CAPITOLO I° : BIOGRAFIA DI PAOLO

 

 

I - PAOLO PRIMA DELLA CONVERSIONE.

Era un ebreo della Giudea in diaspora. Cittadino di Tarso di Cilicia, un importante centro di cultura ellenistica e di commercio ( At. 21:39). Oltre ad essere cittadino di Tarso, era cittadino di Roma e godeva del privilegio di non poter essere flagellato quando fu condotto a Roma sotto accusa (At. 16:3-38; 22:25-29). Fu circonciso l'ottavo giorno, secondo l'usanza ebraica, ed era della tribu' di Beniamino; ebreo da ebrei e fariseo in quanto alla legge, persecutore della Chiesa in quanto a zelo; irreprensibile in quanto alla giustizia che deriva dalla osservanza della legge (Fil. 3:5-6).

Era fabbricatore di tende (At. 18:3) ed era discepolo del rabbino Gamaliele a Gerusalemme (At. 22:3). Egli stesso dice di essere stato un fariseo intransigente ( Fil. 3:5) e di aver perseguitato fieramente la Chiesa di Dio, superando nel giudaismo la maggior parte dei suoi coetanei e connazionali accanito com'era nel sostenere le tradizioni dei Padri (Gal. 1:13-14).

Dalle sue parole riportate in At. 26:9-10 sembra che facesse parte del Sinedrio in quanto per ordine e autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti, fece rinchiudere in prigione molti credenti e, dicce, voto' anche contro di loro. Egli credeva un tempo, suo dovere lavorare attivamente contro il nome di Gesu' Nazareno (At. 26:9) e agiva senza saperlo, in buona fede (1Tim. 1:13) : basti ricordare la lapidazione di Stefano come e' narrato in At. 7:58; 8:1 ove Saulo o Paolo di Tarso era la' con gli uccisori di Stefano e approvava tale crimine.

II - LA CONVERSIONE DI PAOLO SULLA VIA DI DAMASCO.

Dopo essersi presentato dal Sommo sacerdote per avere i nomi delle persone che seguivano le dottrine di Gesu', si avvio' per le strade di Damasco.Mentre viaggiava per avvicinarsi a Damasco una luce dal cielo lo avvolse improvvisamente e lo fece cadere di cavallo. Una voce gli parlo dal cielo dicendogli che era quel Gesu' che lui tanto perseguitava e che era gli comandava di entrare nella citta' e di fare tutto cio' che gli sara' detto di fare. Alzatosi s' accorse che era diventato cieco e fu condotto per mano in citta' ove rimase tre giorni senza prendere cibo ne' bevande. Intanto il Signore era apparso ad Ananėa e gli aveva detto di recarsi alla casa di un certo Saulo di Tarso affinche' questi acquisti la vista e sia ripieno di Spirito Santo e diventi uno strumento di salvezza nelle mani del Signore Gesu'. Dopo essere stato assicurato dal Signore che Saulo non era piu' pericoloso si reco' a casa sua e abbraciatolo, lo chiamo' fratello e lo accolse nella Chiesa di Dio. Cosi' caddero dagli occhi suoi le squame che gli toglievano la vista e subito fu battezzato. Poi prese cibo e riacquisto' le forze ( At. 9:1-18; 22:3-16; 26:9-18).

III - DALLA CONVERSIONE AL PRIMO VIAGGIO MISSIONARIO.

Dopo essere stato colpito nel cuore dalla potenza del Signore Gesu', rimase alcuni giorni insieme ai discepoli a Damasco (9:19), ove incomincio' a prepararsi sull'apostolato di Dio e poi senza andare a Gerusalemme per consultare Cefa e gli altri che erano apostoli prima di lui, si reco' in Arabia e poi ritorno' a Damasco (Gal. 1:17).

Ritornato in Damasco rimase alcuni giorni con i discepoli e proclamava Gesu', figlio di Dio nelle sinagoghe. Tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano di come era possibile che quello che fino a pochi giorni fa era il perseguitore dei discepoli dei cristiani, adesso li difendeva e li elogiava in modo cosi' saggio e convincente. Ma cio' nonostante vi saranno tumulti a causa di queste predicazioni e riusciranno i suoi amici a stento di notte a farlo scendere dalle mura delle porte della citta' calandolo in una cesta (At. 9:20-25). La stessa cosa e' riferita in 2Cor. 11:32. Dopo l'esperienza di Damasco Paolo decise di recarsi a Gerusalemme, cioe' dopo tre anni, ove consulto' Cefa e degli altri apostoli vide solo Giacomo (Gal. 1:18-19). Arrivato a Gerusalemme, i discepoli avevano paura di unirsi a lui e allora Barnaba lo presento' loro e racconto' ai fratelli come Paolo durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato. Poi gli dissero anche della predicazione effettuata in Damasco con molto zelo e coraggio. Solo cosi' Paolo pote' predicare con loro a Gerusalemme e discutere con gli Ebrei di lingua greca, i quali comunque tentarono di ucciderlo. I fratelli, venutolo a sapere, lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso (At. 9:25-30).

Come dice la scrittura di At. 22:21 Paolo andra' lontano tra i pagani a predicare la buona novella di Gesu' e cosi' dopo Cesarea di Palestina si reco' ad Antochia di Siria (Gal. 1:21) e Tarso della Cilicia (Gal. 1:21; At. 9:30).

Dopo tutte queste avventure per un anno intero si preparo' all'apostolato ad Antiochia di Siria. Cosi' molte persone credettero nel nome di Gesu' per opera di Barnaba e di Paolo che assiduamente predicarono ad Antiochia (At. 11:22-30).

4 - PRIMO VIAGGIO MISSIONARIO.

Dopo la preparazione all'apostolato presso i discepoli del Signore, Paolo era pronto per intrapendere i vari viaggi missionari che l'avrebbero portato fra i popoli a predicare la buona notizia del Signore Iddio (At. 22:21), e cosi' e ad Antiochia di Siria. Nella comunita' di Antiochia c'erano profeti e dottori : Barnaba, Simone, soprannominato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, compagno di infanzia di Erode tetrarca, e Saulo. Cosi' Barnaba e Saulo furono scelti dallo Spirito Santo a recarsi a predicare altrove e precisamente in Seleucia che e' un porto di Antiochia (At. 13:1-3) e poi nell'isola di Cipro, patria di Barnaba : Salamina a Pafo (At. 13:4-12). Qui' a Pafo vi trovarono un mago e falso profeta giudeo di nome Bar-Jesus che era al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare Barnaba e Paolo per ascoltare la parola di Dio. Ma il mago cercava di distogliere il proconsole dalla fede. Allora Paolo ripieno dello Spirito Santo del Signore Iddio pose le mani sopra di lui e con forza gli grido' in faccia quanto fosse pieno di inganno e malizia tale da fargli piombare addosso le tenebre e le oscurita'. Quando si rese conto dell'accaduto, il proconsole credette (At. 13:4-12). Da Pafo, con i suoi compagni giunse a Perge di Pamfilia (At. 13:13) e poi ad Antiochia di Pisidia (At. 13:14). Durante la riunione nella sinagoga dei Giudei in Antiochia di Pisėdia Paolo prese la parola e facendo un po' una sintesi delle avventure del popolo di Israele di come era stato salvato e protetto dalla potenza di Dio, parlo' di un salvatore, Gesu', della discendenza di Davide. E cosi' disse energicamente :"Costui e' colui che oggi noi vi annunziamo affinche' comprendiate che si e' avverata la promessa fatta dai nostri padri" (At. 13:14-32). Poi passo' ad Iconio ove un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti, nonostante che gli altri rimasti increduli cercarono in tutti i modi di prerseguitare i fratelli (At. 14:1-7). Quando la persecuzione divenne feroce, Paolo e il suo amico Barnaba fuggirono nelle citta' della Licaōnia, Listra, patria di Timoteo, e a Derba (At. 14:6). A Listra guarirono un uomo paralizzato alle gambe e la gente, visto il prodigio effettuato da Paolo e Barnaba, volevano adorarli come Zeus e Hermes e fare loro un sacrificio, come si faceva con gli dei pagani. I due fratelli riuscirono a stento a spiegare che c'e' un solo Dio, creatore e Signore di tutte le cose e che loro erano dei semplici mortali come loro (At. 14:6-18). Dopo aver predicato a Derbe ripresero il viaggio di ritorno. Si fermarono prima a Listra, poi a Icōnio e in seguito ad Antiochia, confortando i fratelli a rimanere saldi nella fede ed essere pronti a sopportare molte tribolazioni e volevano entrare nel regno di Dio. In ogni comunita' costituirono alcuni anziani. Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Pamfilia e si fermarono a Perge e dopo di che' fecero vela per Antiochia. Arrivati la'riunirono la comunita' e riferirono quello che Dio aveva compiuto per mezzo di loro (At. 14:21-28).

5 - IL CONCILIO DI GERUSALEMME

E' narrato quest'incontro con gli apostoli e gli anziani di Gerusalemme in At. 15:1-34 e Gal. 2:1-10, ove c'e' un accordo sostanziale. Ad Antiochia sorse il problema di far o non far circoncidere i fratelli che avevano creduto in Cristo Gesu'. Siccome Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente a che si praticasse ancora la legge di Mose', essendo quest'ultima superata dalla grazia del Signore Gesu'. Fu stabilito che Paolo, Barnaba e alcuni altri andassero a Gerusalemme per discutere con gli apostoli e gli anziani della questione. Attraversarono la Fenicia e la Samaria raccontando della conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Quando giunsero a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, cioe' la comunita', insieme a tutti gli apostoli e gli anziani. Dopo aver spiegato il problema che era sorto, si alzarono alcuni credenti che un tempo erano della setta dei farisei e affermarono che era necessario circoncidere questi pagani e ordinare loro di osservare la legge di Mose'. Il testo dice che si riunirono solo gli anziani e gli apostoli e insieme e da solo privatamente presero una decisione (At. 15:6; Gal. 2:2) e poi si rivolsero all'intera assemblea e illustrarono le meraviglie di Dio e dettero una spiegazione della loro decisione che fu quella di non importunare quelli che tra i pagani si convertono a Dio, ma solo si ordini loro di astenersi dagli idoli, fornicazione e dagli animali soffocati e dal sangue (At. 15:19-20). Queste furono le quattro concessioni proposte da Giacomo ai giudei-cristiani e imposte ai pagani convertiti e viventi in ambienti misti (Antiochia, Siria, Cilicia). Dopo aver preso le decisioni si ebbe la promulgazione del decreto stesso. Infatti fu steso una lettera contenente il giudizio e i consigli presi nel concilio e la inviarono ai fratelli di Antiochia. Tale lettera dovevano consegnarla i fratelli Giuda e Sila affinche' anche a viva voce potessero riferire le decisioni prese (At. 15:27).

6 - CONTROVERSIA ANTIOCHEA

Mentre Paolo si trovava ad Antiochia a predicare il Vangelo ai pagani, giunse cola' anche Cefa. Ad Antiochia vi erano giudei-cristiani e pagani convertiti al cristianesimo. I giudeo-cristiani, capito il messaggio evangelico non tenevano conto della legge di Mose' che vieta mangiare insieme ai pagani e lo stesso Cefa si comportava rettamente su questo argomento. Pero', quando vennero alcuni giudei cristiani inviati da Giacomo, egli evito' di farsi vedere da questi fratelli in compagnia dei pagani, scandalizzando e coinvolgendo altri nel suo errore. Perfino Barnaba si lascio' attirare nella sua ipocrisia (Gal.2:13). A questo punto intervenne Paolo e riprese apertamente Pietro facendogli notare come loro stessi che sono Giudei e non peccatori pagani non venivano giustificati dalla Legge di Mose', ma avevano avuto anche loro bisogno della giustificazione per mezzo della fede in Gesu' Cristo (Gal. 2:15-16).

Il comportamento di Pietro nei riguardi degli antiocheni ebbe degli effetti veramente deleteri, forse proprio a causa della sua grande autorita' che gia' aveva nella Chiesa di Dio.

