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Schiacciante rifiuto dell’ALCA in Ecuador
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novembre 2002 – Le pacifiche manifestazioni di protesta in Ecuador contro l’applicazione dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) sono state attaccate dalle forze anti-sommossa, che tuttavia non sono riuscite a fare tacere le voci accusatorie.. Tra i partecipanti vi erano il Premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, ed Evo Morales, leader del movimento indigeno ed ex-candidato presidenziale in Bolivia. Tutti e due hanno affermato che l’ALCA, che dovrebbe partire nel 2005, propizierà l’egemonia statunitense nella regione, fatto per il quale "i latinoamericani si trasformeranno in una colonia degli Stati Uniti".

Il risultato nazionale al secondo turno
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novembre 2002 – Quest’anno in America latina viene confermata la crisi di credibilità dei partiti tradizionali, che si è manifestata nelle elezioni presidenziali di diversi paesi. E’ accaduto in Bolivia, in Brasile e ora in Ecuador.
Le seconde tornate hanno costituito notizie e incertezze politiche, tuttavia l’aspetto più significativo non radica nella ripetizione di un processo, bensì nel contenuto delle sue proposte, che per preoccupazione di qualcuno o per previsione di altri tendono verso idee di sinistra con posizioni indipendentiste e popolari.
Il risultato delle elezioni in Ecuador dovrà aspettare fino al prossimo mese di novembre, dopo che lo scorso 20 ottobre né l’ex-colonnello Lucio Gutiérrez, della Società Patriottica, né il miliardario delle banane Alvaro Noboa, considerato l’uomo più ricco del paese, sono riusciti a raggiungere la percentuale necessaria.
Kintto Lucas, dell’Agenzia alternativa uruguayana COMCOSUR, considera che le intenzioni di voto in Ecuador, a favore di Gutiérrez con un 61 %, ricordano le candidature passate di Hugo Chávez in Venezuela o più recentemente quella di Evo Morales in Bolivia.
L’ex-colonnello ecuadoriano ha incentrato la sua campagna contro la corruzione, contro la speculazione finanziaria e contro l’applicazione dell’ALCA e a favore della produzione nazionale e di una politica estera con voce propria.
Ha saputo, allo stesso modo, guadagnarsi la fiducia del movimento indigeno con a capo la Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), che non dimenticano la sua partecipazione, insieme ad altri militari, nei moti popolari che hanno abbattuto nell’anno 2000 l’allora Presidente Jamil Mahuad.
Gutiérrez è tuttora espressione delle diverse forze di sinistra e di centro-sinistra e dei movimenti sociali che sperano in un allontanamento dai precetti di sviluppo neoliberista promossi dagli organismi finanziari internazionali.
Nonostante il vigore dei suoi discorsi, che tuttavia non hanno la presa popolare di un Chávez, di un Morales o di un Lula, gli analisti preferiscono mantenersi cauti sui pronostici di vittoria.

La contesa elettorale al secondo turno in Ecuador
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ottobre 2002 – L’ex-colonnello Lucio Gutiérrez si è consolidato al primo posto nelle elezioni presidenziali dell’Ecuador, con il 20.28 %, superando il miliardario indipendente Alvaro Noboa, che ha ottenuto il 17.41 % dei voti. Poiché nessuno dei due candidati ha raggiunto la percentuale necessaria occorrerà effettuare una seconda tornata, prevista per il prossimo 24 novembre. Il Tribunale Supremo Elettorale e gli osservatori internazionali hanno confermato che il processo si è sviluppato con trasparenza e tranquillità.

Sul tappeto vecchi problemi rinnovati
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settembre 2002 – L’annuncio dell’innalzamento dei prezzi in Ecuador ha provocato scontento tra la popolazione, che si è irritata contro il Consiglio Nazionale dell’elettricità (CONELEC), la cui intenzione è quella di elevare le tariffe di questo servizio. Il Fronte Unitario dei Lavoratori (FUT), riguardo ai fatti accaduti, propone un dibattito nazionale di carattere urgente prima delle prossime elezioni presidenziali.
Qualora venisse effettuato l’aumento, il FUT, secondo notizie di Prensa Latina, convocherebbe proteste generalizzate, in quanto considerano che la misura "genererebbe un rialzo dei prezzi di tutti i prodotti di consumo e dei servizi, e incrementerebbe l’inflazione""
Il 30 ottobre è stata la data stabilita dal CONELEC, anche se il Vicepresidente ecuadoriano, Perdo Pinto, settimane prima aveva assicurato che niente era stato deciso, tuttavia, si stava discutendo quanto messo in questione dai lavoratori, che affermavano l’esistenza di una combutta tra l’azienda e lo Stato.
La situazione sociale che si è creata attorno all’attuale polemica è cavalcata dai diversi candidati alle prossime elezioni, la cui campagna dovrà terminare il prossimo 20 ottobre, quando si apriranno i collegi elettorali.
Anche così e nonostante l’imminenza di questo avvenimento, il 70 % degli ecuadoriani ha deciso di mantenersi per il momento al margine dei comizi di fronte ai molti interrogativi sul futuro politico.
Cedatos Gallup, azienda incaricata di misurare il termometro dell’opinione locale, tra il 1° e il 4 settembre ha portato a termine un’indagine su un campione rappresentativo di 2.264 persone, ottenendo che il 60 % non ha deciso cosa fare e solo il 30 % dei cittadini ha pensato chi votare.
Ma di questa percentuale, un 27 % ha indicato che tuttavia potrebbe cambiare opinione nei 45 giorni che restano dal risultato finale, fatto che complicherebbe moltissimo l’intenso scambio di proposte di programma e di figure dei principali partiti politici che si confrontano già sui diversi mezzi di stampa.
Il paese dovrebbe decidere i posti di presidente e di vicepresidente della Repubblica, 100 deputati, 67 consiglieri provinciali, due governatori di provincia, 677 consiglieri municipali e cinque rappresentanti nel Parlamento Andino.
Le candidature più rilevanti ruotano attorno a 13 nominativi, tra questi risalta l’imprenditore Ivaro Noboa, l’ex-Presidente Rodrigo Borja (1988-1992), della Sinistra Democratica, e di Xavier Neira, candidato del Partito Social Cristiano.
Il FUT insiste su un’analisi profonda della realtà ecuadoriana che tende ad aumentare la breccia tra il costo della vita e le necessità di base, in particolare quelle alimentari.
A questo si aggiunge la previsione di un calo nel volume della produzione di un 1.6 %, tale quale lo sta proclamando la Banca Centrale di questo paese, le cui cause dirette vengono fatte risalire all’incertezza elettorale, alla paura della corruzione e ad altri noti problemi che non sono stati risolti.

