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Nuestra America

L’amaro sapore dello zucchero

La canna da zucchero è uno dei maggiori doni con cui gli dei hanno favorito gli ingrati umani. Nessuna pianta coltivata compete con la canna da zucchero nella sua prodigiosa capacità di convertire l’energia solare in materia vegetale. Nessuna fonte di produzione di zucchero la supera nel rendimento del suo prodotto finale per ettaro o nella sua vita utile come coltivazione.
Però nessun prodotto derivato, come lo zucchero, si vede sottoposto a così tanti e differenti regolamenti economici e politici contrari alla razionalità dell’ordinamento naturale.
Gli amareggiati produttori della canna da zucchero, in misura maggiore dei coltivatori di caffè, cacao, riso, mais, banane, etc., devono sopravvivere a una feroce concorrenza, dovuta alla produzione estesa in più di 100 paesi, o a una gamma di fonti da cui ottenerla, o a una maggiore instabilità dei prezzi nel corso di un secolo con tendenza a un ribasso - calcolata a prezzi di deflazione - o a un continuo antico protezionismo statale che data da più di due secoli. Ancor peggio, nessuno di questi svantaggi rappresenta qualcosa accanto a quelli provenienti dai Paesi Sviluppati (PS), sia degli Stati Uniti che dell’Unione Europea (UE) che, animati da bassi interessi elettorali che non coincidono affatto con quelli del resto dei loro concittadini, proteggono le loro produzioni interne meno redditizie, specialmente quelle della barbabietola, impedendo la naturale, logica ed economica prevalenza dello zucchero di canna.
Ma, apparentemente, questo complicato e restrittivo mercato dello zucchero, progettato dalla metà degli anni '70 dagli Stati Uniti e dall’allora Comunità Europea, ciascuno separatamente, potrebbe prepararsi in questi momenti a uno di quei traumatizzanti salti tripli con il trapezio senza rete di protezione, ai quali in cicli irregolari ci siamo abituati. Il detonante può provenire in questo caso da un lato dalle oscillazioni delle variabili interne degli Stati Uniti, che già si avvertono e dall’altro, forse, soltanto forse, forse, dalle aspettative di liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli, ai cui dettami si otterrebbe questo parto con robusti forcipi applicati da rozze levatrici da cui nascerebbe l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
La struttura e la caratteristica del mercato dello zucchero all’interno degli Stati Uniti, in vigore da circa una ventina di anni, potrebbe stare per raggiungere il suo apice prima di iniziare un nuovo rivolgimento nel suo status, ciò che, d’altra parte, non è stato estraneo alla sua storia bicentenaria.
Dall’inizio della fondazione degli Stati Uniti, lo zucchero è stato uno dei prodotti sui quali più ha gravato l’intervento statale e per i quali non sempre ragioni economiche, ma piuttosto politiche hanno pesato sulle decisioni dell’Amministrazione e quelle del Congresso. Questa vecchia storia cominciò a partire dal 1789 quando lo zucchero venne gravato da un dazio aumentato di due volte e mezzo che avrebbe costituito per un secolo il principale introito del Bilancio della nascente nazione.
Con il tempo la sua importanza come fonte di introiti andò diminuendo. Intanto, la vasta superficie della nazione, il suo gradevole territorio, le sue diverse zone climatiche e, soprattutto, il suo imponente sviluppo dopo la fine della Guerra civile, fecero sorgere un’incipiente industria dello zucchero, sia di canna che di bietola, che era necessario proteggere dalla concorrenza dello zucchero di canna prodotto a minor costo nei paesi tropicali. Allora, nel 1894 si passò ad un nuovo sistema di dazio, in vigore fino al 1934, il cui obbiettivo non sarebbe stato il Bilancio, ma la difesa a oltranza di questi produttori domestici, ciò che avrebbe fatto prosperare la produzione continentale, quella delle colonie di Porto Rico, Hawaii, Filippine e della semicolonia Cuba.
La Grande Depressione del 1929 e la particolare crisi concomitante a Cuba portarono una situazione di instabilità nel mercato mondiale che si sarebbe affrontata con il sistema della quote promulgato dalla Legge Costigan-Jones del 9 maggio 1934, la quale, con successive modifiche, avrebbe mantenuto la sostanza del suo spirito per 40 anni.
Nel 1959, al sorgere della Rivoluzione, Cuba, benché il suo peso andasse gradualmente decrescendo nel mercato nordamericano, ne era ancora il principale fornitore esterno con il 75% delle importazioni. Fino a quando, il 6 luglio 1960 - appellandosi a quell’inefficiente armamentario politico delle sanzioni economiche, tanto caro e tanto costoso per Washington - l'Amministrazione del Generale Eisenhower avrebbe tagliato con un colpo netto e irriflessivo un complesso sistema commerciale. Allora fu il caos e il predominio delle tenebre.
Si aprì una fase differenziata in cui si acutizzava il tradizionale interventismo nordamericano verso lo zucchero di canna, un prodotto nobile e dolce, ma che l’ingiusto ed antieconomico controllo statale dei "liberali" PS, hanno fatto diventare amaro per i molteplici produttori dei Paesi Sottosviluppati (PSS).
