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Quaderni di Quartucciu
Anno I - Numero 4 - Dicembre 1997
 

 

Due o tre cose su ....

Gli elementi dello spazio urbano - 1
di Gianni Manis

"Il futuro non appartiene alla città ma alla periferia." Charles Zueblin, 1905


Con la speranza di poter cambiare idea almeno una volta in più delle volte che testardamente rimarrò della mia, dedico questa parte a Franco Caruso.

Gianni Manis

Materialmente una città può penarsi composta da spazio costruito e spazio non costruito, cioè da edifici, strade, piazze, zone verdi. Ma la città è soprattutto fatta dai suoi attuali abitanti, dei segni che chi l'ha abitata precedentemente ha lasciato nei suoi edifici, nelle strade, nelle piazze. Ed ancora è fatta di canali di comunicazione, di flussi di persone, merci, denaro, informazioni, di infrastrutture.

Dal raggruppamento primordiale di edifici, consolidato lungo le vie di comunicazione naturali o realizzate dall'uomo, inizia la storia della città. Una storia tangibile nella forma degli edifici e della loro composizione in isolati, anche se spesso confusa nelle aggiunte posteriori, demolizioni e ricostruzioni.

L'origine di molte delle nostre città risale all'epoca romana. Nella loro opera di colonizzazione, i Romani hanno tracciato tutta una serie di accampamenti militari (detti Castrum) lungo le principali vie di comunicazione che da Roma, si dipartivano lungo la penisola e oltre. Da questi accampamenti, spesso si sono sviluppate le città che conosciamo, mantenendo in molti casi anche nel loro ampliamento il tracciato originario.

E' così possibile riconoscere, soprattutto dalla analisi delle planimetrie, l'antico impianto, approssimativamente quadrato, con strade parallele e perpendicolari tra loro. Emblematico è il caso di Aosta, dove è identificabile l'antico Castrum romano, con la chiara evidenza del cardo e del decumano (strade perpendicolari tra loro che attraversavano, secondo le direzioni nord-sud ed est-ovest, l'intero impianto del castro; il decumano andava dalla porta decumana alla porta pretoria, allacciandosi poco fuori le mura alla strada principale).

Nei centri storici di molte città, oltre al tracciato stradale, è possibile ritrovare anche le piante degli edifici romani. Così a Roma, Piazza Navona ha mantenuto la forma dello stadio di Domiziano (che veniva allagato per lo svolgimento di battaglie navali e altri giochi d'acqua) e evidente è anche l'edificazione del Palazzo dei principi Orsini sopra il Teatro di Marcello.

Dopo il Mille, le condizioni storiche e politiche permisero una nuova espansione delle città (fenomeno dell'urbanesimo ovvero inurbamento, inserimento di vaste porzioni di popolazione nelle città). Tra le caratteristiche fondamentali della città medioevale la più importante è che essa è racchiusa entro una cinta muraria, spesso completata da torri.

L'ampliamento, nei centri di origine romana, avviene spesso lungo gli assi dell'antico castro cosi che le nuove mura si dispongono a forma di rombo intorno al primitivo perimetro quadrato. La pianta della città medioevale è varia e si adatta al luogo in cui sorge. Non di rado i centri sorti ex novo in questa epoca si trovano spesso, per ragioni difensive, su alture, colline o comunque in posizioni elevate. Si sviluppano intorno al castello del signore o, partendo da questo, lungo la strada principale, seguendo forme svariate, talvolta, di difficile accesso, e che male si adattano all'ulteriore ampliamento.

Le strade della città medioevale, che oggi appaiono anguste, non dovevano assolvere funzioni di areazione ed illuminazione delle abitazioni poiché queste disponevano di spazi aperti nella parte posteriore. Solo nei secoli successivi questi spazi sono stati riempiti da costruzioni, in ampliamento o in completa sostituzione di quelle esistenti; così le strade hanno dovuto assolvere anche alle funzioni suddette. Spesso questo non ci appare evidente perché la forma definitiva, quella che conosciamo, delle città medioevali è quella che risulta dalle modifiche apportate nei secoli successivi.

