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Quaderni di Quartucciu
Anno III - Numero 10 - Marzo 1999
 

 

Una Rosa per L'Europa

Le strade del riformismo democratico


Intervento al dibattito
a cura di Gianni Manis

RAFFAELE FELCE - Democratici di Sinistra - Ex sindaco di Quartucciu; responsabile per l'organizzazione della Federazione di Cagliari.

Trovo molto interessanti le argomentazioni portate da chi mi ha preceduto, però devo dire che poi bisognerà trovare delle questioni concrete sulle quali verificare le posizioni, che poi sono quelle che danno la dimensione dei problemi.

Comunque questo incontro è un fatto importantissimo, perché a distanza di anni, dopo una stagione segnata dalle divisioni nella sinistra di Quartucciu, riemerge l'esigenza di riscoprire le ragioni di un'analisi che porti, possibilmente, ad individuare una nuova dimensione unitaria della sinistra. E spero che questo sia il primo di una serie di incontri, che potranno svolgersi pubblicamente come questo o magari nelle sedi più proprie dei partiti, delle associazioni, ma anche sulle pagine dei giornali.

Dico questo perché sono convinto che dopo una stagione di lotte e di divisioni, che ha lasciato sul terreno vittime e macerie, debba passare un tempo adeguato per poter sgombrare il campo dalle rovine e fare in modo che sul quel terreno, di nuovo reso utilizzabile, si possa nuovamente costruire una casa, capace di raccogliere assieme le diverse anime della sinistra.

Vorrei cominciare questo mio intervento con l'analizzare le ragioni che hanno portato alla fine della prima repubblica, ragioni che qui sono state fatte risalire, essenzialmente, a tangentopoli.

Io ritengo che il tracollo dei partiti della prima repubblica non sia da ascriversi, esclusivamente, ai Giudici -tangentopoli può essere, al limite, la classica goccia che fa traboccare il vaso- ma a ragioni forti, ragioni anche esterne ai fatti italiani -basti pensare al crollo del muro di Berlino che ha spazzato via la contrapposizione delle ideologie- ragioni che vanno anche ascritte alle trasformazioni dell'economia mondiale, con la quale il sistema Italia doveva confrontarsi.

Ora, che il sistema dei partiti, così come erano organizzati e gestiti, non potevano reggere la sfida che innanzi a loro si presentava è un dato di fatto, ma ciò non significa che il sistema dei partiti debba scomparire. E lo stesso incontro di oggi riporta in primo piano, anche qui a Quartucciu, l'esigenza che siano ciò che, allo stato attuale, assegna loro la costituzione: una delle organizzazioni di liberi cittadini, attraverso i quali essi possono partecipare alla scelte di governo delle istituzioni.

Quali, oggi, sono le ragioni che ci portano a ricercare l'unità della sinistra?

Intanto una spinta in tal senso ci viene dal fatto che noi siamo inseriti in un contesto europeo. E in Europa il sistema politico delle grandi democrazie è un sistema bipolare: da una parte ci sono i partiti socialisti democratici e dall'altra i partiti conservatori della destra.

Da qui nasce l'esigenza di costruire anche da noi un partito che, richiamandosi ai grandi valori del socialismo europeo, possa porsi l'obiettivo di essere forza maggioritaria di governo. Ma qui in Italia le divisioni della sinistra hanno marcato profondamente questo nostro Paese.

Io ritengo che, al di là della persistenza di grandi divisioni, siano stati fatti notevoli passi avanti in direzione di un partito unico della sinistra -comunque venga chiamato- e ciò non verrà impedito dal fatto che si abbiano ancora posizioni differenti riguardo questioni come, ad esempio, la scuola o le pensioni. Anzi! proprio dal confronto su questi temi potrà riallacciarsi un dialogo che, a partire dai grandi principi della sinistra, sia capace di fare sintesi e dare una ulteriore spinta all'unità.

I democratici di sinistra, al di là degli errori che sono stati commessi nella loro costruzione, hanno comunque al loro interno gli enzimi per dar vita al nuovo partito del socialismo europeo in Italia. E poi non credo che alla fine del percorso cominciato agli Stati Generali di Firenze sarà il Partito che c'è adesso -con quella grande quercia- ma piuttosto credo che si punterà maggiormente su quella Rosa, che spunta dalle radici della quercia, circondata da quelle stelle che simboleggiano l'Europa.

Sicuramente errori ce ne sono stati e tra questi, sicuramente, metterei il modo come si è dato vita al nuovo partito che è apparsa un'operazione affrettata, con tanti colonnelli e poche truppe, ma dobbiamo anche concedere il beneficio della buona fede e dell'onestà intellettuale a chi ha lavorato per giungere a quel risultato.

