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Quaderni di Quartucciu
Anno IV - Numero 18 - Luglio 2000
 

 

QUINTO: “NON UCCIDERE”
di Viviana Ricci

 

Morire a 36 anni con iniezione letale per un presunto omicidio commesso diciannove anni prima, su sentenza di morte stabilita quasi in contumacia, pur proclamando sino all’ultimo innocenza può sembrare assurdo ma è tuttavia realmente fattibile ed addirittura semplice.

E’ sufficiente essere cittadino texano, magari povero da non potersi permettere il lusso di avvocati di grido; magari di pelle nera; e magari diventare casualmente lo strumento di propaganda di un uomo politico senza scrupoli che fa della "macchina di morte" il proprio cavallo di battaglia per mostrare rigore e coerenza della propria "giustizia".

Ciò è avvenuto il 23 Giugno a Gary Grahm che prima di morire ha rifiutato l’ultimo pasto ed è stato accompagnato al lettino di morte da cinque agenti. E’ comparso con addosso i segni di contusioni, prova di una probabile colluttazione precedente. Ad aggravare il suo stato psicologico già seriamente compromesso si è aggiunta l’attesa dell’esito di due ricorsi, alla Corte Suprema e al tribunale di Austin, rivelatasi poi inutile e snervante perché entrambi respinti.

Quando era in procinto di morire ha urlato: "E’ un assassinio di stato"…Ha inoltre accusato lo Stato di genocidio contro i neri. L’attuale governatore del Texas, Bush jr, strenuo sostenitore della pena capitale, candidato dei repubblicani nella corsa alla casa, ha preferito non deludere i suoi sostenitori, diversi possibili elettori, nella sua intransigenza a che l’autorità giudiziaria compisse il suo corso.

Dei delitti e delle peneSi è rivelata solo una primavera, dunque, l’episodio avvenuto poco tempo prima a Ricky Mcginn al quale è stata concessa la sospensione dell’esecuzione per effettuare maggiori verifiche sull’innocenza dell’imputato. Ad accordarla è stato, stranamente, Bush jr, in qualche modo sollecitato da varie pressioni della stampa internazionale che insinuava il serio sospetto di frequenti errori giudiziari.

Secondo la legge americana la condanna a morte è prevista solo quando il colpevole è riconosciuto tale "al di la di ogni ragionevole dubbio". Eppure in soli due Stati americani, New York ed Illinois, il test del DNA è iter obbligatorio nei processi, negli altri è a carico dell’imputato che generalmente non se lo può nemmeno pagare.

Amnesty International un anno fa aveva proposto, come gesto simbolico del Giubileo del Duemila, una moratoria delle esecuzioni capitali, almeno per l'Anno Santo, con la speranza che sarebbe stato il primo in cui le Nazioni, che ancora oggi sono segnate dal marchio oscuro di quest'orrenda pseudo-giustizia, non avrebbero più praticato la condanna a morte.

La petizione non è stata evidentemente accolta. Sinora è stata abolita in soli 99 Paesi, contro 94, che ancora la adoperano, come metodo "educativo" per i cittadini. Fanno parte dell’ultimo gruppo non solo Stati assolutistici come la Cina, ma anche quelli che si definiscono e sono ritenuti, per opinione comune, "democratici", come gli Stati Uniti.

Da qui, ci arrivano le notizie più sconcertanti, e le storie di condannati a morte, per i quali tutta la TV americana si mobilita per mostrare il macabro rito dell'esecuzione. Per essi proiettano in diretta la loro lunga tortura, nell'attesa degli istanti più estremi della loro vita.

Se si presentassero degli intoppi per "difetti" tecnici dello strumento di morte, tanto meglio per l'audience! Arrivano a tanta barbarie gli "evolutissimi" Americani che si giustificano affermando che rendere partecipe il pubblico (a cui fanno inevitabilmente parte anche bambini), serve come monito, affinché chiunque, consapevole di ciò che gli spetterebbe, non commetta delitti.

Ma i sondaggi parlano chiaro: gli assassinii non diminuiscono. La forma barbara di fare "giustizia" non attenua la violenza, anzi, la esacerba e l'esalta, mostrando l'oscena liturgia di morte. Violenza chiama violenza, sangue chiama sangue; è una catena inevitabile che agisce nell'inconscio umano.
Perciò l'uomo ha sempre cercato di lottare contro questa legge ancestrale con degli esempi come alcuni episodi riportati nella Bibbia, uno dei testi più antichi e diffusi al mondo.