7 - SECONDO VIAGGIO MISSIONARIO

Dopo aver predicato e costituito delle comunita' viventi di cristiani durante il primo viaggio, ora Paolo decide di ritornare a far visita ai fratelli per vedere come stanno, Cosi' va di nuovo ad Antiochia di Siria, attraversa tutta la Siria e la Cilicia (At. 15:36-41). Poi va in Licaōnia e si reca a Derbe e a ListraAt. 16:1), ove conobbero un discepolo di nome Timoteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco e lo porto' con se' nell'apostolato. Poi si recarono ad Iconio e Antiochia di Pisidia (At 16:2; At 13:14-32). Attraversarono poi la Frigia e la regione della Galazia, la Misia, la Sitinia senza predicare e giunsero nella Troade (At. 16:8) ove Paolo ebbe una visione che gli comunico' di andare a predicare in Macedonia. Cosi' salpati da Troade fece scalo, con il suo amico Sila (At. 15:40), verso l'isola di Samotracia e il giorno dopo a Neapolis (oggi Cavalla) e di l' a Filippi, colonia romana e citta' del primo distretto della Macedonia (At. 16:11-12). A Filippi i due fratelli restarono a predicare alcuni giorni. Di sabato essi si recarono nel luogo ove i giudei si riunivano per pregare e cosi' conobbero una commerciante di porpora della citta' di Tiatira di nome Lidia, la quale era una credente del Dio di Israele e cosi' i discepoli le predicarono la buona novella di Gesu'. Ella accetto' tale fede e subito fu battezzata insieme alla sua famiglia. Un altro giorno incontrarono una giovane schiava che aveva lo spirito di divinazione e procurava molto guadagno al suo padrone con tale mestiere, Infastiditi delle continue prodezze della pitonessa i due fratelli ordinarono allo Spirito di Pitone che era in lei di andar via. Accortosi il padrone che ormai la sua schiava non avrebbe piu' dato guadagno istigarono la popolazione contro Paolo e Sila, presentandoli come istigatori del disordine della cita' e come predicatori di usanze non lecite di accogliere e praticare da parte di buoni romani. Csi' furono arrestati e rinchiusi nella prigione. Mentre erano in prigione verso mezzanotte quando stavano cantando inni a Dio si senti' un forte terremoto in modo che si apri' la prigione e si sciolsero le catene che erano ai loro piedi. In questa occasione ebbero modo anche di annunziare la buona novella di salvezza al carceriere che fu battezzato con i suoi a lode e gloria del Signore Gesu' Cristo (At. 16:12-40). Poi partirono e segnando la via di Anfipoli e Apollonia giunsero a Tessalonica, ove c'era una sinagoga di Giudei (At. 17:1). Per tre sabati consegutivi Paolo predico' a questi giudei e alcuni di loro come Giasone, accettarono la fede in Gesu'. Logicamente incontrarono forti opposizioni da parte dei giudei in modo che di notte (At. 17:10) Paolo e Sila dovettero partire e cosi' raggiunsero Berea, oggi chiamata Veroia. Giunto cola' entrarono nella sinagoga dei Giudei e incominciarono la predicazione della buona notizia di Gesu' e si accorsero che questi della Berča erano di sentimenti piu' nobili di quelli di Tessalonica in quanto esaminavano ogni giorno le scritture, con grande entusiasma, per vedere se le cose stavano veramente come annunziavano i discepoli Paolo e Sila. Cosi' molto di loro credettero e anche alcune donne greche della nobilta'. Venutolo a sapere i giudei di Tessalonica aizzarono il popolo contro Paolo e Sila che furono costretti a partire. Paolo giunse poi ad Atene (At. 17:16) ove incomincio' la sua predicazione, nella sinagoga con i giudei ; e in piazza con quelli che incontrava. Cosi' ebbe modo di parlare anche con certi filosofi epicurei e stoici. E fu proprio in mezzo all'heropago di Atene che Paolo fece notare come loro erano credenti nello stesso Iddio Ignoto, che era riportato nelle iscrizioni dei monumenti che cola' erano eretti per le loro divinita'. Ed era proprio questo Iddio ignoto a loro che lui predicava, perche' e' colui che ha fatto il cielo e la terra e tutto cio' che e' in esso. E cosi' da questo Dio creatore arrivo' fino alla salvezza operata da suo figlio Gesu' Cristo e alla resurrezione dei morti. Dopo questo discorso alcuni aderirono alle parole di Paolo e credettero, tra questi vi era Dionigi, membro dell'aeropago (At. 17:16-34).

Dopo questi fatti Paolo lascio' Atene e si reco' a Corinto ove trovo' un Giudeo di nome Aquila, oriundo del Ponto e tornato dall'Italia con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i giudei. Lavoro' con quest'uomo, essendo dello stesso mestiere di Paolo, cioe' fabbricatore di tende e ogni sabato discuteva con i giudei e con i greci. Riusci a convertire Crispo, il capo della sinagoga. Durante la predicazione a Corinto Paolo fu anche condotto dai giudei in tribunale davanti al proconsole dell'Acaia Gallione (At. 18:1-18). Poi inizio' il viaggio di ritorno. Furono prioma ad Efeso, ove lascio' i coniugi Aquila e Priscilla (At. 18:19). Poi giunto a Cesarea di Palestina si reco' a salutare la Chiesa di Gerusalemme e poi scese ad Antiochia (At. 18:22).

8 - TERZO VIAGGIO MISSIONARIO.

Dopo essere arrivato a Gerusalemme, Paolo intrapese di nuovo il viaggio missionario, il suo terzo viaggio apostolico, per rafforzare e sostenere i fratelli convertiti alla fede in Gesu'. Cosi' fu di nuovo ad Antiochia di Siria poi nelle regioni della Galazia e della Freigia (At. 18:22-23) confermando nella fede tutti i discepoli. Poi giunse ad Efeso ove vi erano dei fratelli i quali non avevano ricevuto ancora lo Spirito Santo per cui furono battezzati nel nome di Gesu' e furono cosi' ripieni della potenza di Dio. Ad Efeso Paolo opero' molti miracoli, guarendo malati e cacciando spiriti cattivi. Molti furono colpiti nel loro cuore dalle verita' di Dio che spontaneamente confessarono in pubblico le loro pratiche magiche e decisero di non esercitarle piu', portando in piazza tutti i loro libri di magia e bruciandoli alla vista di tutti. E' ad Efeso che matura in se' il desiderio di attraversare la Macedonia, L'Acacia e di recarsi a Gerusalemme e poi a Roma (At. 19:21). Sempre ad Efeso, durante il soggiorno di Paolo, scoppio' un tumulto riguarda la nuova dottrina predicato dall'apostolo. Infatti si trattava del divieto che Paolo aveva dato nel costruire gli idoli con le loro mani. E siccome vi era una grande industyria che costruiva idoli, da cui ricavavano da vivere una gran massa di gente, l'argentiere Demetrio, aizzo' il popolo contro Paolo e i suoi amici credenti. Tutti si precipitarono nel Teatro, trascinando Gaio e Aristarco macedoni, compagni di viaggio di Paolo. E inneggiando alla Dea Artemide degli Efesini gridavano contro questi cristiani innovatori delle usanze greche di Efeso. Per fortuna un certo Alessandro riusci' a calmare la folla inferocita (At. 19:1-41).

Durante questo soggiorno ad Efeso Paolo scrive la prima lettera ai Corinti (At. 19:1).

Durante questo terzo viaggio missionario, Paolo dopo essere stato a Troade (2Cor. 2:12-13) e in Macedonia (At. 20:1), scrive la sua seconda lettera ai Corinzi. Poi arrivo' in Grecia , a Corinto ove scrive la lettera ai Romani (At. 20:2). Decise di andare in Siria attraverso la Macedonia e cosi' fu a Filippi (At.20:6), poi a Troade ove durante la conversazione di Paolo che duro' fino a mezzanotte, cadde dalla finestra del piano superiore un ragazzo di nome Eutico, che fu preso da un colpo di sonno. Paolo calmo' i presenti resuscitando il ragazzo (At. 20:6-12). Poi si diressero verso Asso e poi verso Mitilene di Lesbo e cosi' a Chio, a Samo e infine a Mileto (At. 20:13-17). A Mileto parlo' agli anziani della Chiesa di Efeso, chiamati la' per l'occasione e affido' loro i fratelli di Mileto affinche' fossero aiutati a crescere nella santificazione del Signor Gesu'. Disse loro anche che sarebbe andato a Gerusalemme senza sapere cio' che gli accadra' la' e che forse non lo avrebbero piu' rivisto. Tutti scoppiarono in un gran pianto e pregarono insieme e poi lo accompagnarono alla nave che doveva salpare per Cos e poi per Rodi e Patara e Tiro e Tolemaide (At. 21:1-7) e infine a Cesarea di Palestrina ove si recarono alla casa dell'evangelista Filippo, che era uno dei Sette e che aveva quattro figlie nubili che avevano il dono della profezia. Dopo alcuni giorni giunse dalla Giudea un profeta di nome Agabo che preannunzio' l'asrresto di Paolo una volta arrivato a Gerusalemme (At. 21:8-14).

9 - ARRESTO E PRIMA PRIGIONIA DI PAOLO.

Arrivato a Gerusalemme, Paolo si incontro' con i fratelli che lo accolsero festosamente. Paolo il giorno dopo fece visita a Giacomo e con lui c'erano tutti gli anziani e parlo loro delle meraviglie che Iddio aveva operato in mezzo ai pagani. Il giorno dopo quando si presento' al Tempio per cercare di predicare ai giudei ivi radunato fu additato dai capi giudei come profanatore del Tempio e la folla lo travolse. Giunto la notizia al tribuno della Corte, questi si precipito' e arresto' Paolo, mentre la folla gridava di metterlo a morte (At. 21:17-36). Poi i soldati condussero Paolo di notte ad Antipatride (At. 23:31) e poi a Cesarea di Palestrina ove fu lasciato e custodito in attesa di essere giudicato dal governatore non appena fossero arrivati i suoi accusatori (At. 23:33-35). Arrivato il sommo sacerdote e alcuni anziani insieme ad un avvocato di nome Tertullo accusarono Paolo di profanare il Tempio dei loro Padri e di creare disordini in tutto il territorio della Giudea. Paolo si difende pronunciando un discorso davanti al governatore romano, nel quale sostiene di non aver mai incitato il popolo alla sommossa e mai di essere andato nel Tempio con lo scopo di discutere con qualcuno. L'unica colpa che ha e' quella di credere alla Legge dei suoi Padri secondo la dottrina di quella Setta nuova che e' il cristianesimo e poi di credere alla resurrezione dei morti (At. 24:21). Paolo rimase in liberta' condizionata per molti anni e in seguito fu davanti al nuovo governatore Festo al quale espose il desiderio di essere giudicato da Cesare. Alcuni giorni dopo arrivo' a Cesarea il re Agrippia e Berenice per salutare Festo e cosi' Paolo fece un discorso di difesa davanti al re, che non trovo' colpa in lui e che disse che poteva essere messo in liberta' se non si fosse gia' appellato a Cesare, per cui dovra' essere condotto a Roma da Cesare (At. 23:33-26:32). E cosi', imbarcatosi per l'Italia con altri prigionieri insieme a un centurione di nome Giulio della corte Augusta, arrivarono a Sidone (At. 27:1-3), ove fu curato dagli amici che la' erano. Salpando di la' costeggiando l'isola di Cipro a motivo dei venti contrari, giunsero a Mira di Licia e infine a Cnido, da cui a fatica raggiunsero una localita' chiamata Buoni Porti di Creta (At. 27:4-13). Li' si fermarono perche' la navigazione era pericolosa. Mentre poi ripresero la navigazione si scateno' una grande tempesta che fece naufragare la nave e a stento si salvarono andando a finire su un'isola che in seguito vennero a sapere che si chiamava Malta (At. 27:14-28:1). Nell'isola furono accolti umanamente dagli indigeni che gli accesero un fuoco per riscaldarli. Mentre Paolo raccoglieva alcuni rami secchi per gettarli sul fuoco fu morso da una vipera per cui gli indigeni esclamarono che senz'altro ora si sarebbe gonfiatoe morto a causa della giustizia divina. Poi furono accolti dal primo dell'isola un certo Publio che li ospito' per tre giorni ove Paolo guari' suo padre da febbri e dissenteria (At. 28:2-11). Dopo tre mesi salparono e approdarono a Siracusa, poi a Reggio e poi a Pozzuoli e proseguironoper il Foro Appio e alle tre taverne ove gli vennero incontro i fratelli di Roma (At. 28:12-15).

Arrivato a Roma fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia. Dopo tre giorni egli convoco' gli anziani tra i giudei e illustro' loro come senza aver fatto nulla contro i Padri e la loro religione fu accusato di tradimento e condotto qui' a Roma per essere giudicato da Cesare. Per due anni interi Paolo rimase nella casa che aveva affittato e accoglieva tutti quelli che venivano a lui e annunciava loro il regno di Dio, insegnando tutte le cose riguardanti il Signore Gesu' (At. 28:16-31). E' qui' a Roma che Paolo probabilmente scrive le lettere della cattivita' (prigionėa) e la lettera agli Ebrei.

10 - ULTIMI VIAGGI E SECONDA PRIGIONIA.

La documentazione e' frammentaria e vi e' possibilita' di vari itinerari. Dopo il soggiorno a Roma, Paolo va in Spagna (Rom, 15:24,28; Ad Chor. 5:7 di Clemente Romano; Canone Muratoriano linea 39). Quando va a Creta vi lascia Tito (Tito 1:5), mentre a Efeso vi lascia Timoteo (1Tim. 1:3). Quando va in Macedonia vi scrive la prima lettera a Timoteo e a Tito (1Tm. 1:3). Poi passa l'inverno a Nicopoli d'Epiro e invita Tito a raggiungerlo da Creta (Tito 3:12). Diviene poi ospite di Carpo, presso cui lascia il mantelli, i libri e le pergamene, a motivo dell'arresto, in Troade ("Tim. 4:13). In seguito a Efeso ricorda come Alessandro il ramaio lo ha offeso procurandogli molti mali (2Tim. 4:14) e come Figelo e Ermčgene lo hanno abbandonato mentre Onesėforo lo ha confortato piu' volte e non si e' vergognato delle catene che portava e lo ha cercato fino a Roma ed e' venuto a trovarlo (2Tim. 1:15-17).

