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Nuestra America

Intervista della giornalista Maureen Bunyan, del canale WJLA-TV di Washington, al compagno Felipe Pérez Roque, Ministro degli Affari Esteri di Cuba. Hotel Madison
3 dicembre 1999.

MAUREEN BUNYAN. La mia prima domanda per lei, signor Ministro, riguarda qualcosa che è ora nelle notizie, soprattutto questa settimana. Ovviamente si tratta di Elián González.
Il Servizio di Immigrazione dice ora che è stata presa una decisione sul futuro del bambino e che ora è un tribunale che si occupa di questioni familiari in Florida che deve decidere sul futuro di questo bambino. Che cosa ne pensa di questa decisione?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Noi non riconosciamo l'autorità di nessun tribunale negli Stati Uniti, tanto meno in Florida. Noi crediamo che questo bambino sia sequestrato a Miami contro la volontà di suo padre e della sua famiglia a Cuba. Noi crediamo che questo bambino sia stato fatto uscire illegalmente da Cuba, senza consultare suo padre, in violazione delle leggi cubane, in violazione dell'Accordo sull’Immigrazione che esiste tra Cuba e Stati Uniti; noi crediamo che l'unica strada possibile sia il ritorno immediato e incondizionato del piccolo nell’ambito della sua famiglia e accanto a suo padre a Cuba. Il padre, la nonna materna del bambino, mi hanno scritto, hanno chiesto al governo cubano di intercedere per la loro causa. Noi ci siamo rivolti in via diplomatica al Governo degli Stati Uniti, abbiamo consegnato una nota diplomatica al Dipartimento di Stato, reclamando l'intervento del Governo degli Stati Uniti. Noi crediamo che questa è una tema di tale delicatezza che può soltanto essere risolto se il Governo Federale impone la sua autorità e garantisce che il piccolo ritorni in seno alla sua famiglia a Cuba.
Noi ci sentiamo profondamente disgustati di fronte ai tentativi di fare un'operazione pubblicitaria come quella che hanno voluto fare alcuni a Miami, come hanno fatto là a Miami la congressista Ileana Ross-Lehtinen e altri gruppi minoritari estremisti di origine cubana. Ci sembra che debbano cessare le manipolazioni e che si debba capire il dolore del padre di questo bambino al quale viene negato di parlare al telefono con suo figlio. Ci sembra francamente ripugnante l'immagine di un bambino che è stato circondato di giocattoli e tuttavia gli viene impedito di stare al riparo della sua famiglia e di suo padre a Cuba.
Il governo di Cuba e il popolo di Cuba reclamano la restituzione immediata e incondizionata di questo bambino alla potestà di suo padre a Cuba, e si appella all'appoggio e alla comprensione del popolo degli Stati Uniti che dovrebbe chiedere al suo Governo di fare il suo dovere e impedire che alcuni piccoli gruppi estremisti usino questa questione con fini pubblicitari e politici.

MAUREEN BUNYAN. Signor Ministro, in modo specifico, che cosa può fare Cuba e come si prepara Cuba per fare qualcosa se il bambino non viene restituito?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Cuba continuerà a chiedere più volte e a esigere con decisione che il bambino sia restituito alla sua famiglia a Cuba. Cuba sostiene il padre, sostiene la famiglia, sostiene i diritti di questo bambino di ritornare nell’ambito della sua famiglia. Cuba non cesserà di lottare per questo incessantemente.

MAUREEN BUNYAN. Ma se non restituiscono il bambino, che impatto potrebbe avere questo sul lavoro che sta facendo e anche sul lavoro che alcuni nordamericani stanno facendo per tentare di migliorare le relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Se questa questione non si risolve rapidamente, provocherà un serio contraccolpo nelle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. Questo è un problema delicato. L'opinione pubblica degli Stati Uniti e il Governo Federale non dovrebbero permettere che un bambino venga sequestrato e portato via in violazione delle leggi e lasciato in questo paese contro la volontà della sua famiglia. Non restituire questo bambino a Cuba, oltre a una flagrante violazione dei diritti di questo bambino e della sua famiglia a Cuba, costituirà una causa di peggioramento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti e lascerà una ferita nel nostro popolo che non comprenderebbe mai perché si permette a un gruppo di estremisti di agire in questa maniera.
Spero che il Governo degli Stati Uniti, i suoi funzionari, si mettano nei panni del padre di questo bambino e si immaginino per un momento che il loro figlio sia stato loro rubato e sia tenuto sequestrato in un altro paese, senza nemmeno lasciarlo parlare al telefono con lui.

