversione", in base al quale la quantità di pesos circolante nel
territorio nazionale deve essere pari a quella dei dollari in possesso della Banca
Centrale. In base a questo sistema, il valore della moneta nazionale viene condizionato
pesantemente dallandamento discontinuo degli investimenti stranieri e
delleconomia internazionale.
Gli esperti hanno giustamente fatto notare che ladozione del dollaro nel mercato
interno determina la subordinazione della politica economica nazionale alle direttive
della Riserva Federale degli Stati Uniti, dato che la Banca Centrale locale perde non solo
la sua funzione di controllo della politica monetaria, nonché dellinflazione, ma
anche quella di garante della stabilità della moneta stessa.
Pérez Esquivel ha denunciato recentemente gli effetti negativi di tale scelta in
Argentina: il patrimonio pubblico è stato venduto, è aumentato lanalfabetismo,
tanto che il 54 % della popolazione infantile non arriva a terminare la scuola primaria.
Inoltre, ogni giorno, oltre 50 bambini muoiono di fame. Secondo leconomista Jorge
Bernstein ladozione di politiche neoliberiste ha avuto come conseguenza un aumento
vertiginoso del debito estero, che in meno di ventanni si è triplicato, passando da
60.000 milioni a 180.000 milioni.
Il tasso di disoccupazione, infine, si è attestato nellottobre 2000 al 14.7 %,
mentre la sottoccupazione era al 14.6 %: ciò significa che 3.9 milioni di persone si
trovano a dover fare i conti con una crisi per la quale finora non si prospettano
soluzioni.
Dall'analisi di situazioni come questa sembra che la globalizzazione neoliberista serva
unicamente ad arricchire le multinazionali, i cui ricavi sono tali da superare addirittura
il PIL di un paese come El Salvador, uno dei più poveri del mondo.
Ramón Muñoz, esperto della Banca Centrale di Cuba, ha spiegato a Granma Internacional
che la prima e principale conseguenza del processo di liberalizzazione è la perdita del
controllo della politica monetaria nazionale. "In Argentina hanno persino festeggiato
quando gli Stati Uniti hanno ridotto i tassi di interesse, senza rendersi conto che ciò
è avvenuto perché gli faceva comodo, non certo per fare un favore alle economie
latinoamericane".
Uno degli svantaggi della dollarizzazione è rappresentato dalla perdita di competitività
delle esportazioni, dovuta all'aumento del prezzo delle merci, mentre un ulteriore
svantaggio deriva dalla scomparsa del sistema di prestiti di "ultima istanza":
le banche nazionali non sono infatti più autorizzate a concedere prestiti, lo fanno al
loro posto le filiali delle banche straniere sul territorio.
Anche i paesi del Centroamerica sembrano orientati a percorrere lo stesso cammino verso
l'adozione del dollaro, tanto che stanno programmando la sua prossima introduzione,
incoraggiati soprattutto da El Salvador. Tuttavia questo paese - secondo quanto afferma
l'agenzia di stampa Notimex - a nove anni dalla conclusione degli accordi di pace,
avvenuta sotto la supervisione delle Nazioni Unite, sta attraversando un periodo di
tensioni politiche e sociali proprio in opposizione alla legge - entrata in vigore il 1°
gennaio scorso - che ha sancito l'avvio della dollarizzazione. Il Fronte Farabundo Martí,
rappresentato all'interno del Congresso da 31 degli 84 deputati, è il principale
oppositore della cosiddetta Legge di Integrazione Monetaria (LIM), approvata il 30
novembre 2000, che ha permesso la libera circolazione della moneta statunitense nel
territorio nazionale.
L'opposizione nei confronti di questa misura economica - che ha condotto alla sostituzione
della moneta nazionale, il colón, con il dollaro - ha dato origine a una mobilitazione
della cittadinanza che, sostenuta dal Fronte, ha manifestato per difendere quella che la
gente chiama "la nostra sovranità".
La dollarizzazione non farebbe infatti che peggiorare una situazione economica che, dopo
aver attraversato decenni di crisi, è stata pesantemente condizionata da disastri storici
e ambientali.
A pagare il prezzo più alto della povertà in America Latina sono i bambini: le stime
parlano di 224 milioni di persone che vivono in povertà, dei quali 95 milioni sono
bambini. Alle richieste dell'UNICEF, di vincolare gli interventi di aggiustamento
economico a quelli nel sociale, le disastrate economie latinoamericane hanno risposto con
tagli al bilancio preventivo relativo proprio a questo settore.