E' stato a Mileto ove ha lasciato Trofimo ammalato e a Corinto , ove e' rimasto la' Erasto (2Tim. 4:20). A Roma, ove e' rimasto solo con il caro medico (2Tim. 4:11), qui' scrive la 2° lettera a Timoteo e sempre in catene e' rimasto in completa solitudine e senza piu' possibilita' di liberazione. Condannato a morte, probabilmente per il delitto di Lesa maesta' (la professione di fede cristiana), fu decapitato alle Acque Salvie, secondo l'antica tradizione ecclesiastica.

CAPITOLO II° : CRONOLOGIA DI PAOLO

1 - CARDINI DELLA CRONOLOGIA PAOLINA

Dalla scrittura ricaviamo alcuni particolari della vita di Paolo, che sono confermati poi dai documenti storico- archeologici. In At. 7:54-60 notiamo la lapidazione di Stefano, connessa con la conversione di Paolo e dopo 14 anni con il Concilio di Gerusalemme (Gal. 2:1). Tali fatti difficilmente poterono avvenire durante il governo del rigido Pilato (26-36 d. Cr.), mentre e' piu' facile che siano avvenuti sotto il governo di Marcello, cioe' nell'anno 36-37 d. Cr.

Oltre alla lapidazione di Stefano che storicamente puo' essere databile e che ci puo' essere d'aiuto per stabilire la cronologia paolina, c'e' il dominio a Damasco dell'enarca del re Areta (2Cor. 11:32-33) e la sua predicazione a Damasco (At. 9:23-25) che e' connessa con la fuga di Paolo da questa citta' e il primo viaggio a Gerusalemme, avvenuto tre anni dopo la conversione in base a Gal. 1:18.

Da fonti storiche sappiamo che Areta ha governato Damasco dal 37 al 40 d. Cr. e cosi' la fuga di Paolo e il suo primo viaggio a Gerusalemme possono essere collocati nel 38 d. Cr., ossia dopo tre anni (Gal. 1:18), dalla conversione nel senso di due anni completi. Dai documenti storici possiamo ricavare la data della carestia al tempo di Claudio narrata in At. 11:28 e connesso con il secondo viaggio di Paolo a Gerusalemme con le collette di Antiochia. Il governo dell'imperatore Claudio c'e' stato nel 41-54 ed e' stato colpito da diverse carestie in diverse parti dell'impero. Secondo Giuseppe Flavio in Palestina la carestia si e' avuto sotto Tiberio Giulio Alessandro e sicuramente dopo il 44, ma prima del 48 (forse il 45).

Poi c'e' la cacciata degli Ebrei da Roma come riportata in At. 18:2. Tra questi ebrei cacciati da Roma ci sono Aquila e Priscilla, che, arrivati di recente a Corinto dall'Italia, accolgono in casa loro Paolo nel suo secondo viaggio. Il fatto, confermato da Svetonio (Vita di Claudii 25) e' collocato da Paolo Orosio ( Hist. 7,6) nel IX° anno dell'impero di Claudio (49-50 d. Cr.).

C'e' anche il proconsole dell'Acaia, Gallione (At. 18:12) : Paolo si incontro' con lui a Corinto durante il suo secondo viaggio. Poiche' Gallione sara' in carica un solo anno (da primavera a primavera), alcune iscrizioni che lo menzionano (fra cui quella di Delfi), consentono di porre l'incontro con Paolo nell'estate del '52 (inizio del proconsolato, dopo lungo tempo dell'inizio del viaggio).

Inoltre c'e' l'azione del procuratore Felice con Porcio Festo (At. 24:27).

Da queste notizie possiamo stabilire che Paolo e' prigioniero a Cesarea nel 50 o nel 60 d. Cr.

2 - CRONOLOGIA PAOLINA.

Possiamo quindi stabilire la seguente cronologia :

a) Conversione ................................................................... nel 36 d.Cr.

b) Primo viaggio a Gerusalemme ......................................... nel 38 d. Cr. (Gal. 1:18 : tre anni dopo la conversione)

c) Secondo viaggio a Gerusalemme con la colletta.................nel 45 d. Cr. (At.11:28 : in occas. della carestia sotto Claudio)

d) Primo viaggio missionario.................................................nel 45-48 d. Cr. (data del Concilio di Gerusalemme)

e) Concilio di Gerusalemme ................................................nel 30-49 d. Cr. (Gal. 2:1 : 14 anni dopo la conversione 36+14=50)

f) Secondo viaggio missionario ............................................nel 50-53 o 49-52 o 50-52 (At. 15:36 : dimora brevissima ad Antiochia; At.18:2 arrivo recente a Corinto di Aquila e Priscilla cacciati da Roma nel 49-50; At. 18:11 18 mesi a Corinto ; At. 18:12 incontro di Paolo con Gallione nell'estate del '52 ; At. 18:18 tempo considerevole a Corinto dopo l'incontro con Gallione).

g) Terzo viaggio missionario .............................................. nel 53-58 o 52-57 (At. 18:23 inizio del viaggio poco dopo il rientro adf Antiochia ; At.19:8 tre mesi ad Efeso nella sinagoga ; At. 19:10 due anni ad Efeso in casa di Tiranno ; At. 19:22 tempo indeterminato ad Efeso dopo l'invio di Timoteo e di Erasto in Macedonia ; At. 20:31 tre anni complessivi ad Efeso ; At. 20:3 tre mesi a Corinto ; At. 20:16 a Gerusalemme per la Pentecoste).

h) Arresto e prigionia a Cesarea ........................................nel 58-60 o 57-59 (At. 20:16 arresto e inizio della prigionia a Pentecoste maggio-giugno ; At. 24:27 due anni di prigionia sotto il procuratore Felice ; At. 24:27 richiamo di Felice e arrivo di Festo nel 59 o 60).

i) Prima prigionia romana...................................................nel 61-63 o 60-62 (At. 27:9 viaggio per Roma nell'autunno ; At.28:14 dimora a Malta di tre mesi ; At. 28:30 due anni di prigionia a Roma).

k) Ultimi viaggi apostoloci.................................................nel 63-66 o 62-65

l) Martirio sotto Nerone ..................................................nel 67 (Eusebio e S. Girolamo)

3 - ORDINE E CRONOLOGIA DELLE LETTERE PAOLINE.

a) Secono viaggio missionario : scrive la prima e la seconda lettera ai Tessalonicesi, da Corinto (50-52).

b) Terzo viaggio missionario : Paolo scrive nel 53-56 la lettera ai Galati, da Efeso. Poi poco prima della pentecoste del 56 scrive la prima lettera ai Corinzi, da Efeso. In seguito dalla Macedonia, nel 57 scrive la seconda epistola ai Corinzi. Durante il soggiorno di tre mesi a Corinto (57-58) scrive la lettera ai Romani.

c) Durante la prima prigionia romana (61-63) scrive le lettere ai Colossesi, agli Efesini, ai Filippesi e a Filemone.

d) Dopo la prigionia romana scrive nel 64 la lettera agli Ebrei, dall'Italia e la lettera prima a Timoteo e a Tito, dalla Macedonia e dalla Grecia (circa 65 d. Cr.).

e) Durante la seconda prigionia romana, poco prima della morte (2Tim. 4:6-8), verso il 66-67, scrive la sua seconda epistola a Timoteo.

CAPITOLO III° : FORMAZIONE CULTURALE DI PAOLO

1 - PREMESSE

Il problema della formazione culturale di Paolo e' molto importante per poter affrontare la lettura e lo studio delle lettere paoline. Infatti di Paolo non ci interessa tanto la persona ma quanto il prodotto, cioe la sua produzione letteraria, la sua angolatura particolare, il suo modo di presentare il cristianesimo che gli e' proprio.E questo suo punto di vista particolare noi lo chiamiamo paolinismo , cioe' modo di presentare il cristianesimo quale si ricava dalle lettere paoline. Orbene il paolinismo e' frutto di una cultura, di una esperienza mistica. A Damasco inizia il suo itinerario spirituale e culturale per quel che riguarda il cristianesimo (At. 9:1-18).

Se e' frutto di cultura oltre che di di esperienza mistica evidentemente noi dobbiamo individuare la natura, la provenienza di questa cultura. Egli e' nato e vissuto in una citta' che e' imbevuta di cultura ellenistica : Tarso. E' nato in una famiglia profondamente radicata nella tradizione farisiaca e cosi' anche lui e' stato educato nella corrente farisiaca, che e' la piu' rigida, la piu' chiusa di tutte le correnti spirituali dell'ebraismo del I° secolo. Quindi ci sono queste due correnti (ellenismo ed Ebraismo) che influiscono su di lui ed e' estremamente complicato determinare quale delle due ha esercitato maggior influsso su di lui. Quindi siamo di fronte al problema delle fonti del pensiero paolino per quanmto riguarda la formazione culturale di Paolo. Se queste fonti sono do origine ellenistiche e' chiaro che noi dovremmo studiare le sue lettere tenendo presente l'ambiente e la cultura greca; se invece queste fonti sono di origine giudaica, farisiaca, e' chiaro che dobbiamo tener presente la cultura e il mondo giudaico. Il problema, per la verita', e' stato molto dibattuto. Infatti si e' iniziato dal sec. X° nono ('800) e si sono avute diverse soluzioni che cambiavano in base all'aria che tirava in quel periodo. All'inizio si e' affermato che Paolo era imbevuto di cultura ellenistica e quindi si e' cercato di comprendere i suoi scritti alla luce del mondo ellenistico soprattutto dei misteri e delle filosofie moraleggianti che pullulavano nel mondo greco. Poi si e' passato, visto che questa soluzione non era soddisfacente, ad affermare il contrario : Paolo era profondamente giudeo per la sua cultura. Naturalmente si e' cercaro tutto cio' che sa di ellenismo ma si e' cercato di spiegare tutto alla luce delle fonti sia bibliche che extra-bibliche, pero' giudaiche.

Le posizioni estreme sono sempre le piu' pericolose ed adesso ci si e' accostati ad una posizione di equilibrio : cioe' Paolo e' essenzialmente un giudeo di formazione culturale, pero' ha subėto degli influssi ellenistici. Infatti era un uomo tutto aperto, nato in ambiente ellenistici, anche se aveva avuto una formazione culturale dei giudei. Nato e operante nel mondo ellenistico per buona parte della sua vita apostolica, cio' fa pensare che l'ellenismo non lo ha soltanto sfiorato, ma lo ha, in qualche maniera, influenzato a dovere. Noi sappiamo molto bene che gli influssi che si prendono fuori della scuola, sono quelli che meno rimangono, anche se le tracce non scompaiono del tutto. La formazione di base e' quella che si ritiene nella scuola e Paolo non avendo frequentato scuole greche, ma scuole esclusivamente giudaiche, deve aver ricevuto una educazione fondamentalmente giudaica.Distinguiamo, percio', una formazione culturale sistematica, che e' quella che incide di piu' (la scuola) e gli influssi culturali sporadici che gli provengono dal vivere in un ambiente nel quale si muove e dal quale puo' anche ricevere e di fatto riceve in quanto nessuno di noi resta impermeabile ai contatti fra persone. E col tempo si finisce per assumere le componenti dell'ambiente. In sostanza, Paolo non ha frequentato scuole greche nonostante fosse nato a Tarso, una citta' profondamente ellenizzata. Essa era una delle principali citta' del mondo ellenistico (At. 21:39), dopo Alessandria d'Egitto e dopo Atene. Adesso non ha piu' l'importanza di allora e neanche sorge sopra il fiume che al tempo di Paolo congiungeva la citta' con il mar Mediterraneo. Ora il fiume e' un po' intasato e la citta' non sorge piu' sul mare. Oggi e' una citta' ormai islamizzata al 100 % e povera come un po' tutte le citta' della Turchia. Invece al tempo di Paolo spiccava per la sua cultura e influsso che gli abitanti esercitavano. Vi erano molte scuole filosofiche e molti cittadini hanno fatto carriera sia a Roma che in altre citta'.

Nato e vissuto da bambino a Tarso ha imparato il greco senza bisogno di andare a scuola. Infatti il greco che lui impara e' un greco popolare, quello che si impara a contatto vivo con la gente, non il greco classico, in quanto non lo ha studiato a scuola. Egli parlava quindi la lingua dell'ambiente. Si e' voluto concludere che egli abbia frequentato scuole greche perche' fa citazioni di poeti greci. Abbiamo solo tre citazioni da autori greci in tutto l'epistolario di Paolo :

a) nel discorso coi filosofi all'aeropago di Atene ove disse " Voi siete stirpe di Dio" (At. 17:28) e' questa una citazione che adatta alla sua visione monoteista, mentre in Arato e cleante e' una citazione di orientamento panteistico.

b) In 1Cor. 15:33 quando dice "le cattive connotazioni corrompono i costumi" cita Meandro.

c) In Tito 1:12 esprime, utilizzando un verso di Epimenide, poeta di Creta, un giudizio negativo sul conto dei cretesi.

