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Quaderni di Quartucciu
Anno II - Numero 7 - Ottobre 1998
 

 

Occupazione: le idee, le risorse, le soluzioni

Cavare sangue da una rapa
di Giorgio Ledda

Provarci è indice di scarso realismo, insistere è tipico degli utopisti.

Certamente cavare sangue da una rapa è cosa inverosimile almeno quanto non distogliere qualcuno dal cercare di farlo è venir meno al dovere di aiutarsi l'un l'altro, caratteristico della civile convivenza. Ma se quella rapa è l'unica risorsa che hai e il sangue ti serve per salvare una vita, chi ti può distogliere da spremerla fino a cavarne del sangue, fosse anche il tuo?

Rocco Buttiglione, citando le parole di un uomo non meno distante dal mio modo di pensare di chi lo ha chiamato in causa, una volta ha detto: "Signore, aiutaci a trovare la forza di cambiare le cose che si possono cambiare; aiutaci a sopportare le cose che non abbiamo la forza di cambiare; ma soprattutto aiutaci a distinguere le une dalle altre."

Grazie, sarebbe il massimo, imboccare sempre la strada giusta dove l'unica incognita è rappresentata dalla fatica che sarà necessaria per raggiungere la meta.

Se volessimo intendere questa figura come metafora del nostro presente il sangue rappresenterebbe qualcosa tanto necessaria quanto drammaticamente scarsa, che non può essere individuata che nel lavoro, soprattutto per le giovani generazioni.

E la rapa?

Guardiamoci attorno perché la rapa da cui cavare il sangue è ciò che ci circonda, il nostro territorio, con le sue risorse materiali e culturali, e le mani per spremerla sono i nostri intelletti e le nostre capacità.

Vi sembra che sia poco?

Questo è ciò che passa il convento e, a meno che non vogliamo aspettare che sia Buttiglione o chi per lui a darci la sua benedizione, ci converrà cominciare a spremerle (le meningi). Allora cominciamo a fare l'inventario delle possibili risorse offerte dal nostro ambiente, alcune abusate, altre poco o niente considerate.

Al primo posto, non foss'altro perché preesistente rispetto a tutto il resto, il territorio con le sue caratteristiche, ricco di importanti siti naturalistici ed archeologici, che vede il suo valore accresciuto dalla contemporanea vicinanza dei monti dei Sette Fratelli, del mare, della zona umida di Molentargius - Santa Gilla, della Città di Cagliari e di un gruppo di comuni con caratteristiche simili al nostro assieme ai quali costituiamo un distretto con precise peculiarità produttive architettoniche ed eno-gastronomiche.

Un territorio siffatto ha favorito l'elaborazione di una cultura propria, agricola prima di tutto, ma anche manifatturiera ed artigianale, perfettamente integrata con quella della zona di appartenenza, ma non priva di elementi specifici talvolta esclusivi, che trova tuttora espressione in alcune pratiche tradizionali e manifestazioni culturali.

Una risorsa di origine molto meno remota è rappresentata dal patrimonio comunale che di recente si è arricchito di opere di grande valore quali la Casa Angioni, il Palazzetto, la Cittadella Sportiva, i Campetti Rionali e che presto si arricchirà ulteriormente con il completamento del Teatro all'aperto di Via Nulvi, della Sala Consiliare di Via Tunisi e della Casa Cossu che diventerà un centro di aggregazione per anziani.

La rapa da spremere, a ben guardare, c'è.

Forse sono i nostri intelletti, le mani per spremerle, che latitano o perlomeno scarseggiano. I segnali ad oggi di una volontà di mettere a frutto queste risorse sono scarsi, disordinati e provenienti prevalentemente dall'esterno, visti perciò con sospetto e disinteresse dalla classe politica e da entità corporative. Eppure la compresenza di un forte elemento di bisogno e dei fattori necessari a soddisfarlo ci impongono di fare ogni possibile ulteriore sforzo perché questo si realizzi.

Qualcuno potrebbe obiettare che mancano i capitali necessari per la valorizzazione di queste risorse. Anche questo è un alibi del quale dobbiamo liberarci; gli strumenti per il finanziamento di iniziative relative alla valorizzazione di un tale patrimonio ci sono e aspettano solo di essere colti.

