Ikebana
Venuto in uso nel sec. XVIII,
il termine stava ad indicare in modo generico qualsiasi composizione naturale
di fiori o di piante esistente nella tradizione, ad eccezione del Rikka. In
tale senso è usato ancor oggi, sebbene arricchito di tutte quelle accezioni e
quelle sfumature che è andato acquistando nel volger dei tempi: Rikka o
Chabana, Shòka o Nageire, cioè di volta in volta, ieratica costruzione
geometrica o ascetica composizione intuitiva; formalismo calligrafico o ricerca
espressionistica; scultura o disegno, nel gusto e secondo l'intenzione e il
ritmo di vita della società che lo generava.
Fiori viventi, composizione
naturale, arte di disporre i fiori alla maniera giapponese.
E soprattutto natura vivente:
fiori, foglie, tronco o corteccia, radici vegetanti o rami disseccati, e ancora
sassi, sabbia, acqua. Tutto quanto esiste in natura può essere trasformato in
materiale compositivo, purché interpretato nella sua essenza di elemento
naturale, riordinato e riespresso e, da inerte, reso vivente.
All'origine è dunque la natura,
fonte inesauribile di materia prima. modello perfetto che l'uomo non può imitare
e 1'artista non deve contraffare. Viene quindi la regola: la capacità di
assicurare entro uno schema inalienabile ma mobilissimo, la perfezione di una
formula compositiva, rendere possibile il ripetersi all'infinito di una
creazione divenuta, per selezione, assoluta. Non copia di se stessa, ma
ricostruzione; poiché la natura non ripete mai identica una stessa forma, pur
moltiplicandola in una quantità potenzialmente infinita.
Sorta in Cina nel periodo
T'ang, l'arte dei fiori divenne disciplina in Giappone. E soltanto in Cina o in
Giappone poteva infatti fiorire un'attitudine cosi intensa e di tale
autocontrollo, specchio di una civiltà e di un'etica fondate sull'antica verità
buddista che integra l'uomo nella natura e la natura in Dio, che identifica
l'artista nella creazione e la creazione nel ritmo della natura.
Poiché l'ikebana nasce
dall'osservazione dell'albero e del fiore nel suo ambiente naturale: cielo,
terra, acqua. Infatti esso si realizza nell'abilità della mano alleata al
sentimento della natura, ed evita lo scadimento stilistico con lo studio
costante delle forme, la conquista della tecnica, il continuo perfezionamento
dei mezzi interiori e manuali.
Nessun valore sfugge a questo
assiduo controllo: forma, colore, peso, materia o disegno, della composizione
come del vaso, si compensano vicendevolmente e si trasformano da elementi
grezzi in componenti razionali di una costruzione logica ed armoniosa. Alla
base della costruzione, qualunque sia la forma o lo stile dell'ikebana, sta il
triangolo, la figura perfetta, determinata dai vertici di tre rami, di tre
fiori, di tre elementi naturali qualsiasi.
"Dans
la nature tout se ramène à la sphère et au cube." Molto prima di Cézanne la dottrina
buddista aveva intuito la riducibilità delle forme geometriche, identificando
nel triangolo la figura base, perfetta, polivalente, sempre uguale e sempre
mutevole. Il triangolo è la visualizzazione razionale del tre, cioè del numero
perfetto; l'unità è indice di insufficienza, il due di opposizione, il tre di decisione
e di conclusione. E' la figura piana più elementare: qualsiasi altra forma
geometrica si può scomporre in più triangoli. E’ alla base della
rappresentazione buddista della terra e del cielo, e delle due forze
dialettiche che presiedono alla creazione: l’Ying e l’Yang. La terra è un
quadrato inserito in un cerchio: il cielo; una retta attraversa il quadrato da
un vertice all’altro, da nord a sud, dividendolo in due triangoli perfettamente
uguali: l’Ying e l’Yang, il negativo e il positivo, il bianco e il nero; i due
simboli della creazione, i due elementi che ritornano invariabilmente in
qualsiasi fenomeno naturale.
La pianta s’innalza dalla
terra-Ying al cielo-Yang; il rapporto dialettico tra l’Ying e l’Yang determina
l’azione e il triangolo da figura piana si fa figura dinamica.
L’ikebana possiede al massimo
questa possibilità ambivalente di completezza conchiusa e di potenzialità
dinamica. L’ideale di bellezza ch’esso persegue è quello di una bellezza
organizzata; il risultato un equilibrio di forme articolate e dinamiche. Reali
o apparenti: cioè i pieni e i vuoti, la costruzione e lo spazio. L’espresso e
l’inespresso risultano ugualmente validi e costruttivi: come il bianco può
essere più intenso del nero, come il silenzio può essere più eloquente della
parola, così nell’ikebana il vuoto può essere più del pieno. E se la
punteggiatura definisce la struttura della frase, la pausa quella della musica,
nell’ikebana il vuoto eccita il pieno ed assieme definiscono lo spazio, cioè
l’elemento primo in cui la natura affonda ed esiste.