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Quaderni di Quartucciu
Anno II - Numero 5 - Maggio 1998
 

 

IL PAGURO BERNARDO
di Beppe Pisu

“Il paguro Bernardo (Eupagurus Bernhardus) abita una conchiglia di Gasteropode di cui il legittimo proprietario è scomparso. Il Paguro che ritrova una conchiglia vuota, per ragioni di sopravvivenza, si affretta a ficcare a ritroso l'addome entro la conchiglia, l'addome s'incurva seguendo la cavità elicoidale del guscio e si ancora alla parete con i piccoli uncini, residui di piedi.” (dal testo: La vita degli animali, Casa Editrice UTET, Torino).

Che c'entra il paguro Bernardo con la nostra testata giornalistica, vi starete chiedendo? Anche “Quaderni di Quartucciu” per poter sopravvivere, come il paguro Bernardo, ha occupato una “casa” ormai abbandonata: lo statuto e l'atto costitutivo dell'associazione culturale “Il Confronto”. Ma al contrario del Paguro che deve adattare il proprio corpo alla forma del guscio della conchiglia, il giornale ha trovato lo statuto dell'associazione perfettamente modellato per i propri scopi.

L'associazione “Il Confronto”, costituita dall'ottimismo della volontà di sei amici e registrata in Cagliari presso il notaio Pasolini il 18 marzo 1981, considera la sua attività come servizio sociale per la diffusione e lo sviluppo della cultura e dell'informazione. A distanza di ben 16 anni, con il pessimismo della ragione di nuove e giovani adesioni, il 23 febbraio 1998 è rinata a nuova “vita”. In tale data l'assemblea dei nuovi soci ha rieletto i suoi organismi dirigenti ed approvato le linee guida del periodico “Quaderni di Quartucciu” di cui l'associazione è editore.

Ora, sotto questa nuova veste editoriale, ci siamo posti la domanda se continuare ad uscire così come abbiamo cominciato o se, invece, era più utile dare un segnale di discontinuità che marcasse il nuovo status, in altre parole, se continuare nella nostra iniziale spontaneità o se invece dare maggiore razionalità ed organicità al nostro strumento d'informazione.

La risposta a tale domanda è stata senz'altro l'approvazione delle linee guida. Lo scopo principale del nostro giornale si fonde intrinsecamente con quello dell'associazione: creare un luogo d'incontro e di confronto, appunto, capace di contribuire alla crescita culturale, non solo della comunità della nostra cittadina, ma anche di quella dell'area metropolitana di Cagliari. Abbiamo voluto mantenere lo stesso nome di origine, soprattutto per identificarne la località di nascita, senza che questo debba connotare i contenuti del giornale. Dal particolare al generale sarà la nostra bussola.

Partire dalla “periferia” per scoprire lungo “strada” che facciamo parte di una conurbazione più vasta, la parte di un tutto, i cui problemi sono da ricondurre a temi di carattere generale e centrale. E quindi, per acquisire il nostro scopo di creare uno spazio culturale di dibattito e di incontro di idee, nella composizione del giornale sarà data pari dignità agli articoli dei componenti della redazione ed a quelli che perverranno da apporti esterni, purché rispettosi dei valori della democrazia.

Intendiamo ripresentarci ai lettori ed ai cittadini di Quartucciu con questa impostazione editoriale e con la convinzione che questo contributo per la crescita culturale di Quartucciu rappresenta per noi un servizio ed un'esperienza, dalla quale, auspichiamo, possa sortire una nuova classe dirigente più preparata, motivata e portatrice dei valori cui ci ispiriamo: del pluralismo della giustizia sociale e della libertà nella democrazia.

Se questo auspicio potrà tradursi in realtà, mai migliore sorte toccò ad uno statuto, che, come quel vecchio attrezzo obsoleto finito in soffitta, rinasce un giorno per caso a nuova vita, dando la gioia a chi lo usa di riscoprire la sua utilità e la sua adattabilità allo scopo per il quale era stato costruito.

