UN
IDEALE MODELLO
di Giorgio Ledda
Le
battaglie di Libertà riguardano tutti coloro che considerano quest'ideale
irrinunciabile. Sposare quest'ideale significa sentirsi impegnati nella
sua difesa anche quando non è la nostra ad essere in pericolo.
Come magnificamente
descritto in quelle poche righe del poeta inglese John Donne, citate
all'inizio del romanzo “Per chi suona la campana” di Ernest Hamingway,
ogni volta che il genere umano è leso in una sua parte ne viene diminuito
anche il tutto.
Questo è un piccolo
giornale fatto di poche pagine, realizzato con l'impegno e il lavoro
di un gruppo di persone che di mestiere non fanno i giornalisti e che
avrebbero tanti altri modi più comodi e riposanti per passare le serate
ed i fine settimana, dedicandosi agli affetti ed a passatempi meno impegnativi.
Certamente non abbiamo gli strumenti per imporre un argomento alla pubblica
opinione, se si escludono quelle poche centinaia o migliaia di cittadini
che in quest'ultimo anno ci hanno onorato della loro attenzione. Eppure
ci sono almeno due ragioni di ordine diverso che ci devono spingere
a dare comunque il nostro contributo di verità: la prima è che quelle
persone sono proprio il pubblico al quale ci rivolgiamo e col quale
desideriamo stabilire un rapporto; la seconda, più ideale, risiede nel
fatto che sentiamo come un imperativo di carattere morale dare il nostro
contributo d'informazione, in rispetto dei nostri convincimenti e delle
persone che ci leggono.
In Italia, negli
ultimi vent'anni, c'è stato un soggetto che, di sua spontanea iniziativa,
si è fatto carico di trasmettere tutte le sedute del Parlamento, in
modo che coloro tra i cittadini che intendessero avvalersi del diritto
all'informazione su quest'argomento, fossero messi in condizioni di
farlo senza costi.
Radio Parlamento
ha rappresentato per molti di noi l'applicazione concreta del principio
di democrazia inteso come esercizio informato e consapevole della sovranità
popolare.
Va da se che il
consenso, che in una democrazia rappresentativa si realizza principalmente
nel voto, è manifestazione di sovranità solo in presenza di un'informazione
puntuale e completa, altrimenti è una delega in bianco, un blind trust
(esclusione del titolare dalla gestione del patrimonio di cui rimane
proprietario). La questione tra l'altro è solo apparentemente distante
dalla nostra realtà, prima di tutto perché, pur in scala ridotta, lo
scopo che ci prefiggiamo con questo giornale non è diverso da quello
che persegue Radio Radicale, favorendo la partecipazione attiva della
popolazione alla vita civile ed amministrativa e la formazione di un
consenso informato; poi perché non vogliamo unire il nostro agli altri
silenzi; d'altronde non fu forse un bambino nella favola del Re nudo
a smontare la messa in scena?
Il valore del servizio
svolto da Radio Radicale sta nel rendere possibile a tutti essere informati
su ciò che accade in Parlamento, lasciando al singolo la scelta sul
farlo o no. Ora, per pochi o per molti, c'è il rischio concreto che
questo servizio venga a mancare nel pressoché totale silenzio dei mezzi
d'informazione, cosa che ci dovrebbe far riflettere sulla nostra condizione
di non informati.
Secondo l'ipotesi
di Donne, quando la libertà di informazione è messa in pericolo anche
solo per un unico soggetto, è tutto il mondo dell'informazione, intesa
in senso ampio come insieme dei produttori e dei consumatori di informazione,
che deve sentirsi aggredito e diminuito nel suo essere.
La situazione di
Radio Radicale è tutt'altro che semplice e lineare e tale da consentire
un ventaglio molto ampio di posizioni a riguardo.
