Associazione Nazionale Su Cosa è il blocco Votazioni all'ONU Necessità di porre fine al blocco 2002 Cuba nel 2003 Alarcon 2002 Risoluzione 2001 Risoluzione 2000 Roque 2000 Alarcon 1999 Lage 1996 Robaina 1998
Nuestra America
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Undici milioni di cubani non implorano, bensì esigono, in piedi, la
fine di questa sporca guerra
Intervento di Roberto Robaina González, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di
Cuba, alla presentazione alla 53° Assemblea Generale dellONU del progetto di
risoluzione "Sulla necessità di mettere fine al blocco economico, commerciale e
finanziario degli Stati Uniti dAmerica contro Cuba", New York, 14 ottobre 1998
Signor Presidente, Signori Delegati,
ciechi e sordi, gli Stati Uniti dAmerica continuano a ignorare ancora una volta le
richieste che per sei anni consecutivi le sono state rivolte da questa Assemblea per fare
terminare la loro lunga, cruenta e spietata guerra economica, commerciale e finanziaria
contro Cuba.
Anno dopo anno, questo è stato il mandato dellumanità:
1992: 59 voti a favore della Risoluzione che condanna il blocco degli Stati Uniti contro
Cuba e 3 contrari, il resto si è astenuto o si è assentato; 1993: 88 a favore, 4
contrari; 1994: 101 a favore, 2 contrari; 1995: 117 a favore, 3 contrari; 1996: 137 a
favore, 3 contrari; 1997: 143 a favore, 3 contrari.
Ciascuna di queste decisioni è stata storica; dalla prima, adottata allorché
lebbrezza trionfalistica per lo sfacelo dellURSS e dellEst europeo
condannava anche a morte la Rivoluzione Cubana; e le scommesse sulla caduta imminente del
governo di La Habana erano tanto frequenti, come valigie fatte e come accessi riservati
per il banchetto degli avvoltoi che ci sarebbe stato sulle rovine e sulle spoglie dei
nostri sogni di indipendenza e di giustizia.
Coloro che non hanno mai dubitato di noi, coloro che hanno temuto per la nostra sorte,
colore che ci hanno sempre accompagnati fiduciosi nella nostra volontà, fermezza e forza,
hanno visto appagate le loro speranze: Cuba non solo ha resistito; Cuba e il suo popolo
sono stati capaci di sopravvivere alla cosiddetta "fine della storia" e alla
persecuzione della maggiore potenza di tutti i tempi.
In questi saloni e in questi corridoi siamo stati testimoni di pressioni, ricatti e
minacce abusivi affinché le mozioni presentate da Cuba non andassero a buon esito. Non
sono mancati coloro che hanno perso crediti, coloro che si sono visti cancellare affari e
operazioni commerciali o coloro che hanno anche sofferto rappresaglie politiche per
essersi astenuti o assentati dalla votazione.
Nel mezzo di queste realtà e malgrado i reiterati e addirittura quasi unanimi accordi di
questa Assemblea Generale contro il blocco, è stata approvata linfame Legge
Helms-Burton, con cui gli Stati Uniti pretendono di consacrare legemonia,
lextraterritorialità e lunilateralità come figure del diritto
internazionale, beffandosi degli alleati, calpestando i soci e umiliando altri stati.
Le sue conseguenze non colpiscono soltanto brutalmente Cuba, bensì corrodono da allora il
sistema mondiale del commercio, le trattative per un futuro accordo multilaterale di
investimenti e i meccanismi internazionali di fiducia, compresi tra i centri di potere
economico mondiale, al punto che nemmeno i principali rimostranti delle imprese
statunitensi nazionalizzate la appoggiano più oggi.
Il mondo, che lha contestata dal primo momento, impara a riconoscere che
lextraterritorialità della legislazione che il blocco copre, va molto oltre le
pretese dei capitoli III e IV che colpiscono terzi. Una legge degli Stati Uniti non ha
giurisdizione in nessun paese del mondo, compreso Cuba. Pertanto è anche illecito il
fondamento dei capitoli I e II.