Comunità indigene ecuadoriane colpite dall’inquinamento
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giugno 2002 – L’Amazzonia ecuadoriana è stata vittima, negli ultimi sei mesi, di importanti catastrofi ecologiche che hanno messo in grave pericolo la salute fisica e ambientale delle comunità autoctone di questa regione. Il quotidiano ecuadoriano ‘Expreso’ che cinque versamenti di petrolio avvenuti nella via fluviale Sacha-Coca-Auca hanno causato danni alle comunità della provincia Orellana. Delfín Ordóñez, capo dell’Unità Ambientale della citata località, ha presentato dieci denunce sui danni alla biodiversità per versamento di greggio in varie aree petrolifere della Petróproducción e in particolar modo per il danno alla pesca, principale fonte di alimentazione degli abitanti del luogo.

L’Ecuador tra il Congresso del Commercio Estero e i negoziati con il FMI
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giugno 2002 – Oltre 400 rappresentanti della Banca Mondiale e delle esportazioni hanno realizzato a Guayaquil, seconda città per importanza dell’Ecuador, il 18° Congresso Internazionale di Commercio Estero, con l’obiettivo manifesto di fare affari per incrementare le linee di credito. Secondo Charles del Busto, esperto del vertice, le difficoltà regionali si basano sul fatto che "gli imprenditori e i banchieri latinoamericani devono mettersi d’accordo sulle regole del gioco per poi cercare appoggio dagli enti finanziari internazionali di Giappone, Stati Uniti ed Europa". Tuttavia, l’opinione pubblica ecuadoriana sostiene che la crisi del continente radica nell’applicazione di misure neoliberiste sostenute dal Fondo Monetario Internazionale.

Il FMI condiziona gli aiuti all’Ecuador
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febbraio 2002 – Il rinnovo di un accordo tra il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e il Governo dell’Ecuador deve essere preceduto, tale quale come è stato stabilito recentemente da questa istituzione finanziaria, da un’eccedenza nel preventivo di bilancio fiscale. Il saldo reale dei conti ecuadoriani, nonostante quanto desiderato dal FMI, è previsto in un 1.5 %. Inoltre, il Banco Centrale dell’Ecuador stima improbabile che il gabinetto di Gustavo Noboa possa fare circolare sul mercato interno una nuova emissione di buoni per 500 milioni di dollari, il cui scopo è quello di sostenere il preventivo di bilancio nazionale nel 2002.

Protesta con le pentole a Quito contro il neoliberismo
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febbraio 2002 – Una giornata di protesta a 48 ore dal cosiddetto Sciopero del Popolo dell’Ecuador, organizzato dal Fronte Unito dei Lavoratori (FUT), dal Fronte Popolare e dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), ha preteso, tra i giorni 20 e 21 di questo mese, una rettifica della politica economica applicata da Gustavo Noboa, che insiste nel privatizzare aziende statali, oltre che ad avere innestato un acuto processo di corruzione nazionale. I manifestanti hanno segnalato che le privatizzazioni sono contro i principi costituzionali.

La strada dell’asfissia
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gennaio 2002 - Un'altra nazione del continente americano, l'Ecuador, ha deciso recentemente di protestare contro la politica economica decretata ufficialmente due anni fa che si basa essenzialmente su una strategia di 'dollarizzazione'. La protesta riguarda anche il rincaro dei prezzi che rende insostenibile mantenere un livello di vita decoroso.
Studenti in piazza, voci di indigeni che esigono deroghe agli aggiustamenti governativi, proteste di contadini e lavoratori contro l'aumento dell'indice di povertà e la disoccupazione caratterizzano la realtà ecuadoriana di un 2002 appena nato.
L'Assemblea Unitaria dei paesi dell'Ecuador ha dichiarato uno sciopero generale per la fine di questo mese e i dirigenti parlano già di una storica partecipazione, tenuto conto anche dei precedenti degli ultimi giorni, durante i quali la polizia ha represso i manifestanti con bombe a gas lacrimogeno.
Gustavo Noboa, presidente ecuadoriano, ha deciso di introdurre nel suo paese le nuove formule finanziarie del Fondo Monetario Internazionale (FMI) con l'obiettivo di ottenere un credito di 300 milioni di dollari nel mese di febbraio. Nello stile del suo predecessore, Hamil Mahuad, l'attuale Presidente sostiene la valuta nordamericana, che ha posto fine ai 116 anni di circolazione del sucre.
La decisione del Governo di congelare le tariffe dei trasporti via terra, di aumentare il prezzo del petrolio, di togliere le sovvenzioni statali all'utilizzo del gas per uso domestico e di valutare temporaneamente il prezzo al quintale della farina, hanno smosso gli animi popolari, gli stessi che hanno respinto in più di un'occasione l'imposizione del neoliberismo.
Nonostante le tensioni sociali, il Ministro di Economia e Finanza, Carlos Julio Emanuel, si mostra difensore della 'dollarizzazione', attribuendole di avere portato stabilità al Paese, stimolato gli investimenti privati, migliorato il patrimonio delle persone e delle aziende.
"Il possesso di dollari nel paese era scarso, però grazie alla nostra politica finanziaria, tutti gli ecuadoriani ora ne possiedono e, cosa più importante, i dollari sono qui per rimanere", ha affermato. Tuttavia, l'attuale linea di condotta è argomento di polemica anche nei circoli ristretti di sociologi ed economisti, che si sono aggiunti a coloro che contestano e contraddicono le lodi ministeriali.
Rafael Correa, noto analista ecuadoriano, sostiene che "adottare unilateralmente la moneta di un altro paese significa adottarne la politica monetaria, e se sale il tasso di interesse negli Stati Uniti, cala il prezzo del petrolio e si riducono gli invii di denaro degli emigranti; la dollarizzazione è insostenibile".
"Il deficit commerciale, non solamente petrolifero, è sostenuto solamente da un maggiore indebitamento estero e questo significa pane oggi e fame domani, come è successo in Argentina", ha dichiarato Correa.
Un altro specialista, Alberto Acosta, indica che "l'inflazione del 2001 (22.4 %), è troppo alta per un'economia dollarizzata e questo evidenzia che i provvedimenti non sono serviti ad abbassare l'inflazione né hanno riattivato i settori produttivi".
Recenti sondaggi sociologici hanno fatto conoscere un'altra faccia del fenomeno, che è strettamente legato al deterioramento delle condizioni materiali di vita. La povertà si aggira intorno al 70 %, la disoccupazione raggiunge l'11 % e il sottoimpiego è intorno al 55.45 %, dando poi alla situazione annunci ufficiali di equità.
L'incremento di 10 dollari per lo stipendio minimo (128 dollari) è molto lontano dal poter risolvere qualcosa se si considera che per acquistare una quantità di alimenti base, che costa 325 dollari, è necessario l'equivalente di due salari e mezzo.
Noboa ordina aggiustamenti neoliberisti e repressione della polizia. Il FMI impone condizioni a suo vantaggio. Per l'Ecuador l'asfissia è imminente.