In questo numero abbiamo cercato, a modo nostro, di affrontare questa tematica tanto vasta sotto molteplici aspetti, affiancando le analisi macroeconomiche e sociologiche all'approfondimento delle novità legislative ed alla prospettazione di possibili interventi concreti.

Giorgio Ledda

 


 

Una risorsa da sfruttare:
Casa Angioni

di Giorgio Ledda

Casa Angioni è stata sino ad ora il "salotto buono" dell'Amministrazione Comunale. Vi hanno avuto luogo manifestazioni amministrative pubbliche, come le sedute di Consiglio e le assemblee, e manifestazioni culturali, come gli spettacoli, le mostre ed i convegni che l'hanno impegnata relativamente poco.

Ora che è stata inaugurata la nuova Sala Consiliare, parte di queste manifestazioni non graveranno più sulla struttura che quindi sarà èiù libera.

Ipotizzando che nel corso di un anno siano cinquanta (una alla settimana) le occasioni di apertura della Casa e che queste la interessino mediamente per il 50% della sua estensione, otteniamo un livello di utilizzo della struttura dieci volte minore di quello che si potrebbe ottenere sfruttandola al massimo.

Al di la di questi calcoli, certamente grossolani e imprecisi, risulta evidente che ci troviamo di fronte ad una struttura ampiamente sottoutilizzata che consente, anzi esige, un utilizzo maggiore e più proficuo.

Riguardo alle attività che possono trovarvi alloggio tanta è la versatilità della casa che è più facile andare per esclusione. Escluse quindi quelle attività che per la loro natura possono essere lesive dell'integrità della struttura più del normale uso o arrecare particolare fastidio alla popolazione residente per la loro rumorosità o per la loro indecenza, tutte le altre non trovano impedimenti tecnici alla loro realizzazione all'interno della casa.

Anche sul lato dell'utenza, intesa come colui che usa la Casa, si aprono ampi scenari; finora è coincisa quasi totalmente con l'Amministrazione e con soggetti che per conto di essa hanno organizzato delle manifestazioni pubbliche (Pro Loco, gruppi folk, associazioni culturali), con sporadici utilizzi da parte di altri (Videolina).

Niente vieta invece di mettere a disposizione la struttura di tutti coloro che, pubblici o privati, associati o in forma singola, abbiano l'esigenza di un locale con quelle caratteristiche e siano disposti a pagarlo a prezzo di mercato.

Quanti, tra i nostri concittadini e non, invece che rivolgersi alle solite strutture, gradirebbero poter usufruire di Casa Angioni per i ricevimenti di nozze o per altre gradevoli ricorrenze?

Chiaro che in ragione della finalità "istituzionale" della Casa Angioni, acquistata e ristrutturata con i soldi della comunità perché questa ne tragga beneficio, non tutte le attività e non tutti gli utenti dovranno essere messi sullo stesso piano, privilegiando l'uso da parte di utenti locali per manifestazioni rivolte alla popolazione. Questo può facilmente ottenersi stabilendo tariffe particolari e quote di utilizzo riservate. Tutto ciò deve essere determinato dalla proprietà, ovverosia il Comune che, in nome e per conto della Cittadinanza, stabilisce con un apposito regolamento le direttive cui si deve attenere che gestisce la struttura.

Così arriviamo ad uno dei nodi principali della questione. Chiaro è che, a meno di un difficile quanto improbabile aumento di organico, l'Amministrazione non ha le risorse umane per attuare una gestione tanto complicata; devono essere quindi ricercate altre soluzioni che vanno dall'azienda municipalizzata, che sa tanto di prima repubblica, al consorzio di associazioni, alla cooperativa giovanile sino al privato specializzato (magari neanche sardo). Soggetti che avendo a disposizione un tale patrimonio sicuramente troverebbero il modo di metterlo a lavorare creando sicure occasioni di sviluppo.

Non è anche questo un modo che Casa Angioni ha per rendersi utile alla popolazione?

Giorgio Ledda

 


 

Un'albergo in centro storico:
Turismo alternativo

di Giorgio Ledda


La ricettività, in altre parole la capacità di dare un posto per dormire a chi viene da fuori, è uno dei requisiti fondamentali di un'economia turistica.

