Giacomo Leopardi

     La vita, le opere

 

Ben mille volte fortunato colui che la caduca virtù del caro immaginar non perde per volger d’anni…

                                                                           (Al conte Carlo Pepoli, 110-113, Canti)

 

 

 

Giacomo Leopardi nasce a Recanati venerdì 29 giugno del 1798, primogenito del conte Monaldo Leopardi e di Adelaide Antici. La famiglia Leopardi vive in quegli anni una precaria situazione economica causata da alcuni investimenti scellerati da parte di Monaldo: schiacciato dai debiti, il conte si vede costretto a chiedere aiuto a Pio VIII e nel 1803 ottiene dal papa un “salvapersona” che prevede l’annullamento del debito (quarantottomila scudi) in quarant’anni grazie a forti trattenute sulle rendite della famiglia. Nonostante queste grandi difficoltà la famiglia continua a vivere nel ricco palazzo di Recanati e non licenzia un solo inserviente. In questo singolare ambiente da signoria decaduta cresce il piccolo Giacomo in compagnia del fratello Carlo e della sorella Paolina. La prima educazione gli viene impartita dal padre e da alcuni precettori ma presto il piccolo Giacomo rivela una straordinaria capacità recettiva ed un’anomala smania di sapere. A soli dieci anni decide di divenire autodidatta e continua i suoi studi immergendosi nella ricca biblioteca paterna, dotata di oltre diecimila volumi: iniziano così sette anni di studio matto e disperatissimo durante i quali perfeziona la conoscenza del latino, apprende il greco da autodidatta e forma la sua eccezionale cultura ma allo stesso tempo indebolisce la propria salute fino a ritrovarsi, a soli diciotto anni, sfigurato da una gobba e con seri problemi agli occhi. In questo periodo Giacomo mostra una predilezione per gli studi di filologia e non sembra avere ancora raggiunto una propria originalità nello stile e nella filosofia ma già cresce in lui quello che sarà il suo pensiero. Significativa a questo proposito è la canzonetta per il giorno delle ceneri, scritta da Giacomo a soli tredici anni:

 

Forse di questa notte

Io non vedrò l’aurora

Di questa notte ancora

La notte non vedrò.

Mi stia dunque in pensiero

Ch’ho da morire adesso

Perché morendo spesso

Meglio morir saprò.

 

Nel 1815 inizia un importante cambiamento in Leopardi: avviene in questo periodo una “conversione” che lo porta verso l’infelicità, la coscienza della propria miseria, verso la poesia. Nel 1816 compone L’inno a Nettuno e le Odae adespotae, imitazioni della poesia classica, ma anche la prima poesia originale: L’appressamento della morte.  Compone l’idillio Le rimembranze. Riesce a far pubblicare sullo “spettatore” il Saggio di traduzione dell’odissea. L’anno 1817 è importante per l’inizio del rapporto epistolare con il famoso classicista Pietro Giordani. Inizia inoltre la stesura dello Zibaldone, prezioso diario che oggi ci permette di cogliere in pieno l’evolversi della filosofia di Leopardi. Nel 1818 scrive le prime canzoni, le patriottiche All’Italia e Sopra il monumento di Dante e riceve la graditissima visita del Giordani: a vent’anni Giacomo lascia per la prima volta il palazzo senza essere accompagnato dal padre o da un precettore. Il 1819 è caratterizzato da un altro decisivo periodo di crisi: compone l’infinito e alla luna. Leopardi si sente sempre più malato e sempre più schiavo di quel palazzo e del padre: a luglio inscena un maldestro tentativo di fuga che fallirà miseramente. Raggiunge una maggior consapevolezza della propria infelicità. Si consuma in questo periodo la conversione da poeta a filosofo.