Le trasmissioni
dal Parlamento sono iniziate nel 1977. Da quando, con la famigerata
legge Mammì sul riordino del sistema radiotelevisivo, è stato sancito
l'obbligo per il concessionario del servizio pubblico di trasmettere
i lavori parlamentari, la RAI avrebbe dovuto attivare una rete radiofonica
dedicata esclusivamente a quello scopo. In carenza di questo servizio
ed in seguito ad una campagna di sensibilizzazione posta in essere da
Pannella ed altri nel 1994 fu stipulata tra Radio Radicale ed il Ministero
delle Poste e Telecomunicazioni una convenzione di durata triennale
per la trasmissione dei lavori parlamentari dietro la corresponsione
di diversi miliardi.
Recentemente, a
fine 97, si sono verificati dei fatti che hanno aperto una nuova stagione
di lotta: il 30 novembre 1997 è scaduta la convenzione senza che nessuna
delle iniziative poste in atto da Paolo Vigevano, editore di Radio Radicale,
per un tempestivo rinnovo abbia avuto alcun esito; poco dopo, il 10
dicembre è stato approvato dal Parlamento il contratto di servizio che
regola i rapporti tra Governo e RAI; il contratto ha ribadito a più
di sette anni dall'entrata in vigore della legge, l'obbligo per la RAI
di trasmettere le sedute del Parlamento, fissando però una data, il
15 gennaio 1998, data che è stata regolarmente bucata.
Nel frattempo è
stato presentato un Disegno di Legge che prevederebbe l'abrogazione
dell'articolo della Mammì e dell'articolo del contratto che sanciscono
tale obbligo, fissando i termini di una gara per l'assegnazione di una
nuova convenzione e la RAI ha, in un modo o nell'altro, iniziato le
trasmissioni parlamentari. Paolo Vigevano, affiancato da una fitta schiera
di radicali con in testa Marco Pannella ed il Commissario Europeo Emma
Bonino e da una marea di scioperanti della fame coordinati da Rita Bernardini,
sostiene che la trasmissione delle sedute parlamentari è un servizio
pubblico che deve essere affidato tramite gara a chi lo fa meglio, con
i minori costi e le maggiori garanzie di correttezza e che in attesa
della gara va prorogata la convenzione con Radio Radicale.
Vincenzo Vita,
Sottosegretario pidiessino alle Poste e Telecomunicazioni, che ha seguito
la vicenda in prima persona, sostiene che in presenza di due riferimenti
legislativi vigenti, bene ha fatto la RAI ad attivare il servizio anche
se in ritardo.
Questi avvenimenti
hanno favorito l'apertura di un vasto dibattito sul ruolo e sul significato
di “servizio pubblico”, che ha visto coinvolti numerosi tra uomini politici
e personaggi illustri.
Il dibattito ha
favorito l'emergere di una differenziazione tra il servizio pubblico,
come servizio rivolto al pubblico che lo stato deve regolamentare a
tutela dell'utenza, e servizio statale, ovvero fornito dallo stato con
propri mezzi e che lo stato deve garantire.
I Senatori a vita
Agnelli e Bobbio, gli ex Presidenti della Repubblica Cossiga e Leone
e l'ex Presidente della Corte Costituzionale Vincenzo Caianiello si
sono fatti firmatari di una proposta di rinnovo della convenzione a
Radio Radicale per altri tre anni sulla base di un ragionamento molto
semplice: “Perché cambiare le cose che vanno?” come ha dichiarato
Vincenzo Caianiello.
Su questo sono
tutti d'accordo, il servizio svolto da Radio Radicale è stato ineccepibile
sotto tutti i punti di vista. Le sedute parlamentari sono state trasmesse
con continuità, nel rispetto di tutte le forze rappresentate in parlamento
e con quel giusto commento che ne permette la comprensione anche ai
meno assidui; in più hanno avuto eco tutti i congressi di partito, i
convegni, i processi più importanti.
Allora perché cambiare?
Il sospetto che
viene a chi si pone da questa prospettiva è che ci sia una trama oscura
che porta alla soppressione di un servizio tanto utile quanto scomodo,
per la sua scarsa disponibilità al compromesso, all'informazione addomesticata
e di regime.
Giorgio
Ledda