Bersaglio principale del recrudescente blocco è stato il finanziamento esterno. Tagliare
tutte le vie di accesso del nostro paese a fonti creditizie internazionali o provenienti
da singole nazioni è diventato unossessione.
Come è noto, le finanze sono il sangue di uneconomia. Senza di loro, il paese non
cè. Nessuno può immaginare le condizioni precarie o rischiose a cui si è
sottoposta Cuba per avere prestiti. Soltanto nellindustria saccarifera gli effetti
sono drammatici, segnati da tassi di interessi draconiani, a brevissimo termine e a
condizioni di pagamento rovinose.
Non lo diciamo solo noi. Secondo il Capo dellUfficio Cuba del Dipartimento di Stato
"dallapprovazione della legge (Helms-Burton), 19 società di oltre 6 paesi
hanno modificato i loro piani di investimento a Cuba o hanno ritirato i loro investimenti,
(...) il governo cubano ha incontrato maggiori difficoltà per avere finanziamenti e
potenziali investitori, dato che i tassi di interesse si sono elevati fino al 22 %" e
"si indagano 12 compagnie di oltre 7 paesi per le loro attività a Cuba", con lo
scopo di fare pressioni su di loro.
I danni reali sono molto maggiori di quelli segnalati da questo funzionario.
LAssociazione Americana per la Salute Mondiale, organizzazione non governativa
notoriamente indipendente, ha presentato i risultati di unindagine, della durata di
un anno, sugli effetti del blocco nei settori degli alimenti e delle medicine. Il sommario
esecutivo di questa indagine, che è stato diffuso in questa Assemblea, certificava che -
e cito frammenti:
"Lembargo degli Stati Uniti ha aumentato significativamente il disagio a Cuba.
Per diversi decenni lembargo degli Stati Uniti ha imposto un forte peso economico al
Sistema Nazionale della Salute di Cuba. Però, dal 1992, il numero delle esigenze mediche
scoperte ha avuto un incremento più accelerato: osserviamo pazienti che non dispongono di
medicine essenziali e parliamo con medici che si vedono costretti a eseguire operazioni
senza le idonee attrezzature. (...) La contrazione nella disponibilità di alimenti,
medicine e forniture mediche di base...sta avendo un alto costo umano, (...) Infine
lAssociazione Americana per la Salute Mondiale desidera enfatizzare la severità
dellembargo degli Stati Uniti contro Cuba. Pochi embarghi della storia recente hanno
compreso una proibizione totale di vendita di alimenti. Pochi altri embarghi hanno
ristretto in tal modo il commercio di prodotti medici fino al punto di negare a semplici
cittadini laccesso a medicinali salvavita. E evidente che un simile embargo
viola gli accordi e le convenzioni internazionali più elementari che guidano le norme sui
diritti umani, che comprendono la Carta delle Nazioni Unite, lo Carta
dellOrganizzazione degli Stati Americani e gli articoli della Convenzione di Ginevra
che regolano il trattamento dei civili in tempo di guerra".
Aggiungo solo che il governo nordamericano, irritato per la denuncia, ha fabbricato una
controinformazione tanto rozza, politicizzata e premeditatamente menzognera che ha
sollevato le proteste di agenzie statunitensi e internazionali ed è stato definito in un
documento del Comitato dei Media e degli Arbitrati del Congresso come un
tentativo deliberato per ripararsi dalle denunce dellAssociazione Americana per la
Salute Mondiale".
I dati su permessi concessi per un presunto commercio con Cuba sono stati falsificati, da
quanto in seguito si è potuto verificare, in rapporti dei Dipartimenti del Tesoro e del
Commercio. Sono state prese cifre dello scambio con filiali estere, anteriori al 1992, per
citarle come attuali e sono state intimidite e portate a giudizio compagnie come la Merck
e cittadini stranieri e nazionali.
Inoltre sono state raggirate le organizzazioni Mondiale e Panamericana della Salute,
nascondendo che la proporzione assegnata alla salute allinterno del Prodotto Interno
Lordo della Cuba sotto blocco, è la maggiore di tutta lAmerica Latina ed è
superiore del 34 % di quella degli stessi Stati Uniti.
