MATTEO DELL'OLIO

Prof. ord. dell'Univ. di Roma La Sapienza

SUBORDINAZIONE E LAVORI "ATIPICI"

SOMMARIO: 1. Le origini. - 2. Il codice del 1942. - 3. Il sistema. - 4. La subordinazione nel contesto dei principi costituzionali. - 5. Il lavoro autonomo. - 6. Subordinazione e contratto. - 7. Lavoro e impresa. - 8. Il lavoro parasubordinato. - 9. La subordinazione nella giurisprudenza di legittimità. - 10. Orientamenti della giurisprudenza di merito. - 11. Subordinazione "socio economica" e "debolezza contrattuale". - 12. Le prospettive di riforma e i lavori "atipici". Considerazioni generali. - 13. Il modello binario. - 14. Conclusioni

  1. L’idea della subordinazione segna fin dall’inizio la concezione italiana, almeno quella subito vincente, del lavoro quale oggetto, prima che di un ramo dell'ordinamento o della scienza, del contratto così identificato e proposto allo studio "nel diritto positivo".
  2. La presenza di quest'elemento, infatti, è rilevata o intuita in definizioni o descrizioni normative, sia settoriali o occasionali sia più generali e risalenti, fino a quella, di derivazione francese e al fondo romanistica, della prima codificazione unitaria, con la menzione, tra le "principali specie" di "locazione d'opere", di quella delle persone che "obbligano la propria opera all’altrui servizio" (e non possono farlo, come ivi si dice per tutta disciplina, volta a escludere il risorgere di altri tipi di servizio o servitù, se non "a tempo o per una determinata impresa").

    E la sua indicazione è stata suggerita al legislatore, con sempre maggior nettezza e compiutezza, come risultato dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, ma anche messaggio pervadente tutta la "legislazione sociale".

  3. La recezione nella codificazione tuttora vigente, con una formulazione che ha acquistato respiro attraverso il passaggio dall'originario riferimento al contratto a quello al "prestatore", si può quindi considerare una sorta di explicatio del termine, o concetto, anzi il primo livello di questa.
  4. Infatti enuncia, anche nei loro nessi logici, gli elementi poi sviluppati e regolati dalle norme successive, a loro volta contenenti, di solito, la fissazione di principi con rinvio, per l'attuazione, alla legislazione speciale e soprattutto alla contrattazione collettiva.

    Tale, oltre alla stessa identità dei prestatori, poi distinti in categorie, l'assunzione, pur sempre contrattuale, con le modalità ammesse e le canalizzazioni previste, dell'obbligazione di lavoro, "mediante retribuzione", cioè a titolo oneroso e per procurarsi i mezzi di vita.

    E tale la funzione collaborativa, propria di tutte le obbligazioni ma qui radicata "nell'impresa", in senso non strettamente topografico, e concretata nella prestazione del "proprio lavoro", "intellettuale o manuale", dunque di qualsiasi sorta di attività economicamente valutabile, "alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore".

    Culmine della definizione, questo, poi esplicato con l'indicazione della diligenza da impiegare, che deve essere coerente alla natura della prestazione e all'interesse con essa perseguito; della fedeltà da osservare, che così non è enfatizzabile al di là del diritto delle obbligazioni; della soggezione al potere direttivo e a quello disciplinare.

  5. Il sistema allora delineato segna l’abbandono del modello locativo e insieme la ricomprensione anche del lavoro autonomo, con la caratterizzazione di essere almeno prevalentemente personale, sempre come oggetto di un contratto, detto d'opera e così distinto dall'appalto, sotto la rubrica generale del lavoro.
  6. Questa, anzi, solo in tali limiti si può dire coerente ai contenuti, che per il resto non hanno omogeneità, né di fattispecie né di disciplina, concernendo in realtà, sotto il nome di lavoro "in forma organizzativa", anche l'impresa e appunto le sue forme.