Una delle condizioni fondamentali affinché si possa davvero raggiungere l'unità sarebbe quella che le iniziative come questo incontro si moltiplicassero, così da far sentire la base protagonista in questo progetto e facciano venir meno le perplessità e le diffidenze reciproche, dando voce a tutte le anime della sinistra. Ma tutto deve avvenire nella chiarezza: chi vuole aderire ai DS lo può fare già da oggi, impegnandosi a costruire il partito, ma sono legittime anche le aspettative di chi vuole ricostruire la propria storia. Se poi il futuro ci riserverà lo stesso partito, sarà tutto di guadagnato per la sinistra e per il Paese intero.

Io credo che non riusciremo a costruire un grande partito della sinistra se non faremo i conti sino in fondo con quello che ha rappresentato il PSI nella storia di questo Paese sia nel bene che nel male. Fatto importante è che oggi tutti i compagni socialisti si trovano nel centrosinistra. E questo ci fa ben sperare che alla conclusione di un percorso -non so quanto lungo- ci sia un solo partito del socialismo europeo.

La situazione in Sardegna è ancora più particolare. Come è stato più volte ricordato, Federazione Democratica ha svolto in Sardegna un ruolo importantissimo nel limitare la dispersione socialista; ha rappresentato, in un momento di grande difficoltà per la sinistra, un ancoraggio profondo per il voto socialista ed oggi è una forza politica radicata nel territorio, che esprime assessori regionali, consiglieri provinciali, sindaci e assessori in molti comuni. E il suo impegno nel lavoro di costruzione dei Democratici di Sinistra è fondamentale anche se molto più complesso che nel resto d'Italia,. anche perché qui in Sardegna la legge elettorale ancora non sospinge i raggruppamenti politici ad aggregarsi. É perciò auspicabile porre all'ordine del giorno il tema della riforma elettorale.

Venendo poi a Quartucciu, possiamo dire che oggi la sinistra ha in se i germi delle divisioni del passato, però ha dentro di se anche le ragioni dell'unità. E le ultime vicende -non voglio risalire ai tempi dell'autonomia- debbono farci riflettere su un fatto: la sinistra a Quartucciu è maggioritaria, uniti si può andare molto lontano.


Breve intervista
di Gianni Manis

Raffaele Felce, prima di rivestire la carica di responsabile per l'organizzazione della Federazione di Cagliari dei DS, è stato sindaco per il PCI-PDS ed esponente di spicco della politica amministrativa di Quartucciu.

Raffaele, vista l'importante carica che ricopri nel partito a livello provinciale, osservando la sezione di Quartucciu è quasi spontaneo dire "in dom'e su ferreri, schironis de linna": disorganizzazione, personalismi, un solo consigliere comunale (un altro, deluso, si è dimesso) e neanche un segretario. Quali ragioni hanno determinato questa situazione?

"Le ragioni sono molte e tutte hanno avuto una parte importante nel determinare la situazione attuale. Esse possono essere ricondotte principalmente alla crisi generale dei partiti e in particolare alla situazione locale, caratterizzata da una serie di errori politici che poi hanno portato alla sconfitta nelle elezioni amministrative.

La rottura della alleanza con il PPI, errori nella costruzione della lista, eccesso di personalismi sono alcune di queste ragioni. Però rappresentare tutto nero è un errore perché il partito a Quartucciu pur attraversando un momento difficile ha in se le forze per riprendersi perché ha le risorse umane e le energie necessarie per rilanciare l'azione politica utile a Quartucciu".

Certo, i tempi in cui segretario era Giorgio Onnis, la sezione (era ancora in via Selargius) attiva in campo politico, ricreativo e culturale, sono lontani. Ma come prevedi che evolva questo stato di cose?

"Vedi, noi diciamo che la politica è in crisi perché è la società in crisi, in crisi di valori, dove prevalgono gli egoismi e l'individualismo, viviamo in una società frammentata.

Compito di un partito di sinistra è quello di affrontare questa realtà, riscoprire le ragioni dello stare insieme per trovare le giuste risposte necessarie oggi.

I DS sono un grande partito e sicuramente troveranno la strada giusta con il contributo e l'impegno degli iscritti e l'aiuto dei cittadini così come hanno fatto i compagni ai tempi di Giorgio Onnis, di Egidia Melis, tempi altrettanto difficili".

Negli ambienti della politica regionale si da per certa la confluenza nei DS di Federazione Democratica, a giugno, il giorno dopo l'elezione del Consiglio Regionale.
Un altro passo avanti verso l'unità della sinistra o solo un altro po' di chiarezza?

