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Nuestra America

1875 – Città del Messico

Martí

Gli erano appena spuntati i baffi quando fondò a L’Avana due giornali effimeri, "El diablo cojuelo" e "La patria libre"; e lo condannarono al carcere e ai lavori forzati, perché voleva l’indipendenza di Cuba, colonia della Spagna. Prima, ancora in piena infanzia, aveva voluto tradurre Shakespeare, e aveva incendiato parole, e aveva giurato vendetta davanti a uno schiavo negro appeso alla forca. Aveva indovinato, nei versi più precoci, che sarebbe morto a Cuba e per lei.

Dalla prigione lo spedirono in esilio. Non gli si sono cancellati i segni dei ferri sulle caviglie. Nessuno più patriota cubano di questo figlio di un sergente spagnolo delle colonie. Nessuno più bambino di questo esiliato curioso, che intensamente si stupisce e si indigna del mondo.

José Martí ha ventidue anni quando assiste, in Messico, alla prima manifestazione congiunta di studenti e lavoratori. I cappellai hanno dichiarato lo sciopero. Possono contare sulla solidarietà della Società Fratellanza e Costanza dei Parrucchieri, della Società Fraterna dei Rilegatori, dei tipografi, dei sarti e degli intellettuali operai dell’Idea. Contemporaneamente, prende il via il primo sciopero universitario, contro l'espulsione di tre studenti di medicina.

Martí organizza concerti a beneficio dei cappellai e nei suoi articoli descrive gli studenti, che marciano insieme agli operai per le strade di Città del Messico, tenendosi tutti sottobraccio, tutti vestiti a festa: Questa gioventù entusiasta, scrive, ha ragione. Ma anche se si sbagliasse, la ameremmo lo stesso.

da "MEMORIA DEL FUOCO" di Eduardo Galeano