E' necessario concludere con queste tre citazioni che egli le abbia imparate a scuola? Trattandosi di detti a carattere sapienziali e anche di carattere gnomico (sentenzioso), non e' necessario concludere che le abbia imparato a scuola, ma le ha potuto benissimo imparare dalla strada a contatto con la gente nelle comunicazioni quotidiane.

2 - PAOLO RICEVETTE UNA FORMAZIONE SISTEMATICA GIUDAICA.

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente non ci sono elementi sufficienti per dire che egli abbia frequentato scuole greche. La lingua l'ha imparato a contatto con la gente, come facciamo noi prima di andare a scuola o le persone che mai vanno a scuola. La scuola che ha frequentato e' quella nell'ambito giudaico ove ricevette la sua formazione sistematica.

Non siamo informati circa la sua educazione da bambino, pero' la prassi si orienta in questa direzione : nelle famiglie giudaiche prima la mamma e poi il padre provvedeva ad impartire la educazione elementare, che consisteva nell'apprendimento a memoria della Bibbia, che era l'unico libro su cui venivano formati gli Ebrei. Essa veniva imparata a memoria in quanto non c'era possibilita' di portarsi dietro il rotolo della Bibbia, che era troppo costoso e ingombrante. Naturalmente, attraverso l'interpretazione della Bibbia, imparavano anche il comportamento etico e religioso essenziale. Si pensa che Paolo, nato in una famiglia di stretta osservanza farisaica, abbia avuto questa educazione familiare con molta rigorosita'. Certamente a Tarso ci doveva essere una Sinagoga, anche se non e' documentato, poiche' una comunita' giudaica la prima cosa che faceva nella diaspora e' assicurarsi un luogo per riunirsi a pregare. La sinagoga e' un luogo di preghiera e di istruzione. Quindi se c'e' stato la sinagoga il suo padre certamente ha mandato il suo figliuolo alla scuola che sorgeva appunto nella sinagoga, ove ha potuto completare lo studio dell'unico testo, la Bibbia, nella versione ebraica originale e anche greca dei LXX. Infatti solo cosi' si spiega come Paolo abbia potuto citare centinaia e centinaia di passi nella Bibbia, ora secondo il testo ebraico, ora secondo quello greco dei LXX.

Suo padre dovette capire l'indole geniale di suo figlio e doveva nutrire grandi speranze su di lui, per cui all'eta' di 14- 15 anni lo manda a Gerusalemme a completare i suoi studi dal maestro Gamaliele (At. 22:3). Gamaliele discepolo di Killel , ha insegnato tra il 25 e il 30 d. Cr. anche lui fariseo e' noto dal libro degli Atti come un maestro molto aperto, mentre il suo discepolo Paolo era un tipo molto intransigente e chiuso. Si aprira' solo in seguito per la luce che riceve dall'alto, e che gli apre gli occhi a Damasco. Ma come fariseo, di stretta osservanza, Paolo era molto e molto rigido e quindi non era disposto a concessioni, mentre il maestro Gamaliele lo troviamo molto aperto e disposto ad accettare le ragioni contrarie. Lo troviamo nel Sinedrio contro i cristiani e dalle sue parole (At. 5:34-39) notiamo che era un uomo molto equilibrato, mentre Paolo non era un uomo di equilibrio, ma un uomo passionale. Noi sappiamo che la passione gioca spesso molti scherzi!.

Comunque alla scuola di Gamaliele dovette imparare i metodi ermeneutici, esegetici dei rabbini che dovevano essere (lo ricaviamo dallo studio del Talmud) il forzare la Bibbia in modo cavilloso e far dire cosi' tutto quello che si poteva riguardanti le normi per la vita morale. Che abbia avuto una educazione sistematica giudaica, lo ricaviamo soprattutto dal suo modo di esprimere e sentire la realta'. Infatti questo appare dal larghissimo uso di semitismi che fa : Egli usa parole greche che pero' sono intese nel senso in cui le usa l'A.T. Tale parole greche si trovano nella traduzione greca della Bibbia, la LXX. Notate il diverso significato o la sfumatura nuova che avevano le parole greche usate dai primi cristiani : la parola greca Xaris=grazia, ha il significato di "bello", invece nell'A.T. e nella versione greca dei LXX vuol dire "grazia" e cioe' "un dono" fatto da Dio all'uomo.

Tutto il pensiero di S. PAolo si articola in maniera antitetica. Infatti l'antitesi e' il punto tipico della Bibbia : la realta' e' presentata bianca o nera ossia il bianco o il suo opposto. Purtroppo noi tutti sappiamo che in effetti la realta' spesso e' ben diversa da cio' : essa molto spesso e' gregia. Questo modo di vedere le cose degli Ebrei e' uguale a quello dei Tedeschi, i quoali per mezzo del loro filosofo Hegel amano l'antitesi.

Un altro elemento fortemente semitico sparso nel vocabolario paolino e' l'antitesi morte-vita, luce-tenebre, salvezza-dannazione (cfr. la lettera ai Romani). Inoltre impiega un espediente letterario chiamato Chiasmo . Esso consiste nel proporre un'affermazione, poi un'altra e infine nel ripigliare la prima. Ci sono tanti modi per impostare un chiasmo, ma i piu' frequenti in Paolo sono : A B A' (cfr. MSV n° 7).

Che sia profondamente Giudeo lo ricaviamo anche dal larghissimo impiego che fa dell'A.T. Abbiamo detto che ha fatto tre citazioni dai poeti greci, ma ne fa centinaia dall'A.T., segno questo che era un rabbino e che i suoi studi si conclusero con la Laurea in Sacra Scrittura e cosi' entro' a far parte del Sinedrio in quanto Scriba, cioe' appunto Rabbino, conoscitore profondo della Bibbia ebraica. L'apostolo Paolo cita l'A.T. sia secondo il testo Masoretico sia, e specialmente, secondo il testo greco dei LXX, per cui e' utile notare ancora un tipico semitismo del vocabolario paolino : per esempio se leggiamo la lettera ai Romani e incontriamo il vocabolario greco dikaiosune'= giustizia sbaglieremo noi, come si sbaglio' anche Lutero per molti anni e poi si corresse, se intendessimo "giustizia" nel senso corrente che ha nel ns. vocabolario. Infatti per noi "giustizia" e' in senso "distributiva" o "vendicativa" : esempio, se tu fai un torto a me io ti denuncio e chiedo "giustizia" alla legge che essendo come dice l'iscrizione nei Tribunali, "uguale per tutti" ti distribuisce cio' che meriti. Mentre nell'A.T. la parola zedaqah=giustizia, tradotta in greco dikaiosune'=giustizia, significa frequentemente la giustizia salvifica, cioe' la salvezza e quindi "donazione", "regalo". L'apostolo delle Genti non solo usa l'A.T., ma usa anche le opere che fiorivano intorno alle scritture Ebraiche e cioe' i Commenti fatti nelle Sinagoghe o nelle scuole rabbiniche che vanno sotto il nome di Midrascim.

Questi Midraschim sono delle spiegazioni omeletiche della parola di Dio, ossia delle attualizzazioni moraleggianti attraverso racconti inventati. Qualcuno ha pensato che anche i racconti dell'infanzia appartengono a questa linea. Un esempio di Midraschim si legge nella lettera ai Corinti 10:4 ove e' detto "bevevamo da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo". Infatti, noi sappiamo che nel deserto Mose' percosse una pietra per far uscire acqua e dissetare la gente che si lamentava di non aver piu' acqua. Paolo che legge in chiave cristiana la storia dell'Esodo arriva a questa affermazione paradossale ."la pietra e' Cristo che accompagnava gli Ebrei nel deserto". Si e' pensato che questa deduzione fosse un colpo di testa dell'apostolo Paolo, invece e' stato trovato un manoscritto della Biblioteca Vaticana da parte di uno studioso spagnolo in cui si legge un Midrasch palestinese del i° secolo d. Cr. ove c'e' proprio questo particolare della pietra mobile che segue gli Ebrei per dissetarli. Quindi Paolo ha preso questo particolare e lo ha cristianizzato in quanto lo ha riferito a Cristo, il particolare esisteva gia' prima.

Paolo fa anche uso di genere apocalittico come si nota nella lettura della prima e seconda Tessalonicesi. Dopo le scoperte di Qumran si e' visto che ci sono dei punti di contatto anche con queste scritture qumraniche. Quindi possiamo concludere che la formazione culturale di Paolo e' stata profondamente giudaica che gli ha permesso di esprimere una religiosita' di tipo giudaico.

3 - PAOLO SUBI' INFLUSSI GRECO-ELLENISTICI

L'ellenismo e' quel periodo che ha permesso agli apostoli di imparare il greco e di usarlo in tutto l'area del Mediterraneo. Infatti possiamo dire che Alessandro il grande e' stato, senza saperlo, il preparatore del Vangelo, in q uanto ha diffuso nell'area mediterranea la cultura e la lingua greca cosicche' gli apostoli hanno potuto percorrere tutti i paesi dell'impero greco-romano senza essere poliglotti e cosi' incontrare delle popolazioni che erano strutturalmente omogenee grazie all'ellenismo. Quest'influsso ellenistico, cioe' elementi che risalgono alla grecia classica ma approfonditi e ripresi in epoca piu' tarda, non ha colpito direttamente l'apostolo Paolo. Egli ha subėto quest'influsso stando a contatto con il giudaismo ellenistico, cioe' con il giudaismo della diaspora, che era molto piu' aperto che non il giudaismo palestinese. Studiando le categorie paoline notiamo che sebbene erano greche egli rifiuta tutta la terminologia che si riferisce ai misteri, alla mantica (iniziazione).Dall'altra parte anche gli Israeliti, che hanno assunto gli elementi delle culture vicine, hanno sempre rifiutato rigorosamente tutto cio' che non poteva essere compatibile con la loro vita. Per questo motivo l'apostolo Paolo e' stato chiamato l'uomo filtro in quanto sebbene conoscitore degli usi e costumi ellenistici, ha filtrato e preso solo quello che serviva alla nuova fede. Inoltre per capire come abbia subėto influssi ellenistici possiamo continuare dicendo che, mentre l'Ebreo che non privilegia i concetti ma le immagini, usa immagini della campagna, Paolo usa quelle della citta', della polis, per cui privilegia le immagini sportive come il pugilato, la corsa, le corazze, i sandali. Una sola volta usa una immagine campestre (Rom. 11:16-24) parlando dell'innesto di un ramo di ulivo buono che si innesta sull'ulivo selvatico. Egli altera in questo racconto il processo naturale e parla di un ulivo selvatico che viene innestato su quello buono, volendosi riferire a pagani che vengono innestati sugli Ebrei.

Egli conosce molto bene la citta' ellenistica in quanto usa il concetto cittadinanza ai cieli (Fil. 3:20) lui che era cittadino greco e romano (At. 16:37-38; 22:25-29). Nel mondo greco-romano la cittadinanza era riservata solo a pochissimi nobili, mentre la maggiorparte degli abitanti della citta' erano o schiavi o residenti stranieri. Quest'ultimi non avevano nessuna parte nella vita politica e religiosa della citta'. Solo il cittadino poteva essere eletto, elegere, praticare il culto ufficiale della citta'. Infatti ogni citta' greca aveva i suoi dei ufficiali e tutti coloro che non potevano partecipare alla religione ufficiale della citta', erano sdradicati, tagliati fuori dalla vita civile e religiosa (erano intimamente connesse queste due realta' nel tempo antico). Questo e' il motivo perche' nel I° secolo sono pochissimi i cristiani che provengono dall'aristocrazia dei cittadini, mentre la maggior parte sono o degli stranieri residenti o degli schiavi di bassa estrazione sociale. L'apostolo Paolo, che era di agiato ceto sociale, invece aveva una doppia cittadinanza : era cittadino di Tarso e di Roma. Questo suo secondo privilegio gli consentiva di non essere flagellato e di potersi appellare a Cesare, cosa che fa nel momento in cui doveva essere giudicato a Cesarea dal procuratore romano (At. 23:32-35; 25:10-12).

L'influsso ellenistico subėto da Paolo si nota anche dal suo uso di certi comportamenti tipici del mondo ellenistico come il concetto di episkopos=episcopos, colui che deve guidare la comunita', il sorvegliante, da cui poi in seguito deriva il ns. concetto di vescovo. Nell'epistolare paolino l'episkopos non indica il vescovo. Esso e' un capo stoico che esige dai seguaci un animo forte e resistente alle difficcolta'.

Inoltre propone il "buono" sotto la luce del "bello". Infatti l'idea del bello e' tipico dei vescovi in quanto amano la bellezza intesa come armonia di cose. Egli parla del cristiano come dell'uomo bello, non nel senso fisico, ma colui che e' in armonia con se' stesso e nel rapporto con Dio. E tutte queste cose sono analoghe nella filosofia stoica.

Inoltre si riscontra in S. Paolo temi e concetti ellenistici. In lui abbiamo per la prima volta il concetto di coscienza, nel senso di coscienza morale, concetto questo che si trova in Crisippo e in altri filosofi stoici. C'e' in Paolo anche l'idea dell'uomo che conosce Iddio e le bellezze e le perfezione di questo mondo : tutte cose che troviamo nel libro della Sapienza, che e' un testo ellenistico che Paolo ha avuto attraverso la mediazione del Giudaismo-ellenistico.

