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Annuncio
del non pagamento di unaltra rata di debito estero
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ottobre 1999 - Lagenzia DPA ha informato che il Governo
ecuadoriano ha reso pubblica, attraverso le autorità economiche, la sua decisione di non
pagare unaltra rata del suo debito estero, questa volta gli interessi degli
eurobonus, per cui avrebbe dovuto ordinare il 22 ottobre corrente, una rimessa di 27.3
milioni di dollari.
Il ministro delle Finanze, Rafael Arizaga, ha detto che lEcuador non può pagare ed
è ansioso di arrivare alla ristrutturazione globale del debito in tutte le sue
componenti: bonus Brady, eurobonus, Club de Paris e debito interno.
Alcune settimane fa il Governo del presidente Jamil Mahuad aveva annunciato che non
avrebbe pagato gli interessi del bonus Brady per un valore di circa 50 milioni di dollari.
Arizaga ha rivelato che lultima decisione è stata presa dopo due giorni di riunioni
tra il presidente della Banca Centrale, Pablo Better, membri dellunità tecnica del
debito e alte autorità governative, incluso il Presidente.
Analisti economici indipendenti hanno detto che il governo, pur avendo i soldi necessari
al pagamento degli interessi degli eurobonus, vuole impostare una strategia globale di
ristrutturazione.
Daltro canto, la stessa agenzia ha reso noto che il capo del comando unito delle
forze armate ecuadoriane, Carlos Mendoza, ha espresso la preoccupazione di questo
organismo di fronte alla grave situazione economica attraversata dal paese e ha chiesto ai
politici di addivenire ad accordi che permettano di superare i problemi.
"Esortiamo a lasciare da parte interessi particolari e a cercare alternative
fattibili", ha detto Mendoza riferendosi ai disaccordi tra deputati e Governo per
lapprovazione del preventivo statale del 2000, tema che si è riflesso in una
crescita inarrestabile della quotazione del dollaro.
Il Congresso unicamerale dellEcuador, in cui ha la maggioranza lopposizione,
non ha dato il via allapprovazione del preventivo statale del 2000, presentato dal
Governo a metà settembre.
L'Ecuador decreta
una moratoria parziale del suo debito estero
ottobre 1999 - Gli esperti hanno affermato che la moratoria
parziale decretata dall'Ecuador per il pagamento del suo debito estero potrebbe creare un
precedente e far sì che altri paesi nelle stesse precarie condizioni economiche lo
imitino.
Il presidente Jamil Mahuad, ha annunciato questa settimana, per la prima volta nella
storia, che non potrà pagare il totale di debito dei buoni Brady e, pertanto, pagherebbe
solamente la metà dei 96 milioni di dollari di interessi che avrebbero dovuti essere
coperti lo scorso 27 settembre.
Il pagamento sarebbe relativo a quei buoni Brady senza alcuna garanzia, mentre per quelli
che sono assicurati la cosa è differente, dato che l'Ecuador non ha soldi per pagare.
Un operatore monetario di Guayaquil, la città economicamente più importante del paese,
ha detto che l'insolvenza chiuderà le linee di credito internazionali, obbligando il
sistema finanziario a cancellare le proprie obbligazioni in divisa, fatto che potrebbe dar
luogo a una maggiore caduta della moneta.
Immediatamente dopo la misura ecuadoriana, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha
reagito con una risposta stilata con moltissima attenzione, nella quale esorta il paese
andino a dimostrare buona fiducia nel proprio operato e rinegoziare immediatamente con i
suoi creditori i pagamenti del debito in buoni Brady, che ammontano in totale a circa
6.000 milioni di dollari, qualcosa meno della metà del debito estero totale, che è di
circa 13.000 milioni.
Come conseguenza dei problemi del paese per il debito estero, il sucre è caduto
all'inizio delle operazioni di lunedì dell'11 % nei confronti del dollaro.