Lindagine del Congresso sul cinico documento concludeva che: "Il Dipartimento
di Stato ha lobbligo di difendere la politica degli Stati Uniti, però non ha
lobbligo di falsificare i fatti in modo intenzionale, specialmente se le
tendenziosità e le falsificazioni sono usate per difendere una politica di blocco (badate
bene, qui si riconosce che si tratta di blocco) allaccesso della popolazione civile
alle sue elementari necessità di vita nel mezzo di una profonda crisi economica..."
E il colmo è che, soltanto due settimane fa, un ambasciatore nordamericano è stato
obbligato a dichiarare insolentemente in questa stessa seduta Plenaria che, dal 1992,
oltre due miliardi di dollari di aiuti umanitari privati erano stati autorizzati dagli
Statu Uniti per la devoluzione a Cuba.
Tutti i dati apportati da diverse fonti nordamericane riportano numeri assolutamente
incongrui, tanto di permessi, quanto del presunto ammontare delle operazioni che
sostengono di aver autorizzato nel quadro del presunto totale di due miliardi di dollari
autorizzati.
Mai, dacché si è iniziato a propagare la campagna che gli Stati Uniti erano il
principale donatore di aiuti umanitari a Cuba, nessun funzionario ha spiegato da dove
uscisse questo rigagnolo di numeri di cui non si dà un rendiconto, né su quale base il
Governo statunitense calcola che gli aiuti umanitari provenienti dai cubano-americani
ammontavano a due miliardi di dollari.
Il citato ambasciatore ha detto testualmente: "più di due miliardi in aiuti
umanitari privati sono stati autorizzati per Cuba dal 1992". Hanno moltiplicato per
100 volte gli aiuti di carattere umanitario inviati da istituzioni non governative o
individualmente da cittadini nordamericani. Tenendo presente che perfino le rimesse
familiari erano proibite per gran parti di questi anni.
Come ha detto il compagno Fidel lo scorso 28 settembre: "Milioni di cittadini di
tutto il mondo inviano rimesse familiari, dagli Stati Uniti, dallEuropa, dai paesi
produttori di petrolio, dal Sudafrica, dalla Malesia, da qualsiasi paese in cui lavorano
emigranti stranieri e mai, in nessuna parte del mondo, sono state definite aiuti
umanitari, sarebbe unoffesa per coloro che le inviano e per le mogli, i figli, i
genitori, i fratelli che le ricevono".
"Praticamente tutti i paesi del Terzo Mondo ricevono rimesse inviate ai familiari dai
paesi più sviluppati. Si riscontrano anche rimesse familiari tra paesi sviluppati. Se a
questo vogliono riferirsi, è unimpudenza, non si può cambiare così il
dizionario".
I numeri veri dellaiuto umanitario proveniente dagli Stati Uniti pervenuto a Cuba, e
senza nessuna protezione da quel governo, e da noi registrato accuratamente al centesimo,
sono i seguenti:
Nel periodo 92-97 il valore delle donazioni provenienti da quel paese, con o senza
permesso, è stato di 23.559.086 dollari. Il 98 % di questi rappresenta un apporto di
organizzazioni non governative e religiose, represse per aver sfidato il blocco con le
loro azioni; circa l1.1 % provengono da donazioni individuali di amici di Cuba; e
circa lo 0.6 % ha corrisposto a entità private.
Il mondo è stato tuttavia testimone di come la repressione politica e poliziesca
allinterno degli stessi Stati Uniti, si è abbattuta su un gruppo di organizzazioni
civili e religiose nordamericane capeggiate dai Pastori per la Pace che, sfidando i
divieti del blocco, tentavano di fare arrivare a Cuba bibbie, medicine, attrezzature
mediche e computer.
Cuba cita i rappresentanti degli Stati Uniti affinché vengano qui e dicano al reverendo
Lucius Walker e ai suoi compagni, picchiati dalle guardie di confine e in lungo sciopero
della fame a qualche metro dalla frontiera con il Messico fino al via libera delle loro
donazioni, che il loro carico aveva il permesso di entrata a Cuba.
Che vengano qui a raccontare che era donazione del governo il famoso bus giallo destinato
ad azioni caritatevoli di un centro religioso, al quale hanno bucato le gomme per non
fargli passare il confine a Laredo.