4 - PAOLO CRISTIANIZZO' TUTTI I SUOI IMPRESTITI CULTURALI.

Nella 2° lettera ai Corinti 5:17 Paolo dice che uno che e' in Cristo e' una nuova creatura e le cose vecchie sono passate, "ecco ne sono nate di nuove", con queste parole si capisce come egli usa i termini ellenistici con un significato nuovo.

Il suo vocabolario tipico (MS VII, 71-85) e' il seguente :

a) corpo

b) carne

c) anima

d) mente

e) cuore

f) spirito

g) uomo esteriore-uomo interiore

h) "in Cristo"-"in Cristo Gesu".

CAP. IV - INTRODUZIONE ALLE 14 LETTERE DI PAOLO E UNA DISSUCIONE SUL PAOLINISMO DELLA LETTERA AGLI EBREI

PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI

1 - LA FONDAZIONE DELLA CHIESA

Nel suo secondo viaggio missionario Paolo insieme ai suoi amici, Silvano o Sila, Timoteo e Luca, per la prima volta si diressero in un territorio europeo. Formarono un gruppo di convertiti nella citta' di Filippi ove rimase Luca come pastore, mentre gli altri si diressero a Tessalonica, un importante centro sul golfo Termaico. Seguirono la via di Anfėpoli e Apolloniae giunsero a Tessalonica, dove ci era una sinagoga dei Giudei (At. 17:1). Dai primi otto versetti del capitolo 17 degli Atti degli Apostoli si rilevano tutte le vicissitudiniche affrontarono le prime persone convertite dalla predicazione di Paolo.

2 - IL CONTESTO PER CUI FU SCRITTA LA I° LETTERA AI TESSALONICESI.

Dopo aver lasciato la citta' di Tessalonica Paolo e i suoi amici si diressero a Berea e ad Atene. In seguito Paolo mando Timoteo a Tessalonica per aiutarli a superare le varie difficcolta' che stavano incontrando (1 Tes. 3:1-2). La lettera che stiamo cercando di sintetizzare fu scritto proprio dall'apostolo Paolo per incoraggiare e lodare gli abitanti credenti di Tessalonica (1Tes. 1:6-9) e aiutarli a risolvere i vari problemi che avevano :

a) - era scoppiato subito dopo la predicazione del vangelo da parte di Paolo, la persecuzione da parte dei loro connazzionali (1Tes. 2:14 ; At. 17:5-9).

b) - per difendere la sua buona fede nell'annunziare il vangelo senza frode ne' inganno (1Tes. 2:1-12).

c) - per esortare i neo convertiti dal paganesimo a crescere nella santita' verso i fratelli (1Tes. 4:1-8).

d) - per dare alcune spiegazioni circa i fratelli che erano morti e se sarebbe toccato loro una sorta diversa da quelli che sarebbero stati in vita alla prossima venuta del Signore Gesu' (1Tes. 4:13-18).

e) - per esortarli ad avere giusta veduta verso i propri doveri, in modo da avere una vita decorosa di fronte agli estranei (1Tes. 4:11-12). Una situazione incresciosa questa che forse era venuta fuori dietro ad erronea comprensione dell'imminente ritorno di Cristo.

f) - per esortare i fratelli di Tessalonica a non soffocare i doni dello Spirito (1Tes. 5:19,20).

SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI

1 - MOTIVO DELL'INVIO DELLA 2° LETTERA AI TESSALONICESI

Anche se Paolo non e' piu' ritornato a Tessalonica avra' avuto comunque notizia di alcuni di loro che vivevano come fannulloni (2 Tes. 3:11) e che molti venivano sviati da false lettere che pretendevano insegnare intorno alla prossima venuta del Signore e sviare quelli che vi prestavano orecchio (2Tes. 2:2). Furono senz'altro queste le ragioni che spinsero l'apostolo Paolo a scrivere alla comunita' di Tessalonica e approfittandfo di queste situazioni anche per cercare di confortarli e incoraggiarli a resistere alle tentazioni del mondo e poter cosi' ottenere la corona della vittoria.

2 - ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE DUE LETTERE SCRITTE AI tESSALONICESI.

Leggendo comparativamente le due lettere possiamo notare alcune differenze :

a - la descrizione del Ritorno del Signore e' troppo diversa da quello presentato nella prima lettera (1Tes. 5:1-6 confronta con 2 Tes. 2_1-12).

b) - Mentre il tono di presentazione della prima epistola e' piu' vivace, calda amorevole incoraggiante, quello della seconda e' piu' duro, freddo, aspro.

c - la terminologia della seconda epistola e' un po' diversa dalla prima, in quanto la seconda fa piu' uso di citazioni dall'A.T. Tesi questa che fara' dire ad Harnac che in Tessalonica c'erano due gruppi distinti di credenti : quello Gentile e quello Giudaico.

d) - Leggendo attendamente le due lettere si nota che i riferimenti alle persecuzioni subėte dai Tessalonicesi sono narrate in tempo presente nella seconda epistola (2Tes. 1:4-7) e in tempo passato nella prima lettera (1Tes. 1:6 ; 2:14-15 ; 3:2-4).

e) - E' strano il saluto esplicito alla fine della seconda lettera (2Tes. 3:17), in quanto Paolo non usa generalmente alla fine delle sue lettere terminarle cosi'. Questa indicazione finale fa supporre che fosse la prima lettera scritta e che in seguito si poteva facilmente capire che solo le lettere cosi' firmate sarebbero state autentiche (2Tes. 2:2).

f - La prima lettera e' scritta con piu' riflessione e meditazione, mentre la seconda di getto (MANSON,T.W..,Studies in the Gospels and Epistles, pp. 268-78 citato da HARRISON, E. F. , La parola del Signore, introduzione al Nuovo Testamento, vol. 2, Modena, Ediz. Voce della Bibbia, 1972).

g) - Sembra strano che l'apostolo Paolo abbia scritto due epistole cosi' simili e a cosi' breve distanza.

Comunque, nonostante queste rilevanti differenze sembra che una contraddizione tra le due epistole non ci sia in quanto ognuno di questi punti ha la sua logica soluzione :

a) - Riguardo al Ritorno del Signore lo stesso apostolo Paolo precisa che non sta dicendo delle novita' (2Tes. 2:5) e poi i tempi e i momenti di cui parla nella prima lettera (1Tes. 5:1) sono trattati con ulteriori notizie nella seconda lettera (2Tes. 2:1), di modo che non c'e' disaccordo di veduta.

b) - Il diverso tono di voce si spiega dalle diverse situazioni in cui sono scritte le due lettere. Forse nella prima c'era bisogno appunto di usare un tono piu' caldo, piu' amorevole in quanto si stava elegiando i fratelli; nella seconda forse la situazione richiedeva un polso piu' duro nel riprendere i fratelli che con tanta facilta' si stavano sviando.

c) - L'ipotesi di Harnak circa i due gruppi nel seno della comunita' dei fratelli di Tessalonica e' fuori posto perche' e' impensabile che l'apostolo Paolo potesse permettere che si trattassero diversamente i credenti gentili da quelli Giudaici.

d) - I diversi tempi si spiegano col fatto che in 1Tes. 1:4-7 sta richiamando alla mente dei Tessalonicesi le persecuzioni verificatesi all'inizio della predicazione della buona notizia e che poi per il fatto che le persecuzioni si devono aspettarsi in qualsiasi momento (1Tes. 3:3) e' spiegato il tempo presente presente nella seconda epistola.

e) - Paolo e' costretto a firmarsi cosi' per incitare i fratelli di Tessalonica a non accettare lettere attribuite a lui ma che non erano sue (2Tes. 2:2).

f) - La prima lettera e' piu' lunga perche', essendo la prima lettera che invia ai credenti di quella citta', e' giusto che si soffermi piu' a lungo a ricordare tutti i travagli e le gioie che insieme hanno combattuto per amore della Verita' di Dio.

g) - Se Paolo scrive a cos' breve distanza e trattando per lo piu' argomenti cosi' simili (la venuta imminente del Signore per. esempio) e' perche' aveva percepito che la situazione lo richiedeva.

LETTERA AI GALATI

1 - LA FONDAZIONE DELLA CHIESA.

L'apostolo Paolo dice che fu a causa di una malattia che ebbe nel viaggiare che porto' la buona notizia alle popolazioni della regione Galata (Gal. 4:13). Siccome si parla di una intera regione e non di una citta' precisa, molti studiosi non sono daccordi su quale zona della Galazia ci si riferisce. A favore della Galazia del Nord c'e' il Lightfoot e molti altri studiosi tedeschi, i quali si basano sui seguenti indizi :

a) - Luca negli Atti (AT. 16:6) dice chiaramente che Paolo ando' in Galazia dopo essere stato in Asia e cioe' nella Galazia del Sud.

b) - Siccome Luca parla dell'opera di Paolo nella Galazia senza dire nulla della malattia dell'apostolo e' chiaro che sta parlando della Galazia del Nord sconosciuta alle argomentazioni del caro medico Luca.

c) - Mentre Luca parla di una dura persecuzione, per esempio la lapidazione a Listra (At. 14:19-22), Paolo non parla per niente nella sua lettera di queste esperienze.

d) - Non e' possibile che Paolo si rivolgesse a quelli del Sud della Galazia e li chiami "Galati", come fa in Gal. 3:1, perche' queste popolazioni della Frigia di Galazia, cioe' quella parte della Frigia che era inclusa nella provincia romana di Galazia , non si consideravano tali.

e) - Si e' voluto sostenere, penso a forza, che At. 18:23 dimostri che Paolo prima di andare ad Efeso abbia fatto un giro nella Galazia del Nord, in quanto non avrebbe senso nominare il termine Galazia accanto a quello della Frigia.

Mentre sono a favore della Chiesa della Galazia del Sud i seguenti indizi :

a) - Leggendo piu' attendamente At. 18:23 si capisce chiaramente che non si sta implicando un viaggio nella Galazia del Nord ma uno nella stessa regione come indica At. 16:6.

b) - La Galazia del Nord era molto difficile da poter essere accessibile ai coloni.

c) - L'espressione "oste kai barnabas" (GAl. 2:13), visto che Barnaba e' compagno di Paolo nella Galazia del Sud (At. 15:35), fa pensare che l'apostolo si stesse rivolgendo a persone che conoscevano il suo amico di persona.

2 - MOTIVO DELL'INVIO DELLA LETTERA AI GALATI.

Leggendo attentamente questa epistola si capisce subito lo scopo per cui e' stata scritta :

a) - Bisognava decidere se il credente in Gesu' Cristo fosse giustificato in base alla sua fede o c'era bisogno anche della legge giudaica?. Cosi' l'apostolo affermando che la Legge e' solo un pedagogo a Cristo (Gal. 3:23-29), dice che siamo liberi da questo giogo che di per se' non potra' mai salvarci (Gal. 2:15).

b) - I fratelli della Galazia erano sviati da falsi profeti (Gal.1:6-10), per cui Paolo li invita a stare attenti e a non farsi convincere da vangeli diversi da quello che lui ha ricevuto direttamente dal Signore Gesu' (Gal. 1:15).

c) - per dare ulteriori applicazioni del vangelo riguardo alla liberta' del cristiano e non lasciarsi imporre gioghi di schiavitu' (Gal. 5:1-11).

d) - Incitare i fratelli della Galazia all'amore reciproco in quanto in fondo tutta la Legge si sintetizza nella regola aurea : "amerai il prossimo tuo come te stesso"(Gal. 5:14).

e) - Il cristiano che vive unito a Cristo quali frutti dello Spirito deve produrre, affinche' resta degno di essere considerato tale (Gal. 5:16-26).

f) - L'apostolo Paolo spinge i fratelli della Galazia a un utile servizio(Gal. 6:8) e a mantenersi separato dal mondo giudaico che li opprime con la loro osservanza alla Legge mosaica (Gal. 6:13).

PRIMA LETTERA AI CORINZI

1 - LA FONDAZIONE DELLA CHIESA.

Corinto era una metropoli situata su una striscia di terra che unisce il Peloponneso con la Grecia del Nord, ed era un punto strategico per chi viaggiava e commerciava. Infatti aveva due porti quello di Cencrea dalla parte dell'Egčo e quello di Lecheo sul Galfo di Corinto verso occidente. L'apostolo Paolo visito' questa citta' greco-romana durante il suo secondo viaggio missionario. Questa citta' era piena di persone dedite ai piaceri della vita ed era incontro di tanti che viaggiavano e venivano a Corinto per divertirsi. Sul punto piu' alto della citta' stava il tempio di Afrodite con le sue sacerdotesse che costituivano l'attrazione della vita notturna. Arrivato a Corinto l'apostolo Paolo lavoro' con Aquila e Priscilla (At. 18:3) e ogni Sabato predico' il vangelo nella Sinagoga. In seguito all'opposizione che incontro' da parte dei giudei fu costretto a lasciare la citta' e i fratelli che avevano creduto nella buona notizia di Gesu'.