Alla fine del 1974 il sistema delle quote venne sospeso. Il protezionismo per i suoi produttori interni si mantenne ricorrendo ad una serie di meccanismi quali differenti tariffe e dazi, sussidi diretti ai produttori, programma di prestiti della Corporazione di Crediti per Produttori di Base (nota per il suo acronimo in inglese CCC), protezione del prezzo interno mediante il sistema di diritti e ricarichi, infine, il ritorno al sistema delle quote alla metà del 1982. Da allora, ciascuna di queste varanti veniva imposta secondo il predominio congiunturale delle alleanze tra lobby di produttori di zucchero di canna e di barbabietola contro quelli di Jarabe de Maíz Rico en Fructuosa (JMRF), o quella di questi tre allora solidali contro i consumatori, o quella dei raffinatori ed importatori di grezzo contro quella dei produttori.
Nuovi fattori si aggiunsero a quelli già menzionati per modellare il sistema attuale allora proibito. Il consumo assoluto di zucchero da parte della popolazione avrebbe cominciato a diminuire dalla metà degli anni ‘70. Alla stessa epoca avrebbe primeggiato il JMRF, strappando in un’offensiva tipo Blitzkrieg, il mercato fino a controllare circa due terzi del consumo. La coltivazione della barbabietola, più costosa che la canna e meno concorrenziale di altri raccolti, diminuì in proporzione maggiore di quest’ultima. Infine, mentre nello scorso decennio il prezzo al consumo aumentò di circa la metà, il ricavo dei coltivatori si mantenne, disincentivandoli, stabile.
Il risultato finale è che non solo i produttori di zucchero dei PSS hanno gustato l’amaro sapore dello zucchero, ma anche quelli degli Stati Uniti hanno assaporato i loro dispiaceri. Dagli inizi della decade degli anni ‘80 la produzione di entrambe le coltivazioni languisce con la scomparsa graduale di impianti di lavorazione della barbabietola, centrali per la produzione di zucchero di canna, raffinerie e antiche aree dedicate a queste coltivazioni.
Tuttavia, in questi momenti, nuovi elementi puntano a un’inevitabile rivalutazione e ristrutturazione del mercato competitivo. Da una parte il prezzo dello zucchero è cresciuto ai livelli più alti degli ultimi 5 anni, dall’altra il basso consumo dello zucchero da parte della popolazione è salito modestamente e, per ultimo, il mercato di consumo specializzato del JMRF sembra aver toccato già il limite di saturazione, poiché, a causa delle sue caratteristiche di struttura, dolcezza etc., i suoi principali destinatari sono stati l’industria alimentare - specialmente quella delle bevande (i cosiddetti soft drink) - quella dei cereali e quella dei prodotti da forno. Pertanto i potenziali incrementi di produzione dovranno essere per forza soddisfatti o dalla canna o dalla barbabietola.
Esistono inoltre gli accordi del 1995 della OMC che obbligano i PS ad una riduzione graduale fino all’anno 2000 di sovvenzioni e sussidi alle coltivazioni, per cui, se si rispetteranno tali impegni (la OMC è stata impegnata a regolare il mercato dei servizi, questa nuova importante voce del commercio estero dei PS), alla luce delle nuove circostanze della soglia raggiunta dal JMRF, un’ulteriore domanda del mercato, o anche la produzione attuale, non potrà essere sostenuta da molti imprenditori dall’interno degli Stati Uniti e il deficit allora dovrà essere soddisfatto mediante importazioni.
Per i minacciati produttori di canna e barbabietola nel territorio continentale degli Stati Uniti, che possono sostentarsi soltanto mediante sussidi ed altre prebende statali, sarebbe molto benefica l’acutizzazione del grave screzio tra gli Stati Uniti e la UE derivante dalle sanzioni della Legge Helms-Burton che indubbiamente minacciano le fragili fondamenta della OMC.
In modo speciale ci guadagnerebbero quelli della canna, meno costosa, e tra loro, quelli dello stato della Florida - il principale produttore continentale, dove, non a caso, i più importanti imprenditori sono i fratelli Fanjul, una famiglia di cubani emigrati, rampolli dei Rionda Fanjul e dei Gómez-Mena, due robusti rami dei leggendari Taipanes della favolosa saga saccarifera cubana dell’inizio del secolo, quelli che, secondo ciò che si dice, sono stati generosi e ferventi promotori di detta Legge.
In sunto, gli Stati Uniti sono costretti, presto o tardi, ad una inesorabile decisione nella loro politica saccarifera: o mantenere ostinatamente il modello attuale favorendo qualche migliaio di latifondisti coltivatori di canna e barbabietola privi di maggior peso politico o economico o, al contrario, sacrificarli a beneficio dei suoi principali produttori agricoli, quelli di maggiore produttività e di maggiore esportazione mondiale ai quali la liberalizzazione del commercio agricolo preconizzato dalla OMC aprirebbe mercati illimitati. Con quest’ultima opzione inoltre, si favorirebbe la popolazione consumatrice, diminuendo l’attuale sovrapprezzo minoritario dello zucchero e si aprirebbe una possibilità certa per l’Iniziativa della Conca dei Caraibi - questo arnese dimenticato, ideato da Reagan, che Clinton ha appena tolto dalla polvere - in quanto questi paesi vedrebbero incrementate le loro potenzialità di vendita sia negli Stati Uniti che nella UE.
Se questo fosse un mondo assennato ci sarebbero giustificate speranze che, per una volta, si possa addolcirsi la festa per gli sfortunati produttori di canna da zucchero dei PSS. Ma staremo a vedere, poiché in realtà lo zucchero addolcisce soltanto - con frugalità dietetica - i dessert dei buongustai del Primo Mondo...