L'abitazione unifamiliare era l'elemento fondamentale della città medioevale; essa svolgeva, oltre che la funzione residenziale anche quella di luogo di lavoro, con la sua bottega o il suo laboratorio al piano terra. In epoca rinascimentale, più che ad un ampliamento assistiamo al loro abbellimento. Mentre il periodo barocco vede di nuovo l'espandersi di alcune città ma sempre sull'antico impianto romano o medioevale.

Il centro storico
Solo negli ultimi anni ci si è posti il problema della salvaguardia dei centri storici. Nel corso dei secoli i centri storici delle città più importanti sono stati profondamente modificati: si sono riempiti gli spazi ancora liberi, le piccole case sono state sostituite da edifici a molti piani, si sono aperte larghe strade.

In molte città, per ragioni di prestigio e di moda, la parte della società più agiata è tornata nel nucleo antico, restaurando le abitazioni, adattandole alle mutate condizioni di vita e, talvolta, snaturandole nei loro caratteri costruttivi e funzionali.

Nelle città minori, dove spesso mancano i soldi per il restauro, i centri storici sono stati abbandonati e rischiano di cadere completamente in rovina. Nel primo caso si ha una sostituzione completa del tipo di comunità: i vecchi abitanti si trasferiscono nelle periferie e le antiche case restano solo un paravento, completamente svuotate e trasformate all'interno. Nel secondo caso si arriva lentamente alla distruzione fisica di questo patrimonio edilizio, che talvolta è storico ed artistico.

Allo stato attuale, la perimetrazione dei centri storici avviene secondo parametri temporali, del tipo: "è centro storico un ambito continuo ed omogeneo nei caratteri architettonici [...], i cui edifici risultino preesistenti al ...." Stando a questi parametri ci sono delle città che non hanno centro storico, come sono quelle sorte sotto il regime fascista: Carbonia, Latina, Aprilia, Lido di Roma (Ostialido), e altre.

Ma il non avere centro storico non significa non avere una memoria, una espressione della cultura degna di tutela. Ne è un chiaro esempio Ostialido, nello ambito del lungomare.

Di contro esistono città, soprattutto minori, che hanno buona parte del proprio tessuto urbano vincolato all'inedificabilità, alla non trasformazione, all'inservibilità e, se il loro territorio non permette l'espansione, alla scomparsa.

Proviamo ad immaginare: come sarebbe Parigi se i quartieri attorno l'Arco di Trionfo, all'epoca dell'assolutismo monarchico, non fossero stati sventrati per cedere il loro posto ai Boulevards?; o se la Torre Eiffel fosse stata abbattuta per inquinamento ambientale?

Come sarebbe Roma se, sotto Papa Sisto V, non fosse stata sacrificata la zona del Campo Marzio per poter realizzare il tridente di via del Babbuino - via del Corso - via di Ripetta, con vertice nelle "Chiese gemelle" di Piazza del Popolo e che unisce in un unico respiro Piazza di Spagna, Piazza Venezia e la Piazza del-l'Augusteo, davanti al Ponte di Ripetta ?

Sarebbero altre città!

E sarebbero altre città anche quelle che sono state descritte in precedenza, quelle che su un impianto preesistente si sono sviluppate riutilizzando gli spazi in modo armonico col nuovo: Aosta sarebbe ancora un accampamento militare!

La cultura nella quale si inseriscono gli attuali criteri per la perimetrazione dei centri storici è quella della monumentalizzazione, della conservazione di tutto ciò che è datato (ma da una certa data in poi!).

Questa è certamente fi-lia della consapevolezza che in Italia abbiamo oltre i due terzi del patrimonio artistico mondiale. Però non deve confondersi lo storico col monumentale.

Esistono infatti apposite disposizioni, autonome da quelle in base alle quali avviene la perimetrazione dei centri storici, che però vengono rese vane dal non utilizzo degli strumenti coercitivi sul patrimonio edilizio privato.

Il prevalere di questa cultura della monumentalizzazione su quella del riutilizzo del costruito e degli spazi di risulta, genera immobilismo nella dinamica di trasformazione della città ed è segno di disinteresse per quelli che realmente sono i valori artistici, culturali o di memoria collettiva da tutelare.

In una sola frase: la tutela del tutto è una contraddizione in termini.

Gianni Manis

(continua sul prossimo numero, forse!)


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