MAUREEN BUNYAN. E’ stata fatta una proposta che se il bambino potesse rimanere negli Stati Uniti, il padre potrebbe andare a visitarlo a Miami. Questo sarebbe qualcosa di accettabile per voi?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Il bambino deve ritornare a Cuba. È quello che vuole suo padre, è quello che vuole la sua famiglia a Cuba. Quello che bisogna fare è di non permettere che continuino le manipolazioni e si prolunghi anche di un giorno in più la sofferenza di quella famiglia. Tutto il resto che si dirà a tale proposito saranno manipolazioni, pretesti, tergiversazioni.
Speriamo che il governo degli Stati Uniti svolga il suo ruolo.

MAUREEN BUNYAN. Funzionari nordamericani e cubani stanno ora pianificando per il 13 dicembre, tra pochi giorni, le conversazioni su alcuni argomenti che hanno a che fare con l'emigrazione. Se non si risolve il problema di Elián, che impatto potrebbe avere questo sulle discussioni che si avranno con gli Stati Uniti a proposito dell’emigrazione cubana?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Questo bambino è vittima dell’incitamento all'emigrazione illegale da Cuba che si fa dagli Stati Uniti. Le persone che sfortunatamente sono morte in quel naufragio sono vittime dell'attuale politica di promuovere l'emigrazione illegale da Cuba verso gli Stati Uniti.

MAUREEN BUNYAN. Perché promuovono questa politica?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Perché mantiene in vigore la Legge di Transazione Cubana. La Legge di Transazione Cubana che dà un trattamento privilegiato ed esclusivo ai cubani che arrivano negli Stati Uniti in maniera illegale, a prescindere da come vi siano arrivati. Anche se abbiano commesso crimini, anche se abbiano usato la violenza, anche se abbiano provocato vittime, una volta che toccano il territorio nordamericano, sono automaticamente ammessi e privilegiati con un trattamento che non riceve nessun altro immigrato negli Stati Uniti. Questa legge nacque all'inizio del decennio del ‘60, fu a suo tempo un‘arma contro Cuba; successivi Governi nordamericani hanno utilizzato l'emigrazione illegale come un’arma contro Cuba per fare propaganda contro Cuba, per cercare di destabilizzare il paese, come è stato usato anche il sabotaggio, l’embargo, l'invasione del paese. Questa legge è ancora in vigore oggi, costituisce uno stimolo per i cubani che vogliono emigrare verso gli Stati Uniti, crea loro l'illusione che se riusciranno ad arrivare al territorio nordamericano potranno essere ammessi e privilegiati. La Legge di Transazione Cubana deve essere abrogata perché causa un incentivo diretto all'emigrazione illegale. Dagli Stati Uniti, inoltre, si trasmettono mille ore settimanali di radio contro Cuba, in modo illegale, alcune sovvenzionate dal Governo Federale, che incitano all'emigrazione illegale da Cuba. Questi sono potenti stimoli all'emigrazione illegale e sono in contrasto con gli Accordi Migratori che abbiamo firmato e ai quali Cuba si attiene; l’Amministrazione nordamericana sta concedendo almeno 20.000 visti all’anno ai cubani per emigrare in modo legale; il governo di Cuba è fortemente impegnato per un'emigrazione legale, sicura e ordinata dei cubani che lo desiderino verso gli Stati Uniti, e il Governo di Cuba spera che il Governo degli Stati Uniti cessi di stimolare l'uscita illegale da Cuba, abroghi la Legge di Transazione Cubana e impedisca che si trasmettano dagli Stati Uniti programmi radio che incitino all'emigrazione illegale da Cuba.