La moneta ecuadoriana ha iniziato a essere quotata a livelli di 13.750-15.750 unità per
dollaro nel mercato interbancario, dopo che quest'ultima venerdì è finita a
13.200-14.200.
La settimana passata la moneta ecuadoriana ha perduto il 24.74 % e dall'inizio dell'anno
è caduta del 129.59 % rispetto alla banconota verde.
In pericolo lecosistema
delle Galápagos
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agosto 1999 - La smisurata crescita della popolazione nelle
isola Galápagos sta mettendo a rischio le varie specie autoctone di questo arcipelago
ecuadoriano.
Secondo gli esperti, la popolazione delle isole, che aumenta a un ritmo del 6 %
allanno, ha raggiunto un punto massimo. Questo ha provocato un incremento
considerevole dei terreni coltivabili, dellestrazione dei materiali di costruzione e
dellinquinamento per la cattiva gestione dei rifiuti solidi e delle sostanze
chimiche.
Ogni anni arrivano più di 500 nuovi coloni che introducono centinaia di tipi di piante
estranee alla zona che distruggono quelle originarie.
Perfino la sopravvivenza delle tartarughe giganti che danno nome allarcipelago, è
in pericolo. Il direttore della Fondazione Natura, Teodoro Bustamante, ha denunciato che
200.000 capre portate dal territorio continentale, stanno mangiando i cactus con cui si
alimentano le testuggini. Animali estranei al luogo come cani e gatti selvatici, adesso
proliferano e divorano le uova di testuggine.
Le specie marine non hanno sorte migliore. Nonostante il fatto che il Congresso del paese
abbia votato lanno scorso una legge che vieta la pesca industriale entro le 40
miglia considerate riserva di risorse delle Galápagos, la cattura di determinati
esemplari, lungi dal diminuire, è aumentata.
Il cetriolo di mare, ad esempio, è altamente richiesto nei paesi asiatici, per cui le
autorità hanno permesso, dal marzo scorso, la sua commercializzazione col pretesto che
avrebbe contribuito a migliorare il livello di vita dei pescatori artigianali.
Appena un mese fa, la rivista National Geographic, ha pubblicato un servizio sulle isole,
con foto di spiagge nelle quali apparivano decine di pinguini e leoni marini morti e
iguane gettate su decine di lamiere arrugginite. La Fondazione Natura ritiene pertanto
necessario organizzare larrivo degli oltre 70.000 turisti che visitano
larcipelago ogni anno.
La Galápagos sono state dichiarate Parco Nazionale nel 1959 ed è stato qui che lo
scienziato britannico Charles Darwin ha condotto parte delle sue ricerche
sullevoluzione delle specie.
Continua a rimanere accesa
la miccia della polveriera
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luglio 1999 - Né i passi indietro per riaggiustare il modello
economico proposto dal presidente Jamil Mahuad, come il congelamento dei prezzi del
combustibile, né la ripresa del pagamento dei salari arretrati agli insegnanti, tra le
altre misure, hanno spento la miccia di questa polveriera che è l'Ecuador.
Anche se gli accordi raggiunti per mitigare una vera rivolta sociale scatenatasi dai primi
giorni di luglio hanno fatto ritornare alla normalità le principali città del paese, gli
osservatori considerano che si tratti di una soluzione congiunturale.
La crisi era cominciata il 5 luglio quando il Governo aveva autorizzato un incremento di
oltre il 13 % del prezzo della benzina, fatto che aveva causato uno sciopero generale dei
trasportatori. Il presidente aveva allora spiegato che "non abbiamo altro meccanismo
per rafforzare le casse dello Stato" e pagare lo stipendio ai maestri, ai medici,
alla polizia, ai militari, tra gli altri lavoratori del settore pubblico.
Quando Mahuad ha fatto fare marcia indietro al decreto, era già troppo tardi. L'appoggio
allo sciopero era cresciuto in modo incontrollabile in numerosi settori e aveva
risvegliato il malcontento sociale in tutto il paese. Circa 10.000 indigeni sono arrivati
a Quito sfidando i posti di blocco militari, il filo spinato e i gas lacrimogeni, passando
sulle pendici dei monti, evitando strade e affrontando la polizia con pietre, bastoni e
pneumatici incendiati, secondo Prensa Latina.