  7. Il senso e il rilievo più compiuti, però, la subordinazione si può dire averli raggiunti nel contesto dei principi costituzionali, con l’affermazione, anzi il vero teorema, che siccome il rapporto di lavoro subordinato "è il solo a porre, sia pure per necessità istituzionale, un soggetto alle dipendenze di un altro", tutto il diritto del lavoro si caratterizza, ma anche si identifica, per la sua funzione di "tutela della libertà anzi della stessa personalità umana del lavoratore", appunto subordinato.
  8. Con ciò, invero, la subordinazione, che anche in sé si pone come bensì "personale" ma soltanto "tecnica" e "funzionale", assurge a chiave, insieme, etica e logica del diritto del lavoro.

    Anzi ha un ruolo simile, e collegabile in più ampio sistema, a quelli dell'interesse collettivo nel diritto sindacale e della solidarietà nella previdenza o sicurezza sociale.

  9. Il lavoro che dà il nome a un ramo del diritto, nella prospettiva così segnata, è dunque in principio quello subordinato.
  10. Verso il lavoro autonomo sussiste tuttavia una sorta di apertura o disponibilità, sicchè all’originaria assenza di ragioni che impongano una disciplina speciale può far seguito l'emergere di queste con riferimento ai casi in cui anch'esso è prevalentemente personale e come tale oggetto di un impegno di tutela enunciato nello stesso contesto, da cui si distacca invece quella dell'impresa, più corentemente e anche dialetticamente individuata in termini di iniziativa economica, salvo però il rilievo come sede o condizione di esercizio del diritto al lavoro.

    Ciò non significa, ovviamente, identità, né di fattispecie né di disciplina, tra il lavoro subordinato e quello autonomo, normativamente descritto come l’assunzione dell’obbligazione di "compiere" verso corrispettivo un'opera o un servizio, non indicandisi né evocandosi così la mera esecuzione, e tanto meno lo stare o porsi "al servizio" di qualcuno, ma l’accomplissement o la perfectio dell’opera o servizio, e quindi l’assumersi interamente l’uno o l’altra, con esclusione solo così non tautologica, ma se mai esplicativa, del "vincolo di subordinazione nei confronti del committente".

    Tuttavia l’attenzione a questo lavoro, appunto per il suo essere prevalentemente personale, si traduce, già alla stregua della codificazione, intanto nella commisurazione del compenso, ove non stabilito dalle parti né ricavabile da tariffe professionali o usi, non solo "al risultato ottenuto" ma anche e soprattutto al "lavoro normalmente necessario per ottenerlo".

    Inoltre il trattamento, a ben vedere, è di favore, appunto per il prestatore, soprattutto in tema di recesso e responsabilità, rispetto a quello stabilito subito dopo per le professioni intellettuali, giacchè queste, che costituiscono tipo qualificato di lavoro autonomo, sono regolate, quando lo sono, in termini che oltre all’interesse del professionista o prestatore, a confronto con quello del cliente, tengono presenti sia quelli degli altri esercenti, di ampiezza e rilevanza almeno collettiva, sia e soprattutto quelli generali all’affidabilità e al corretto esercizio della professione.

  11. Sviluppo dogmatico delle impostazioni fin qui delineate, ma anche loro portata garantistica e di argine a concezioni istituzionali, rimaste infatti ai margini della giuslavoristica italiana, è la riconduzione della subordinazione al contratto, di cui appunto l’assunzione dell’obbligazione di lavorare alle dipendenze del datore di lavoro, come già accennato, è contenuto fondamentale e chiave degli effetti.
  12. Tra questi, per segnare un aspetto evolutivo, rientra, pur nei limiti della qualifica, il potere ma anche l’onere e per certi versi l’obbligo, per il datore di lavoro, appunto di dirigere la prestazione e così di impiegarla secondo le esigenze anche mutevoli dell’impresa, mentre nel lavoro autonomo la prestazione è regolata nella fase formativa e comunque dalla volontà paritaria delle parti.