MAUREEN BUNYAN. Come lei sa, signor Ministro, questo pomeriggio inizieranno i voli charter da New York per La Habana. Cosa pensa che significhi questo per le relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Ci sembra positivo, ma ancora insufficiente. I cubani hanno restrizioni per potere visitare Cuba, possono andare solo una volta all'anno, devono fare pratiche complesse, qui negli Stati Uniti, per andare. Cuba difende il diritto dei cubani che vivono negli Stati Uniti ad avere legami con Cuba e con le loro famiglie, a visitare liberamente Cuba ogni volta che lo desiderino. Cuba difende il diritto dei cubani che vivono negli Stati Uniti a ricevere i loro parenti in visita qui negli Stati Uniti; Cuba difende il diritto dei cubani che vivono negli Stati Uniti a inviare gli aiuti finanziari che ritengono alle loro famiglie a Cuba, senza restrizioni di nessun tipo. I cubani che vivono negli Stati Uniti sono gli unici immigrati negli Stati Uniti che hanno limitazioni e regolamentazioni di questo genere.
Il volo diretto da New York permetterà che un numero di questi cubani possa visitare il paese. È insufficiente. In quell'aeroplano non vi potrà salire nessun nordamericano, i cittadini nordamericani non possono esercitare il loro diritto costituzionale di viaggiare dove credano; è un crimine andare a
Cuba, i nordamericani non possono andare a conoscere quel paese. Io trovo qui negli Stati Uniti un gran interesse a visitare a Cuba, a conoscere il nostro paese, la nostra cultura, i nostri sigari, i nostri livelli di educazione, di salute, ad avere contatti con il nostro popolo; tuttavia ciò è un delitto negli Stati Uniti. I nordamericani possono andare in Viet Nam, un paese con il quale gli Stati Uniti sono stati in guerra; sfortunatamente là sono morti quattro milioni di vietnamiti, sessantamila nordamericani, tutta una generazione è stata segnata; gli Stati Uniti hanno superato quella fase e hanno relazioni con il Viet Nam.
Perché i nordamericani non possono andare a Cuba? Il popolo cubano è un popolo amichevole, aperto, gentile; non prova odio contro il popolo nordamericano, desidera relazioni rispettose e di amicizia tra i due paesi. Il popolo cubano sa distinguere molto bene tra il popolo nordamericano e alcuni politici e alcuni gruppi di pressione che tengono in scacco la politica nordamericana. Pertanto crediamo che sia ancora insufficiente e che deve arrivare il giorno in cui possano volare aeroplani a Cuba da tutte le città nordamericane e in cui milioni di nordamericani possano andare a conoscere il nostro paese, e in cui i cubani possano andare anche in visita negli Stati Uniti.

MAUREEN BUNYAN. Sig. Ministro, perché lei considera, o pensa che i cubani che sono in esilio, come si autodefiniscono qui negli Stati Uniti, hanno acquisito tanto potere relativamente alla politica degli Stati Uniti verso Cuba?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Io penso che i cubani che difendono oggi una politica negativa verso Cuba, contraria agli interessi del popolo nordamericano, lesiva e dannosa per gli interessi del popolo cubano e che causa anche danno alla maggioranza dei cubani che vivono negli Stati Uniti, siano una minoranza; essi non rappresentano l'opinione della maggioranza dei cubani, essi sono un piccolo gruppo, ma sono potenti, hanno denaro, hanno influenza, controllano i mezzi di stampa e hanno imparato a imporre i loro interessi nella politica nordamericana.