Alla situazione già tesa, si sono unite le critiche dell'opposizione, che in alcuni casi,
come quello del Partito della Sinistra Democratica, hanno preteso le dimissioni del
Presidente. Il Ministro della Difesa, José Gallardo, ha avvertito persino sulla
possibilità di un colpo di stato.
Mahuad ha dovuto congelare il prezzo della benzina per un anno. "Questa misura costa
al paese", ha detto al quotidiano 'Il Commercio' Jorge Pareja, presidente
dell'azienda statale del petrolio, considerando che significherà rinunciare a entrate per
circa 140 milioni di dollari.
D'altra parte, potrebbe pregiudicare l'accordo che il Governo cerca con il Fondo Monetario
Internazionale, dal quale spera di ricevere circa 400 milioni di dollari per rianimare
l'impoverita economia ecuadoriana e riprogrammare un debito di oltre un miliardo di
dollari con il Club de Paris.
La situazione ha anche obbligato Mahuad ad accettare altre richieste dei manifestanti. Con
l'annuncio del pagamento dei loro salari arretrati, circa 120.000 insegnanti hanno sospeso
una manifestazione di protesta prevista per questo mercoledì.
Però altri settori e gruppi politici non sembrano soddisfatti degli accordi raggiunti.
C'è da vedere, inoltre, quali nuove alternative troverà lo Stato per raccogliere fondi
che gli permettano di adempiere alle sue promesse pubbliche.
Intanto, la miccia della polveriera continua a essere accesa e in qualsiasi momento
potrebbe riprendere la sua marcia.
I beni di Guayasamín saranno
patrimonio nazionale
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luglio 1999 - Anche se la morte lo ha sorpreso senza lasciargli
il tempo neppure di dettare un testamento, Oswaldo Guayasamín ha lasciato
uneredità di circa 7.000 opere suddivise in collezioni pubbliche e private, musei,
gallerie, sedi di organismi internazionali e fondazioni di vari paesi.
"Guayasamín è una delle personalità che con maggior forza ha permesso di affermare
la nostra identità. Un uomo che glorifica larte e la cultura nazionali, esempio di
generosità per socializzare la ricchezza accumulata con le sue proprie mani", ha
detto il deputato Wilfrido Lucero, che ha presentato un progetto di risoluzione, approvato
allunanimità dal Congresso dellEcuador, mediante il quale vengano dichiarati
Patrimonio Nazionale i beni dellartista.
La legge coincide con un momento in cui la Fondazione che porta il suo nome ha ripreso la
costruzione della Cappella dellUomo, la sua ultima grande opera, incompiuta,
allinterno della quale ci saranno circa 2.500 metri quadrati di murales dipinti
sopra pannelli di acrilico, una tecnica che li conserverà, secondo lo stesso pittore, per
i prossimi 1.200 anni.
"Ho talmente tante cose nella mia testa, migliaia di idee, di progetti, che credo che
altri 200 anni della mia vita non sarebbero sufficienti per potere plasmare tutto. Ho
langoscia del tempo", aveva detto Guayasamín alla agenzia IPS la vigilia della
sua morte.
In questa angoscia stava la Cappella dellUomo, che costituiva per lui uno sforzo per
mantenere viva limmagine dellAmerica Latina: "Un modo per far sì che
lumanità abbia uno specchio dove guardarsi". Sperava di inaugurarla il 1°
gennaio 2000, come un messaggio di pace e di speranza di fronte al prossimo millennio.
Dal momento in cui aveva avuto lidea di costruirla, aveva ricevuto lappoggio
di vari paesi amici. "Il primo è stato Cuba, il più aggredito da tutti, che donò
300 scatole dei migliori sigari, firmate dal maestro e dal comandante Fidel Castro e
vendute a 300 dollari luna per iniziare il progetto", dice uno dei figli
dellartista, Pablo Guayasamín.
