Biotecnologie,
organismi geneticamente modificati, piante e animali transgenici, sono
solo alcune delle parole che sempre più spesso entrano a far parte del
nostro linguaggio comune. Ciononostante, se da un lato, biomedicinali
e cibi transgenici sono delle realtà già vicine a noi: presenti negli
ospedali e sulle nostre tavole; dall'altro non sempre è facile farsi
un' idea chiara del significato intrinseco di tali definizioni né, tantomeno,
delle implicazioni connesse.
Eppure, senza un
approccio analitico, problematiche di questa portata danno luogo quasi
sempre a reazioni emotive semplicistiche e inadeguate. Capita sovente
di affrontarle con una leggerezza fuori luogo, dando più peso all'aspetto
allarmistico e qualunquista che non all'analisi coerente ed obiettiva
del fenomeno. In realtà, non tutto ciò che è "genico" è diabolico: le
possibilità offerte dalle Biotecnologie abbracciano diversi settori
ed hanno in ciascuno di essi una portata enorme; e non meno rivoluzionarie
appaiono le aspettative in un prossimo futuro.
È possibile far
crescere delle piante in condizioni climatiche ed ambientali proibitive,
aumentarne il potere nutrizionale; produrre farmaci, con una resa e
in quantità decisamente superiori a quelle ottenibili coi metodi tradizionali;
nuovi prodotti diagnostici e farmacologici consentiranno di migliorare
la prevenzione e mirare la cura; si apriranno nuove prospettive contro
l'inquinamento ambientale; potrebbero, addirittura, delinearsi nuovi
scenari nel campo della lotta alla fame nel mondo.
Motivi per sperare
in un'applicazione vasta e proficua delle Biotecnologie, ce ne sono
tanti. Certo, esistono anche rischi potenziali, che devono essere valutati
con attenzione e buon senso; anche perché, ormai, la velocità con cui
evolve il progresso scientifico supera talvolta quella delle nostre
stesse capacità di comprenderlo.
Ma andiamo con ordine.
Parlando di Biotecnologie ci si riferisce a "tutte quelle scienze multidisciplinari
(chimica, biochimica, ingegneria chimica, microbiologia cellulare, genetica,
farmacologia, biologia molecolare) che utilizzano dei microrganismi
(batteri, lieviti, cellule vegetali o animali di organismi semplici
o complessi) per la produzione di sostanze utili all'uomo, oppure per
migliorare le caratterisiche di piante e animali o, ancora, per sviluppare
microrganismi utili per usi specifici".
La definizione,
forse, più interessante è quella data da Arturo Falaschi, direttore
del "Centro internazionale per l'ingegneria genetica e le biotecnologie"
(Icgeb) di Trieste e Nuova Delhi: "In realtà, oggi con questo termine
ci si riferisce a due cose in gran parte diverse. Da una parte si intende
il termine in senso veramente tecnico: l'uso di strutture e processi
biologici per ottenere beni e servizi. (…) Dall'altra appare come un
termine ombrello per riferirsi alla straordinaria capacità che la società
umana ha acquisito nel modificare, quasi a proprio piacimento le proprietà
ereditarie degli organismi viventi".
È
noto che gli "oggetti" (così come furono chiamati nel 1843 dal chimico
tedesco Mendel, un monaco agostiniano del monastero di Brno, in Moravia,
che in quegli anni conduceva i suoi esperimenti di incrocio e selezione
artificiale con i piselli) responsabili dei nostri caratteri ereditari,
sono quei segmenti disseminati lungo la molecola di Dna, che oggi chiamiamo
geni. Ciascuno di noi, attraverso i geni, può ereditare dai propri genitori
caratteristiche come il colore dei capelli o il gruppo sanguigno. Oggi
è possibile modificare il patrimonio genetico di un batterio, di una
muffa, di una pianta o di un animale, introducendovi un gene prelevato
dal Dna di un'altra specie. In tal modo l'organismo acquista caratteristiche
nuove, che in natura non potrebbe avere, e che possono rivelarsi utili
in medicina e nel settore agroalimentare.