MAUREEN BUNYAN. Allora, finché questo gruppo continuerà ad avere questo tipo di potere, dove trova lei la speranza che ci possa essere un miglioramento nelle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Trovo speranza nel fatto che prevalga il buonsenso. Credo che possa esserci un Governo negli Stati Uniti che metta al di sopra di qualunque considerazione di tipo elettorale gli interessi dello stesso popolo degli Stati Uniti; che dia la priorità a considerazioni di tipo etico e morale, comprenda che è violazione del diritto internazionale negare gli alimenti e le medicine a una popolazione di un paese vicino. Sono ottimista perché, dopo essere stato a New York e ora qui a Seattle, non ho trovato una sola persona che difenda l'attuale politica degli Stati Uniti verso Cuba. Mi sono incontrato con impresari, con congressisti; certamente non mi sono incontrato con il signor Burton né con il signor Helms, ma in quelli che ho incontrato - anche con gente comune - assolutamente in tutti i casi ho trovato rifiuto e incomprensione verso questa politica. Sono ottimista perché credo che finalmente si imporrà il buonsenso e perché credo che sono possibili e necessarie relazioni normali tra Cuba e gli Stati Uniti, perché l'attuale politica, oltretutto, crea agli Stati Uniti problemi con il resto del mondo, perfino con i suoi alleati. Centocinquantotto paesi hanno appena sostenuto il cambiamento di questa politica verso Cuba alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti sono rimasti isolati, hanno continuamente attriti con i paesi che non sono d’accordo che si applichi in modo unilaterale la Legge Helms-Burton; sono sicuro che questa situazione non potrà perpetuarsi.

MAUREEN BUNYAN. Signor Ministro, gli Stati Uniti hanno detto che, come requisito per togliere l’embargo, Cuba deve indire elezioni aperte, avere un sistema multipartitico; in altre parole, si deve cambiare la struttura politica. Questo succederà a un certo punto?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Noi crediamo che Cuba sia un paese che abbia elezioni aperte, democratiche, chiare, nelle quale un candidato non ha bisogno di 70 milioni di dollari per venire eletto; sono elezioni a cui partecipa più del 98 % della nostra popolazione.
Noi comprendiamo e rispettiamo il diritto del popolo nordamericano ad avere il sistema politico che voglia - questo è un problema del popolo nordamericano - ma rivendichiamo il nostro diritto ad avere il nostro proprio sistema. Tutti i paesi non sono uguali, non hanno la stessa storia, non hanno la stessa cultura, non hanno le stesse condizioni. Noi crediamo di avere un sistema aperto, democratico, con elezioni trasparenti. Noi non abbiamo diversi partiti; abbiamo un solo partito, ma non è un partito elettorale. Il nostro sistema politico è strutturato in un altro modo: non ci sono diversi partiti, ma quello che c’è non è un partito elettorale. Gli Stati Uniti hanno due partiti principali. Qui alcuni mi hanno detto - non so se sia vero - che non c'è nulla che assomigli a un democratico più di un repubblicano; ma noi non ci intromettiamo, è un problema del popolo nordamericano. Noi rispettiamo quello che i nordamericani vogliono fare. Noi non crediamo che un sistema di diversi partiti sia compatibile con la situazione di Cuba; non crediamo nemmeno che il fatto che a Cuba ci sia un solo partito sia un ostacolo per le relazioni tra Cuba e Stati Uniti, perché gli Stati Uniti hanno buone relazioni con la Cina e con il Viet Nam che pure hanno un solo partito, addirittura un Partito Comunista come quello di Cuba. Ma c’è di più: gli Stati Uniti hanno relazioni con altri paesi dove sono proibiti i partiti politici, dove sono proibiti i sindacati, dove ci sono monarchie ereditarie; gli Stati Uniti non hanno difficoltà ad averle. Pertanto, questo ci sembra un pretesto.