Conosciuto per una lunga opera contraddistinta da un messaggio sociale
latinoamericanista, rivendicatore delle radici indigene del continente
americano, Guayasamín è morto per un infarto cardiaco il 10 marzo scorso, negli Stati
Uniti, alletà di 79 anni.
Con questa risoluzione si compie la volontà del pittore, espressa per tutta la sua vita,
che le sue collezioni darte fossero condivise con tutti gli ecuadoriani e con i
visitatori. Oltretutto, rappresenta unimportante misura di protezione affinché
questo valido patrimonio si mantenga inalterato.
Visibile tormenta sociale ed
economica
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luglio 1999 - Il Presidente ecuadoriano, Jamil Mahuad, è
ripartito contento da Washington, qualche settimana fa, per l'appoggio nordamericano
nell'ottenere un credito di un miliardo di dollari dal Fondo Monetario Internazionale
(FMI) per cercare di tranquillizzare la traballante economica del Paese.
Ma i negoziati con il Fondo sono molto lontani dall'essere un calmante per una situazione
di una società praticamente in subbuglio e sfiduciata.
Il primo credito, di circa 500 milioni di dollari, per rafforzare la bilancia dei
pagamenti, porta con sé condizioni che l'organismo mondiale impone a ogni costo per
concedere il denaro e che sono state respinte tanto massicciamente dalla popolazione da
non potere essere applicate in Ecuador.
Dal 1982, con altri governi, l'Ecuador ha visto mettere in pratica alcune misure monetarie
che non hanno risolto i problemi e che hanno portato l'aggravamento della situazione
economica generale.
Nel paese andino non è stata possibile l'applicazione di un aggiustamento completo, del
tipo di quello richiesto dal FMI, per l'opposizione radicale degli operai, degli impiegati
statali, degli indios e dei contadini in generale.
La situazione è più complicata se si tiene conto di un debito estero di 16 miliardi di
dollari, di una forte disoccupazione del 18.1 % e di una povertà generalizzata che si
colloca tra il 62 e l'80 % della popolazione.
Adesso il governo di Mahuad - che conta solamente sull'appoggio del 14 % dell'elettorato,
secondo i sondaggi - ha presentato al Congresso unicamerale un progetto di legge per la
privatizzazione massiccia di aziende statali.
L'alta percentuale di poveri vede nella legge una minaccia che si può trasformare in un
nuovo impulso alla disoccupazione e ha dichiarato lo stato di guerra contro questo
tentativo.
Il Fronte Patriottico, che raggruppa sindacati e movimenti sociali, ha minacciato di
convocare tutto il popolo a occupare vie, piazze e strade e persino il Congresso.
Nonostante l'opposizione, Mahuad ha insistito nel declamare la bontà della politica
economica che tenta di imporre.
Però nessuno gli crede. E' difficile credere, quando basta un'occhiata sui dintorni
geografici latinoamericani per accertarsi sul fatto che le ricette del FMI portano solo
più povertà.
Il parco della pace
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giugno 1999 - La pronta creazione del Parco Ecologico della
Pace, nella zona dell'Alto Cenepa, nella Cordigliera del Cóndor, porterà, dopo più di
50 anni di guerra tra Ecuador e Perù, l'unificazione e il riavvicinamento degli indigeni shuar, che abitano la zona di frontiera tra i due paesi.
Con la delimitazione formale dei nuovi confini da parte dei Presidenti Jamil Mahuad e
Alberto Fujimori, nel maggio scorso, sono entrati in vigore tutti i punti dell'accordo di
pace, tra questi la creazione di questo parco.
Yolanda Kakabatse, Ministro dell'Ambiente dell'Ecuador, ha dichiarato alla IPS che
"stiamo analizzando le caratteristiche dell'area e della sua popolazione per poi
decidere come portare a termine i progetti nel turismo, nella conservazione, nella ricerca
e nello sviluppo".