Il Congresso indigeno con forti differenze interne
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ottobre 2001 - La Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), il maggior gruppo di pressione degli indigeni dell’America Latina, ha terminato lo scorso 12 ottobre il proprio Congresso, con un acceso dibattito per il rinnovo dei propri vertici.
I 770 delegati al così denominato Primo Congresso delle Nazionalità e dei Popoli, dopo una settimana di delibere, hanno deciso di mantenere la "opposizione al Governo per la sua politica sociale ed economica e l’oblio che dimostra verso le comunità indie".
Il Congresso è stato marcato dalle differenze interne intono alle candidature per dirigere la CONAIE nei prossimi anni e dalla possibile definizione di una proposta presidenziale propria per le elezioni del 2002.
Il progetto di sostenere Antonio Vargas alla presidenza dell’Ecuador è stata rifiutata da settori che lo accusano di avere negoziato accordi privati con il Governo di Gustavo Noboa, senza contare sul consenso delle istanze dei rappresentanti indigeni.
La Ecuarunari, organizzazione che riunisce i popoli quechua della sierra e la più importante tra quelle che fanno parte della CONAIE, ha richiesto la formazione di una commissione per giudicare l’operato di Vargas, a causa della gravità della accuse.
"Vargas ha tenuto un comportamento molto biasimevole, con atteggiamenti individuali, dialogando con il Governo al di sopra della collettività, senza che fosse chiaro perché lo facesse, e assumendo posizioni che non erano state avallate dalla base", ha argomentato Estuardo Remache.
"Noi indigeni abbiamo le nostre forme ancestrali di giustizia nelle comunità, e così come si giudica chiunque commetta errori, allo stesso modo si devono giudicare i dirigenti che ipoteticamente rappresentano la collettività", ha aggiunto.
L’Ecuador, con 11.5 milioni di abitanti, ha una popolazione indigena di 3.5 milioni di persone, distribuite in 11 nazionalità, la maggioranza delle quali vive in aree rurali.
La principale comunità è la quechua, che abita nella regione della sierra e riunisce 10 popoli.
Le nazionalità awa, chachi, epera e tsáchila risiedono sulla costa dell’Oceano Pacifico; le cofán, siona, secoya, huaorani, achuar, shuar e quechua amazzonica in Amazzonia.
La nazionalità shuar è composta da 65.000 persone, la achuar da 5.000, la quechua da 110.000, la siona e la secoya insieme hanno 1.500 membri, la cofán 900, la huaorani, di cui fanno parte anche i tagaeris e i tharomenanes, ammonta a circa 900 persone e la zápara a 114.
I candidati a occupare la presidenza della CONAIE sono Ricardo Ulcuango, attuale vicepresidente, e Leonidas Iza, ex deputato del Movimento Pachakutik per la provincia di Cotopaxi, situata nella sierra centrale.
Nonostante i due concorrenti appartengano alle comunità della sierra e abbiano segnalato il loro interesse nel rafforzare il progetto storico della CONAIE, molti congressisti si sono mostrati preoccupati che Iza possa essere influenzato da Vargas e dai suoi sostenitori.
Questa valutazione è dovuta al fatto che intorno a Vargas e a Iza esistono consiglieri legati al Partito Roldosista Ecuadoriano, dell’ex presidente Abdalá Bucaram (1996-1997), latitante dalla giustizia che sta indagando su di lui per presunti atti di corruzione.
Ulcuango ha espresso al Congresso la necessità che il movimento indigeno assuma un ruolo più da protagonista nella società ecuadoriana, e ha assicurato di non voler contribuire alla divisione della CONAIE.
"Non mi presterei mai a dividere la CONAIE, però è necessario arrivare a un consenso per indirizzarci verso la proposta collettiva della plurinazionalità, lasciando da parte l’interesse elettorale di una persona", ha argomentato.
Da parte sua, anche Iza ha insistito sulla necessità di rafforzare l’unità del movimento, però ha respinto l’idea di ritirare la sua candidatura per incontrare una certa approvazione.
La candidatura alla presidenza dell’Ecuador di Vargas è stata appoggiata dal ramo amazzonico della CONAIE, però è stata rifiutata dai delegati della sierra e della Costa.
Il Congresso del Movimento Pachakutik, braccio politico della CONAIE, e diversi movimenti sociali, hanno deciso di trattare in settembre la questione delle candidature presidenziali in data più vicina alle elezioni.