    Né da ciò si distacca il recupero, nella dottrina e giurisprudenza più recenti, della funzione dell’autonomia individuale anche quanto alla scelta del tipo, appunto di contratto, in cui dedurre l’attività, reciprocamente alla già accennata acquisizione che ogni attività umana economicamente utile può costituire oggetto di lavoro sia subordinato sia autonomo.

    Limite, tuttavia, è che il nomen adottato, se fa sorgere per chi voglia contraddirlo l’onere di allegare e provare gli elementi rilevanti, non prevale sul concreto modo di atteggiarsi del rapporto né può essere usato in tal senso dallo stesso legislatore.

  13. Retaggio sistematico, solo di recente in via di superamento, della già ricordata collocazione della disciplina del lavoro in un libro intitolato a questo ma concernente anche e soprattutto l’impresa, per contro, è la scelta, come tipo fondamentale, appunto del "lavoro nell’impresa".
  14. Ai rapporti non inerenti all'esercizio di un'impresa, invece, le norme stabilite con riferimento al lavoro subordinato si applicano "in quanto compatibili" con la "specialità" così per essi postulata.

    E alcuni sono stati regolati come "speciali", con riguardo anche espresso proprio alla nozione di subordinazione.

  15. Successiva alla codificazione, e volta dapprima ad estendere l’efficacia soggettiva dei contratti o accordi collettivi fino a quel momento stipulati, poi a segnare l’area della riforma processuale, o meglio degli strumenti più caratteristici di tutela dei diritti, è l'individuazione di una tipologia apparentemente intermedia di rapporti: quelli di "agenzia", "rappresentanza commerciale" e gli altri "di collaborazione", "che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato".
  16. Segnalata come aspetto della tendenza espansiva del diritto del lavoro, per l'assimilazione, anche processuale, al lavoro dipendente, di alcune forme indipendenti, la seconda di queste previsioni, introduttiva di quella che da allora è stata chiamata la parasubordinazione, ha avuto effetto soprattutto sistematico, come l’ampia giurisprudenza che la ha applicata, essenzialmente ai fini della competenza e della procedura per le controversie, le stesse dei rapporti di lavoro subordinato.

    Invece l’assenza di una disciplina sostanziale, e così di oggetto per gli stessi profili sostanziali della tutela, ne hanno fatto in realtà una sorta di via di fuga o zona franca proprio rispetto alla disciplina sostanziale del lavoro subordinato.

    E dalla nozione di questo ha altresì portato a escludere, perché espressamente dichiarati compatibili con l’assenza di subordinazione, aspetti come la continuità della prestazione e correlativamente del compenso.

    Né contributi sistematici sono venuti dalla disciplina tributaria e da quella previdenziale, a sua volta soprattutto contributiva, che si sono limitate, ai propri fini, appunto essenzialmente impositivi, a riprodurre la formula processualistica.

    La seconda, anzi, concerne, anche per le prestazioni, solo i casi di estraneità anche soggettiva ad altre aree, e quindi ha soprattutto un ruolo disincentivante, rispetto all’accennata fuga o elusione, che però è a sua volta ridotto dal comunque minor peso impositivo.

    Parimenti ridotto ed anzi nullo, finora, deve dirsi il contributo dell’autonomia collettiva.

    Questa, infatti, si può dire presente solo nei settori in cui la sua tradizione era anteriore alla stessa disciplina legale, che a sua volta ha "nominato" questi rapporti, in particolare l'agenzia.

    Ed è stata espressamente introdotta e supportata dalla legge in taluni.

    Ma è tuttora pressochè muta negli "altri", malgrado il sostegno ricavabile dalla stessa disposizione su cui è stata costruita l’efficacia dei contratti collettivi.

