OPERAZIONE CHIRURGICA IN PALESTINA

Il Messaggero del  17/4/2002  pubblica nella stessa pagina (pag.9) due servizi a dir poco antagonistici. 

Una descrizione (su cinque colonne)  della "operazione chirurgica" perpetrata dall'esercito israeliano nel campo profughi palestinese di Jenin, che è stato completamente distrutto: i cadaveri (forse di cinquecento persone, secondo le valutazioni degli operatori della Mezza Luna Rossa) impastati dai buldozer insieme con le macerie, le pochissime case ancora in piedi  piene di cadaveri  e svuotate di ogni suppellettile dai soldati di Israele , un monaco buddista giapponese che grida "raccontatelo al mondo".   Non vogliamo insistere sugli orrori  e trascuriamo le meno generiche descrizioni  dell'inviato del Messaggero. 

A fianco di questo servizio di Guido Alferj, c'è, su due colonne, un resoconto della sfilata  di Ebrei filo israeliani capeggiata da Massimo Teodori e Giuliano Ferrara, che il 15 aprile ha agitato  nel centro di Roma centinaia di bandiere israeliane in segno di solidarietà con lo Stato di Israele.

Solidarietà con che cosa?  Con i massacri di popolazioni inermi?  O con l'idea insensata che il terrorismo si combatta  coi buldozer, i missili, le bombe e i carri armati? Magari tagliando le braccia alla statua della Madonna di Betlemme? 

Poiché gli Ebrei di quella sfilata filo israeliana  erano più numerosi di quel  che molti si sarebbero aspettato, anche se non erano  le migliaia dichiarate dagli organizzatori,  ci sembra giusto precisare che essi non rappresentano gli Italiani ebrei  e nemmeno la maggioranza di essi. Moltissimi Ebrei non sono "solidali" con lo Stato di Israele e da anni si dissociano dagli espropri, dalle angherie, dai Massacri e dalle mortificazioni perpetrate dagli Israeliani contro i Palestinesi.  Poco meno di un anno  fa lo hanno fatto pubblicamente su "Il Manifesto" con un comunicato che riproduciamo qui. 

 

EBREI  ITALIANI  PER  LA  PACE 

    Rispondiamo alla richiesta degli intellettuali, universitari e cittadini israeliani esprimendo la nostra ferma condanna  della politica di repressione violenta e di blocco messa in atto dal governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese.

     In questo contesto, scegliamo di esprimerci in quanto ebrei, per negare al governo israeliano la possibilità di legittimare il proprio operato dichiarando di agire in nome del popolo ebraico, del quale anche i firmatari e le firmatarie di questo testo fanno parte.  Con l'intenzione di contribuire con questo gesto alla creazione di una reale mobilitazione per una pace giusta e duratura nell'area, sollecitiamo un impegno del governo italiano e dell'Europa in favore dell'intervento immediato di una forza internazionale di pace, forse l'unico strumento utile ad interrompere questa ormai insopportabile spirale di sangue e di violenza, e ribadiamo l'urgenza della ripresa delle trattative. 

     Intendiamo anche sottolineare che a nostro avviso una pace giusta e duratura è raggiungibile solo attraverso:

  - la fine dell'occupazione militare della Cisgiordania e di Gaza e lo smantellamento degli insediamenti;

  - la creazione di uno stato palestinese a fianco dello stato israeliano sulla base dei confini del 1967, comunque sicuri per entrambi;

  - il riconoscimento di Gerusalemme come capitale condivisa ai due stati.

Contestualmente invitiamo il governo di Israele a:

- riconoscere che la nascita dello stato d'Israele, che rappresentò un modo con cui l'umanità cercò di riconoscere il debito contratto con il popolo ebraico nei secoli, determinò , con la conseguente guerra del 1948, un fatto carico di drammi e terribili conseguenze per il popolo palestinese, e quindi ad accettare oggi di essere parte attiva nella ricerca di una soluzione concretamente attuabile del problema dei profughi, 

- garantire parità di diritti e giustizia per i Palestinesi con cittadinanza israeliana; 

- operare per un'equa distribuzione delle risorse tra i due stati, per la giustizia sociale ed economica per i loro cittadini e cittadine;

- impegnarsi a trovare la propria funzione specifica per un pieno inserimento culturale, economico e sociale nell'area .

Sollecitiamo l'adesione a queste richieste da parte di tutti coloro che, a partire da queste convinzioni,vogliono dire apertamente  e con forza  "Non in mio nome", come hanno fatto tanti Ebrei in tutto il mondo.

Vediamo in questo anche un modo per evitare che su questo conflitto pesino inconciliabili estremismi e fondamentalismi religiosi.  Siamo infatti fermamente convinti che solo su  un terreno laico e democratico, che sappia porre al primo posto la giustizia ed i diritti delle persone tutte, sia possibile trovare una soluzione.  Iniziamo da qui per costruire anche in Italia un movimento che si inserisca nella più ampia mobilitazione internazionale, con l'obiettivo (anche a partire da una richiesta di un'informazione corretta su quanto sta avvenendo in Israele e nei territori occupati) di compiere passi concreti in direzione di una pace giusta per i due popoli. 

Questo comunicato è stato pubblicato due volte da  "Il Manifesto", l'11 e il 23 maggio 2001 Ha raccolto via internet centinaia, forse migliaia di adesioni di Italiani ebrei: Evitiamo di pubblicare i nomi anche dei primi firmatari per non esporli ad eventuali rappresaglie, come del resto  ci siamo astenuti dal pubblicare i nomi degli Ebrei filo israeliani che hanno aderito alla sfilata del 15 aprile.

Visto che "nessuna delle parti è esente da  estremismi e fondamentalismi religiosi e politici", come hanno affermato gli stessi Italiani ebrei nell'unica frase omessa del loro comunicato.