Beppe Pisu


 

UN IDEALE MODELLO
di Giorgio Ledda

Le battaglie di Libertà riguardano tutti coloro che considerano quest'ideale irrinunciabile. Sposare quest'ideale significa sentirsi impegnati nella sua difesa anche quando non è la nostra ad essere in pericolo.

Come magnificamente descritto in quelle poche righe del poeta inglese John Donne, citate all'inizio del romanzo “Per chi suona la campana” di Ernest Hamingway, ogni volta che il genere umano è leso in una sua parte ne viene diminuito anche il tutto.

Questo è un piccolo giornale fatto di poche pagine, realizzato con l'impegno e il lavoro di un gruppo di persone che di mestiere non fanno i giornalisti e che avrebbero tanti altri modi più comodi e riposanti per passare le serate ed i fine settimana, dedicandosi agli affetti ed a passatempi meno impegnativi. Certamente non abbiamo gli strumenti per imporre un argomento alla pubblica opinione, se si escludono quelle poche centinaia o migliaia di cittadini che in quest'ultimo anno ci hanno onorato della loro attenzione. Eppure ci sono almeno due ragioni di ordine diverso che ci devono spingere a dare comunque il nostro contributo di verità: la prima è che quelle persone sono proprio il pubblico al quale ci rivolgiamo e col quale desideriamo stabilire un rapporto; la seconda, più ideale, risiede nel fatto che sentiamo come un imperativo di carattere morale dare il nostro contributo d'informazione, in rispetto dei nostri convincimenti e delle persone che ci leggono.

In Italia, negli ultimi vent'anni, c'è stato un soggetto che, di sua spontanea iniziativa, si è fatto carico di trasmettere tutte le sedute del Parlamento, in modo che coloro tra i cittadini che intendessero avvalersi del diritto all'informazione su quest'argomento, fossero messi in condizioni di farlo senza costi.

Radio Parlamento ha rappresentato per molti di noi l'applicazione concreta del principio di democrazia inteso come esercizio informato e consapevole della sovranità popolare.

Va da se che il consenso, che in una democrazia rappresentativa si realizza principalmente nel voto, è manifestazione di sovranità solo in presenza di un'informazione puntuale e completa, altrimenti è una delega in bianco, un blind trust (esclusione del titolare dalla gestione del patrimonio di cui rimane proprietario). La questione tra l'altro è solo apparentemente distante dalla nostra realtà, prima di tutto perché, pur in scala ridotta, lo scopo che ci prefiggiamo con questo giornale non è diverso da quello che persegue Radio Radicale, favorendo la partecipazione attiva della popolazione alla vita civile ed amministrativa e la formazione di un consenso informato; poi perché non vogliamo unire il nostro agli altri silenzi; d'altronde non fu forse un bambino nella favola del Re nudo a smontare la messa in scena?

Il valore del servizio svolto da Radio Radicale sta nel rendere possibile a tutti essere informati su ciò che accade in Parlamento, lasciando al singolo la scelta sul farlo o no. Ora, per pochi o per molti, c'è il rischio concreto che questo servizio venga a mancare nel pressoché totale silenzio dei mezzi d'informazione, cosa che ci dovrebbe far riflettere sulla nostra condizione di non informati.

Secondo l'ipotesi di Donne, quando la libertà di informazione è messa in pericolo anche solo per un unico soggetto, è tutto il mondo dell'informazione, intesa in senso ampio come insieme dei produttori e dei consumatori di informazione, che deve sentirsi aggredito e diminuito nel suo essere.

La situazione di Radio Radicale è tutt'altro che semplice e lineare e tale da consentire un ventaglio molto ampio di posizioni a riguardo.