    Elemento o qualità differenziale, rispetto al lavoro subordinato, quando sussistano la continuità e la personalità, che qui può essere anche solo prevalente ma non perciò si traduce in esclusività, resta appunto la coordinazione.

    Ma questa a sua volta ovviamente non è soggezione a un potere del committente, perché allora tutti i prestatori da "coordinare" sarebbero in realtà subordinati.

    E', invece, come già detto per l’autonomia, cui sotto questo profilo la parasubordinazione appartiene, necessità di intese inter pares, nella fase formativa o volta per volta, solo a queste essendo affidata anche l’organizzazione.

  17. La giurisprudenza di legittimità si può riassumere in una massima, sia pure complessa.
  18. Essa infatti dice costantemente che può configurasi una "nozione giuridica" di subordinazione, basata sull’"assoggettamento della prestazione lavorativa al potere del datore di lavoro di disporne secondo le mutevoli esigenze di tempo e luogo proprie dell'organizzazione imprenditoriale e di determinarne le concrete modalità con l'imposizione di decisioni e istruzioni alle quali il lavoratore è obbligato ad attenersi, nella permanenza dell'obbligazione del medesimo di mantenere nel tempo la messa a disposizione delle proprie energie lavorative".

    Ma aggiunge che possono tuttavia postularsi "elementi sintomatici della situazione di subordinazione", quali "la continuità dello svolgimento delle mansioni", "il versamento a cadenze periodiche del relativo compenso", "la presenza di direttive tecniche e di poteri di controllo e disciplinari", il "coordinamento dell'attività lavorativa rispetto all'assetto organizzativo aziendale", "l'alienità del risultato", "l'esecuzione del lavoro all'interno della struttura dell'impresa con materiali ed attrezzature proprie della stessa", "l'osservanza di un vincolo di orario", "l'assenza di rischio economico".

    E sottolinea che il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo ha carattere sintetico, dovendosi, una volta rilevati alcuni indici significativi, valutarli nel loro insieme, in relazione alle peculiarità del caso concreto.

    Con il che in realtà tende ad affastellare elementi rientranti nella nozione di subordinazione, che proprio in quanto "giuridica", anzi legale, dovrebb'essere la sola rilevante, ed altri che se mai esprimono presupposti, conseguenze, aspetti collaterali.

  19. Per la giurisprudenza di merito si vuol qui ricordare una recente indagine, forse più significativa di molte rassegne, da cui emerge che, di tutte le sentenze di primo grado pronunziate nell’arco di un anno solare nel più grande ufficio giudiziario, con oltre trenta giudici addetti e una circoscrizione non comprendente grossissimi complessi industriali ma ad economia fortemente "terziarizzata", dove più frequente è il sorgere di controversie di tal sorta:
  20. circa un decimo, senza contare quelle nei confronti degli enti previdenziali, riguardavano appunto la natura del rapporto, quasi sempre su istanza dei prestatori;

    gli elementi più frequentemente considerati decisivi, anche in concorso tra loro, sono stati:

    l’assoggettamento a vincoli di orario e frequenza (71%)

    la corresponsione di compensi fissi e a cadenze prestabilite (51%)

    la continuità della prestazione (42%)

    l’assenza di organizzazione a impresa del lavoratore e l’uso di strutture della controparte (37%)

    il nomen iuris attribuito dalle parti al rapporto (32%)

    la natura meramente esecutiva delle prestazioni (31%)

    l’assenza dì rischio economico a carico del lavoratore (27%)

    l’inserimento del lavoratore nell'organizzazione d'impresa (19%)

    il regime di esclusiva della prestazione (16%)

  21. Solo echi, attraverso l'accennata contrapposizione a una nozione "giuridica" e soprattutto il riferimento all'"alienità del risultato", trovano in giurisprudenza le proposte dottrinali di una concezione "socio-economica" della subordinazione, da sostituire o giustapporre a quella, incentrata sulla prestazione, che invece sembra accolta dalla legge.
  22. Né più che un presupposto valutativo, sia con riguardo a norme esistenti sia in prospettiva d'innovazione, sembra poter essere considerata la "debolezza contrattuale"