MAUREEN BUNYAN. Questo può sembrare ipocrita ad alcuni, come lei ha detto prima.
Perché lei ritiene che i nordamericani – lasciamo stare i cubano-americani, parliamo proprio dei nordamericani - siano disposti o meno ad accettare questo modo di procedere nei confronti di Cuba e perché si è potuto tollerarlo per tutti questi anni?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Rispetto profondamente il popolo nordamericano, la sua intelligenza e la sua aspirazione di giustizia. Credo che il motivo sia che gli è stata nascosta la verità. Il popolo nordamericano non ha avuto accesso alla verità sulle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. La verità sulla storia e sulle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti è stata manipolata, è stata nascosta alla popolazione nordamericana che non ha potuto farsi una proprio giudizio; tuttavia, in maniera crescente l'opinione pubblica nordamericana discute l'attuale politica nordamericana verso Cuba e vediamo come continuamente i mezzi di stampa nordamericani richiedano nei loro editoriali la revisione di quella politica; vediamo come al Senato l'Emendamento del Senatore Ashcroft che autorizza la vendita di alimenti e medicine a Cuba sia stato approvato con 70 voti contro 28; vediamo che dilaga per tutti gli Stati Uniti il desiderio e l'aspirazione di avere relazioni normali con Cuba.
Questa è la nostra aspirazione. Aspiriamo ad avere relazioni normali e rispettose con il popolo degli Stati Uniti e non lo consideriamo in nessun caso colpevole dell'attuale situazione. Crediamo che sia vittima come noi, crediamo che abbia diritto come noi a rivendicare i suoi diritti ad avere relazioni con il nostro popolo. Credo che quel giorno arriverà. Credo che arriverà quando il popolo nordamericano potrà influire in maniera decisiva sul fatto che i suoi interessi siano presi in considerazione dal Governo.

MAUREEN BUNYAN. Adesso vorrei parlare un po' su lei e della sua formazione, dei suoi interessi, del suo lavoro. Lei è ingegnere, e ho sentito anche che lei è ha avuto un ruolo importante ed è stato un personaggio chiave nello sviluppo della biotecnologia a Cuba. Perché questo è tanto importante per lei?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Io mi sono laureato all'Università come ingegnere elettrotecnico. Ero un dirigente studentesco. Volevo lavorare come ingegnere in una centrale termoelettrica a Cuba, ma occupavo la maggior parte del tempo nella Federazione Studentesca Universitaria; in seguito passai a lavorare con un gruppo di persone che collaborano molto strettamente con il Presidente del Consiglio di Stato di Cuba, Fidel Castro, e vi rimasi più di un anno. In quel periodo questo gruppo propiziava la costruzione di centri di ricerca, impianti di produzione dell'industria farmaceutica e biotecnologica; io ho lavorato lì e ho imparato molto. Non potrei dire che sono stato un personaggio chiave: sono stato uno dei tanti che hanno contribuito a promuovere queste costruzioni e questo lavoro. Fidel si è coinvolto personalmente molto in questi sforzi, nei progetti scientifici, nel sostenere la ricerca scientifica come parte degli sforzi che abbiamo fatto per migliorare la sanità. Abbiamo creato un buon sistema sanitario, abbiamo buoni livelli di salute e di assistenza per la nostra popolazione; questa industria è molto importante per noi, non solo perché ha sviluppato nuove medicine, ma perché produce oggi praticamente il 90 % dei medicinali che ci servono per il nostro consumo. E’ anche un'industria che permette di generare esportazioni: stiamo vendendo prodotti cubani biotecnologici e farmaceutici a un numero sempre maggiore di paesi; recentemente la compagnia SmithKline & Beecham ha ottenuto eccezionalmente un permesso dal Governo degli Stati Uniti, per distribuire negli Stati Uniti un vaccino cubano contro la meningite meningococcica, che, nel suo genere, è un vaccino unico al mondo. Tutti i nostri bambini sono vaccinati; i bambini nordamericani non hanno finora potuto usufruirne.
Questo è molto importante per noi, perché adempie una funzione molto importante nella nostra strategia di protezione della salute della popolazione.