A chi potremo "vendere" la nostra terra con le sue bellezze se non abbiamo la possibilità di dargli un letto dove dormire?

Un albergo, per non essere un'isola nel deserto, deve trovarsi vicino se non addirittura dentro l'area da valorizzare; nessuno, tuttavia, credo auspichi la costruzione di un Grand Hotel a San Pietro Paradiso o di fronte a Casa Angioni.

Anche qui è necessario compiere uno sforzo per individuare forme più compatibili e maggiormente aderenti alla realtà della nostra cittadina.

In Europa, soprattutto nel mondo anglosassone, si è da tempo diffusa una particolare forma di ricettività delocalizzata attuata da normali famiglie che avendo parte della casa libera, la mettono a disposizione per brevi periodi alle persone di passaggio, dandogli solo un letto e la prima colazione (Bed&Breakfast). Si può verificare se a Quartucciu, anche in funzione della raggiunta operatività dei Piani di Risanamento che permetterà tanti di metter su casa per conto loro, esiste questa disponibilità di stanze o di case da destinare anche solo per brevi periodi dell'anno ad ospitare turisti fai-da-te.

Noi potremmo ribattezzarlo Lettu&Latti ed aggiungerci altri sevizi quali le visite guidate, i pranzi tipici e gli spettacoli folcloristici, né più né meno come i villaggi turistici finto-rustici, con la differenza che di finto non ci sarebbe niente e che il "villaggio" si troverebbe diluito in un tessuto urbano più vasto.

Un albergo in centro storico dove le camere sono nelle case, la hall è a Casa Angioni e la spiaggia quella che vuoi!

Così si otterrebbero una serie di risultati: la famiglia che ha un vano inutilizzato avrebbe una piccola fonte di reddito a basso costo, il turista avrebbe l'occasione di una vacanza alternativa ed esclusiva a stretto contatto con la realtà quotidiana della terra che visita, senza rinunciare al mare e a tutti gli svaghi tipici delle vacanze, qualche disoccupato troverebbe nell'organizzazione dei servizi connessi una concreta possibilità di lavoro.

Proviamo, solo a titolo esemplificativo, a fare dei calcoli basandoci su uno studio fatto nel 1995 dai professionisti Batzella, De Montis e Schirru, incaricati della redazione del Piano Urbanistico Comunale, riportato nella relazione allegata allo stesso.

Dallo studio (2.6.2 pag. 95) risulta che in quel momento l'abitato di Quartucciu aveva una capacità insediativa teorica residua di 475 persone, dato confermato dalla presenza di circa cinquecento abitazioni che erano disabitate al censimento del 1991 (ivi 2.5.3 pag. 56).

Ipotizzando che cinquecento persone passino un giorno intero a Quartucciu e che ognuna di loro spenda cinquantamila lire si avrebbe un volume d'affari di venticinque milioni di lire al giorno.

Se questi livelli si mantenessero per cento giorni all'anno, ossia per sola la stagione estiva l'ammontare delle entrate per la comunità sarebbe di due miliardi e mezzo lordi cioè almeno cento posti di lavoro part-time come quelli della Carrefour.

È chiaro che questa stima è discutibile, i giorni potrebbero essere meno di cento ma anche di più, le cinquantamila lire possono essere poche o molte a seconda del target al quale ci si rivolge ed alla capacità di fornire servizi di qualità.

Al di la delle cifre, quello che emerge con chiarezza è l'esistenza di una risorsa che aspetta di essere valorizzata. E questo potrebbe portare anche ad una rivalutazione di tutto il discorso relativo al centro storico ed al risanamento urbanistico, visto non più come un capriccio di tecnici ed amministratori ma come manutenzione e potenziamento di un bene produttivo.

Giorgio Ledda

 


 

Impianto sportivo polivalente

Servizio di utilità o cattedrale nel deserto
di Beppe Pisu

Con l'approvazione del nuovo Piano Urbanistico Comunale è stata portata a termine la fase di pianificazione del nostro territorio ed ora occorre gestire il suo sviluppo e migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti. Dalla gestione corretta dei servizi e dalla valorizzazione delle nostre risorse possono scaturire nuove opportunità di crescita culturale e civile per tutta la nostra collettività.