2 - LA SPEDIZIONE DELLA PRIMA LETTERA

L'apostolo Paolo fu informato dalla case di Cloe che nella comunita' di Corinto vi erano delle discordie (1Cor. 1:11), per cui invia questo scritto per illuminare i fratelli.

Infatti all'inizio della lettera prende in considerazione le divisioni che erano sorte in seguito della predicazione di Apollo e di altri fratelli in Cristo (1Cor. 1:10-4:21). Poi si occupa di un caso di incesto (1Cor. 5:1-13) per poi passare alle cause tra credenti che erano portate dinanzi ai magistrati pagani (1Cor. 6:1-11) e all'insegnamento sulla santita' del ns. corpo (1Cor. 6:12-20). Nel cap. 7 abbiamo l'importante argomento del matrimonio e del celibato(1Cor. 7:1-40). Poi la discussione sull'opportunita' di mangiare o no cibo offerto agli Idoli (1Cor. 8:1-10:33). Nel cap.11 abbiamo la trattazione sul decoro delle donne e la retta celebrazione della cena del Signore. Nel cap. 12 si tratta dei doni spirituali o carismi, argomento che si protae fino alla fine del 14° capitolo della lettera. Nel cap. 15 si ha il centro di tutta la lettera : la trattazione della resurrezzione dei morti. Infine nell'ultimo capitolo dopo ulteriori ammonizioni, discussioni su cose personali, ci sono i saluti dell'apostolo.

SECONDA LETTERA AI CORINZI

1 - ALCUNE CONSIDERAZIONI A RIGUARDO DELLA 1° E 2° COR.

Sembra che sia la prima lettera che la seconda sia stata preceduta da un'altra lettera (1Cor. 5:9 confronta con 2Cor. 2:4 ; 6:14-7:1) e quasi si penti' di averla scritta (2Cor. 7:8). Quello che si oppone a questa teoria e' il fatto che il passo di 2Cor. ammonisce contro l'associarsi dei miscredenti e non con i fratelli falsi e colpevoli di immoralita', come e' riportato nella 1Cor.

2 - IL CONTENUTO DELLA 2° COR.

L' apostolo Paolo comincia questa sua lettera seconda, col manifestare la sua gratitudine per la consolazione di Dio (2Cor. 1:3) per poi, dopo aver ricordato le varie perigrinazioni, parla del ministero cristiano, in particolare di se stesso, mettendo in rilievo la gloria di una tale vocazione e nello stesso tempo la sofferenza che comporta (2Cor 1:15-7:16). Nel cap. 8 e 9 si parla della generosita' dei Macedoni con l'esempio di Cristo per raccogliere un contributo per i fratelli di Gerusalemme che versavano nel bisogno. In seguito Paolo fa notare il forte contrasto che c'e' tra il suo ministero e quelli di alcuni falsi profeti che predicavano addirittura un nuovo vangelo (2Cor. 11:4,13).

LETTERA AI ROMANI

1 - LA FONDAZIONE DELLA CHIESA

Non si sa quasi niente su come si sia formata una comunita' di cristiani a Roma, una cosa e' certo che ancora prima che Paolo va a Roma, la' vi erano dei fratelli cristiani credenti in Cristo Gesu' (Rom.1:13, 15:23). Questo si deduce anche dal fatto che nel 49-50 d.Cr., come ci riferisce Paolo Orosio (Hist. 7,6) e Svetonio (Vita Claudii 25), l'imperatore Claudio esplulse i Giudei da Roma e tra cui vi era Aquila e Priscilla (At. 18:2) e che stando al silenzio di Luca in questi versi su una loro conversione, cio' indicherebbe l'esistenza di una comunita' di cristiani ancora prima che l'apostolo Paolo giungesse a Roma e annunziasse loro il vangelo (At. 28:21).Visto questa deduzione e' senz'altro esatto pensare che il motivo della cacciata dei Giudei da Roma fosse a motivo del fermento che dovette creare la nuova fede in loro. Infatti in Svetonio si parla di un certo CHRESTO che noi a ragione, identifichiamo in Cristo, in quanto anche altrove si riscontra una confusione di vocaboli.

Siccome e' molto improbabile che l'apostolo Pietro, secondo le scritture, abbia potuto lui essere stato a Roma per fondare la prima comunita' di cristiani, in quanto il libro degli Atti ci attesta la sua presenza in Palestina fino al tempo del Concilio di Gerusalemme (confronta con Gal 2:1-10), e' possibile che una testimonianza cristiana sia stata portata da credenti che si trovavano a Gerusalemme il giorno di Pentecoste dal momento che sappiamo che vi erano nella citta' anche dei visitatori da Roma (At. 2:10). Che sia difficile che sia stato Pietro a portare il primo messaggio a Roma si deduce dal fatto che era impegnato nell'opera di predicazione viaggiando probabilmente qui e la' in Oriente (1Cor. 9:5) e che forse Pietro e' stato a Babilonia= Roma solo attorno al 62 (1Ptr. 5:13). Inoltre anche dal fatto che S. Paolo scrivendo ai Romani non include un saluto Pietro, cosa che mostra che a quel tempo lui non era a Roma e che nella lettera non c'e' niente che indichi che egli abbia avuto a che fare con la fondazione della Chiesa. Inoltre Paolo non avrebbe scritto ai Romani perche' per principio non costituiva su fondamento di un altro(Rom. 15:20). L'unica testimonianza che rompe il ns. ragionamento e' quella di S. Ireneo che dice "Pietro e Paolo avrebbero predicato insieme il vangelo e fondato la chiesa romana". Ma, credo che anche questa affermazione possa essere intesa non nel senso di una fondazione in senso stretto, ma una collaborazione per stabilire piu' fermamente un'opera gia' da tempo iniziata.Infatti mai l'apostolo Paolo ha affermato che i Romani fossero dei suoi convertiti (Rom. 1:13 ; 15:23) , quindi e' probabile che S. Ireneo vedesse il ministero di Pietro che va a Roma nel 62(1Ptr. 5:13) come quello di Paolo che va a Roma piu' o meno in quel tempo per essere giudicato da Cesare (At. 28:16 ; 2Tim), solo come ampliamento e rafforzamento di una fede che e' nata mediante un movimento spontaneo promosso da laici. Infatti e' anche probabile che tale fede sia potuto passare da Oriente in Occidente per i vari contatti che ci sono tra Antiochia e Roma, visto che anche ad Antiochia il vangelo da Gerusalemme e' arrivato mediante un movimento spontaneo promosso da laici (At. 11:19-22).

2 - CONTENUTO DELLA LETTERA

Comincia col tema della salvezza mediante la fede senza le opere della Legge (Rom. 3:19-20) per dimostrare che tutti, Gentili e pagani, mancano della Giustizia di Dio e che hanno bisogno della salvezza che solo Gesu' potra' dare (Rom. 1_7). Poi parla della vita del cristiano nello spirito (cap. 8), poi passa a considerare la giustizia nei confronti di Israele (cap. 9) e conclude con una esortazione ad essere responsabile nelle varie sfere della vita sia politica che sociale (Rom. 12:1-15:13). In Rom. 15:14-16:27, alcune raccomandazioni e saluti.

EPISTOLE DELLA PRIGIONIA

1 - CONSIDERAZIONI GENERALI.

Le quattro lettere di Paolo (Filemone, Colossesi, Efesini, Filippesi) sono dette epistole della prigionėa, perche' le scrisse appunto quando era in prigione (Filem. 1 e 9; Col. 4:18 ; Ef. 3:1; 4:1 ,6:20: Fil. 1:7,13,14). Alcuni preferiscono chiamarle Lettere della Cattivita', poiche' Paolo non era in prigione nel senso tecnico della parola (At. 28:16). Esse furono scritte intorno al 60. Bisogna notare che le lettere agli Efesini, ai Colossesi e a Filemone devono essere dello stesso periodo di tempo, mentre quella ai Filippesi sta a parte.

2 - EPISTOLA AI COLOSSESI

All'inizio della lettera vi e' il saluto alla Chiesa e una preghiera di ringraziamento per il progresso dei fratelli nella fede del Signore Gesu' Cristo (Col 1:1-14). Segue una parte che mette in rilievo il primato di Cristo e la sua Gloria (Col. 1:15-23). Nei versetti 24-29 dello stesso primo capitolo, l'apostolo Paolo, come ministro di Cristo, mette in rilievo la natura della sua missione e la relativa motivazione. In Col. 2: 1-5 parladella sua amorevole cura per i suoi lettori e in 2:6-23, temendo il pericolo di un flso insegnamento, parla della necessita' di vivere secondo la fede in Cristo soltando, quale unica guida spirituale e migliore difesa contro l'errore. Poi parla della vecchia vita che viene messa da parte e che bisogna rivestire la nuova vita in Cristo (Col. 3:1-17). La giustizia cristiana deve guidare i rapporti familiari (Col. 3:18-4:1), un invito alla preghiera, a comportarsi cristianamente, a parlare con grazia (Col. 4:2-6). Concludono la lettera alcune notizie personali e i saluti ai fratelli (Col. 4:7-18).

3 - EPISTOLA A FILEMONE.

Leggendo la breve lettera di Filemone si ha l'impressione che uno schiavo di nome Ončsimo, dopo aver in qualche modo fatto del torto al suo padrone (Filem. 18) giunge da Paolo, che avra' conosciuto in qualche modo. Non sappiamo lo scopo della visita dello schiavo Ončsimo a Paolo, forse per ricevere degli aiuti finanziari o per trovare un po' di pace per la sua coscienza afflitta. Comunque Paolo lo aiuta gli fa capire che e' utile non solo a lui, ma anche a Filemone (Filem.11) e cosi' lo invia al suo padrone insieme a questa lettera di raccomandazione affinche' il fratello Filemone accolga e perdoni il suo schiavo fuggitivo, come ad un fratello in Cristo e non semplicemente come ad uno schiavo (Filem. 16-17). Sono bellissime le ultime raccomandazioni (v. 21) che fanno pensare alla futura liberazione e abolizione della schiavitu'. Un'altra cosa molto importante che si nota in questa piccolissima lettera e' che la richiesta cosi' personale venga indirizzata a tutta la chiesa : Appia, forse la moglie di Filemone, ad Archippo, loro probabile figlio; e che Filemone deve prendere una decisione nei confronti della richiesta di Paolo, considerando che sia la sua famiglia e i suoi amici sappino tale richiesta.

4 - EPISTOLA AGLI EFESINI.

Il solito saluto iniziale, tipico di ogni lettera paolina, ad esclusione delle lettere pastorali (Tito e Timoteo) ed Ebrei. Segue un ringraziamento per le benidizioni spirituali in Cristo Gesu' (Ef. 1:3-14). Queste preghiere provocano altre per la comprensione spirituale dei lettori (Ef. 1:17). Parla in seguito della precedente condizione dei fratelli come peccatori, della attuale posizione di grazia in Cristo Gesu' (Ef. 1:17). Parla in seguito della precedente condizione dei fratelli come peccatori , dell'attuale posizione di grazia in Cristo Gesu' (Ef. 2:1-21) insieme tra Giudei e Gentili.

Questi due gruppi costituiscono il Corpo di Cristo (Ef. 3:1-13), In seguito l'apostolo tratta del cammino dei credenti, specificando che devono essere separati dal vecchio mondo e vivere in armonia al nuovo in amore fra loro, in purezza e saggezza nonche' gioioso ringraziamento e sottomissione a Dio (Ef. 2-6:9). Per combattere la lotta del cristianesimo si ha a che fare con le potenze invisibili del male per cui e' necessario un'armatura di Dio (Ef. 6:10-20). Nella conclusione si dice che Tichico, latore dell'epistola, dara' ulteriori notizie confortevoli. Infine una preghiera e la benedizione (Ef. 6:21-24).

5 - EPISTOLA AI FILIPPESI.

La lettura che stiamo trattando e' indirizzata a una chiesa in Filippi, una citta' che prese il nome dal suo fondatore Filippo il Macedone. L'inizio della predicazione del vangelo e' narrata in At. 16:12-13. La lettera inizia con i saluti e poi parla di un certo Epafrodito, che era stato inviato dalla chiesa dei fratelli di Filippo a Paolo con un dono (Fil. 2:25), e che era mandato come latore della presente lettera. Cosi' approfitta dell'occasione per scrivere ai fratelli di Filippi e parlare loro dei suoi progetti e dei vari argomenti cristiani. Consiglia di mantenere l'unita' cristiana(Fil. 2:1-11) e che l'unica vera salvezza e guadagno e' la conoscenza di Nostro Signore Gesu' Cristo (Fil. 3:7-8). Infine dopo ulteriori consigli da' i saluti finali.

EPISTOLE PASTORALI

1 - CONSIDERAZIONI GENERALI.

Il nome di "lettere pastorali" deriva da Paul Anton che nel 1726 per primo chiamo' cosi' le lettere a Timoteo e quella a Tito. Queste tre lettere (1Tim ; 2Tim ; Tito) sono le sole lettere scritte a singole persone, data che quella di Filemone e' indirizzata alla intera comunita' dei credenti che si riuniscono nella famiglia del destinatario (Fiem. 1-3).