"Federazione Democratica è socio fondatore dei DS e il suo ruolo sarà determinante per la costruzione del nuovo soggetto politico della sinistra.

Io ritengo che sia un altro passo avanti verso l'unità della sinistra, però non faremo molta strada se non faremo i conti, in maniera seria, con quello che ha rappresentato il PSI nella storia di questo Paese e solo in questo modo, penso, riusciremo ad avere un contributo decisivo dai compagni della Socialisti Democratici Italiani nel dare vita al nuovo partito della sinistra".

I DS avranno un candidato locale alle prossime regionali?

"Sicuramente il partito a Quartucciu è in grado di esprimere più di un compagno o compagna in grado di reggere la sfida in una competizione elettorale così importante ma allo stato attuale non sono in grado di dirti se questo accadrà".

G.Ma.


 

Una Rosa per L'Europa

Le strade del riformismo democratico

 

Intervento al dibattito
a cura di Gianni Manis

PIERO COMANDINI - Fed. Socialista Democratica - Consigliere al Comune di Cagliari; Capo di Gabinetto dell'Assessore Regionale alla Pubblica Istruzione, on. prof. Benedetto Ballero.

Devo dire che, dalle ragioni storiche alle nuove prospettive che si sono avute dopo tangentopoli e la caduta del PSI, a quello che sta succedendo in Europa, il MCD veniva identificato nella diaspora. E io vorrei partire proprio dalla diaspora, invitando un po' tutti -me per primo- ad abbandonare questo termine.

Questo termine che forse aveva una ragione storica negli anni '80, quando il PSI era diviso in correnti, le stesse correnti che, forse, hanno impedito una crescita e hanno impedito che il PSI di allora, mentre vinceva alcune grosse battaglie, con Craxi al governo e con un riconoscimento internazionale di quelle che erano le capacità di guida di governo e di partito da parte di Bettino Craxi, di prendere in mano effettivamente, in Italia e in Europa, l'opportunità di guidare un vero riformismo dei partiti di sinistra.

E io qui voglio dire che dobbiamo abituarci a non amare il termine diaspora, è un termine negativo, non esiste più, che se noi manteniamo ancora in piedi non troviamo, non individuiamo bene quelle che possono essere le strade, i valori per riunificare la sinistra.

L'elemento principale che deve essere in qualche modo comune a tutti, a quelli che provengono dall'esperienza del PSI, a quelli che provengono dall'esperienza dell'ex PCI, ai compagni socialdemocratici, ai repubblicani, deve essere un altro: in quale strada e in quale forma si possa in qualche modo arrivare a una vera unità della sinistra.

Considerando che oggi noi abbiamo avuto già due occasioni come oggi ricordava Giorgio Ruffolo, appena nominato componente della segreteria dei DS, la prima è stata una sorta di fusione a freddo: a Firenze c'è stato un primo tentativo, maldestro, che ha portato o voleva portare alla costruzione della Cosa 2 facendola passare attraverso un accordo di vertice, senza coinvolgere assolutamente la base e gli iscritti ai partiti, senza coinvolgere quello che doveva essere l'elettorato e il singolo cittadino. Tutti quanti sono stati invitati a Firenze -alcuni il giorno dopo si sono trovati dirigenti, sottodirigenti e così via.

Devo dire quindi che questa fusione a freddo -che devo dire in molto chiaro, Ruffolo identifica come fallimento di unità della sinistra- deve farci prestare molta attenzione a non commettere ulteriori errori considerando anche quello che è successo dell'Ulivo che, per errori che ha fatto la sinistra -anche negli accordi con Cossiga- rischiano di doverlo mettere in soffitta, anche se malvolentieri, perché in questo momento la sinistra non ha ancora quella forza tale, nell'elettorato italiano, che le permetta di governare.

Questa è stata un'altra cosa che quasi tutti i relatori hanno ricordato: oggi la sinistra conta meno della sinistra degli anni '80. Non ha ancora quella forza e il primo Cossiga che passa riesce ancora a farla digerire, malvolentieri, un accordo di governo e permettergli di prendere in mano le redini del governo.

Ritengo che D'Alema abbia fatto bene in quel momento ad assumersi la responsabilità di governare l'Italia. Però dobbiamo essere tutti coscienti che D'Alema e, in qualche modo, anche noi siamo ostaggi di Cossiga e ostaggi di un centro, col quale, fin quando non avremo la nostra autonomia elettorale, saremo costretti a farci i conti.

