Associazione Nazionale Su Demanda del pueblo Cubano Felipe Roque Proclama Felipe_Roque_2.htm Kenia Serrano 150° anniversario della nascita di José Martí mi hanno obbligato a sfilare ONU 13 novembre 2001 II incontro mondiale Diritti umani prigionieri afgani a Guantanamo Comunicato ICAP Roque al Vertice FAO 2002
Nuestra America
| |
Torna a Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
La Rivoluzione è sempre giovane
Kenia Serrano ci racconta il mondo, le idee, le paure e le
aspettative, i sogni e le contraddizioni della nuova generazione cubana
di Vittorio Locatelli
Sicura di sé, convinta e determinata, ma aperta al confronto e al dialogo. E questa
la nuova generazione dei cubani, giovani che conoscono la storia del loro Paese e lavorano
per il futuro. Giovani che ben rappresenta Kenia Serrano Puig, responsabile ideologica
dellUnione Giovani Comunisti, che abbiamo incontrato a Milano dove si trovava nei
giorni scorsi per una serie di conferenze e di incontri politici.
Di Cuba tutti sanno tanto, ma pochissimi sanno davvero. Cosa vuol dire essere giovani oggi
a Cuba? Che speranze si hanno, che certezze, quali dubbi?
"A mio parere la gioventù cubana ha un privilegio. Essere nata in un paese dove la
cosa essenziale, la più importante è lessere umano. Dove al centro della vita ci
sono i bambini, le bambine, lo sviluppo della persona e la sua formazione. Credo che
questo sia allorigine delle speranze, delle certezze e anche dei dubbi. La gioventù
cubana non è una "bestia rara", è come tutte le altre gioventù. E
ribelle, chiede i cambiamenti, come in tutto il mondo. La nostra speranza principale è
che Cuba possa continuare ad andare avanti, possa raggiungere quello che si è proposta da
più di un secolo: continuare ad essere un Paese indipendente a 90 miglia dagli Stati
Uniti. Noi abbiamo la certezza che Cuba può continuare ad esistere se noi giovani non
dimentichiamo la storia della Rivoluzione, in ogni momento. Se parliamo dei dubbi che può
avere la gioventù cubana direi che se non si uniscono gli sforzi a livello internazionale
il mondo può scomparire, la vita può sparire dal pianeta. E tutto quello che è stato
fatto per il bene del mondo si perderà. Per colpa di una piccola minoranza che concentra
la maggior quantità di ricchezze e tiene le redini dei destini dellumanità".
Come si pongono i giovani cubani rispetto al movimento no global, a Porto Alegre. Si
sentono in sintonia, si sentono parte di questi movimenti?
"Noi ci sentiamo parte di questo movimento perché è un movimento internazionale
che, rispettando le diversità dei singoli paesi, ha incontrato un consenso nella lotta
contro il tipo di globalizzazione che si sta attuando oggi, che è la globalizzazione
neoliberista. Pensiamo che tra i no global ci siano diversità. In particolare pensiamo
che dobbiamo opporci alla globalizzazione neo-liberista. Ma siamo cittadini del mondo,
dobbiamo accettare che la globalizzazione è ineluttabile, ma allora siamo a favore della
globalizzazione della solidarietà, della globalizzazione del rispetto delle diversità,
della globalizzazione della lotta contro quello che danneggia lessere umano, siamo
contro la globalizzazione neo-liberista che è contro il rispetto delle culture, che vuole
che leconomia sia governata dal Fondo Monetario Internazionale, che vuole la
privatizzazione delleducazione, che vuole che il cittadino sia un fruitore del
prodotto educazione. Ma opporsi alla globalizzazione senza distinguere è come opporsi
alla forza di gravità. Ma dopo l11 settembre il processo di globalizzazione ha
assunto un altro aspetto. Cè unalleanza militare mondiale delle potenze per
attaccare tutti coloro che si oppongono allo status quo. E questo ciò che allarma
noi giovani".
Questa alleanza del dopo 11 settembre, nata succube degli Usa forse è già in crisi.
Sullattacco allIraq anche in Europa cè chi non vuole la guerra
allIraq, governi e popoli: Anche negli Usa cè chi è contro la guerra.
"Vedo questo come un aspetto dellimpunità che tutto il mondo ha visto per
lattacco allAfghanistan. Tutti hanno viso che è stato fatto alle spalle delle
Nazioni Unite e di tutte le istituzioni internazionali. Senza risolvere il problema. Era
una "guerra per giustiziare Bin Laden per le sue responsabilità per l11
settembre". Ma è importante ricordare che prima dell11 settembre George
Bush era arrivato al livello più basso di popolarità nel suo paese. Subito dopo
linizio della guerra la sua popolarità è salita. La guerra allIraq
"deve" essere fatta dopo i gravissimi scandali economici scoppiati negli Usa e
con una grande recessione economica in corso. Le potenze (e) che non appoggiano
tatticamente gli Usa stanno salvando un poco la loro immagine di fronte alla comunità
internazionale, però essenzialmente sono disposte ad unirsi a Bush, a discutere la
loro partecipazione alla guerra".