2 - I° TIMOTEO

In questa prima lettera l'apostolo Paolo comincia con l'esortare Timoteo ad occuparsi di alcuni che insegnavano pervertendo il significato della Legge e del Vangelo e mette Timoteo di fronte alle sue responsabilita' (1Tim. 1:1-20). Rivolgendo poi l'attenzione a tutti i fratelli, prega per tutti gli uomini e parla del posto e del comportamento delle donne (1Tim. 2).

Nel cap. 3° fa una dichiarazione sui requisiti dei vescovi e dei diaconi. E' esortato ad essere un esempio per tutti i fratelli, nonostante la sua giovane eta' (1Tim. 4:12). Da' norme su come comportarsi con gli anziani e le vedove della comunita' (1Tim. 5:3 ; 17). Infine nel cap. 6 si parla del rispetto dello schiavo verso il suo padrone, il rimprovero contro l'attaccamento del desiderio sfrenato dell'accumolo del denaro, e una esortazione a Timoteo di fuggire queste cose cattive e di tendere alla giustizia, alla pieta', alla fede, alla carita' alla pazienza, alla mitezza (1Tim. 6:1,6-10,11).

3 - 2° TIMOTEO

La lettera comincia con un ricordo della fede di Timoteo (2Tim. 1:5) e che entrambi sono custodi della verita' di Dio (2Tim. 1:14). A differenza di quanti hanno apostatato, Timoteo sapra' essere un buon soldato di Cristo (2Tim. 2:3), e che negli ultimi giorni ci saranno uomini empi dalla mente corrotta, ma, dice Paolo, "tu rimarrai saldo in quello che hai imparato perche' solo cio' potra' renderti idoneo e accetto a Dio e ai fratelli" (2Tim. 3:1-16). La parte finale della lettera (cap. 4) fa capire, anzi dice chiaramente, che il tempo stringe, Paolo sta ormai per terminare la sua corsa umana e chiede a Timoteo di venire presto da lui. Saluti finali (2Tim. 4:1-22).

4 - LETTERA A TITO.

La lettera a Tito ha molto in comune con la prima a Timoteo. Infatti Paolo incomincia esponendo i requisiti del vescovo (Tito 1:1-9) e segue una trattazione sul comportamento dei vecchi, dei giovani, degli schiavi riguarda alla sana dottrina (Tito 2:11). Infine nel cap. 3° si parla dei doveri verso le autorita' secolari e termina con considerazioni su questioni particolari.

IL PAOLINISMO NELLA LETTERA AGLI EBREI

Nell'ambito del problema del Paolinismo anche se la cosi' detta "lettera agli Ebrei" viene messa da parte poiche' si pensa che sicuramente non e' di Paolo, cio' nonostante credo che sara' molto interessante fare uno studio su di essa per mettere in evidenza gli aspetti pro e anti paolini che puo' presentare. Da parte mia, in queste poche pagine che sono riuscito a preparare certamente non ho esaurito tutto l'argomento, che e' vasto e complesso. Il problema e' da considerare sotto due aspetti : quello patristico e quello esegetico(scritturale).

PARTE I° : L'ASPETTO PATRISTICO

LA TRADIZIONE DELLA CHIESA

Nell'aspetto patristico c'e' da esaminare separatamente la tradizione ecclesiastica orientale dalla tradizione ecclesiastica occidentale.

1 - LA TRADIZIONE ORIENTALE

C'e' da distinguere tra canonicita' e autenticita' paolina. Per la canonicita' senza prendere posizione ne' pro ne' contro l'origine paolina c'e' Ignazio di Antiochia e Policarpo. Poi sempre nell'ambito della tradizione ecclesiastica orientale, ci sono voci favorevoli sia allaa canonicita' che alla autenticita' paolina. Infatti nella Chiesa di Alessandria, Panteno, per testimonianza di Clemente Alessandrino in Eusebio (Storia Eccl. VI°, 14,4) attribuisce Ebrei a Paolo. Clemente e' il primo a sostenere cio' e pero' pensa che Paolo l'abbia scritto in ebraico e che Luca l'abbia tradotto in greco.E cosi' la tradizione orientale attribuisce sempre la lettera agli Ebrei a Paolo, mentre l'occidente non accetto' questa tesi fino al IV-V sec. Origene, come dice Eusebio, pensa che le sentenze sono di Paolo, ma la composizione e' di un altro sconosciuto. Inoltre sono d'accordo con l'autenticita' e la canonicita' : Dionisio, Pietro d'Alessandro, Atanasio, Cirillo Alessandrino.

2 - LA TRADIZIONE OCCIDENTALLE.

Nei primi secoli e' negata la canonicita' e la autenticita' della lettera agli ebrei. Rifiuta la lettera agli Ebrei ,Caio, prete romano dell'inizio del iii° sec., come ci e' riferito da Eusebio in Storia Ecclesiastica VI°, 20,3 : Migne PG 20,573. Non viene mai citata da S. Cipriani che dice che Paolo ha scritto solo alle 7 chiese seguenti : Galati, Tessalonicesi, Romani, Corinti, Colossesi, Efesini, Filippesi. Inoltre vi sono quelli che pur ammettendo la canonicita' della lettera agli Ebrei, non ne riconoscono l'origine paolina. Tra questi sembra essere S. Ireneo che pur avendo talvolta nelle sue opere delle espressioni dell'epistola agli Ebrei, non l'attribuisce a Paolo, come fa per quasi tutte le le altre lettere paoline. Altri testimoni della non autenticita' paolina sono Tertulliano che attribuisce lo scritto a Barnaba (De pudicitia 20 : Migne ). Si esprime ancora contro l'autenticita' paolina S. Girolamo (De vir.ill. 59 : Migne PL 23,559) e S. Agostino nel De civitate Dei 16,22 : Migne PL 41,500).

Nei secoli 4-5 il consenso sull'origine paolina della lettera agli Ebrei si fa unanime : S. Agostino nella sua dottrina cristiana (Migne PL 34,41) enumera 14 lettere di Paolo. Nel "De peccatorum meritis et remissione"(Migne PL 44,13) dice che alcuni dubitano, ma egli si tiene piuttosto all'autorita' delle Chiese Orientali, che hanno la lettera agli Ebrei tra le scritture . Nell'Enchiridion (Migne 40,235) dice che molti difensori della regola cattolica lo hanno usata come testimonianza. S. Agostino ammise l'autenticita' paolina fino all'anno 406, poi ne dubito'. Infatti dall'anno 409 non cita piu' la lettera agli Ebrei col nome di Paolo. Comunque anche se ha mutato parere sull'autenticita' paolina, non ha mai dubitato della canonicita'. Allo stesso tempo di S. Agostino, S. Girolamo riteneva che la lettera agli Ebrei fosse tra le scritture canoniche e di Paolo (Migne PL 22,1103). Accettato tale paternita' a Paolo si incomincio' a includere la lettera agli Ebrei nel "Corpus Paolinum" che risulto' di 14 scritti. L'8 aprile del 1546 il Concilio di Trento sanziono' tale verita' di fede. Inoltre le edizioni Sistina e Clementina della Vulgata hanno come titolo "Epistola Beati Pauli Apostoli ad Hebraeos". un titolo simile si trova anche in vecchie traduzioni protestanti come la Diodati. Solo nel 1788 con J.D. Michaelis comincio' a pensarsi che il nome di Paolo fosse un abuso su tale scritto. Pero' bisogna dire che forse se non fosse stato per questo abuso, la diversita' completa di questo scritto con il resto dell'epistolare paolino, mai sarebbe stato accolto nel canone. In sostanza la tradizione orientale fin dall'iniozio e la tradizionale occidentale dal IV-V sec. in poi hanno tenuto sia l'origine paolina sia la canonicita'. Quindi, come si vede, il problema del Paolinismo della lettera agli Ebrei e' messo dalla tradizione stessa, a differenza delle altre epistole di Paolo che hanno suscitato il problema in questi ultimi secoli.

PARTE II : ASPETTO ESEGETICO

L' ANALISI SCRITTURALE DELLA LETTERA AGLI EBREI

L'analisi del Testo in questione permettera' di tirare fuori delle conclusioni circa :

a) lo stile letterario della lettera agli Ebrei

b) - le differenze dottrinali

c) - i destinatari della lettera

d) - l'autore

e) - la data di composizione del testo preso in esame

a) - GENERE LETTERARIO

E' molto importante, dopo aver visto l'aspetto patristico poter fare l'esegesi del testo sacro per poter evidenziare quali potrebbero essere le differenze sostanziali tra il resto delle lettere paoline e quella intitolata "Epistola agli Ebrei".

Una cosa che si nota subito aprendo tale epistola e incominciandola a leggere e' il fatto che mancano sia il nome dell'autore, il saluto e la mensione dei destinatari, come sono sempre tipicamente scritti nelle lettere di Paolo. Tuttavia l'opinione tradizionale e' stata fuorviata dal cap. XIII con la conclusione di carattere personale che ricordano appunto le lettere di Paolo, nonche' dalla menzione di Timoteo in questo cap. (ma tale sezione conclusiva e' stata aggiunta come sostiene il P. Vanhoye). Gia' questo dovrebbe essere un indizio della non autenticita' paolina, perche' denota subito uno stile, una usanza non dello stesso autore delle epistole che comunamente si attribuiscono a Paolo. Nel ns. scritto notiamo subito una lingua e uno stile molto diverso da quello delle lettere di Paolo, che lo ha fatto considerare come linguisticamente il migliore di tutto il N.T. Inoltre l'esposizione e' diversa. Infatti , mentre nelle altre lettere notiamo l'esposizione dogmatica che occupa tutta la lettera e poi alla fine vi sono le esortazioni, invece nell'epistola agli Ebrei vi e' fin dall'inizio fusione dell'elemento parenetico con quello dottrinale. E' una situazione questa che ha spinto P. Vanhoye a dichiarare molto insistentemente che siamo di fronte a stile oratorio e non familiare, come altri vorrebbero far credere adducendo per testimonianza i passi finali dell'epistola, che senz'altro hanno uno stile familiare. Lo stile e' rilevato anche dal fatto che nell'epistola che stiamo trattando si trovano ben 140 vocaboli propri che non si incontrano in nessuna altra epistola, sono le cosi' dette Hapaxlegomena. Le transizioni sono molto elaborate secondo i modelli greci. Infatti il periodare e' sintatticamente molto elaborato (Grant e Spicq). Inoltre e' da notare che nella lettera agli Ebrei l'uomo passionale e il suo spirito ribelle e turbolente non si rileva dalla lettura del Testo. Il modo di citare le scritture e' diverso. Infatti mentre Paolo usa dire : "Come e' scritto" e simili, la lettera agli Ebrei introduce le citazioni con :"Dio dice", "lo Spirito Santo dice".

Poi leggendo bene il cap. 2° della lettera agli Ebrei sembra che l'autore sia stato non un apostolo, ma un discepolo degli apostoli. Per cui a questo punto viene da chiedersi : che cosa e' stilisticamente parlando questo antico scritto ?. E' una lettera (o un epistola) come dice Goquel e Michaelis, oppure un trattato non epistolare a cui sia stato aggiunta una appendice come sostiene P. Vanhoye? Per molto tempo si e' pensato che "Ebrei" fosse un'opera letteraria : Deissmann sosteneva che era il primo documento storico di un opera d'arte letteraria; Von Soden sostiene che in essa si trovano tutti le disposizioni tipiche dello svolgimento di un discorso cosi' come veniva insegnato nelle scuole letterarie di Alessandro d'Egitto, cioe' : prologo, esposizione, argomento ed epilogo. Il P. Spicq e il P. Vanhoye riconoscono nella "lettera" agli Ebrei non tanto l'arte letteraria, ma quanto la tecnica dell'eloquenza : il tono elevato dell'esordio, lo stile ritmico, la cura delle scelte delle parole facendo attenzione all'eufonia e all'allitterazione, i congiuntivi esortativi delle sezioni parenetiche (Ebr. 4:11,14; 6:1 ; 10:22-23,24 ; 12:28 ; 13:15), le transizioni ben curate, le pause ben disposte, le apostrofi ai lettori(Ebr. 5:11 ; 6:9 ; 12:25), sono questi tutti elementi che ci fanno sostenere cio' come e' sostenuto dal parte degli studiosi (Kummel,Strathmann e Windisch).

Infine , come sostiene Bruno Corsani, in Introduzione al Nuovo Testamento, II° vol. Lettere e Apocalisse, Torino , Claudiana 1975 (Cap. XIV, l'epistola agli Ebrei, pp. 235-246), da cui ho attinto la maggior parte delle notizie su tale studio, l'autore stesso si presenta piu' come oratore che come scrittore in quanto usa ripetutamente espressioni come "parliamo", "diciamo" e altri sinonimi (Ebr. 2:5 ; 6:9 ; 8:1 ; 9:5 ; 11:32).

b) - LE DIFFERENZE DOTTRINALI

Per la dottrina inclusa nell'epistola agli Ebrei possiamo notare delle somiglianza e delle differenze.