Per gli 80.000 shuar nell'area ecuadoriana-peruviana è molto
importante che le loro opinioni siano prese in considerazione nel momento di creare il
parco, dato che la natura è per loro parte integrante della loro vita.
Uno degli impegni che i due governi dovranno affrontare subito è lo sminamento della
zona: "Quando vanno a caccia, i miei fratelli seguono le orme del saíno o della danta (due mammiferi dell'Amazzonia) per
evitare le mine", dice con preoccupazione Carlos Viteri, un dirigente indigeno
ecuadoriano.
Anche se dall'inizio dell'ultima guerra, nel 1995, le organizzazioni degli indigeni
avevano sottoscritto una dichiarazione congiunta per mantenere la pace, questo fatto non
ha impedito che alcuni di loro venissero reclutati dagli eserciti dei due paesi per le
loro eccezionali condizioni fisiche e psicologiche e per la conoscenza del terreno. Di
conseguenza, migliaia di indigeni hanno patito gli effetti diretti dei combattimenti.
Ma la guerra è finita e con questo fatto è stato risolto un grande problema per queste
etnie. Nessuno meglio degli shuar può sapere che cosa sia
stato per decenni vivere assediati nelle proprie case, con le famiglie impossibilitate a
farsi visita, per una ragione a loro lontana.
In realtà per gli shuar il settore dell'Alto del Cenepa non
è mai stato né ecuadoriano né peruviano in quanto i confini imposti dai governi e dai
conflitti bellici non hanno potuto dividerli.
Basso livello di popolarità per Mahuad
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giugno 1999 - Nell'ottobre dell'anno scorso, quando firmò la
pace con il Perù, il presidente Jamil Mahuad aveva l'84 % di appoggio popolare. In questi
momenti la stessa quantità di ecuadoriani lo rifiuta.
Sebbene la soluzione al conflitto di frontiera con il Perù sia stato un importante
avvallo per il suo governo nel primo anno di mandato, adesso "la gente spera che si
faccia qualcosa per dare soluzione alla crisi economica che tocca il portafoglio e che ha
creato molta sfiducia nel sistema finanziario", ha dichiarato il direttore
dell'agenzia privata di sondaggi Market, Blasco Peñaherrera.
Questa agenzia ha realizzato a fine maggio uno sondaggio su circa 4.000 persone in 10
delle 23 province del paese, i cui risultati hanno evidenziato che l'84 % degli
intervistati considera che Mahuad ha realizzato un pessimo governo.
Si tratta del livello più basso di popolarità raggiunto da un presidente di questa
nazione nell'ultimo decennio, senza tenere conto, naturalmente, dell'8 % di riscontro
favorevole registrato da Abdal Bucaram alla vigilia della sua destituzione da parte del
Congresso, per incapacità mentale, nel febbraio 1997.
Nello scorso marzo, il governo di Mahuad, di fronte a una profonda crisi sociale ed
economica, aveva adottato un pacchetto di misure che bloccava i conti bancari e aumentava
i prezzi dei combustibili. In questo stesso mese la quotazione del dollaro aveva subito un
inaspettato rialzo e l'inflazione aveva superato il 13 %. Se a questo si somma un notevole
incremento della disoccupazione, la caduta della sua popolarità si spiega da sola.
Da quando prese il potere nell'agosto del 1998, il presidente quarantanovenne ha
affrontato due scioperi nazionali, varie proteste appoggiate dai sindacati e dai partiti
di opposizione che respingono la sua politica economica e un blocco da parte di
imprenditori e industriali della seconda città del paese, Guayaquil, i quali rifiutavano
la creazione di nuove imposte e l'incremento dei tributi.
Benché in maggio, specialmente nelle ultime settimane, la situazione era stata così
critica da far pensare che si fosse toccato il fondo, "la verità è che i prossimi
giorni saranno ancora peggiori, più infausti, se l'esecutivo non trova una soluzione alla
crisi", ha affermato Peñaherrera, secondo l'agenzia AFP.