E' classica la storia del fratello cattivo, Caino, che uccide il buono Abele. Dio, alla frase del fratricida "Fuggirò ramingo per cui avverrà che chiunque mi troverà mi ucciderà", dice "Non accadrà così! Chiunque ucciderà Caino, sarà... punito sette volte" (Genesi 4).
La Scrittura ritorna sullo stesso argomento (Giobbe 12): "Dio solo ha in mano l'anima di ogni essere vivente ed il respiro di ogni carne umana".

Il concetto, che credo sia riassuntivo in maniera emblematica, è racchiuso nel Quinto Comandamento "Non uccidere" in cui si condanna l'omicidio fine a se stesso e l'assassinio come forma di deterrente.

Molti, in merito, fanno notare che nel Comandamento si fa uso di un termine che riguarda l'omicidio in sé, tanto che lo stesso Antico Testamento riporta esempi come il suo complesso legislativo prevedesse l'esecuzione capitale per lapidazione, per rogo, o spada, in caso di delitti gravi contro la vita, la religione, la famiglia.

Per contro, il Nuovo Testamento andrà molto più avanti in un processo di "incivilimento" tanto stupefacente, quanto attuale, nei concetti quali il perdono, come via più efficace di ogni falsa giustizia, di gran lunga superiore ad ogni vendetta, che non redime e non cancella la morte.

Di quale soddisfazione, di quale riposo mentale potranno godere coloro che assistono all'uccisione dell'autore del delitto di un loro parente o amico?
Si vedranno forse restituire il proprio caro?
No! Sentiranno, davanti ad un ennesimo corpo freddo di un proprio simile, l'inutilità dell'omicidio "giustificato".
Non sarà più dato loro di sapere se il condannato si fosse o si sarebbe potuto ravvedere del gesto compiuto, magari in un momento di follia.

Sta proprio in quest’ultimo punto l'incongruenza più grande della condanna a morte, come pena legale. Il pentimento di un assassino, poco può importare alla famiglia della vittima che magari è più propensa ad infliggergli la condanna più grave.
Allo Stato spetta però il dovere di prendere atto della serietà del fatto e cercare che non si verifichi più.
Non dovrebbe agire in maniera semplicistica nel tentare di migliorare la società; dovrebbe trovare il modo di curare la "cellula" malata, riabilitandola e rendendole la dignità di persona, anche se non la libertà.

L'ideale sarebbe inserire i delinquenti in istituti particolari che consentano loro di rendere dei servizi utili a se stessi ed alla società. L'assassino compie omicidio per rabbia, passione, insania mentale, insomma, per ragioni (non intendo certamente giustificarle!) che attestano la limitatezza dell'agire umano.

Lo Stato, che dovrebbe ergersi ad esempio per elevazione morale e superiorità razionale, compie, a sua volta, ciò che il singolo ha fatto per debolezza.
Esso, paradossalmente, mostra la sua "forza" nel difendersi, agendo nello stesso modo in cui aveva reagito un individuo malato.

Significativo è il passo del testo di Dostoevskij, nel dialogo fra l'idiota e il principe Myskin.
Il primo dice "E' detto: "Non uccidere". E allora perché se uno ha ucciso, deve essere ucciso anche lui? Uccidere chi ha ucciso è un castigo senza confronto, maggiore del delitto stesso. L'assassinio legale è incomparabilmente più orrendo dell'assassinio brigantesco".

Già Cesare Beccaria nel 1767 nel suo testo "Dei delitti e delle pene" scriveva "Quest'inutile prodigalità dei supplizii non ha mai resi migliori gli uomini".

Ormai sull’argomento si sono espresse le più autorevoli personalità del mondo della cultura, dell'arte, della politica, tutti per rispecchiare il proprio sentimento di disappunto su una pena che è sinonimo di inciviltà e che lede i diritti fondamentali della dignità e del valore della persona umana.

Un segno tangibile di come stiano cambiando i tempi è che stanno calando in America i sostenitori della pena capitale, dall’ottanta per cento al settanta. Dal Gennaio scorso l’Illinois, ha imposto una moratoria delle esecuzioni.

Offrono man forte per debellare la pena capitale il Presidente della Commissione Russa per le Grazie, costituita da Gorbaciov. Si sono uniti in coro unanime il Rappresentante dell'ONU Staffan de Mistura, la Comunità di Sant’Egidio e l’Associazione "Nessuno tocchi Caino".

Rimbocchiamoci le maniche, dunque, affinché maturi la coscienza universale per abolire il tasso di violenze vane.

 

Viviana Ricci
sogabri@tiscalinet.it


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