Le misure dovute all’impegno verso il FMI scatenano l’agitazione sociale
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gennaio 2001
- L’aumento medio del 60 % delle tariffe dei trasporti e del 22 % dei prezzi della benzina, deciso in dicembre dal presidente Gustavo Noboa per far fede all’impegno con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha suscitato nelle scorse settimane un clima di forte agitazione sociale in Ecuador.
Vari sindacati e movimenti sociali sono scesi in strada per protestare contro la politica economica del Governo e hanno subito una repressione che lasciava, alla chiusura della presente edizione, oltre una ventina di feriti e circa duecento fermati.
Un dispaccio della Notimex stima che le dimostrazioni di protesta contro le misure, iniziate dall’inizio dell’anno, rappresentano per il Governo il rischio che le organizzazioni studentesche, sindacali, sociali ed indigene, si fondano in un solo movimento, come è accaduto nel gennaio del 2000.
Il quadro è aggravato da uno sciopero dei padroncini trasportatori nella capitale che rifiutano la sentenza di un giudice di sospendere l’aumento del prezzo della corsa.
A loro volta, organizzazioni quali la coalizione sindacale Fronte Unitario dei Lavoratori (FUT) e la Coordinazione dei Movimenti Sociali (CMS), tenevano incontri per elaborare una piattaforma e un fronte comune che si esprimessero contro gli adeguamenti economici.
Le riunioni del FUT e della CMS aprono la possibilità di una convergenza di attività con il Fronte Popolare (FP) e con la Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE).
Queste organizzazioni sono confluite in un movimento culminato il 21 gennaio 2000 con la caduta del presidente Jamil Mahuad.
La possibilità che questi movimenti si raggruppino è stata scartata frettolosamente dal ministro di Governo, Juan Manrique, che ha annunciato che l’esecutivo avrebbe adottato misure compensative degli adeguamenti economici.
L’11 di gennaio è trascorso un anno da quando l’Ecuador ha abbandonato ufficialmente il sucre come moneta nazionale, optando per il dollaro con la promessa di liquidare le cause più preoccupanti della crisi.
Ma i risultati economici e sociali di tale misura sono finora scarsi, dato che non è riuscita ad attenuare un’inflazione che in dicembre si collocava al 91 %, la più alta dell’America Latina.
L’anno scorso l’economia ecuadoriana è cresciuta dell’1.9 %, cifra che, per alcuni analisti, ha significato solo un segno di convalescenza rispetto alla caduta del 7 % nel 1999. Gli investimenti stranieri, principale indicatore della fiducia esterna, sono stati molto al disotto del livello storico di 100 milioni di dollari annuali.
Il bilancio sociale di un simile comportamento dell’economia è una disoccupazione che, fino al terzo trimestre del 2000, è stata del 13.2 %.

Il sucre solamente per i numismatici
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settembre 2000 - La moneta che per più di un secolo ha identificato l'Ecuador, il sucre, è passato alla storia a partire dal 9 settembre, quando secondo il programma di Governo è diventato un biglietto da collezione, oggetto da numismatici.
Il simbolo monetario di questo paese andino è così diventato la prima vittima monetaria della globalizzazione in America Latina, condannato a sparire e a essere soppiantato dal dollaro degli Stati Uniti.
La morte del sucre è stata decretata nel gennaio 2000 dal presidente Jamil Mahuad, deposto pochi giorni dopo, durante una disperata crisi politica per arrestare il ritmo di crescita dell'inflazione, che ha portato la crisi economica del paese al suo massimo storico.
Allora, Mahuad ha introdotto un sistema di dollarizzazione, dopo avere applicato schemi come le mini e le macro svalutazioni, il cambio fisso e controllato, e nonostante questo la moneta nazionale è passata in meno di otto mesi da poco più di 7.000 sucre a 30.000 sucre per la banconota statunitense.
Con questo atto si è consumato ciò che è stato denominato "la seconda morte del sucre", dopo che l'unica banconota, quella da uno, che conteneva l'immagine del leggendario maresciallo indipendentista Antonio José de Sucre - in onore del quale la moneta ricevette il nome - che era scomparso da molto tempo, per il suo valore ormai nullo, nelle transazioni di mercato.
Tanto che generazioni di ecuadoriani non conoscono il biglietto da un sucre, ma solamente i tagli superiori di monete fino a 100 e le banconote da 1.000 a 50.000.
Il sucre ha iniziato a essere utilizzato nel 1884, esattamente il 22 marzo, quando il paese ha reso omaggio all'eroe che lo ha fatto diventare indipendente, dopo aver utilizzato per i suoi commerci il peso, moneta della Grande Colombia, dalla quale si era separato da 54 anni.
Ma prima della sua nascita come repubblica, per decine d'anni, si utilizzò il peso ecuadoriano, una buona moneta screditata dalle politiche economiche del paese.
Fu allora che l'Ecuador ripose le proprie attese nel sucre, con la speranza che la nuova moneta ponesse fine alla speculazione.
Nonostante ciò la stabilità fu effimera. Il nuovo sistema monetario del 1944 lasciò agganciata al dollaro la moneta ecuadoriana, che ebbe la sua prima svalutazione nel 1971, data in cui iniziò il sistema di flottazione.
Lo storico-economico Guillermo Arosemena ricorda che nel 1972, iniziando l’era petrolifera, il sucre si era stabilizzato per il resto degli anni settanta e si era venuta a creare l’idea che si fosse rafforzato.
In realtà, ha precisato, ci furono deficit persistenti nei conti della bilancia dei pagamenti, il che significò un presagio funesto per la salute del sucre.
Dieci anni dopo, terminati l’euforia del mercato petrolifero, lo sperpero della valuta e gli investimenti improduttivi pubblici e privati, il bilancio preventivo dello Stato venne gonfiato e determinò ogni anno ulteriori considerevoli deficit, fatto che ha provocato un processo d’erosione dei salari.
La situazione diventò drammatica con l’irrefrenabile crisi economica e del sistema finanziario che ebbe la sua conclusione nel marzo dell’anno passato, quando il Governo decise il blocco delle operazioni bancarie e congelò i conti in tutte le sue istituzioni.
Arosemena ha ricordato che i governanti si dimenticarono che l’esistenza di una moneta stabile si regge su un’economia dinamica e quella ecuadoriana, salvo pochi anni, dal 1982 è entrata in una fase di crisi.
Fallirono, sostiene, nello stimolare la diversificazione dell’esportazione, nell’aiutare a creare un settore industriale solido e nell’appoggiare la piccola impresa; il loro operato portò il dollaro a 25.000 sucre per adottare la dollarizzazione, "lasciando al paese un lascito di incompetenza nell’amministrazione pubblica".
Con ciò si firmò la morte del sucre, in un crescente processo di circolazione simultanea con il dollaro e il suo funerale fu fissato per il 9 settembre.
Senza dubbio, alla sepoltura non assistettero tutti. Gli indigeni e i movimenti sociali del paese, compresi i settori della produzione, sono stati contrari alla dollarizzazione pattuita col Fondo Monetario Internazionale, sotto la compiacenza e l'appoggio degli Stati Uniti.
Le popolazioni autoctone sono arrivate a proibire il dollaro come unità monetaria legale nelle transazioni del mercato interno, invitando la popolazione a difendere il sucre e a non accettare la moneta straniera. Poco a poco furono però costretti a impiegarla, poiché l'uscita dalla circolazione del sucre era giunta, alla fine di agosto, a più dell'85 %.
L'introduzione della banconota statunitense è stata introdotta contro la volontà popolare, che arrivati a questo punto chiedeva una sospensione della dollarizzazione esigendo una consultazione nazionale.
Ciò perché non si tratta di una moneta piuttosto di un'altra, ma di una fatale perdita di sovranità e lo stanno vivendo come se avessero cambiato lo stemma, l'inno e i simboli nazionali.
E', affermano, fare il gioco globalizzante degli Stati Uniti, quello di imporre il dollaro come moneta unica nell'occidente, per consolidare in questo modo la sete di dominio in quest'area del mondo.
Così, per alcuni il collasso del sucre era imminente, intanto altri continuano la lotta per la sua rianimazione mentre ancora ha un alito di vita, che pare esaurirsi irrimediabilmente.