Disputa per un chilometro quadrato?
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maggio 1999 - Dopo 170 anni, le differenze territoriali tra i
due paesi andini si sono virtualmente risolte lo scorso 13 maggio con la delimitazione
dell'ultimo tratto di frontiera, anche se non è terminata del tutto la discordia per una
piccola area nell'enclave di Tiwinza.
I presidenti Alberto Fujimori e Jamil Mahuad si sono scambiati i documenti che hanno
ufficializzato la posizione degli ultimi limiti di confine che ratificano la delimitazione
stabilita dal Protocollo di Río de Janeiro del 1942 e ribadita negli accordi di pace
firmati a Brasilia nell'ottobre scorso, con la mediazione di Stati Uniti, Brasile, Cile e
Argentina come garanti.
In esecuzione dell'Atto di Brasilia, Lima ha consegnato a Quito anche la proprietà
privata - ma non la sovranità - di un chilometro quadrato nella zona di Tiwinza, dove nel
1995 i due paesi sostennero degli scontri che non ebbero un chiaro epilogo: l'Ecuador non
fu in grado allora di stabilire il controllo dell'area che un distaccamento del suo
esercito occupava in Tiwinza, mentre il Perù non riuscì a sgomberare i soldati
ecuadoriani che si erano trincerati nella pantanosa selva.
Prima della prevedibile escalation della guerra per la definizione di quest'enclave, i
quattro paesi garanti ottennero che i contendenti iniziassero i negoziati che culminarono
con l'Atto di Brasilia.
Ora, molti settori politici delle due parti si rivelano contrari a quest'accordo. Dalla
parte ecuadoriana, per aver accettato Tiwinza solo come proprietà, senza sovranità:
"Di fronte a coloro che questa settimana hanno vanagloriosamente dichiarato che il
paese ha coraggio, io sostengo, come molti ecuadoriani, che questo paese l'aveva fin dal
1830 ... e che se lo abbiamo perso è responsabilità del governo attuale", ha
dichiarato all'AFP l'ex presidente e ora sindaco di Guayaquil, León Febres Cordero. Per
alcuni peruviani non è accettabile aver ceduto una parte del proprio territorio:
nell'annunciare marce di protesta, i portavoce del Fronte Patriottico di Iquitos hanno
affermato che la cessione "è come una pugnalata al cuore" dei loro compatrioti
e che porterà "problemi nel futuro".
Il Ministro degli Esteri dell'Ecuador, José Ayala Lasso, si è mostrato fiducioso che i
peruviani considereranno che quello che deve essere Tiwinza è "un monumento alla
pace ed alla cooperazione", soprattutto quando cominceranno a esserci i benefici di
due centri di commercio e di navigazione ecuadoriani che s'installeranno sul suolo
peruviano.
La firma della pace la scorsa settimana è un fatto storico che apre nuove prospettive
nelle relazioni bilaterali. Ambedue le nazioni hanno annunciato che destineranno nei
prossimi dieci anni circa tre milioni di dollari in progetti d'infrastrutture per lo
sviluppo e l'integrazione della zona di frontiera. Si prevedono anche la realizzazione di
progetti con finanziamenti internazionali tra cui quello di un parco ecologico.
Ayala, uno degli artefici degli accordi di pace, ha annunciato le sue dimissioni dopo la
cerimonia del giorno 13, date le divergenze con il governo di Mahuad per il voto contro
Cuba nella Commissione dei Diritti Umani dell'ONU.
"Tutti vogliamo che questa nuova fase sia contraddistinta dall'impegno di costruire
un mondo migliore per i nostri popoli", ha dichiarato.
Poveri, ma dignitosi
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maggio 1999 - Lultima cosa che avevamo, la dignità,
lonore, il pudore nazionale, labbiamo perduta con arroganza nella nostra umile
condizione di messaggeri.