Impianto sportivo polivalente: Il gruppo di spogliatoi che ospita la Fraternità delle Misericordia
(foto G.L.Casu)

Quest'ultima affermazione, così scontata e quasi banale per chi si occupa della "cosa pubblica", tanto da apparire in quasi tutti i programmi elettorali, si concretizza anche nella gestione dell'impianto sportivo di Via Delle Serre, che, ultimamente, tanti problemi sta causando ai nostri amministratori.

Questa Giunta, che in tutta scioltezza potrebbe portare avanti il suo programma, ora si trova davanti al problema di gestione degli impianti sportivi al quale non sa o non vuol dare adeguata soluzione definitiva.

A mio parere le difficoltà che sta incontrando l'Amministrazione comunale, gli derivano dalle scelte fatte, motivate come provvisorie, ma che, paradossalmente, stanno creando più problemi e compromettendo future e più adeguate soluzioni. Hanno originato dei diritti acquisiti e delle aspettative che sarà molto difficile rimuovere.

Mi riferisco alla scelta di affidare il servizio di vigilanza degli impianti all'associazione di volontariato "Fraternità della Misericordia" e il servizio di manutenzione del verde ad una cooperativa giovanile.

Se la prima scelta poteva risolvere un problema e nel contempo consentiva di eliminare i costi per la vigilanza, ora si è dimostrata un boomerang, in quanto "La Fraternità della Misericordia" non si occupa di sport, per cui, giustamente dal suo punto di vista, poco gli importa di far "vivere" sportivamente quegli impianti e la sua presenza è diventata ingombrante per chi volesse fare sport.

Se la seconda scelta, peraltro auspicata anche dal sottoscritto in occasione di un'assemblea di tutte le associazioni sportive di Quartucciu, poteva dimostrarsi una buona soluzione in termini occupativi e di gestione, ha purtroppo manifestato i suoi limiti dovuti all'insufficiente professionalità della cooperativa che, affidando la cura del manto erboso del campo di calcio ad operatori non abbastanza esperti per far fronte alle eveneienze, ha compromesso l'economicità e la correttezza della scelta. Anche in questo caso l'aver risolto un problema tecnico di gestione non ha consentito di far "vivere" sportivamente l'impianto.

Contestualmente alla risoluzione dei problemi tecnici di manutenzione ordinaria doveva essere affrontato anche il problema di animare i campi sportivi e far praticare lo sport ai nostri concittadini, e queste funzioni possono essere svolte solo dalle società sportive, in quanto sono i loro compiti istituzionali. Invece si è preferito affidare le modalità e le condizioni di utilizzo dei diversi campi di gioco ad un ufficio amministrativo del comune, quasi che queste funzioni fossero solamente una mera pratica burocratica, creando in tal modo notevoli disagi ai cittadini con la logica conseguenza di scoraggiare l'uso degli stessi campi. Appunto cattedrali nel deserto.


Impianto sportivo polivalente:L'altro spogliatoio e il campo da calcetto (foto G.L.Casu)

Tuttavia, malgrado queste soluzioni provvisorie, che si sono dimostrate anche inadeguate, un atto definito e certo, questo nostro Consiglio Comunale l'ha approvato. Si tratta del regolamento per la concessione in uso delle strutture e delle aree libere da destinare ad attività sportive, che per completezza di informazione verrà pubblicato come inserto.

Dalla lettura della premessa di tale atto si evince chiaramente la sua filosofia, peraltro pienamente da me condivisa, che si può sintetizzare nelle seguenti finalità:

Il riconoscimento della funzione sociale ed educativa della pratica sportiva;

La necessaria integrazione dell'intervento pubblico con quello privato per assicurare un uso appropriato degli impianti, riconoscendo al soggetto privato la possibilità di avere in concessione le strutture sportive già esistenti e le aree libere destinate a tali servizi;

Il coinvolgimento delle Associazioni sportive nella gestione degli impianti.