Secondo l'opinione di una rivista europea, che ha condotto un'analisi del fenomeno, questa
generazione potrebbe essere definita come la prima generazione perduta del XXI secolo,
oppure l'ultima del XX. Speriamo che i posteri non debbano giungere a conclusioni simili
quando il secolo appena iniziato sarà concluso.
Nel mondo, sono molti coloro che si interrogano sui motivi dell'utilizzo del dollaro nel
mercato interno cubano. E' necessario precisare innanzi tutto che a Cuba questa operazione
si distingue nei procedimenti, nei risultati e negli obiettivi dal resto dell'America
Latina. Per Cuba, spiega Ramón Muñoz, ha rappresentato una misura circostanziale, una
necessità obiettiva, determinata dalle condizioni in cui si trovava l'economia all'inizio
degli anni 90, quando si trovò privata in pochissimo tempo dell'80 % dei suoi
mercati. "Che cosa sarebbe successo all'Ecuador, se si trovasse improvvisamente a
dover affrontare questa eventualità? Sarebbe scomparso come nazione" - precisa
Muñoz.
Il processo a Cuba è incominciato con la liberalizzazione della divisa statunitense. A
poco a poco si sono ampliate nel mercato interno le offerte in moneta nazionale e in
dollari; sono stati incoraggiati gli investimenti stranieri diretti, ma in maniera
selettiva, mediante la creazione di imprese miste con la partecipazione di capitale cubano
in settori dove era possibile sviluppare nuovi mercati; si sono attuati infine
provvedimenti finalizzati al risanamento delle finanze e alla riduzione del deficit
fiscale.
Questo provvedimento tuttavia non è stato imposto da organismi finanziari internazionali,
né ha avuto conseguenze traumatiche sulla popolazione. I prezzi dei generi alimentari,
del gas, del telefono e dellelettricità si sono mantenuti bassi, mentre i servizi
pubblici relativi a sanità ed educazione hanno continuato a rimanere gratuiti, tantomeno
si sono gettati dei lavoratori in mezzo a una strada. Un altro particolare di notevole
importanza è rappresentato dal fatto che a Cuba quasi il 90 % della popolazione è
proprietario dellabitazione in cui vive. Tutti questi aspetti dimostrano la
differenza fondamentale esistente tra le strutture economiche a Cuba e nel resto del
continente americano. Negli altri paesi è infatti molto difficile trovare cittadini che
spendono 1 dollaro di elettricità o 50 centesimi di tariffa telefonica, tali infatti sono
le cifre che si ottengono se si calcola il corrispondente in dollari del costo in moneta
nazionale, secondo il cambio che vige attualmente nel mercato cubano, di 20 pesos per 1
dollaro.
In meno di sette mesi, dopo lintroduzione dei primi provvedimenti, risalenti al
1993, il peso cubano si è rivalutato di ben sette volte.
I cubani continuano comunque a pagare i servizi e gli alimenti di base
sovvenzionati dallo stato in moneta nazionale, dato che anche i salari vengono
corrisposti in pesos. Nei settori dove vige la legge della domanda e dellofferta,
invece, i prezzi si fissano sulla base del cambio interno. Ciò spiega come mai diversi
prodotti mantengono prezzi troppo alti, soprattutto nel mercato dei prodotti agricoli,
dove una libbra di carne di maiale o di montone arriva a costare 25 pesos.
Se si considera inoltre che attualmente il salario medio di un lavoratore si aggira
intorno ai 198 pesos mensili, anche i prezzi degli alimenti che si vendono nei negozi che
commerciano in valuta risultano elevati un litro di latte costa infatti più di un
dollaro.
Lo stato, da parte sua, garantisce una fornitura base ai nuclei familiari, assicurando una
certa quantità di prodotti per la pulizia e soprattutto alimentari irrinunciabili
cereali, zucchero, uova, sale, banane e in alternanza differenti tipi di carne a un
prezzo molto basso, da pagarsi in moneta nazionale. Il latte è garantito a tutti i
bambini fino al settimo anno di età e agli adulti che ne abbiano necessità per motivi di
salute.
"Il Governo cubano non intende favorire la dollarizzazione, al contrario, il suo
obiettivo è quello di creare le condizioni adeguate affinché la moneta nazionale sia in
grado di sostituirsi definitivamente al dollaro nel mercato interno" afferma
Muñoz e il continuo recupero delleconomia cubana sembra dargli ragione.
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