MAUREEN BUNYAN. Vorrei anche domandarle qualcosa sull'economia cubana. Cuba ha risentito della caduta dell'Unione Sovietica; tuttavia, in questi giorni la situazione economica sembra migliorare. Lei ritiene che sia così, che stia migliorando?
FELIPE PÉREZ ROQUE. È così, indubbiamente. L'economia cubana ha toccato un ribasso del 35 % tra il 1989 e il 1993, ma dopo ha cominciato a rimettersi lentamente, ma in modo sostenuto. Pensiamo che quest’anno l'economia crescerà a un livello vicino al 6 %; si sta sviluppando impetuosamente il turismo a Cuba; è cresciuto a un ritmo annuale di circa il 20 % in questo decennio; l'anno prossimo entreranno due milioni di turisti. Confidiamo che questo recupero sia irreversibile.
Ovviamente, se si togliesse il blocco a Cuba, la nostra economia potrebbe crescere molto di più e la nostra situazione migliorerebbe palesemente. Ma siamo preparati anche se non fosse così per il momento, a continuare a lavorare e a svilupparci.

MAUREEN BUNYAN. Signor Ministro, mi potrebbe anche dire i suoi commenti, mi potrebbe informare sulle relazioni razziali a Cuba. Noi pensiamo a Cuba come a un paese che ha una popolazione di ascendenza africana. Ci potrebbe descrivere signore Ministro, in che modo gli afro-cubani si integrano nella vita a Cuba? E se non le è di disturbo, potrebbe anche paragonare questo con quanto le è noto sulle relazioni tra afro-nordamericani e bianchi qui negli Stati Uniti?
FELIPE PÉREZ ROQUE. L'uguaglianza razziale, l'uguaglianza di opportunità, indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione, dalle credenze, costituisce una pietra miliare della nostra politica. Così è stato per 40 anni. Questa è stata una delle cause per cui è stata fatta la Rivoluzione cubana: per cancellare per sempre le offensive differenze e discriminazioni che esistevano a Cuba prima della Rivoluzione, per cancellare per sempre la situazione di disuguaglianza, di ingiustizia, di
privazione dei suoi diritti che soffriva la popolazione nera e meticcia di Cuba.
Negli ultimi 40 anni il nostro paese ha lavorato intensamente, ha riconosciuto nella Costituzione, nelle leggi, l'uguaglianza di opportunità, così come ha lottato molto per il diritto delle donne; ci sentiamo orgogliosi di essere un paese unito, nel quale non esistono queste differenze; ci sentiamo orgogliosi di chiamarci fratelli indipendentemente dalla nostra razza.
L'Apostolo dell'Indipendenza di Cuba, José Martí, aveva detto che "uomo è più che bianco, più che nero, più che mulatto", e noi crediamo in questo. Non siamo tuttavia soddisfatti, perché nonostante tutto quello che abbiamo fatto, era tanto il ritardo accumulato, era tanta la povertà in cui viveva la popolazione nera e meticcia di Cuba, che erano quelli che avevano le abitazioni peggiori, erano le famiglie che avevano potuto avere meno istruzione, e ciò si era trascinato di generazione in generazione; malgrado quanto fatto in questi anni, non siamo ancora soddisfatti, perché la Rivoluzione non ha potuto ancora cancellare il profondo solco che c’era. Fa parte della nostra politica, delle nostre aspirazioni e dei nostri sogni, ma dobbiamo continuare a lavorare in questo senso, perché è stata pesante l'eredità negativa che abbiamo ricevuto; capita occasionalmente che ci siano pregiudizi, ma non esprimono il sentimento del nostro popolo che sente con orgoglio che ha riscattato una componente chiave della nostra nazionalità che è quella di un paese multirazziale e multiculturale.
La popolazione nera che fu portata a Cuba come schiava, e i suoi discendenti, hanno apportato molto alla nostra nazionalità, hanno apportato molto e in modo decisivo alla nostra cultura, alla nostra idiosincrasia. Ci sentiamo orgogliosi di essere un popolo misto; in tutti noi vi è un miscuglio di bianco, di nero, di meticcio, perfino di asiatico. Viviamo orgogliosi di questo. E crediamo sempre più che, man mano che migliorerà la nostra situazione, man mano che si svilupperà la nostra economia, ci saranno più opportunità per diminuire le differenze, per garantire l'accesso effettivo di tutti alle opportunità aperte dalla Rivoluzione.
Riguardo agli Stati Uniti, capisco che è una situazione molto delicata che non vorrei commentare perché sono un visitatore. Abbiamo molti amici negli Stati Uniti: neri, bianchi, meticci e desideriamo realmente per il popolo degli Stati Uniti la concordia, l'uguaglianza di opportunità. Desideriamo un futuro di unità, uguaglianza e fraternità per i nordamericani tanto quanto lo vogliamo per noi.