La dottrina simile che si trova in "Ebrei" e' propria di quest'autore che senz'altro e' di tendenza giudeo-cristiana. Vi sono frasi proprie del vocabolario paolino per es. "Dio della pace"(Ebr. 13:20) e che ricorre 5 volte in Paolo(1Tim. 5:13 ; 2Cor. 13:11 ; Rom. 15:33 ; rom. 16:20 ; fil. 4:9), similitudini usate anche nelle 13 epistole, come per esempio distinzioni tra cibo solido e latte come e' riportato in 1Cor. 3:2. Inoltre e' simile il modo di interpretare la Bibbia che non e' quello allegorico di Filone ma piuttosto quello tipologico usato da Paolo (Gal. 4:21-31 ; 2Cor. 3:12-18). E' stato inoltre osservato una grande somiglianza tra il discorso di Paolo ad Antiochia di Pisidia, e la lettera agli Ebrei(Zedda, Ebrei, Roma ed. Paoline). Accanto alle forti somiglianze vi sono delle differenzemolto sensibili nella dottrina : la superiorita' della nuova alleanza, il sacerdozio di Cristo e la eccellenza del suo sacrificio non hanno rilievo in S. Paolo, nella forma in cui lo presenta l'epistola agli Ebrei. Nella lettera agli Ebrei la legge e' considerata in modo diverso da come la considera Paolo. Infatti per l'apostolo delle Nazioni essa e' occasione di peccato e di maggiore conoscenza del medesimo (Rom. 3:20 ; 4:15 ; 5:20 ;7:7 ; Gal. 3:19), mentre per l'autore della lettera agli Ebrei e' come qualche cosa di imperfetto che non puo' condurre a perfezione l'uomo (Ebr. 7:19 ; 10:11 ; 10:1). In Gal. 10:1 si nota come la Legge e' davanti alla Nuova Alleanza come l'ombra davanti alla realta', mentre nella lettera agli Ebrei la Legge e' molto importante. Essa e' considerata piuttosto dal punto di vista rituale che da quello etico-morale. Inoltre mentre Paolo sottolinea la riconciliazione nell'opera di <cristo, l'epistola agli Ebrei, mette in risalto la purificazione e la santificazione. Poi la giustificazione per fede contrapposta alle opere della Legge non e' considerata dalla lettera agli Ebrei. Ancora, le citazioni di Abac 2:4 e' usata in modo diverso (Ebr. 10:38). Manca nell'epistola agli Ebrei una elaborazione dottrinale di punti che hanno tanto rilievo in Paolo, come quello dell'unione con Cristo ove si usano formule come "essere in Cristo Gesu", "Cristo in voi". Cosi' anche dell'unione di Dio Padre, dello Spirito Santo. Manca anche in Ebrei il drammatico contrasto tra "Carne e spirito". Mentre in Paolo i titoli di Cristo sono" Cristo Gesu?", "Gesu' Cristo", "Il Signore", nella lettera agli Ebrei si legge piuttosto "Gesu'", "Figlio". Non si fa gran mensione della Resurrezione di Cristo, cosa che in altre lettere costituisce la forza motrice per lo sviluppo delle stesse.

Nell'epistola agli Ebrei la Ecclesiologia ha un altro timbro : la chiesa e' la casa di Dio, il popolo in cammino, una comunita' culturale; mentre in Paolo si parla in termini astratti come : sposa di Cristo, corpo mistico, corpo di Cristo, temi assenti nella ns. lettera. In sostanza tutto l'orientamento dell'epistola agli Ebrei e' Teocentrico, mentre quello dell'apostolo Paolo e' Cristocentrico.

c - I DESTINATARI DELLA LETTERA

Il titolo della lettera ci fa dedurre che i destinatari della stessa fossero degli Ebrei. Intanto il titolo "agli Ebrei" ci e' riferito da Clemente Alessandrino, citato da Eusebio nella Storia Ecclesiastica (VI,14,4). E' probabile che il titolo debba la sua origine all'abbondante uso delle citazioni dell'A.T. Strathmann, Spicq, Filson sostengono che i destinatari sono cristiani convertiti dal giudaismo. Il Mole, Grant, Filson precisano : dal giudaismo ellenistico. Il P. Spicq sostiene che la lettera si rivolge ad Ebrei che hanno abbandonato i riti e le osservanze mosaiche per accettare gesu' come Messia e Salvatore, rinunciando alla loro antica religione. Spicq dice ancora che perseguitati questi ebrei incominciano a vacillare Ebr. 12:12) e non prestano piu' orecchio (Ebr. 5:11), per cui le esortazioni dell'omelia con il confronto fra il sacerdozio perfetto ddi Cristo e il sacerdozio imperfetto, provvisorio, tipologico del giudaismo. Si domanda ancora P. Spicq se non potrebbero essere i numerosi sacerdoti menzionzti in At. 6:7. Yadin pensa ad un gruppo di convertiti dalla setta di Qumram; mentre Kosmola pensa a un gruppo separatista della medesima setta che ancora ha accettato la fede cristiana.

E' da notare :

1) - che le comunita' dei giudei cristiani di Palestina vivevano in grande indigenza e Ebr. 6:10 e' difficilmente compatibile con la loro situazione.

2) - L'allusione di Ebr. 10:32 a una persecuzione non e' corrispondente a cio' che sappiamo della Chiesa di Gerusalemme.

3) - In Ebr. 6:1-2 ci sono elementi tipici di predicazione ai pagani(Windisch) piu' che ai Giudei-cristiani.

4) - La predicazione del culto israelito non e' privo di errori (Ebr. 7:2, confronta con Lev. 16:6 e 34).

Cosi' mentre Moffat, Windisch, Michaelis, Bornkamm, Lohse sostengono che i destinatari vengono dal paganesimo e mentre Von Soden, Harnach e Wrede sostengono che sono ebrei, il Kummel insieme a Kasemann ed altri sostiene l'ipotesi che sono cristiani tout-court e basta, senza riferimwnto alla loro condizione etnica.

d) - L'AUTORE

Le differenze nello stile notate prima fanno dire che certamente siamo di fronte a una redazione diversa da quella delle 13 lettere. La questione e' vedere se il redattore di "Agli Ebrei" sia cosi' indipendente da Paolo tale da chiamarlo autore della lettera agli Ebrei. Le somiglianze nella dottrina fanno ritenere per certo che Paolo ispiro' il redattore di Ebrei, il che' spiega pure in parte la inserzione della lettera nel "Corpus Paulinum" e la sua attribuzione esplicita a Paolo in gran parte della Tradizione ecclesiastica. Ma comunque le differenze nella dottrina e il tono generale della lettera sembrano esigere che il redattore sia stato tanto indipendente da Paolo da doversi chiamare autore. Queste differenze sono sottovalutate da quelli che difendono una dipendenza immediata, diretta del redattore di Ebrei da parte di Paolo. Essi pongono alcune risposte : uno stesso autore puo' trattare argomenti nuovi o nuovi aspetti delle medesime cose e non vi e' contraddizione, ma piuttosto complementarieta'. In sostanza sono diverse le circostanze in cui e' stata scritta la lettera agli Ebrei. Comunque cio' nonostante queste risposte, insieme alle somiglianze che ci sono nella dottrina con le altre epistole, non cancellano certo l'impressione che lascia la lettura della lettera con lo stile molto piu' raffinato e sodfisticato dell'autore sconosciuto, tale da farci supporre che per forza si tratta di un'altra mente, di un altro cuore, piu' giudaizzante che non di Paolo che e' sovvertitore dei principi giudaici. Tale convenzione e' piu' forte se si tiene presente che in Ebr. 2:3-4, l'autore si considera lui stesso il discepolo degli apostoli. Difficilmente Paolo avrebbe scritto cio', ne' lo avrebbe lasciato scrivere al suo segretario in una lettera mandata in suo nome. A differenza delle altre lettere si nota che non e' un segretario che scrive fedelmente quello che gli descrive il suo maestro, ne' un redattore che volge il compito di scrittore. Egli e' pienamente indipendente, autonomo nella scelta dei temi da svolgere e nel modo di presentarli e nel nonche' dell'esporre i punti dottrinali. Si puo' comunque concludere che Paolo ispiro' solo la lettera in quanto maestro della scuola a cui apparteneva l'autore e non certamente gliela detto' come sicuramente ha fatto per le altre lettere.Di conseguenza l'autore della lettera agli Ebrei, sia per la lettura dell'epistolare paolino, sia per contatto immediato con l'apostolo, e' imbevuto della teologia paolina pero' la svolge e l'arricchisce con un apporto personale.

Volendo si puo' anche parlare di autenticita' paolina indiretta o mediata per influsso di Paolo sull'autore o di origine paolina nel senso che Ebrei contiene la dottrina di Paolo e ne prolunga l'insegnamento. Quindi ammesso che si e' davanti a un vero autore, il problema e' di determinare chi sia stato. Comunque il problema sussisterebbe anche se siamo di fronte a un semplice segretario o redattore. Sono stati fatti i nomi di Giuda"fratello del Signore", di Luca (che Clemente Alessandrino indicava come autore della traduzione greca), di Clemente Romano, di Barnaba (da Tertulliano), di Apollo.

Barnaba adempie tutte le condizioni che l'esame della lettura sembra esigere per il suo autore : e' un giudeo, educato ellenisticamente, come Levita conosceva il rituale mosaico. Nativo di Cipro doveva essersi familiarizzato con la cultura alessandrina. Aveva poi grande autorita' a Gerusalemme dagli Atti. Il nome di Apolo invece raccoglie le convinzioni di molti critici in quanto il maggior numero di consensi e' dovuto al fatto che tale nome potrebbe rendere conto degli avvicinamenti paolini come di quelli filoniani, come l'uso delle scritture, concezione del mondo, speculazione sull'etimologia dei nomi, contrapposizione di ombra e realta', cose terrestre e cose celeste, ecc..Infatti recentemente lo Sicq (vedi Le Philonisme de l'epitre aux Hebreux, in RB LVI, 1949,542-522; LVII, 1950,212-242) ha dato all'ipotesi un peso notevole di argomenti :Apollo e' di razza giudaica, e' nativo di Alessandria d'Egitto, e' della stessa citta' di Filone, del quale conosceva le opere ne subisce l'influsso. E' un uomo di cultura e quindi conosceva la filosofia alessandrina e le sue argomentazioni. Gli Atti degli Apostoli lo presentano come un uomo di grande eloquenza, e' un oratore, conoscitore della Bibbia, e cio' spiegherebbe lo stile di Ebrei. Comunque due difficcolta' si portano per escludere Apollo come autore dell'epistola agli Ebrei, le quali poi in fondo si svolgono a suo favore :

1) - l'educazione filoniana di Apollo e' una semplicecongettura in quanto non ci risulta che abbia avuto una attivita' letteraria (ma dagli Atti degli Apostoli cio' non risulta neanche per Paolo) e quindi il suo nome non e' indicato nella Chiesa antica. Ma cio' spiega appunto che lo scritto sia attribuito a Paolo, di cui Apollo era discepolo (Tito 3:13). E il discepolo ha conservato l'anonimo perche' non voleva imporre la sua autorita', ma solo fraternamente esortare.

2) - L'altra difficcolta' : se l'antichita' non ha fatto il nome di Apollo, tale silenzio si spiega ancora perche' egli era discepolo di Paolo e quindi nell'attribuzione comune la lettura e' passata dal discepolo al maestro.

Tutto questo e' ben piu' plausibile per Apollo che non per Barnaba, il quale ha avuto una personalita' ben distinta da quella di Paolo e non ne fu discepolo. Comunque l'obiezione piu' grave che si fa perApollo e' che cio' pone la composizione di "Ebrei" nel periodo dell'attivita' di Paolo (Spicq, Montefiore), mentre e' piu' probabile che sia un prodotto della seconda generazione (Ebr. 2:3). Infine Harnach attribuisce "Ebrei" a Priscilla sostenendo che l'anonimato sarebbe servito a nascondere la provenienza femminile, che poteva essere controproducente.

e) - DATA DI COMPOSIZIONE.

Si puo' fissare un terminus ad quem : se Clemente Romano nella sua lettera ai Cor.. cita "Ebrei", questa non puo' essere stata composta oltre il 95. Il terminus a quo e' piu' difficile da stabilire : il fatto che non e' menzionata la rovina del tempio di Gerusalemme per dimostrare l'inefficacia del culto israelito, alcuni studiosi, come P. Shicq, Montefiore sostengono una data di composizione anteriore al 70. Sembra invece piu' probabile che le riflessioni al culto ebraico non si riferisca alla prassi del culto nel Tempio ma a quanto l'A.T. in generale prescriveva in merito. E quindi trovandoci in presenza di cristiani della 2° ora, indeboliti dalla vana attesa escatologica, dall'aumentata ostilita' del mondo (Ebr. 10:32 ; 12:3) sottoposti a una forte influenza gnostica (Kasemann), la lettera agli Ebrei vuole dare valore all'opera sacerdotale di Cristo, facendo capire ai credenti che bisogna evitare i mitici surrogati della gnosi (Bornkamm) e credere alla salvezza mediante la remissione dei peccati per mezzo della croce. Tutto questo ci fa porre la data dello scritto con piu' sicurezza negli anni 80 del 1° sec.

P. de G.