Che vengano e lo dicano agli organismi internazionali con cui hanno infiniti debiti e dei
cui contributi vogliono appropriarsi in repentina e falsa ostentazione di paternità.
Che vengano e lo dicano ai cubani emigrati che, in modo illegale, esponendosi a multe e
carcere, o pagando somme esorbitanti per usare banche in paesi terzi, hanno inviato
rimesse ai loro famigliari.
Pressa poco allo stesso modo si sono mossi anche in questi giorni i portavoce di
quel governo, indicendo campagne, accusandoci perché ci rifiutiamo di ricevere aiuti
alimentari di emergenza che, benché canalizzati dal Programma Mondiale degli Alimenti,
vengano identificati, controllati e condizionati dagli Stati Uniti.
Accettare le briciole di chi è il nostro carnefice, quando dallaltro verso si rende
più severo e spietato il blocco, non sarebbe adeguato a un popolo dignitoso. Da José
Martí abbiamo imparato che la povertà passa, ma ciò che non passa è il disonore.
Come ancora una volta ha dichiarato in questi giorni il Governo di Cuba, "questo
indegno e disonorevole aiuto non lo accetteremmo nemmeno incondizionatamente. Ciò che noi
esigiamo è che cessi il blocco, e se cessa il blocco non avremo bisogno di aiuti
umanitari dal governo che ci ha bloccati per quasi 40 anni, ci fa una guerra economica e
concentra in questa guerra la sua influenza nel mondo..."
Signor Presidente:
Non riconoscendo altri limiti e neppure leggi che i propri interessi imperialistici, gli
Stati Uniti si collocano ai margini del diritto internazionale: un anno fa, 75 stati
sovrani del mondo che rappresentavano circa la metà della popolazione mondiale, erano
minacciati da oltre 40 misure unilaterali o extraterritoriali, non solo federali, bensì
pure statali e simili alla Legge Helms-Burton e al blocco contro Cuba.
In relazione con Cuba, si sono considerate più di una ventina di nuove misure messe in
fila a impersonare in altre legislazioni i lineamenti della Helms-Burton; e alcune di loro
sono state già approvate in questultimo anno.
Nelle stesse, non solo si rafforzano i divieti già legiferati, ma si aggiungono nuove
azioni ostili ed extraterritoriali, molto più passibili di approvazione per via della
forma differente, occulta e manipolate in cui si presentano e si adottano.
Anche nello scorso marzo, e dopo che Sua Santità, Papa Giovanni Paolo II, aveva
condannato nella sua visita a Cuba il blocco come un atto "ingiusto ed eticamente
inaccettabile", si era arrivati a strombazzare in giro da parte del Governo degli
Stati Uniti, una presunta flessibilità delle misure per avere accesso a medicine e
alimenti, facilitare viaggi a Cuba e rimesse a familiari di cubanoamericani, vittime per
di più di trattamenti discriminatori.
E bene rilevare che le misure annunciate non significavano in nessun modo una
riconsiderazione dellatteggiamento nordamericano. Si trattava in realtà di
unoperazione pubblicitaria, gravata di procedure tanto complicate e paralizzanti che
allo stesso Segretario di Stato Albright non è rimasto altro che ammettere che "si
manterrà la pressione economica su Cuba attraverso il blocco e la Legge
Helms-Burton".
Sette mesi dopo non abbiamo visto nulla nel senso di dar corso a quanto annunciato. Tre
mesi fa Cuba ha mandato ordini a dieci ditte farmaceutiche nordamericane, non appena venne
dichiarato ufficialmente che sarebbero state autorizzate da un sistema flessibile di
permessi per le vendite di medicamenti. Alcune hanno detto di no e da altre non abbiamo
ricevuto risposta. E stata anche negata la richiesta di presentare a La Habana
unesposizione di prodotti farmaceutici e tecnologia medica che sarebbe una base
normale per stabilire relazioni daffari.