  23. Delle proposte di riforma, estremamente varie per radice, contenuto, incidenza, attualmente in discussione, sembra potersi cogliere intanto lo spirito di allargamento dell’area del diritto del lavoro, anche solo in senso culturale, a tutte le prestazioni almeno prevalentemente personali, incluse quelle delle professioni intellettuali in senso tradizionale, di cui va forse difesa proprio la personalità, prevalente sul piano qualitativo, e con essa la libertà.
  24. La figura generalissima, che così sembra delinearsi, del lavoro personale svolto a favore di altri, con un’articolazione o graduazione tra lavoro subordinato, autonomo, professionale, si può in questa prospettiva ulteriormente qualificare con riferimento alla continuità del rapporto, intuita già alla stregua della codificazione, sotto il nome di stabilità, per quello di agenzia.

    A questo stadio di analisi, senza entrare nei profili sociologici o di organizzazione professionale ed aziendale, può dirsi che la ricognizione dell’esistente segnala, insieme al diffondersi di rapporti comunque liminali alla subordinazione in senso classico, lo scompenso, anche della loro oscillazione, tra un’area sovraccarica e una vuota di tutele, benchè quasi paradossalmente fornita, come già visto, dei mezzi per questa e anzi identificata in loro funzione.

    Alternativa di fondo sembra essere, allora, o estendere l’area della tutela, riscrivendo la nozione di subordinazione, oppure riempire di disciplina l’area vuota, eventualmente con graduazione di tutele.

    Nella seconda direzione, che in realtà è la sola proponibile, non sembrando il sistema in grado di assorbire ulteriori appesantimenti e irrigidimenti, il progetto che ha già compiuto il primo tratto di strada parlamentare, assorbendo talvolta contenuti e ispirazioni di altri (cui per contro sembra aver tolto possibilità di successo autonomo), desta perplessità per la sua stessa intitolazione ai lavori "atipici".

    Per comune nozione, infatti, solo ciò che è tipico può essere preso in considerazione dal diritto, il quale se mai valuta la tipicità sociale o tipologia della realtà, mentre a ben vedere il lavoro parasubordinato è ancora atipico sul piano sostanziale, benchè nominato ai fini processuali e tributari, a parte le figure già in precedenza o indipendentemente tipizzate, come l’agenzia e, sotto altro profilo, il lavoro nell’impresa familiare.

    E comunque il diritto non può sfuggire alla tipizzazione, né delle fattispecie né delle discipline, tra cui deve anzi stabilire la corrispondenza.

    Quindi non è un’alternativa l’articolazione delle (sole) tutele, in una fattispecie unica, mentre anche la scelta, all’autonomia privata, può essere lasciata solo tra (ed entro) schemi definiti, in termini appunto sia di fattispecie sia di disciplina, e non risolta in una sorta di assoluta opzionalità di questa, bensì appunto in scelta tra vari modelli, e quindi anche combinazioni di tutele, con inderogabilità e coerenza, nonché rispondenza ai principi e valori costituzionali, di quelle comprese in ciascuno.

    Dal grado di omogeneità, al fondo, delle fattispecie e discipline, anzi, dipende la stessa possibilità o opportunità di disporle in una o in più aree.

    A ciò si possono ridurre sia la "trasversalità" di tutele da taluno proposta sia la riproduzione o trasposizione, perfino analogica, per il secondo tipo di lavoro, quasi in scala ridotta, delle stesse tutele caratteristiche del primo.

    Si tratta, anzi, di una tecnica nota a dottrina e giurisprudenza sui contratti innominati, o in questo senso atipici, che così si però si applicherebbe più o meno direttamente anche ai contratti collettivi, non senza accentuazioni della vis attractiva del modello principale, data la severità delle sanzioni per la sua dissimulazione sotto l’altro e addirittura la condiscendenza verso il "pentitismo" datoriale in proposito.