MAUREEN BUNYAN. Moltissimi grazie, signor Ministro. Ancora alcune domande.
Come lei sa, Cuba è stata criticata dagli Stati Uniti ed è stata accusata di incentivare il traffico e il commercio di droghe verso questo paese; si è usata questa argomentazione, questa critica contro Cuba, ed è quindi un motivo per non lavorare nel senso di normalizzare le relazioni. Che ruolo pensa possa avere la questione della droga nella discussione relativa alla normalizzazione delle relazioni?
FELIPE PÉREZ ROQUE. È assolutamente falsa e profondamente ingiusta l'idea che Cuba abbia promosso o tollerato il traffico di droga verso gli Stati Uniti. Noi crediamo che nemmeno il Governo degli Stati Uniti pensi questo. So che il congressista Burton aveva caldeggiato l'approvazione di una legge che dichiarava Cuba un paese che incentiva il traffico di droga verso gli Stati Uniti; ma questo è un atteggiamento politicizzato e retrogrado che niente ha a che vedere con la realtà.
Recentemente il Governo degli Stati Uniti non ha inserito Cuba nell’elenco dei paesi sui quali emette una certificazione sulla questione delle droghe. Cuba non ha problemi di consumo di droga, tuttavia, nei paraggi di Cuba i narcotrafficanti lanciano droghe da aeroplani molto rapidi che poi vengono raccolte da lance rapide che provengono dagli Stati Uniti. Contro questo Cuba ha lottato da sola e non l'ha fatto per Cuba, perché non è un pericolo per Cuba: l'ha fatto per gli Stati Uniti. E l'ha fatto perché consideriamo nostro dovere lottare contro il traffico di droga.
Fidel Castro ha annunciato il 26 luglio scorso la disponibilità di Cuba a firmare un accordo di cooperazione nella lotta contro la droga con gli Stati Uniti, anche se viene mantenuto il blocco, senza nemmeno chiedere che venga tolta la proibizione di vendere alimenti e medicine. Il governo di Cuba aspetta ancora una risposta dal Governo degli Stati Uniti. E’ il Governo degli Stati Uniti che deve parlare. Il principale beneficiario sarebbe il popolo degli Stati Uniti. Cuba ha firmato accordi antidroga con decine di paesi, riceve aiuto e addestramento dai paesi europei con i quali collabora intensamente; e noi sappiamo che il Governo degli Stati Uniti sa molto bene che il governo di Cuba sta combattendo da solo contro la droga che tentano di portare negli Stati Uniti. Il Governo degli Stati Uniti sa molto bene che Cuba non soltanto non incentiva il traffico di droga verso gli Stati Uniti, ma sta combattendolo senza il sostegno né la comprensione del Governo degli Stati Uniti. Cuba crede che sia serio e responsabile negoziare e firmare un accordo di cooperazione nella lotta contro il traffico di droga, e noi siamo disposti a farlo. Il Governo degli Stati Uniti deve dire la sua.

MAUREEN BUNYAN. Signor Ministro, si dice che il tempo cambia tutte le cose. Che cosa fa il tempo per cambiare la leadership di Cuba?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Il tempo è inesorabile, per Cuba, per gli Stati Uniti e per tutti. Noi siamo fermamente impegnati nell'idea di preservare un paese come quello che abbiamo, di preservare un paese con opportunità per tutti, solidale con il mondo, con educazione e sanità gratuite per tutti, con giustizia sociale. Crediamo che ciò sia possibile e aspiriamo a consegnare ai nostri figli un paese ancora migliore di quello che abbiamo ricevuto dai nostri genitori.