Per ottenere una
pianta transgenica - piante, cioè, modificate geneticamente ed aventi
caratteristiche elevate di produttività (per il mais, la colza, il cotone
e la soia si stima un incremento di circa il 10%), soprattutto, in seguito
alla nuova capacità di resistere ad insetti, virus, ed agenti chimici
- si utilizzano due metodi differenti a seconda che si tratti di leguminose,
ortaggi, piante da frutto, ecc. (dicotiledoni), o cereali (monocotiledoni)
come grano, mais o riso. Nel primo caso il metodo consiste nell'inserimento
dei geni prescelti, in un germe, il quale andrà, poi, ad infettare le
piante da modificare. Si formeranno, così, dei piccoli tumori (calli),
contenenti cellule con i nuovi geni e dalle quali nasceranno le piantine
modificate. Nel caso dei cereali tale metodo non funziona. Si ricorre,
allora, ad una tecnica più complessa (la biolistica), che si basa sul
bombardamento delle cellule con minuscole biglie d'oro ricoperte dai
geni che devono essere inseriti.
I benefici e le
possibilità offerte da questi nuovi traguardi della scienza sono molteplici.
E infatti, molti tipi di piante transgeniche, sono già diffusi, nel
mondo. Nel 1996 si stimavano meno di 3 milioni di ettari coltivati con
colture geneticamente modificate; attualmente, sono più di 30 milioni:
pari, cioè, ad oltre il 10% della superficie agricola irrigabile mondiale.
Negli Stati Uniti il 60% dei prodotti alimentari consumati contiene
OGM. E la diffusione delle colture transgeniche è in costante aumento.
Le Biotecnologie,
infatti, hanno ricadute su diversi settori ed abbracciano varie problematiche
del nostro tempo. Specie vegetali altamente produttive e resistenti
possono ridurre i costi delle coltivazioni e aumentare la disponibilità
di cibo. Soprattutto i Paesi più poveri, infatti, non dovranno più dipendere
dall'ambiente: sarà possibile coltivare nelle spiagge o nel deserto
e irrigare i campi con acqua di mare; inoltre, periodi anche lunghi
di siccità, o di eccessiva piovosità, non creeranno seri problemi ai
raccolti. In campo medico e farmacologico le ricadute, poi, non sono
meno importanti: fino a qualche anno fa l'insulina veniva estratta dal
pancreas di mucche e maiali, col rischio di trasmissione di virus da
tali specie all'uomo; la somatotropina veniva estratta dal cervello
delle pecore (mezzo milione di pecore per produrre 0,0005 grammi di
somatotropina pura); anche l'isolamento di interferone ha un costo molto
alto e una resa bassissima.
Oggi, attraverso
le tecniche di ingegneria genetica, è possibile produrre questi farmaci
a costi decisamente più bassi, in quantità quasi illimitate e in condizioni
che rendono impossibili i rischi di contaminazione da virus. Anche dalle
piante transgeniche si possono trarre farmaci: inserendo dei geni estratti
da cellule umane nella patata, nel mais, nella barbabietola e nella
canna da zucchero è già stato possibile far produrre a queste piante
anticorpi, albumina del siero umano, encefalina, interferone b e un
antigene dell'epatite B per allestire vaccini.
Dagli animali transgenici,
nati cioè da una cellula uovo fecondata in cui è stato inserito un gene
proveniente da un'altra specie, oltre alla produzione di ulteriori farmaci,
si apre la speranza degli xenotrapianti, ossia trapianti nell'uomo di
organi provenienti da animali. Anche nel caso di animali transgenici,
le tecniche possibili sono diverse; ma quella usata comunemente è la
microiniezione. Con gli animali transgenici, però, non sempre si ottengono
i risultati sperati. Nel caso dei maiali, ad esempio, è stata inserita
una copia del gene bovino per l'ormone della crescita: si è ottenuto
l'aumento di peso e il miglioramento del potere nutrizionale della carne,
ma allo stesso tempo i maiali hanno presentato gravi anomalie fisiche.