Ritengo che occorra trovare il percorso per traghettare anche i compagni Socialisti Democratici Italiani all'interno di un processo di unità della sinistra. Sono loro che, in un momento di enorme difficoltà, quando era difficile dirsi socialisti, quando socialista era uguale ladro, hanno tenuto alta la bandiera socialista e si sono presentati alla gente, ai cittadini, si sono presentati alle elezioni. E oggi questi compagni devono avere riconosciuto la dignità per essere in qualche modo rappresentati in tutte le istituzioni e in tutti i tavoli dove si costituisce una strategia politica e di governo.

E questo è un altro passo importante verso l'unità della sinistra, perché io credo che nessun dirigente, a partire dallo stesso Boselli, abbia negato la possibilità di riunificare la sinistra. Ha soltanto posto una esigenza: l'unificazione della sinistra passa attraverso un riconoscimento storico di quelle che erano le tradizioni di ognuno di noi. Passa attraverso un riconoscimento storico che facesse anche una analisi differente di quello che è stato il passaggio tra la 1° e la 2° repubblica nel nostro paese perché anche questo è un passaggio critico, che ancora ci divide. Se infatti questo passaggio non lo analizzeremo in maniera laica e faremo in modo che questo passaggio venga attribuito all'azione del Tribunale di Milano, anziché ad una analisi profonda di quelli che erano i modi che accomunavano tutti, e non soltanto un partito politico, se lasciamo ancora irrisolto questo dilemma io credo sia difficile ricostruire l'unità della sinistra, che la strada in questo senso sia ancora molto in salita.

Io credo quindi che offrendo anche dei dibattiti di questo genere tra quei compagni che più di altri sono abituati a convivere con la realtà amministrativa cittadina, si possa chiarire molto. Io tra le occasioni perdute pongo anche un'altra cosa. I socialisti avevano chiesto che ci fosse una commissione di inchiesta su tangentopoli, che rileggesse in maniera diversa i fatti che avevano portato a questa nuova situazione politica italiana, che alcuni hanno chiamato confusione -è sotto gli occhi di tutti- dove il cittadino non ha più il rapporto con l'eletto, dove l'eletto passa da destra a sinistra con la stessa facilità con la quale beve un bicchiere d'acqua.

Ecco, questa commissione d'inchiesta è stata bocciata. Leggevo proprio stamattina sui giornali che il nuovo segretario dei DS, Veltroni, ha riconosciuto questo un errore, perché c'è da parte di Veltroni, e della nuova classe dirigente, la volontà di riprendere la loro lettura. Anche perché, cari compagni e amici, finché noi non mettiamo bene a fuoco il problema del passaggio tra la 1° e la 2° repubblica, ogni nostro discorso è viziato, ogni nostra analisi è compromessa e ogni nostro momento elettorale diventa l'occasione, soprattutto per la elezione di qualcuno ma non per avere nel Paese una forte connotazione sociale che distingue i diversi schieramenti. Soprattutto noi di sinistra questo non ce lo possiamo permettere. [....]

Sono convinto che ancora molta strada debba essere fatta. Ma, a mio avviso, ci sono le condizioni affinché questa strada venga fatta nel migliore dei modi, partendo dalle realtà locali e dal coinvolgimento di tutti i compagni che su questo fremono, partendo dalla formazione di una nuova classe dirigente e dal suo progressivo inserimento nelle strutture direttive dei partiti -il che, visto l'esempio di questa sera, non può che essere auspicio di tutta la sinistra.


Breve intervista
di Gianni Manis

Dal convegno "Una rosa per l'Europa" son passati alcuni mesi. Nel fronte del centrosinistra è nata una nuova formazione politica; di questa Piero Comandini è un autorevole esponente.

Piero, in tema di unità della sinistra e, più nello specifico, delle forze socialiste, non si sentiva certo il bisogno di una nuova forza politica. Per quale ragione l'assessore regionale alla pubblica istruzione Benedetto Ballero, Peppino Balia e molti altri compagni, siete fuoriusciti da Federazione Democratica del presidente Cabras e avete creato la nuova formazione politica Federazione Democratica Socialista Progressista Federalista Sarda?

"La ragione è semplice: noi sentiamo l'esigenza di mantenere viva la speranza di poter costruire un nuovo partito che si ispiri alla tradizione socialista -non il vecchio PSI- e che in Sardegna, per la nostra specificità, sappia attrarre anche le esperienze sardiste, laiche e cattoliche.

A nostro avviso FD, dopo gli Stati Generali di Firenze, ha invece innescato -come ha detto Giorgio Ruffolo- una "fusione a freddo" con i DS, senza pensare al patrimonio che tutti noi stavamo costruendo".

"Il processo di unità della sinistra vede impegnati anche noi, ma i nostri tempi e i nostri percorsi sono diversi da quelli di Antonello Cabras"

G.Ma.


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