Vediamo nel dettaglio se le norme del regolamento sono funzionali al conseguimento di tali scopi. Come campione di questa ricerca ho preso in esame gli articoli che si riferiscono agli oneri per il concessionario e per l'Amministrazione.


Oneri per il concessionario

Sono a totale carico del concessionario, sia esso associazione non profit, che società con scopo di lucro, i costi relativi al:

Pagamento del canone annuo di concessione aggiornato periodicamente all'indice ISTAT;

Pagamento delle spese di registrazione della convenzione e delle tasse di ogni genere;

Pagamento delle spese per garantire la piena funzionalità di tutti gli ambienti, la pulizia e la igienicità degli stessi, nonché degli oneri per la manutenzione ordinaria dell'impianto, per la vigilanza e la custodia;

Risarcimento di eventuali danni e/o inconvenienti che dovessero verificarsi all'impianto;

Pagamento di eventuali oneri derivanti dall'effettuazione di lavori che l'Amministrazione comunale, a suo insindacabile giudizio, ritenesse necessaria;

Pagamento degli oneri derivanti dalla stipula di una polizza fideiussoria da versare come cauzione per l'adempimento degli obblighi assunti, per un valore di 1/40 delle opere da realizzare o esistenti; Pagamento delle utenze;

Pagamento di una polizza assicurativa a copertura degli eventuali danni prodotti a terzi in conseguenza dell'utilizzo dell'impianto;

Pagamento di una polizza assicurativa contro il rischio di incendio e furto e/o danneggiamento, di importo pari al valore dell'immobile ottenuto in concessione;

Oneri derivanti dal mancato utilizzo dell'impianto per 10 giorni all'anno;

Oneri derivanti dal mancato utilizzo dell'impianto per servizi di sostegno alla pratica sportiva;

Oneri derivanti dal mancato utilizzo dell'impianto durante le fasce orarie.


Oneri per L'Amministrazione

Sono a totale carico dell'amministrazione comunale i costi per:

La manutenzione straordinaria;

Il pagamento di un contributo forfetario annuo a favore del concessionario quale concorso nelle spese di gestione.

Tralasciando volutamente di esaminare, in questo numero del giornale, i requisiti e le modalità previste per partecipare all'assegnazione dell'impianto sportivo, di cui mi riprometto di parlarne nel prossimo numero, mi sorge spontanea una domanda: Sulla base di oneri così elevati e in assenza della quota percentuale di contribuzione forfetaria a carico dell'Amministrazione comunale, calcolata sulla base della somma dei costi di gestione, quale associazione sportiva dilettantistica potrà permettersi di accollarsi tali costi?

Viste le difficoltà economiche in cui versano tali associazioni, non ho nessun dubbio nell'affermare, che persistendo tali condizioni, la gara indetta per l'assegnazione della concessione andrà deserta.

Allora, se l'attuale Giunta in carica, ha in animo di dare attuazione al citato regolamento e conseguentemente porre fine allo stillicidio di articoli giornalistici improntati su illazioni di carattere politico-clientelare legate alla gestione provvisoria dell'impianto di Via Delle Serre, dovrebbe incaricare subito l'Ufficio Tecnico comunale di predisporre un piano finanziario di previsione di spesa per la gestione, e stabilisca la quota a proprio carico.

Comunque, a prescindere dal piano finanziario e per ragioni di priorità di spesa nell'erogazione dei servizi per le attività sportive, il Comune potrebbe già da adesso fissare la propria quota contributiva intorno al 65% della somma dei costi di gestione, giusto per rispettare la norma di legge che prevede la contribuzione del 35% da parte dei cittadini per la fruizione dei servizi a domanda individuale.

D'altronde il costo del 65% per il Comune potrebbe essere abbattuto anche del 50% grazie alle provvidenze previste dalla legge regionale allo sport n. 36/89, per cui una spesa del 33% per la gestione dei campi sportivi di Via Delle Serre mi sembra abbastanza compatibile con il bilancio del nostro Comune e per la qualità del servizio erogato.

Inoltre, quest'ultima quota del 35% di spettanza dell'associazione sportiva è abbastanza congrua con il budget di un'associazione sportiva che abbia una certa capacità manageriale.

Ma questa è un'altra storia e un'altra puntata.

Beppe Pisu


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