Spiace, ferisce il sentimento più profondo la vista del comportamento sottomesso tenuto
dal Governo ecuadoriano nel voto di condanna a Cuba espresso allinterno della
riunione del Comitato dei Diritti Umani dellONU. Tutta una tradizione di voti
coerenti e rispettabili è andata a farsi benedire per questa condotta sottomessa e
servile.
Lo stesso Presidente di Cuba aveva mandato al presidente ecuadoriano una lettera personale
che gli era stata consegnata dal ministro della Cultura, Abel Prieto. In questa nota si
ricordava al presidente dellEcuador il comportamento altero e dignitoso che aveva
sempre mantenuto la nostra nazione. Fa indignare il fatto che sotto indubitabili pressioni
finanziarie, teniamo comportamenti che ci rendono ossequiosi, obbedienti a ordini
tenebrosi.
Riprovevole responsabilità dellEcuador nellavere contribuito con il suo voto
a uneventuale invasione di Cuba. Approfittando di esempi che si producono in questi
stessi giorni, non sarebbe strano che si impegolassero in miserabili considerazioni
contabili, però mai con elementari considerazioni etiche, morali, dei principi della
solidarietà latinoamericana. Jorge Enrque Adoum, voce superiore in dignità, ha detto la
sua parola convincente nelle pagine di Hoy, venerdì scorso. Deve diventare un doloroso
frangente quanto sta vivendo Rosángela, sua figlia, testimoniando con la sua presenza nel
gabinetto ministeriale la sua approvazione della risoluzione presidenziale. Abbiamo visto
piangere il Presidente davanti alle ceneri sparse di Oswaldo Guayasamín; dalla tomba, il
grande maestro tremerebbe di indignazione per via di questo azzoppamento.
Non voglio nemmeno pensare alla tragedia interiore che deve vivere José Ayala Lasso, uomo
magnifico, la cui indignazione deve viaggiare alla stessa velocità della luce da Ginevra
a La Habana. Mi spiace apprendere che il nostro più alto rappresentante nelle giornate
internazionali si trovi impegolato in tradimenti incomprensibili.
Ci commuove tutto il grande battagliare di intellettuali, pittori, musicisti e artisti che
ha dato stimolo alla campagna dellattuale Presidente. Oggi essi sono testimoni di un
azzoppamento della grandezza che si è appena verificato. Cosa diranno gli amici di Popolo
Nuovo, come si sentirà Pedro Vera dallo scenario meraviglioso del suo riposo. Come ci fa
male la patria.
Mille volte poveri, però onorati. Poveri, però dignitosi. La grande lezione di Cuba è
stata la nobiltà di un popolo. Lesempio maggiore di dignità che ha avuto questo
secolo. Cuba ha superato tutte le prove di un paese integro. Mentre ciò succede noi
appariamo soggiogati per rinunciare a un comportamento di decenni, tutto per la speranza
che ci arrivi qualche centesimo di dollaro. Al momento di fare i conti ci accorgeremo di
essere più poveri e ahimè meno nazione.
Parchi ecologici in territori di
confine
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gennaio 1999 - Lorganizzazione Unione per la Conservazione
Mondiale ha dichiarato che allinizio di questo decennio esistevano nel mondo 90
parchi di protezione ecologica situati in territori di confine disputati tra Paesi e che
la loro istituzione ha avuto un ruolo positivo sia nellalleviare o
nelleliminare tensioni sia nella conservazione degli ecosistemi.
Il più recente di questi parchi è stato costituito sulla frontiera tra Ecuador e Perù
dopo la firma a Brasilia, nellottobre scorso, dellaccordo tra i rispettivi
Presidenti, Jamil Mahuad e Alberto Fujimori, che ha posto fine a un conflitto che ha
causato tre guerre negli ultimi 56 anni.
Situati nella cordigliera di El Cóndor, il parco avrà una superficie dal lato
Ecuadoriano di 25.4 chilometri quadrati e dal lato peruviano di 54.4 chilometri quadrati.