    Infatti ogni violazione è colpita da una sanzione pecuniaria d’importo non inferiore nel minimo ai compensi dovuti fino al momento dell'accertamento, e nel massimo al loro doppio.

    E la "conversione" in lavoro subordinato a tempo indeterminato è imposta, non senza tautologia, ove venga accertato dagli organi competenti con provvedimento esecutivo che il rapporto è in realtà di questo tipo, ed è per contro premiata, se "volontaria", anzi consensuale (e quindi a aquanto sembra anteriore all’accertamento), con i benefici, sgravi, incentivi, eventualmente riservati alle nuove assunzioni.

    Obiettivi di tal sorta, che anche nelle proposte si accompagnano a quelli, del resto indifferibili, della semplificazione dello stesso modello del lavoro subordinato, dell’abbassamento dei costi e oneri aggiuntivi, dell’assorbimento di quelli differiti e così via, sono peraltro perseguibili anche in un sistema unitario, sempre del lavoro subordinato, conservando questo come modello fondamentale e tuttavia articolandone le varianti, riducendone non tanto i vincoli ma gli oneri, sì da disincentivarne le elusioni e da lasciare il suo spazio naturale al lavoro veramente e interamente autonomo.

  25. In modelli binari o polimorfi, per contro, la via più semplice è l’introduzione di una disciplina sostanziale nell’area che ne è vuota, benchè delimitata ed attrezzata, quella appunto dell’attuale lavoro parasubordinato.
  26. Questo si può certamente chiamare "coordinato", per maggiore simmetria e coerenza espressiva, secondo una proposta che tendeva a dargli identità rispetto a quello subordinato, pur per la via dell’accentuazione dei poteri del committente, estesi a dare e modificare, durante l'attuazione del programma, indicazioni di indirizzo e istruzioni per il coordinamento.

    E del resto anche quella ora vincente contiene poco più che una parafrasi del testo anteriore, giacchè parla di "rapporti di collaborazione", "di carattere non occasionale", "coordinati con l’attività del committente" e "svolti senza vincolo di subordinazione, in modo personale e senza impiego di mezzi organizzati", "a fronte di un corrispettivo", rinviando alla contrattazione collettiva (delle organizzazioni "comparativamente più rappresentative") per l’eventuale ulteriore individuazione e definizione delle modalità di espletamento delle prestazioni e l’ammissione di rapporti di durata inferiore a tre mesi

    Contenuti fondamentali della disciplina proposta sono, oltre all’estensione delle norme sulle libertà e parità essenziali, i diritti d’ informazione e le iniziative di formazione, mentre è esclusa l’imposizione o previsione di qualsiasi tipo di orario, salvo i casi in cui la specificità della prestazione richieda l’indicazione di una determinata fascia oraria, in presenza di particolari esigenze del committente, e salva altresì la fissazione, d’accordo, di un termine per l’esecuzione di una parte specifica della prestazione.

    E’ prevista la forma scritta per i contratti, che devono, sotto pena delle sanzioni suaccennate (ma la previsione non può dirsi sufficientemente determinata) indicare:

    a) l'oggetto della prestazione;

    b) l’entità del corrispettivo che in ogni caso dev’essere proporzionato alla quantità e alla qualità el lavoro, e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva del settore o della categoria affine, ovvero, in mancanza, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo (previsione, anche questa, non chiara, e forse introduttiva di una sorta di applicazione analogica dei contratti collettivi);

    c) i tempi di pagamento del corrispettivo e la disciplina dei rimborsi spese;