Parliamo della vittoria di Lula in Brasile. Cuba ha sulla testa il martello degli Stati
Uniti: guarda allAmerica Latina con speranza? Con che occhi?
"Nel caso del Brasile è legittimo che accada che un movimento nazionale, che per
molti anni trova ununità allinterno delle forze progressiste che si oppongono
al neoliberismo, vinca le elezioni democratiche. E Cuba vedrà sempre con molta felicità
il fatto che ciascun paese decida il proprio destino senza che arrivi nessuno da
Washington a condizionarlo".
Cosa si aspettano i cubani, i giovani cubani in particolare, dalle aperture di molti paesi
occidentali agli scambi economici e culturali con il loro Paese? A parte i vantaggi
economici non vedi il pericolo che nasca nei cubani la voglia di vivere come gli
"occidentali", con i beni del consumismo e tutto quello che ne consegue?
"Il maggior interscambio di Cuba va preso con i vantaggi e gli svantaggi che implica.
Ma a differenza del mondo capitalista a Cuba non cè laspetto consumistico del
mondo occidentale. Per sua natura lessere umano ha "bisogno" di cose
materiali che soddisfino i propri desideri, le proprie necessità; e ha sempre
listinto di desiderare quello che non ha. La differenza che vedo tra i cubani e il
resto del mondo è che noi, nel sistema socialista cubano, abbiamo imparato a valutare.
Per noi è molto importante che la persona abbia una vera cultura e in questa cultura
ognuno sappia definire quello che è fondamentale. Non dimenticherò mai una pubblicità
che ho visto quando sono stata negli Stai Uniti: "be someone, buy something"
("per essere qualcuno compra qualcosa"). Per me in questo slogan pubblicitario
si riassume lo spirito del capitalismo: se non compri non sei nessuno. A Cuba invece la
gente compra le cose, ha piacere di avere comodità nella vita, nelle proprie case: ma
lessenza della vita non sono i beni di consumo, perché la Rivoluzione cubana ci ha
fatto capire che senza il valore umano della persona non si progredisce. Cè un
pericolo per tutti i Paaesi come il nostro: il fatto che tutto intorno sia
"differente". Ma lattuale generazione di cubani ha possibilità migliori
per difendere il modo di pensare che ho io. Quando trionfò la Rivoluzione, a Cuba
cera un tasso di analfabetismo del 30 per cento. Attualmente praticamente
lanalfabetismo non esiste più. Perché per noi la cultura è libertà. E la nostra
cultura, la cultura del rispetto di tutte le culture, ha fatto sì, per esempio, che nelle
nostre manifestazioni non si è mai bruciata una bandiera americana. Che durante le grandi
mobilitazione per il bambino Elian neanche un sasso sia volato contro lAmbasciata
americana. Noi viviamo senza il paraocchi, degli Stati Uniti conosciamo tutto, la Coca
Cola non è per noi un oggetto misterioso (labbiamo, solo che è prodotta in
Messico) così come tutte le cose che appartengono alla cultura occidentale. Ma oggi la
Rivoluzione è cambiata, ha nuovi obiettivi, nuovi traguardi. Per esempio è nato un nuovo
canale televisivo, un canale educativo che porterà lUniversità in casa di tutti, e
il primo corso è un corso di inglese".
Unultima domanda. Prima o poi, un giorno, si dovrà affrontare il
"dopo-Fidel". Non cè la paura che la Rivoluzione finisca con lui?
"Lo scorso 8 ottobre sono stati 35 anni dalla morte del Che. Lui non è mai stato il
nostro presidente eppure "vive" ancora oggi nei nostri cuori e nel nostro modo
di essere. Con Fidel succederà lo stesso, con la differenza che
"linefficienza" della Cia gli ha permesso di avere molto più tempo per
realizzare i suoi obiettivi. Oggi molta gente è cresciuta, si è formato un nuovo gruppo
dirigente a Cuba; il 10 per cento dei parlamentari ha meno di 30 anni, il 21 per cento
sono donne. Fidel non ha lavorato per se stesso, ha lavorato perché tutti
"partecipassero" alla Rivoluzione ed è successo. Gli uomini muoiono, le idee
no. Sono convinta che il grande dolore per la sua assenza sarà il dolore per la sua fine,
non certo la fine della Rivoluzione".
|