Ma, supponendo che una vendita di medicamenti sia autorizzata: come comperare? Con quale
banca operare che non sequestri i soldi cubani? Dove aprire una lettera di credito e chi
la accetterebbe? Che mezzi avrebbero gli importatori cubani per verificare le specifiche
dei loro acquisti, come è consuetudine internazionale? Quali aerei o navi si
utilizzerebbero e attraverso quale porto o aeroporto? Chi sarebbe lassicuratore? Con
tanti e tali impedimenti, quale impresa americana si mobiliterebbe per chiedere il
permesso?
Inoltre appena tre mesi fa tre compagnie charter sono state autorizzate a volare a Cuba e
a due di loro hanno appena ritirato il permesso. Questa è la realtà, scarna, tangibile e
palpabile.
Certamente gli Stati Uniti hanno progettato un blocco che, come la vile garrota medievale,
è stato in grado di provocare, con lento e pirrico successo, privazioni innumerevoli a 11
milioni di esseri umani e di ostacolare considerevolmente il normale sviluppo del paese.
Tuttavia hanno fallito totalmente nel centrare il loro obbiettivo di distruggere la
Rivoluzione Cubana, di sollevare il popolo contro i propri leader e contro il sistema
politico ed economico che liberamente abbiamo scelto.
Signori delegati:
Dalla stessa fondazione degli Stati Uniti è sorta lidea di appropriarsi di Cuba. Un
lungo elenco di nomi, piani e dossier ci perseguita da oltre 200 anni: Franklin, Adams,
Jefferson, Monroe, Wood, Platt, Magoon, Crowder, Sumner Welles, Caffery, Mack, Torricelli,
Helms, Burton, Graham... e nove amministrazioni trascorse dal 1959 che hanno commesso
sempre il medesimo errore: pensare, legiferare e sognare di governare Cuba in inglese.
Cuba la pensiamo, la legiferiamo e la governiamo noi cubani, nel nostro proprio e creativo
linguaggio.
Siamo cresciuti e abbiamo preso coscienza, soffrendo dallinfanzia
laggressività, la prepotenza e il blocco del paese che mai ha voluto accettarci
come popolo libero e sovrano e che ci considera ancora come frutta che deve maturare per
cadere nelle sue grinfie e sottomettersi ai suoi disegni.
I sacrifici imposti non hanno mai intaccato il nostro senso di solidarietà e la nostra
preoccupazione per il futuro dellumanità; e per questo, circa mezzo milione di
professionisti universitari, maestri, collaboratori e combattenti cubani per più di 30
anni hanno condiviso le sofferenze di altri popoli e, sentendole come proprie, li hanno
aiutati a vincerle.
Soltanto nellambito della salute, oltre 26.000 medici e personale tecnico
parasanitario hanno prestato servizio in decine di paesi del Terzo Mondo. In questi stessi
giorni, dopo il passaggio delluragano Georges che ha causato la morte di oltre 150
persone ad Haiti, il compagno Fidel ha proposto che se un paese come il Canada, che ha
stretti rapporti con Haiti, un paese come la Francia, che ha pure strette relazioni
storiche e culturali con Haiti, i paesi della Comunità Economica Europea o il Giappone
mandano i medicinali, Cuba è disposta a mandare tutti i medici necessari per salvare
annualmente la vita di 15.000 bambini minori di 5 anni e di almeno 10.000 persone maggiori
di questa età: la vita di 25.000 haitiani. Parliamo di diritti umani non con semplici
parole ma con fatti veramente umani.
In nome di quei compatrioti che hanno difeso indipendenze, hanno portato la luce della
conoscenza attraverso terre del Terzo Mondo e di quelli che ancora oggi percorrono tutta
questa geografia umana dimenticata per costruire la sua salute, senza chiedere nulla in
cambio.
In nome di 402 medici che in Sudafrica non hanno avuto bisogno dellinglese per il
loro lavoro, poiché sono stati capaci di istruire e curare popoli e etnie nelle loro
stesse lingue e dialetti.
In nome di coloro che sono accorsi immediatamente per soccorrere i sinistrati da terremoti
e uragani, come la brigata medica che oggi lavora in una lontana e devastata zona della
Repubblica Dominicana.
In nome di tutti gli operatori della salute cubana, di tutti i medici che fossero
necessari per salvare 25.000 vite ad Haiti e che sono disposti a far parte di uno sforzo
globale sotto gli auspici e la direzione dellOrganizzazione Mondiale della Salute
delle Nazioni Unite.