Pericoloso piano degli Stati Uniti
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luglio 2000 – Gli eventuali rischi per il paese con il piano ‘Colombia’, dopo la sua approvazione da parte del Senato degli Stati Uniti, e la presenza nordamericana nell’occidentale base di Manta continuano a essere al centro delle preoccupazioni nell’Ecuador, secondo quanto reso noto da Prensa Latina.
Esperti di questa nazione avvertono che se non si prendessero precauzioni il piano mediante il quale Washington assegnerà alla Colombia 1.300 milioni di dollari, tra aiuti militari ed economici, potrebbe arrecare seri problemi.
Il progetto, promosso nell’interesse di sradicare le coltivazioni di droga, viene dato per scontato che finirà a combattere la guerriglia colombiana, che ha insediamenti in zone molto vicine alla frontiera con l’Ecuador, che pure riceverà per questo piano un contributo di 25 milioni di dollari.
In tal senso, si avverte la possibilità che si stia generando nella regione un nuovo Viet Nam con gravi conseguenze per il Sud America.
Così, per l’ex vicepresidente León Roldós sarà necessario fare uno sforzo per prendere le distanze da una situazione delicata, e allo stesso tempo segnalare che non può rimanere estranea a questo piano la base di Manta, consegnata agli Stati Uniti per 10 anni, nel novembre 1999.
Il ruolo di questa enclave, ceduta esclusivamente per azioni contro il narcotraffico, è stato nuovamente messo in discussione dopo che, sotto la sua copertura, era stata bloccata per oltre una settimana, davanti alle coste colombiane, una nave con emigranti ecuadoriani
Questo, secondo Roldós, conferma che Manta non si occupa solo di droga, e la stessa cosa la fa con la guerriglia, che può percepire "che l’Ecuador sta prendendo partito contro di essa e questo ci pone in una situazione critica".
Più diretto è stato il generale in pensione René Vargas Pazzos, per il quale "ci vogliono far mettere in una guerra che non è la nostra", in cui l’Ecuador farebbe da incudine per i colpi contro la guerriglia del vicino paese.

Sciopero di insegnanti e medici
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giugno 2000 – Nonostante i contatti e le mediazioni, nell’Ecuador lo sciopero di circa 140.000 insegnanti è entrato nella sua sesta settimana senza nessuna soluzione in vista, anzi con posizioni radicalizzate sia del Governo sia dell’Unione Nazionale degli Insegnanti (UNE).
Secondo informazioni diffuse a Quito, senza chiari segnali di progresso nella disputa, che mantiene inattive 23.000 scuole e fuori dalle aule quasi tre milioni di studenti, si è avuto un nuovo tentativo di riavvicinamento delle parti, avvenuto il 18 giugno.
Fonti giornalistiche da Guayaquil hanno dato notizia di un incontro in questa città sud-occidentale del paese, tra l’ex candidato presidenziale Juan José Castello, dirigenti della UNE e i Ministri dell’Educazione e del Lavoro, Roberto Hanze e Martin Insua.
L’obiettivo dell’incontro è stato quello di discutere il testo di una proposta sulla decentralizzazione e sulla privatizzazione dell’educazione proposta da una commissione del Congresso, aspetto che, insieme alla richiesta di maggiori salari, aveva portato al primo sciopero degli insegnanti contro il Presidente Gustavo Noboa.
Gli insegnanti, è stato detto, hanno mantenuto le loro posizioni su tutti gli argomenti, nonostante che il sottosegretario all’Educazione, Gabriel Paz, abbia detto che l’incontro era un "contatto informale, senza agenda".
Per il funzionario, il ministero non aveva portato alcuna proposta, in quanto il Governo "aveva già risposto alla UNE". Secondo Noboa, la risposta è il non pagamento delle spettanze ai professori in lotta, la richiesta del carcere per i loro dirigenti e di non cedere a qualsiasi richiesta fino a quando non sia disposto un accordo di fatto. Inoltre ha avvertito che lo sciopero lo avrebbero potuto mantenere per tutto il tempo che lo desiderassero.
L’evidente fallimento era seguito a trattative avvenute nei giorni precedenti tra funzionari del Ministero dell’Economia e dirigenti della UNE, a Quito.
Tantomeno si intravede una prospettiva di soluzione a breve termine da una riunione tra le parti e l’Ufficio Regionale dell’UNESCO.
La presidentessa della UNE, Araceli Moreno, nascosta per un mandato di cattura nei suoi confronti, ha detto che la posizione dell’esecutivo porterà a una radicalizzazione dello sciopero, con l’inizio di manifestazioni.
Insieme alla lotta degli insegnanti continua lo sciopero dei lavoratori della salute, che è entrato nella sua quarta settimana, allo stesso modo per rivendicazioni salariali e di risorse per il disimpegno delle loro funzioni.
Dirigenti dei due sindacati hanno confermato che le loro azioni si incrementeranno dopo la scorsa agitata settimana, chiusa con due giorni di mobilitazione nazionale dei settori sociali contro la politica economica del Governo.
Secondo quanto affermato, ci sarà un’occupazione di Quito da parte di insegnanti, padri di famiglia e studenti del paese, anche se non è stata precisata la data.
L’esecutivo non si è dimostrato flessibile alla possibilità di dialogo ed è stato ribadito che ci sarà un coordinamento di azioni con le rimanenti organizzazioni per far sollevare la popolazione ecuadoriana contro gli effetti delle misure economiche intraprese nell’ambito della dollarizzazione.
Allo stesso modo, hanno segnalato, presenteranno al tribunale costituzionale un’istanza contro il Governo per violazione dell’autonomia universitaria nello scorso fine settimana, quando sono state distrutte strutture dell’università centrale della capitale.