Si afferma che larea si trova tra quelle biologicamente più ricche del pianeta.
Nel 1993, 1994 e 1997 missioni di scienziati ecuadoriani e peruviani hanno studiato la
flora e la fauna di questa regione, nella quale predominano i boschi umidi e i loro
ritrovamenti sono stati qualificati spettacolari.
Quanto alla flora, si riferisce della scoperta di nuovi tipi di orchidee e di altre specie
in pericolo di estinzione come rare piante carnivore, felci, specie sconosciute delle
piante da cui si estraggono la chinina e il cacao.
Anche la fauna di El Cóndor ha mostrato specie non catalogate, poco conosciute o in
pericolo di estinzione, come il perico dorato, o il gufo
nano.
Nellaccordo si è stipulato che le comunità indigene che tradizionalmente hanno
abitato questa zona dellAmazzonia, ora permanentemente smilitarizzata da entrambi i
lati della frontiera, possano transitare liberamente.
Alla fine, la fine
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novembre 1998 - Si sono dovuti aspettare quasi 180 anni, da
quando Ecuador e Perù hanno conquistato la loro indipendenza, per porre fine a un
conflitto di frontiera che ha i suoi precedenti più remoti al tempo dell'Impero incaico,
ma che in realtà, come in altre parti del mondo, è stato creato da arbitrarie decisioni
di poteri coloniali.
La pace sottoscritta dai presidenti Jamil Mahuad e Alberto Fujimori, sotto gli auspici
delle nazioni garanti del Trattato (Argentina, Brasile, Cile e Stati Uniti), è ben
accolta oggi in tutto il mondo. Una soluzione negoziata, con mutue concessioni, ma con
dignità, che può benissimo essere presa come esperienza da molti paesi di Africa, Asia e
America Latina che impiegano notevoli risorse per le loro dispute territoriali.
Si chiude così il capitolo delle guerre - tre in 57 anni - e si rafforza quello della
collaborazione e dell'intesa. Quito, per la prima volta, riconosce le frontiere stabilite
nel 1942, un anno dopo il primo confronto armato. Lima, da parte sua, permette l'accesso
al Río delle Amazzoni, e di conseguenza lo sbocco verso l'Atlantico, che costituisce una
decisione di incalcolabile beneficio economico e sociale per gli equadoregni.
Naturalmente, come di solito capita in qualsiasi paese, dall'opinione pubblica e dalle
organizzazioni politiche delle due nazioni non tutto è stato valutato in maniera rosea.
Ci sono stati molti decenni di sovraddimensionata propaganda, compresi temi inseriti nei
libri di testo delle scuole, e questo potrebbe spiegare che, oltre all'entusiasmo e
all'approvazione della maggior parte della gente, si siano avute proteste, critiche,
denunce, fortunatamente da parte di una minoranza.
Quello che è certo è che con il trattato di pace e l'accordo di libera navigazione e
commercio, per Ecuador e Perù inizia una nuova storia. Paesi con identità propria ma con
radici molto simili, stanno facendo adesso un passo molto importante nel processo di
integrazione latinoamericana che era stato sognato dai liberatori e che i cubani hanno
sempre appoggiato.
Il cammino, tuttavia, ancora non è totalmente spianato come desiderano gli equadoregni e
i peruviani. Rimangono da risolvere problemi molto importanti e complessi come, per
esempio, la bonifica dalle mine di varie decine di chilometri quadrati nelle zone dove
negli ultimi tre anni, fino dalla guerra del Cenepa e dagli altipiani del Condor, si sono
verificate alluvioni e i conseguenti smottamenti del terreno.
Per questo i due paesi hanno bisogno di aiuti tecnici e finanziari, principalmente
quest'ultimi, dai paesi più sviluppati. Anche per la lodevole idea di creare nelle zone
contese due parchi ecologici nazionali.
A tutti quelli che hanno contribuito alla riconciliazione, i migliori complimenti.
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