UN VECCHIO NUOVO MATERIALE
L’uso del legno come materiale
da costruzione ha origini antichissime: tecnologie avanzate del legno
erano diffuse già presso le antiche civiltà. Esso, però,
fu sempre condizionato dalle condizioni climatiche dell’ambiente e dalla
più o meno facile reperibilità del materiale.
Queste difficoltà, oggi, sono facilmente superate
grazie allo sviluppo tecnologico. Trattamenti preventivi contro l’attacco
di funghi e insetti, infatti, proteggono il legno anche in condizioni
ambientali particolarmente severe. D’altra parte la prefabbricazione
su scala industriale rende ormai il legno particolarmente vantaggioso,
data la sua leggerezza (circa 15 volte più leggero dell’acciaio
e 4 o 5 volte del cemento armato) e la conseguente facilità di
trasporto e di assemblaggio, senza l’impiego di personale qualificato.
Tutto ciò va a vantaggio della rapidità di costruzione
e consente di realizzare forti economie, stimate attorno al 10%, rispetto
all’utilizzo del mattone o del calcestruzzo. Anche da un punto di vista
tecnico le potenzialità di questo materiale sono ormai elevate
e competitive. Il perfezionamento della tecnologia del legno lamellare
consente, infatti, di realizzare travi lunghe oltre 100 metri e aventi
resistenze decisamente superiori (oltre il 20%) a quelle delle comuni
travi in legno. La valutazione della resistenza caratteristica, poi,
è codificata dalle normative vigenti non presenta più
il carattere di aleatorietà del passato.
Incollando a caldo e sotto pressione delle tavolette
sottili, selezionate in modo che non presentino nodi o malformazioni
(dette appunto "lamelle") si ottiene un elemento compatto avente caratteristiche
elasto-resistive nuove, rispetto a quelle originarie. Ed è proprio
la particolare compattezza del legno lamellare che ne limita l’infiammabilità
ne rallenta il processo d’attacco del fuoco. Con l’uso di impregnanti,
poi, tale rallentamento porta a tempi così elevati che il rischio
può essere confinato entro limiti più che accettabili.
Peraltro le travi in legno, sottoposte ad elevate temperature subiscono
deformazioni molto limitate rispetto a quelle che si manifestano pericolosamente
negli elementi in acciaio, nelle stesse condizioni.
Eppure in Italia - forse perché non è
mai esistita una vera e propria tradizione del legno (ad eccezione delle
zone alpine) - questo tipo di architettura non ha una larga diffusione
come in altri Paesi. Se è vero che in quest’ultimo decennio il
lamellare ha trovato applicazione, anche da noi, nella costruzione di
palazzetti dello sport, sale congressi e ponti, in Germania e in Francia,
dove il suo impiego è molto più diffuso, esso viene utilizzato
anche per capannoni industriali, officine, autorimesse, ecc.
Forse una più incisiva campagna di promozione
e una maggiore informazione, anche in ambito universitario, concorrerebbe
a superare quei limiti culturali che tolgono al legno un ruolo di prim’ordine
nel panorama costruttivo; forse servirebbe a riabilitare un materiale
capace di effetti estetici di grande pregio, data la sua natura "viva",
e in grado di inserirsi, con indiscutibile armonia, nell’ambiente circostante
consentendo, inoltre, di realizzare all’occorrenza strutture provvisorie,
amovibili, facilmente ricuperabili e montabili in luoghi diversi.
Una versatilità di progetto e d’impiego che forse
meriterebbe maggiori considerazioni.
M.M.
MORTALITA’
E DISEGUAGLIANZA DI GENERE.
Tra noi occidentali esiste la
convinzione che in tutto il mondo nascano più donne che uomini
ma questa è una situazione attuale ed esclusiva dell’Europa e
del Nord America.
Alla nascita i maschi sono più numerosi delle
femmine in qualunque parte del mondo: nascono circa 105 o 106 bambini
ogni 100 bambine e se una differenza si viene a creare, è solo
posteriormente alla nascita e coincide con una particolare qualità
dell’alimentazione e dell’assistenza medica come con particolari condizioni
sociali e ambientali. L’occupazione remunerata, in contrasto con il
lavoro domestico non retribuito, può migliorare la condizione
della donna innanzi tutto perché il lavoro esterno garantisce
un reddito, che è un mezzo di sostentamento sul quale fare affidamento,
ma anche perché il lavoro retribuito attribuisce rispetto sociale
e migliora lo status, permette di acquisire quei diritti che rendono
meno vulnerabile e precaria la posizione economica e aiuta a conoscere
il mondo esterno alla famiglia.
I fattori di carattere economico, socio - culturale,
religioso ecc. contribuiscono alla sopravvivenza, al miglioramento (o
al peggioramento) delle condizioni di vita delle donne che hanno ormai
capito di non dover restare passive e inattive di fronte alla loro sorte
e ai problemi del mondo e hanno capito di essere dei soggetti che, con
la loro attività e le loro lotte, possono contribuire pienamente
allo sviluppo mondiale.
La IV conferenza ONU di Pechino sulle donne ha sancito
che la piena e attiva partecipazione delle donne è determinante
per uno sviluppo realmente sostenibile e che tale partecipazione richiede
una trasformazione delle relazioni tra uomini e donne.
Le donne dovrebbero far sentire la loro voce all’interno
dell’ambito familiare e nella vita di tutti i giorni. Purtroppo nella
nostra società occidentale si sente troppo spesso parlare di
abusi, di sfruttamento e di maltrattamenti nei confronti delle donne.
Nonostante il lavoro retribuito e le modifiche apportate
alle leggi, le donne non hanno conseguito molti vantaggi, infatti, al
lavoro in casa si è aggiunto quello fuori casa, producendo molte
volte solo un aumento di fatica e nessun aumento di considerazione.
La mancanza di considerazione è dovuta spesso alle stesse donne
che un po’ per convenienza, un po’ per stupidità, presentano
un immagine di se stesse non troppo edificante. Spesso gli uomini non
hanno considerazione delle donne e del loro lavoro, ma questo accade
anche perché le loro madri non li hanno educati ad averne. Non
si può attribuire tutta la responsabilità della differenza
di genere agli uomini; se le donne per prime non assumono coscienza
della propria identità, la situazione non potrà cambiare
e rimarrà solo argomento di lamentela e di riflessione di pochi.
Francesca Loi