Ingovernabilità sociale
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giugno 2000 - Se l’Ecuador è lontano da qualcosa, lo è dalla pace sociale. Detto in altro modo, nelle città e nelle campagne ecuadoriane sembra regnare l’ingovernabilità.
Forse la popolazione del piccolo paese sudamericano, povero e maltrattato perfino dalla natura, rientra nelle masse più incontrollabili del continente, con uno spirito tempestoso per via della fame ancestrale e poco propensa a sopportare ingiustizie.
Negli ultimi giorni la ribellione è stata in fermento. Le proteste di strada sono divenute abbondanti. Soltanto lo scorso 1° giugno le città di Quito, Guayaquil e Cuenca erano in subbuglio.
Insegnanti, studenti, padri di famiglia e singoli lavoratori sembravano una marea di proteste contro la politica economica, sociale e salariale del Governo.
L’Unione Nazionale degli Educatori, impiegati statali e personale sanitario, scioperanti già da settimane, sono usciti con propositi di sfida. Portavoce ufficiali hanno accusato gli insegnanti di abbandonare i bambini quando gli stessi insegnanti sono abbandonati.
Il Governo vuole farli ragionare o stipulare contratti con altri disoccupati, che sono tanti, per mettere fine alla serrata che ha fermato l’anno scolastico e gli insegnanti hanno risposto andandosene nelle strade a fare manifestazioni represse dalla polizia.
L’ultimo giorno di maggio il Congresso aveva approvato un’amnistia di carattere civile per i partecipanti all’ultima rivolta generale del paese, comprendendo in seguito i processi militari a un numero di ufficiali indagati per aver contribuito alla caduta dell’allora presidente Jamil Mahuad.
La misura incompleta è stata definita "un passo a favore della conciliazione e della pace sociale", ma non vi è nulla di pacifico nell’applicazione delle misure economiche che tendono ad aggravare la situazione dei più poveri. Pertanto è difficile sperare che la tempesta si plachi se non si smorzano i venti della povertà.