In nome di tutti i milioni di compatrioti che oggi non possono accedere a importanti
prodotti culturali, informativi, scientifici e tecnici che vengono loro premeditatamente
negati.
In nome dei malati di leucemia, di cancro, degli oncologi e dei chirurghi che non hanno
accesso allOncaspar che ho citato qui alcuni giorni fa, a cateteri permanenti
sottocutanei e altre simili risorse.
In nome dei malati di AIDS che non hanno tempo di aspettare che noi acquistiamo i loro
costosi medicamenti.
In nome dei vecchi che, in reparti di terapia intensiva, non hanno respiratori artificiali
e non possono avvalersi della prolungata aspettativa di vita che viene loro offerta dal
Sistema della Salute della Rivoluzione.
In nome dei malati che abbisognano di determinati antibiotici della terza generazione che
non possiamo acquistare perché sono quasi tutti di brevetto nordamericano.
In nome dei cardiopatici a cui viene impedito di accedere allAprotinin, al Captopril
ed ad altre medicine delle coronarie, come pure ai pace-maker.
In nome di una creatura che era sul punto di morire davanti agli occhi di ricercatori
nordamericani per una grave infezione micotica per la cui cura non avevamo la medicina che
si produce negli Stati Uniti.
In nome dei bambini che non sono stati immunizzati per via degli ostacoli negli acquisti
della materia prima per la produzione dei vaccini.
In nome dei contadini e degli operai agricoli che non vedono prosperare i loro raccolti
perché non dispongono dei fertilizzanti o disinfestanti forniti prima e ora negati dalle
filiali delle compagnie statunitensi.
In nome di tutti coloro i cui impieghi e salari sono stati colpiti dalla chiusura di
fabbriche che non hanno pezzi di ricambio né materie prime.
In nome della grande quantità di emigranti cubani che in quel paese si oppongono al
blocco e i cui diritti di comunicare fra di loro, di viaggiare e di sostenere liberamente
i loro familiari sono calpestati con limpedimento e la limitazione al minimo
possibile dei contatti familiari e con limpedimento e la limitazione della
normalizzazione delle relazioni con la loro Patria.
In nome delle imprese di vari paesi quali Bayer, Siemens, Nunc, Telectronics, Vitalmex e
di imprese nordamericane quali Cargill, Continental Grains, Bristol-Meyer, Eli Lily,
Johnson and Johnson, SmithKline Beecham e moltissime altre che hanno dovuto cancellare le
loro vendite a Cuba o che, perseguitate e scoraggiate, temono oggi di vendere.
In nome anche del nobile popolo nordamericano che viene ingannato dicendogli che il
crimine del blocco viene fatto in nome della libertà, dei suoi medici commossi da tanto
danno, degli imprenditori desiderosi di commerciare liberamente, degli agricoltori
bisognosi di trovare nuovi mercati per le loro produzioni, dei contribuenti beffati, degli
scienziati, artisti, intellettuali e semplici persone bisognose di conoscere e avere in
pace scambi con Cuba e in disaccordo con la brutalità e lostinazione dei loro
governanti.
In nome della giustizia, della verità e di tutti i diritti che vengono a noi violati in
modo pesante e flagrante, che ci appartengono e che siamo pronti a difendere come esseri
umani.
In nome della dignità, del decoro e della stessa voce di questo popolo, mille volte
eroico, che malgrado il grave fardello di oltre 60 miliardi di dollari di danni, non è
stato sconfitto, né umiliato, né messo in ginocchio.
In nome di 11 milioni di cubani che non implorano, ma che esigono, in piedi, la fine di
questa sporca guerra e che non accettano aiuti che disonorano, quando si sentono in grado
di alzarsi e di andare per il mondo.
In nome di molti popoli che oggi o domani possono essere le prossime vittime, vi chiedo
che ancora una volta siate giusti e con la forza della ragione, con il vostro cuore e con
il vostro stesso onore, esigiate dagli Stati Uniti che mettano fine al loro crudele
blocco.
Molte grazie.
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