    d) eventualmente lo job sharing, cioè la facoltà del prestatore di lavoro, previa accettazione del committente, di farsi sostituire temporaneamente da persona resa nota al committente stesso, o di lavorare in coppia, dando luogo, in entrambi i casi, a un unico rapporto con responsabilità solidale di ciascuno dei prestatori per l’esecuzione dell’intera opera o servizio;

    e) la durata del contratto, che in ogni caso non può essere inferiore a tre mesi, salvo che per i rapporti destinati per loro particolare natura a concludersi in un periodo di tempo inferiore, e salva l’accennata deroga da parte della contrattazione collettiva;

    f) indicazione dei motivi che possono giustificare la cessazione anticipata del rapporto, ove ancora non individuati dalla contrattazione collettiva nazionale;

    g) il rinvio alla stessa contrattazione collettiva per la definizione delle modalità, forme e termini di legittima sospensione del rapporto, in caso di malattia o infortunio, nonchè per l'eventuale previsione di penalità di natura (davvero inaccettabilmente) amministrativa, e non solo civile, nel caso di recesso ad opera di una delle parti, senza giustificate ragioni, prima del termine convenuto o successivamente prorogato.

    Inoltre i contratti collettivi possono (ma non si è mai dubitato che lo potessero anche prima) prevedere, in relazione alla cessazione dei rapporti:

    a) il diritto del prestatore di lavoro a una indennità di fine rapporto;

    b) il diritto di preferenza del prestatore di lavoro, rispetto ad altri aspiranti, nei casi in cui il committente intenda procedere alla stipulazione di un contratto di tipo analogo e per lo stesso tipo di prestazione, qualora lo stesso prestatore di lavoro non abbia subìto fondate contestazioni circa la prestazione effettuata e non sia stata anticipata, per ragioni giustificate ed obiettive, la cessazione del rapporto di lavoro rispetto alla sua durata contrattualmente prevista (previsione non chiara e fonte di controversie sulla "fondatezza" e "giustificatezza" di provvedimenti precedenti).

    Le disposizioni tributarie e previdenziali riproducono o aggiornano le precedenti, con una delega legislativa per la "ricongiunzione dei periodi.

    Tra i diritti sindacali non si possono considerare innovazioni i riconoscimenti di quelli di organizzarsi in associazioni di categoria o di settore o di ramo di attività, aderire ad organizzazioni sindacali di settore o di categoria e ad organizzazioni o associazioni anche intercategoriali, conferendo ad esse specifici poteri di rappresentanza.

    Di maggior interesse, quindi, è la menzione, con la tecnica già accennata, di ogni altro diritto sindacale compatibile con la particolare struttura del rapporto e specificamente di quello di partecipare alle assemblee indette dalle rappresentanze sindacali aziendali all'interno delle unità produttive delle aziende, mentre ulteriori forme di rappresentanza e di esercizio delle attività sindacali potranno essere individuate in sede di contrattazione collettiva nazionale.

    riproduttive di discipline già vigenti sono quelle sul processo e i privilegi

    Infine il procedimento preventivo di conciliazione e certificazione amministrativa sulla natura del rapporto, originariamente studiato con riferimento alla giurisprudenza formatasi in alcuni settori, e ora oggetto di una delega, non sembra poter strutturalmente "ridurre il contenzioso in materia di qualificazione del rapporto", giacchè non sono escluse e anzi sono espressamente ipotizzate "controversie", sia "sull’effettiva corrispondenza delle mansioni in concreto svolte e delle modalità effettive della prestazione rispetto a quanto risultante dalla documentazione" sia "sulla qualificazione del contratto", ed è soltanto prevista, allora, la valutazione, da parte dell'autorità giudiziaria competente, anche del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione.

  27. Se "il livello di una scienza si misura dall’ampiezza entro cui è capace di ospitare la crisi dei suoi concetti fondamentali", certamente il diritto del lavoro è a una prova importante.

Ma sembra poterla superare insieme, e non con la rinunzia, al concetto che ne ha finora, in Italia e dall’Italia, costituito la chiave.