Le comunità indigene chiedono il plebiscito
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giugno 2000 – "Esigiamo una convocazione a un referendum popolare affinché il popolo esprima la sua opinione su diversi argomenti, specialmente sul processo di dollarizzazione. Stiamo raccogliendo firme per arrivare a un milione, cifra equivalente alla percentuale di elettorato necessaria".
Ricardo Ulcuango, Vicepresidente della Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador, in un’intervista a ‘Granma Internacional’, ha precisato che il plebiscito comprende l’opinione sull’amnistia delle 300 persone coinvolte nella manifestazione del 21 gennaio scorso, in attesa di giudizio penale, e di coloro che sono ancora in prigione (20 civili e un’uguale numero di militari).
Il questionario ha lo scopo di fare esprimere al popolo la sua opinione sul debito estero (oltre 16.000 milioni di dollari), sulla privatizzazione della salute pubblica, dell’istruzione, della sicurezza sociale e del petrolio, sulla ristrutturazione del Congresso Nazionale, dell’esecutivo e del settore giudiziario.
Oltre 300.000 ecuadoriani sono emigrati negli Stati Uniti e in Spagna per le condizioni di miseria in cui si trova il paese, ha denunciato Ulcuango, il quale, nella sua confederazione, raggruppa 12 nazionalità di 28 villaggi.
I prezzi degli alimenti sono aumentati di oltre il 300 %, le tariffe dei servizi di base sono salite del 100 % e lo stesso è avvenuto con i costi per l’istruzione, per gli ospedali, ha indicato Ulcuango, che ha spiegato che non vi è nessuna politica economica e sociale da parte del Governo.
La politica neoliberale che si applica nel mio paese schiaccia sempre più la popolazione. La dollarizzazione limita le decisioni economiche, politiche e fiscali del paese, si sta eliminando l’identità nazionale.
Alle spalle del popolo ecuadoriano, con la complicità del Governo e dell’Esecutivo, sono stati firmati accordi con il Fondo Monetario Internazionale che hanno eliminato i sussidi nei servizi di base alla popolazione.
Vogliamo sapere se il popolo è d’accordo sulla base nordamericana a Mantua, che il Governo ecuadoriano ha autorizzato a rimanere installata per 10 anni in area e luogo significativi.
Quasi tutto il sistema bancario privato dell’Ecuador si è spezzato e pochissime istituzioni finanziarie di questo tipo sono in mano dello Stato
Il nostro agire è pacifico, ma schiacciante. I movimenti indigeni in Ecuador hanno provocato le dimissioni di due presidenti, ha sottolineato.
Reclamiamo politiche per proteggere le popolazioni indigene per quanto riguarda istruzione e salute. Lo Stato stesso deve proteggere le loro comunità mediante un fondo di sviluppo destinato a questo obbiettivo, ha spiegato.
Stiamo presentando, ha detto, una proposta di politiche di prezzi per proteggere con sussidi i più poveri. Oltre l’85 % della popolazione ecuadoriana è immersa nella povertà.
Proviamo ammirazione per il popolo cubano, per la sua dignità, la sua resistenza, ancor più ora, in questa congiuntura nella quale lotta non solo contro il sequestro del bambino Elián, bensì contro la Legge di Accomodamento Cubano, il blocco e la Legge Helms-Burton.
Non si esclude una nuova sollevazione indigena e popolare contro le politiche che soffocano gli ecuadoriani.
Plebiscito per gli interessi della maggioranza
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febbraio 2000 - Gli indigeni ecuadoriani considerano transitorio il Governo dell'attuale presidente Gustavo Noboa ed esigono le elezioni, in quanto è stata ratificata la convocazione a una consultazione popolare per sciogliere le funzioni parlamentare e giudiziaria.
Questi fatti sono avvenuti il 12 febbraio scorso, in una sessione dell'alternativo Parlamento Nazionale dei Popoli, promosso dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene (CONAIE).
Il forum ha ribadito l'esigenza di convocare elezioni in cui si ratifichi il governo di Noboa, formato dopo la caduta di Jamil Mahuad il 21 gennaio, oppure se ne nomini un altro.
Le conclusioni comprendono l'elaborazione finale delle sei domande che verranno poste nella consultazione popolare, le prime due riferite alla revoca dei parlamentari e dei giudici e la loro sostituzione entro 60 giorni.
La terza domanda postula l'immediata restituzione dei conti bancari congelati da un anno, il rifiuto del processo di dollarizzazione in corso, il non pagamento del debito estero e l'impiego di queste risorse per la riattivazione di un'economia sostenibile e di un investimento sociale.
Al quarto posto c'è la non privatizzazione in qualsiasi forma del patrimonio nazionale, compreso assistenza sociale, acqua, petrolio, elettricità, telecomunicazioni, istruzione e sanità.
La quinta domanda chiede il pronunciamento sulla revoca del mandato a Mahuad, e la libertà immediata e l'archiviazione definitiva dei processi giuridici e amministrativi dei militari, della polizia e dei civili che hanno sostenuto la sollevazione del 21 gennaio.
Infine la sesta domanda chiede di esprimere il voto per la partenza immediata dell'esercito degli Stati Uniti, presente nel paese sotto il pretesto della lotta antidroga, per attentare contro la sovranità dell'Ecuador.
La CONAIE ha invitato i 12 milioni di ecuadoriani a partecipare a una raccolta di firme per appoggiare la consultazione e per evitare il fatto che la dissoluzione del Parlamento cada nell'illegalità costituzionale.
Nel mentre, secondo un dispaccio dell'agenzia EFE, il deputato Antonio Posso, del movimento Pachakutik, ha dichiarato che il referendum popolare proposto potrebbe provocare una grande tensione sociale e portare il paese in un labirinto senza uscita.
Concretamente, Posso crede che le domande sulla cessazione delle funzioni del Parlamento e la ristrutturazione della Corte Suprema di Giustizia (CSJ) siano un'apertura della strada verso la rottura della democrazia. "Per questo si avrà una grande tensione sociale, gli indigeni andranno fino alle ultime conseguenze e non so dove porterà tutto questo".
"Il Presidente con troppi poteri, senza alcun tipo di controllo del parlamento e dei giudici, potrebbe essere dittatoriale", ha avvisato. Per evitare questo, gli indigeni hanno inserito nella consultazione la proibizione all'esecutivo di dettare leggi o decreti che colpiscono gli interessi dei cittadini, mentre vengono eletti i successori dei deputati che si intende cambiare.
Il deputato ha aggiunto che rinunciare al pagamento del debito estero, che supera i 16.000 milioni di dollari, è un fatto "impraticabile", e si è dichiarato sostenitore di un "ricalcolo del debito che ne comprenda il condono".
Un'inchiesta dell'azienda privata 'Cedatos', citata dallo stesso Posso, ha rivelato che il 74 % degli ecuadoriani appoggia la consultazione promossa dal CONAIE, con la maggioranza a favore della ratifica dell'uscita di scena di Mahuad dal potere e delle dimissioni dei deputati e dei ministri del CSJ.
Altri dati di questa stessa fonte segnalano che la popolarità di Gustavo Noboa è scesa al 43 % nei primi 20 giorni della sua amministrazione, che ha assunto il 22 gennaio con un gradimento del 51 %. Il sondaggio, effettuato nelle città di Quito e Guayaquil, indica anche che la credibilità del presidente è ancora minore: il 41 % della popolazione non crede alla parola del Presidente.
I risultati dei sondaggi del 'Cedatos' aggiungono che la maggioranza dei gruppi sociali respinge la dollarizzazione dell'economia annunciata da Mahuad e ratificata da Noboa.