MAUREEN BUNYAN. E che ruolo pensa di avere lei nel momento di creare questo futuro?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Bene, ora sono un ministro del nostro Governo, più che altro un apprendista ministro. Abbiamo a Cuba un sistema di direzione collettiva. Non ho aspirazioni personali, come non le ha nessuno dei dirigenti cubani. Vedo nelle mie responsabilità attuali un dovere, un compito che mi hanno chiesto di portare a termine. Sono pronto a essere domani un ingegnere di una centrale termoelettrica. Vivo orgoglioso di appartenere a un Governo che ha prestigio davanti alla popolazione, un governo austero, con le mani pulite; un governo dove i ministri vivono come la gente, dove i ministri non rubano, dove il nostro popolo, la gente, i nostri vicini, ci amano e ci rispettano. Domani il popolo di Cuba prenderà le decisioni adeguate e troverà il modo migliore di seguire il suo corso. Mai nessuno di noi, dirigenti cubani, farà una propria carriere politica; non vediamo in questo un mezzo per vivere, vediamo in questo il compimento di un dovere e siamo pronti a fare domani ciò che dobbiamo fare dentro o fuori dal Governo.

MAUREEN BUNYAN. Attualmente lei è uno dei leader del Governo cubano; orbene, in questa esposizione che sta tenendo riguardo agli Stati Uniti, soprattutto in questo viaggio qui a Seattle, la sua presenza si interpreta, viene da noi, o, dovrei dire, da me stessa interpretata, come un segnale dal suo Stato come leader, e ha suscitato anche discussioni e dibattiti sulla sua possibile presidenza di Cuba in futuro come successore del Presidente Castro. Come può ribattere a questo, alle persone che come me possano fare questi commenti?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Benché mi diverta, rispetto molto la sua domanda. Il mio riso esprime stupore, incredulità; in nessun caso scherno. Non ci penso nemmeno, non lo credo nemmeno immaginabile né possibile e non fa parte delle mie aspirazioni personali. Sono orgoglioso, come le ho detto prima, di appartenere a un Governo, a una direzione, a un collettivo di direzione di uomini austeri, onesti, impegnati nel destino del nostro popolo, nel quale ci sono molti compagni con più possibilità, conoscenze e preparazione di quante ne abbia io, per svolgere un compito di responsabilità nel futuro di Cuba.
D'altra parte, non pensiamo alla morte di Fidel. Sappiamo che è inevitabile, ma per fortuna e con nostra felicità, vediamo che Fidel se la sta cavando in modo eccellente, con grande impegno e grande dedizione, nell’adempiere alle sue responsabilità alla testa del nostro popolo. Crediamo che sia stato realmente un fattore decisivo il fatto che il nostro popolo abbia potuto attraversare questi anni duri potendo contare di fronte al suo destino su di un uomo come Fidel che rispetto, amo ed ammiro molto, come tutti i cubani.

MAUREEN BUNYAN. Ma, nonostante tutto, il signore Castro un giorno o l’altro vorrà ritirarsi o forse potrà morire. Non c’è nessun tipo di ansia o di preoccupazione da parte del popolo cubano o della leadership sulla successione in questa carica così importante?
FELIPE PÉREZ ROQUE. Assolutamente no. Non ci sono né ansia né preoccupazioni. La Rivoluzione cubana non dipende da un uomo; ciò è stato possibile, in primo luogo, per il contributo a questo dello stesso Fidel. Noi ci sentiamo fiduciosi nel fatto che i valori e l'unità che abbiamo creato in questi anni permettano al nostro paese di superare la perdita terribile e insostituibile che significherebbe per Cuba non avere Fidel tra noi; ma non ci sono in nessuno di noi né piani né aspirazioni: ci sono solo impegni e fiducia che in questi anni si sono creati a Cuba i motivi che faranno sì che il popolo di Cuba continui ad andare avanti, ciò che è la nostra massima aspirazione.

MAUREEN BUNYAN.