Le trasmissioni dal Parlamento sono iniziate nel 1977. Da quando, con la famigerata legge Mammì sul riordino del sistema radiotelevisivo, è stato sancito l'obbligo per il concessionario del servizio pubblico di trasmettere i lavori parlamentari, la RAI avrebbe dovuto attivare una rete radiofonica dedicata esclusivamente a quello scopo. In carenza di questo servizio ed in seguito ad una campagna di sensibilizzazione posta in essere da Pannella ed altri nel 1994 fu stipulata tra Radio Radicale ed il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni una convenzione di durata triennale per la trasmissione dei lavori parlamentari dietro la corresponsione di diversi miliardi.

Recentemente, a fine 97, si sono verificati dei fatti che hanno aperto una nuova stagione di lotta: il 30 novembre 1997 è scaduta la convenzione senza che nessuna delle iniziative poste in atto da Paolo Vigevano, editore di Radio Radicale, per un tempestivo rinnovo abbia avuto alcun esito; poco dopo, il 10 dicembre è stato approvato dal Parlamento il contratto di servizio che regola i rapporti tra Governo e RAI; il contratto ha ribadito a più di sette anni dall'entrata in vigore della legge, l'obbligo per la RAI di trasmettere le sedute del Parlamento, fissando però una data, il 15 gennaio 1998, data che è stata regolarmente bucata.

Nel frattempo è stato presentato un Disegno di Legge che prevederebbe l'abrogazione dell'articolo della Mammì e dell'articolo del contratto che sanciscono tale obbligo, fissando i termini di una gara per l'assegnazione di una nuova convenzione e la RAI ha, in un modo o nell'altro, iniziato le trasmissioni parlamentari. Paolo Vigevano, affiancato da una fitta schiera di radicali con in testa Marco Pannella ed il Commissario Europeo Emma Bonino e da una marea di scioperanti della fame coordinati da Rita Bernardini, sostiene che la trasmissione delle sedute parlamentari è un servizio pubblico che deve essere affidato tramite gara a chi lo fa meglio, con i minori costi e le maggiori garanzie di correttezza e che in attesa della gara va prorogata la convenzione con Radio Radicale.

Vincenzo Vita, Sottosegretario pidiessino alle Poste e Telecomunicazioni, che ha seguito la vicenda in prima persona, sostiene che in presenza di due riferimenti legislativi vigenti, bene ha fatto la RAI ad attivare il servizio anche se in ritardo.

Questi avvenimenti hanno favorito l'apertura di un vasto dibattito sul ruolo e sul significato di “servizio pubblico”, che ha visto coinvolti numerosi tra uomini politici e personaggi illustri.

Il dibattito ha favorito l'emergere di una differenziazione tra il servizio pubblico, come servizio rivolto al pubblico che lo stato deve regolamentare a tutela dell'utenza, e servizio statale, ovvero fornito dallo stato con propri mezzi e che lo stato deve garantire.

I Senatori a vita Agnelli e Bobbio, gli ex Presidenti della Repubblica Cossiga e Leone e l'ex Presidente della Corte Costituzionale Vincenzo Caianiello si sono fatti firmatari di una proposta di rinnovo della convenzione a Radio Radicale per altri tre anni sulla base di un ragionamento molto semplice: “Perché cambiare le cose che vanno?” come ha dichiarato Vincenzo Caianiello.

Su questo sono tutti d'accordo, il servizio svolto da Radio Radicale è stato ineccepibile sotto tutti i punti di vista. Le sedute parlamentari sono state trasmesse con continuità, nel rispetto di tutte le forze rappresentate in parlamento e con quel giusto commento che ne permette la comprensione anche ai meno assidui; in più hanno avuto eco tutti i congressi di partito, i convegni, i processi più importanti.

Allora perché cambiare?

Il sospetto che viene a chi si pone da questa prospettiva è che ci sia una trama oscura che porta alla soppressione di un servizio tanto utile quanto scomodo, per la sua scarsa disponibilità al compromesso, all'informazione addomesticata e di regime.

Giorgio Ledda


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