E' caduto Mahuad ... e?
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gennaio 2000 - La caduta del presidente Jamil Mahuad è stata una notizia solo per coloro i quali credevano che la sua annunciata dollarizzazione avrebbe risolto la profonda crisi economica e sociale che vivono gli ecuadoriani o, almeno, calmare il malcontento popolare che da parecchie settimane serpeggiava nel paese.
Il 21 gennaio scorso, circa 20.000 indigeni - gli indigeni rappresentano quasi il 40 % della popolazione - riuniti nel centro di Quito, reclamavano la rinuncia del presidente. Con l'appoggio di un gruppo di militari comandati dal generale Carlos Mendoza, capo del Comando Unificato delle Forze Armate, sono penetrati nel palazzo del Congresso e hanno annunciato la formazione di una giunta civico-militare.
Però la lotta per la terra, l'assegnazione di risorse alle comunità, il riconoscimento della Confederazione della Nazionalità Indigene (CONAIE), così come la lotta alla corruzione e alla trasformazione sociale, ha perso il suo slancio.
Dopo consultazioni con funzionari statunitensi e sotto le pressioni dell'imprenditoria della nazione, il generale Mendoza ha sciolto la giunta, il vertice militare ha preso le redini del paese e ha consegnato il governo al vicepresidente Gustavo Noboa.
Il giorno 24 gennaio, in una conferenza stampa, Mendoza ha dichiarato che l'aver fatto parte dell'effimero triumvirato era una "strategia" dell'alto comando per guadagnare tempo e ripristinare la "normalità" costituzionale, secondo un dispaccio dell’agenzia AP.
Il giornale statunitense ‘The Washington Post’ ha rivelato domenica scorsa che l'atteggiamento di Mendoza è dovuto alle minacce ricevute dagli Stati Uniti.
Il presidente della CONAIE, Antonio Vargas, ha affermato che gli indigeni si sentono traditi dai militari e ha previsto la possibilità di una guerra civile, stante la situazione di povertà e miseria del popolo ecuadoriano.
In una dichiarazione al quotidiano ‘Correio Braziliense’, di San Paolo, Vargas ha sottolineato che "non appoggiamo Noboa; in realtà, continueremo a batterci per istituire la giunta di salvezza nazionale, che per ora non è possibile realizzare, ma ci riusciremo, perché per noi continua a essere necessaria".
Il nuovo presidente ha formato il gabinetto e ha dichiarato che continuerà con il progetto di dollarizzazione dell'economia del paese, fatto che ha provocato il deterioramento del potere d'acquisto degli indigeni, che sono i più poveri nell'Ecuador. "Noi ci opponiamo alla dollarizzazione, alla privatizzazione e al pagamento del debito estero", ha sottolineato Vargas.
"Giustizia, pace e lavoro", è il motto che ha utilizzato il Capo dello Stato. Però la sfida è difficile, poiché bisognerà invertire una tendenza alla recessione e una crisi economica classificata come una delle peggiori della storia dell'Ecuador.
Gli indici economici sono i più bassi dell'America Latina. Nel 1999, la nazione andina ha registrato un'inflazione superiore al 60 %, il suo Prodotto Interno Lordo si è ridotto del 27 % e la moneta si è svalutata del 67 %. Il governo ha dichiarato una moratoria del debito estero di più di 16 milioni di dollari. Se a questo si somma un tasso di disoccupazione che supera il 17 %, si comprende perfettamente la ragione della frustrazione sociale imperante.
L'Organizzazione degli Stati Americani e il governo degli Stati Uniti hanno accusato le forze popolari di essere antidemocratiche, offrendo contemporaneamente il proprio appoggio al governo di Noboa.
Nella sua edizione del 25 gennaio scorso, il quotidiano ‘The New York Times’ ha segnalato che "Washington deve essere pronta a nuove sollevazioni popolari", manifestando preoccupazione perché quella di Jamil Mahuad è la seconda destituzione di un presidente eletto in meno di tre anni. "La stabilità reale non ritornerà fino a quando i leader ecuadoriani, compreso Noboa, affronteranno i problemi economici fondamentali del paese", ha ammesso il giornale.
Secondo quanto hanno riportato comunicati d'agenzia, domenica scorsa nel parco El Arbolito, nel moderno centro della capitale, base dei 20.000 indigeni protagonisti dell'insurrezione che ha fatto cadere Mahuad, regnava la desolazione. "Piangevamo ieri e continuiamo a piangere oggi. Però torneremo dopo esserci riorganizzati", ha dichiarato un indigeno all’agenzia AFP. "Noboa o Mahuad è la stessa cosa. Se ne devono andare. Il nostro potere d'acquisto è crollato e niente sembra poter cambiare", si è lamentata un'altra donna.
Solo le pareti dei dintorni del parco ricordavano che ieri c'era stata una sollevazione popolare. "Cade Mahuad ¼ e?", chiedeva un graffito a 50 metri dal palazzo del Governo.

Dollarizzazione, salvagente per Mahuad
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gennaio 2000 - In una situazione economica e sociale che sembra toccare il fondo, il presidente Jamil Mahuad è riuscito a sbarazzarsi di quasi tutti gli ostacoli legali che ostacolano la sua strategia di dollarizzazione dell'economia.
Dopo la rinuncia dei principali dirigenti del Banco Central (BC), dovute a insanabili divergenze con la proposta del Governo, un noto fautore della dollarizzazione, Miguel Dávila, è stato nominato amministratore di questo organismo. Con questo, Mahuad ha ottenuto la luce verde l'11 gennaio.
Il Presidente ha fatto ricorso a questa misura, secondo quando ha dichiarato, per superare la grave crisi nazionale, che si rispecchia in una svalutazione annua del sucre pari al 54 % nel 1998, del 197 % nel 1999 e del 23.5 % nei primi giorni del 2000, oltre a un'inflazione del 61 % nell'ultimo anno, secondo fonti AFP.
Dopo l'annuncio della riforma monetaria, i settori imprenditoriali che prima erano contrari a Mahuad ora lo appoggiano, mentre le organizzazioni sindacali e sociali che tengono in sospeso la nazione con ripetute proteste, si oppongono al nuovo sistema finanziario, continuando a chiedere al Presidente di rinunciare al suo incarico e incitando a una rivoluzione democratica e pacifica tramite un governo di unità nazionale.
All'inizio della settimana i trasportatori nella provincia di Guayas hanno deciso uno sciopero generale, mentre i piccoli commercianti hanno annunciato lo sciopero a livello nazionale a tempo indeterminato. A Quito e in molti altri luoghi del paese continuano i preparativi per assemblee popolari convocate dai coordinatori delle organizzazioni sociali, in vista delle numerose marce e manifestazioni annunciate in questi giorni.
Anche tra gli analisti economici vi sono divergenze, poiché alcuni appoggiano la dollarizzazione, mentre altri la ritengono ad alto rischio per il paese.
Imprenditori come Rodrigo Espinoza credono che il sistema restituirà fiducia al mercato e darà modo di amministrare con più precisione l'economia. Altri, invece, come Eduardo Valencia, affermano che danneggerà i settori più poveri e non contribuirà a migliorare la situazione del paese, attraversato da una delle peggiori crisi della sua storia.
Valencia ha sostenuto che la dollarizzazione è stata una misura disperata di Mahuad per restare al potere, a conferma della sua voglia di beneficiare esclusivamente i settori forti a detrimento della popolazione.
"Mi domandò come si può realizzare la dollarizzazione e sperare che arrivino dollari dai paesi esteri se ancora non rinegoziamo il debito estero", ha commentato il presidente della Camera di Commercio di Guayaquil.
Per dirigenti sindacali come Carlos Luzardo, del Fronte Unitario dei Lavoratori, la misura deve accompagnarsi a un aumento dei salari, ridottisi a un quarto negli ultimi otto mesi, secondo esperti citati da Prensa Latina.
Il ministro delle Finanze, Alfredo Arizaga, ha informato che ha avuto contatti telefonici con il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Michel Camdessus, che ha espresso la sua disponibilità a collaborare all'iniziativa e ha annunciato che sarà inviata una missione in Ecuador per collaborare con il Governo all'adeguamento delle sue strategie fiscali e bancarie al nuovo schema finanziario.
Sulla possibilità di un accordo col Fondo - presentato dall'esecutivo dieci mesi fa come un palliativo alla crisi - Arizaga ha affermato che ora non è necessario.
La dollarizzazione, un'idea che l'ex presidente argentino Carlos Ménem provò senza esito, sarà per Mahuad, nel mezzo di un oceano in tempesta, un giubbotto salvagente.