Per ciò che riguarda
il campo delle biotecnologie applicate all'ambiente, esempi come il
disinquinamento delle spiagge dell'Alaska ottenuto per via microbiologica,
fanno ben sperare per il futuro. Inoltre, l'uso di abbondanti quantità
di fertilizzanti chimici e fitofarmaci, nell'agricoltura intensiva,
può inquinare gli stessi terreni agricoli e le falde acquifere; con
le colture transgeniche si otterrebbero gli stessi raccolti con uso
limitato di prodotti chimici.
Ci si può anche
spaventare di fronte a certi passi della scienza, ma ad un'attenta analisi,
ci si accorge che molte paure sono infondate. Attraverso uno xenotrapianto,
ad esempio, non sarebbe mai possibile trasferire all'uomo delle caratteristiche
dell'animale. Allo stesso modo, un animale transgenico che riceve i
geni umani (uno o al massimo due) non diventerebbe un mostro; manterrebbe
invece tutta la sua integrità in quanto i geni umani agirebbero solo
sulle modificazioni chimiche preventivate.
Più concreti risultano,
invece, i timori derivanti dai rischi di allergie, nel caso di piante
transgeniche. In una varietà di soia, ad esempio, era stato impiantato
un gene della noce Parà. Quando la soia transgenica è finita in prodotti
destinati all'alimentazione umana ha provocato gravi reazioni allergiche
in soggetti sensibili a quelle noci.
L'Organizzazione
Mondiale per la Sanità (OMS) e l'Organizzazione per la cooperazione
e lo sviluppo economico (OECD) hanno messo a punto rigorose linee guida
che indicano i controlli da effettuare per evitare i rischi di allergie.
Ci sono, però, rischi potenziali a lungo termine, anche, e soprattutto,
per ciò che riguarda l'ambiente: non si conosce a fondo il processo
di smaltimento degli erbicidi che le piante transgeniche possono tollerare
in grandi quantità; un altro rischio, ammesso anche dagli stessi scienziati
dell'Ue, può nascere dall'introduzione della tossina Bt (che agisce
da insetticida naturale) nel Dna delle piante, la quale potrebbe far
sviluppare, nel tempo, dei "superinsetti" resistenti alla tossina per
eliminare i quali occorrerebbero grandi quantità di insetticidi tradizionali
con evidenti conseguenze sull'ambiente. In ogni caso, in base ai dati
attuali, qualsiasi conclusione catastrofica non potrebbe avere alcun
fondamento scientifico né razionale.
Le Biotecnologie,
come ogni altra applicazione del progresso scientifico e tecnologico,
non sono, a priori, né buone né cattive; ciò che può determinare l'una
o l'altra caratterizzazione è l'uso che di esse se ne fa. Sono tantissime
le parole che, in questi ultimi anni, sono state sprecate in favore
o contro le Biotrecnologie; e fortissima è stata la tendenza a far apparire
le loro applicazioni, da una parte, come il toccasana di tutti i mali,
e dall'altra, come la catastrofe più grande che si sia mai abbattuta
sull'intero genere umano.
Queste posizioni,
in cui prevalgono gli aspetti demagogico ed emozionale, sono fondate
entrambe sull'interesse economico e sul tentativo di ammaliare l'opinione
pubblica per trarne in qualche modo un proprio vantaggio: per le diverse
multinazionali che operano nel settore alimentare, il beneficio è diretto
ed economico; mentre, per alcuni ecologisti, l'obiettivo è quello di
sostenere o aumentare il consenso nei loro confronti e, con il loro
esagerato allarmismo, cercare di coinvolgere emotivamente l'opinione
pubblica.
In entrambi i casi
si cerca di vendere un prodotto e perciò si affronta il problema sotto
un aspetto, volutamente, irrazionale. Anziché far convergere l'attezione
sull'aspetto gestionale delle Biotecnologie e sulla sicurezza dei controlli-
problemi, questi, che potrebbero avere effettiva rilevanza sulla salute
umana e sulla tutela dell'ambiente -si preferisce agire ad effetto sul
consumatore, usando toni da crociata e attaccando in maniera tanto radicale
quanto improbabile, l'intero mercato dei prodotti transgenici.
I risultati? Eccesivi
timori e generale disinformazione.
Marco
Melis
mr.melis@tiscalinet.it