Nel 1822 riesce finalmente ad allontanarsi da casa per un lungo periodo: il 17 novembre parte per Roma in compagnia dello zio Carlo Antici. Nella grande città spera di trovare quel mondo che fino ad ora ha potuto solo studiare e sognare da Recanati ma l’esperienza romana lo delude profondamente e gli rivela la propria inettitudine alla vita mondana tanto che  presto comincia a sentire la mancanza della sua “prigione”. Uno dei pochi momenti alti di quel soggiorno è la visita alla tomba del Tasso che lo commuove profondamente. Il tre maggio ’23 torna al palazzo paterno. Nel 1824 compone le prime operette morali , brevi racconti che impregna della propria visione pessimistica dell’universo.  Nel 1825 raggiunge Milano per una collaborazione con l’editore Stella e qui incontra il Monti. Ad ottobre si stabilisce a Bologna e gli si trattiene per oltre un anno. Qui diventa amico di Brighenti, Papadopoli e Carlo Pepoli, al quale dedica un Canto. Conosce Teresa Carniani Malvezzi e se ne invaghisce, ma presto la scoprirà tanto diversa dal proprio ideale poetico di donna come purezza e perfezione da farle guadagnare l’appellativo di ”puttana”. Nell’estate del ventisei appare a Bologna l’edizione dei Versi.

L’undici novembre del 1826 torna a Recanati e nell’aprile del ’27 è ancora a Bologna. Qui incontra Antonio Ranieri, figura controversa ed inaffidabile ma unica presenza costante negli ultimi anni del poeta.  Si trasferisce a Firenze dove entra in contatto con Vieusseux ed altri intellettuali vicini alla

“Antologia”, tra cui Capponi ed il Colletta. Ha occasione di partecipare a feste e salotti nella Firenze bene. In una di queste occasioni incontra Manzoni. Si trasferisce poi a Pisa, dove compone a Silvia.

 Dal 1828 al 1830 è nuovamente a Recanati. In questo periodo compone i cosiddetti Grandi Idilli.

Le sempre più precarie condizioni fisiche gli impediscono di mantenere l’impegno preso con l’editore Stella per alcune pubblicazioni. Nel maggio del 1830 riesce a tornare a Firenze dove riallaccia i rapporti con Ranieri e s’innamora di Fanny Targioni Tozzetti: ma anche questo ultimo suo amore si rivela presto una grande delusione, tanto che alla accattivante Fanny Leopardi darà il nome di Aspasia.

Nel 1831 esce a Firenze la prima edizione dei Canti. In autunno Giacomo si trasferisce a Roma in compagnia di Ranieri. L’anno seguente i due tornano a Firenze dove Leopardi compone l’ultima delle operette morali, il Dialogo di Tristano ed un amico. Nello stesso periodo scrive le ultime annotazioni nello Zibaldone.

Gli ultimi anni di vita del Leopardi si consumano a Napoli, dove vi si stabilisce nel 1833 in compagnia dell’amico Ranieri . Compone i canti dedicati a Fanny (il pensiero dominante, Amore e morte, Aspasia).  e nel 1836, in una villa a torre del greco, La ginestra, testamento morale dell’autore:

 

…e tu, lenta ginestra,

che di selve odorate

queste campagne dispogliate adorni                          (da La Ginestra, v297-317)

anche tu presto alla crudel possenza

soccomberai del sotterraneo foco,

che ritornando al loco

già noto, stenderà l’avaro lembo

su tue molli foreste. E piegherai

sotto il fascio mortal non renitente

il tuo capo innocente:

ma non piegato insino allora indarno

codardamente supplicando innanzi

al futuro oppressor; ma non eretto

con forsennato orgoglio inver le stelle

né sul deserto, dove

e la sede e i natali

non per voler ma per fortuna avesti;

ma più saggia, ma tanto

meno inferma dell’uom, quanto le frali

tue stirpi non credesti

o dal fato o da te fatte immortali.

 

Giacomo Leopardi muore a Napoli il 7 giugno 1837.

                                                                                                                            By Andrea Orlando

 

                                                                          

 Le opere

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