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Duemila...
e oltre
a
cura di Marco Melis
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Paracelso
e l'origine della biochimica
di Francesca Loi
Teofrasto
Bombast Von Hohenhein si faceva chiamare con lo pseudonimo di Paracelso,
facendo capire d'essere, almeno nella sua stima, qualcosa più di Celso,
famoso scrittore romano di medicina e naturalista vissuto nella prima
metà del primo secolo dell'era volgare.
Paracelso
nacque a Naria-Einsielden presso Zurigo il 17 dicembre 1493 da un medico
del luogo, Guglielmo di Hohenheim, che fu il suo primo maestro; la madre
morì nel darlo alla luce.
Apprese
dal padre i suoi primi studi di medicina e d'alchimia. Nel 1514 lavorò
nelle miniere e nelle officine metallurgiche di Sigismondo Fugger nel
Tirolo, dove poté approfondire la sua preparazione tecnica intorno ai
metalli preziosi ed ampliare le sue conoscenze alchimistiche.
Prese
parte a diverse campagne militari - comprese le guerre di Venezia del
1521-25 - in qualità di chirurgo militare e rimase in Italia a lungo
per laurearsi in medicina.
Il
particolare ambiente politico-religioso dell'epoca influì non poco per
la formazione del suo pensiero. Le lotte causate, da un lato, dalla
Riforma e dall'altro, dal diritto usato da alcuni popoli per rovesciare
i loro Principi non più ritenuti d'origine divina, avevano indotto nel
pensiero umano un forte senso di ribellione e di critica.
Molti
Principi tedeschi si occupavano con zelo della trasformazione dei metalli
servendosi d'alchimisti di corte, ma il loro fine era quello di ottenere
oro ed argento e, al tempo della Riforma, tutta la produzione chimica
era limitata all'alchimia tecnica e filosofica.
Fin
dal secolo XIV, la farmacia, pur essendosi notevolmente perfezionata,
seguiva la prassi tracciata da Claudio Galeno.
La farmacia galenica, come l'antica pratica terapeutica etrusca, traeva
i propri farmaci dai tre regni della natura e, prevalentemente, da quello
vegetale, facendoli assumere dall'organismo malato solo previo semplice
manipolazione, senza estrazione o separazione alcuna di principi attivi
e senza trattamenti chimici eccessivamente spinti.
Durante
tutto il Medioevo, l'alchimia si era sviluppata per proprio conto senza
interferire con la farmacia galenica e non si era mai curata di portare
a lei il frutto delle proprie ricerche.
L'alchimista
che nel secolo XIII godeva di una gran fama era Arnaud De Bachuone,
detto Arnaldo Da Villanova che richiamò l'attenzione dei medici sull'impiego
curativo dell'acquavite e prescrisse medicamenti alcolici.
Si
devono ad Alberico Benedicendi i maggiori studi sulla chimica medica
di queste epoche. Egli rintracciò e prescrisse ricette della fine del
1400 e provenienti presumibilmente da un convento delle Marche; tra
queste ricordiamo la tutia (ossido di zinco) per le malattie degli occhi
e per la cura delle fungosità, il lume de rocho (l'allume), il sale
armeniaco (ammoniaco) per curare varie infermità.
Entrate
timorosamente in medicina esse erano però ancora temute dalla maggiore
parte dei medici; i casi di collaborazione verso la medicina da parte
degli alchimisti erano un fatto saltuario o sporadico e non si aveva
per niente una scuola, una teoria.
In
Germania, le idee innovatrici di Paracelso, il suo metodo sperimentale,
il suo atteggiamento ostile alla medicina ed all'alchimia dell'epoca
trovarono i più feroci ed intransigenti oppositori. In questo ambiente,
Teofrasto Paracelso utilizzò un linguaggio rude e sprezzante contro
Aristotele e Galeno e contro i professori che ne insegnavano le teorie
dalle cattedre universitarie.
Nell'anno
1526 ottenne la cattedra di medicina fisica; salì sulla cattedra universitaria
brandendo materialmente una spada e, seguito da una moltitudine schiamazzante
di studenti, impose in tutta Europa in pochi anni una nuova scuola che,
sebbene ricca di ridicolezze e d'esagerazioni, rappresenta una delle
più grandi conquiste della scienza.
Il
merito di Paracelso non fu proprio quello di essere stato il primo ad
applicare la chimica alla farmacia, fu però quello grandissimo di avere
creato, con la biochimica, la teoria chimica dei farmaci.
Gli
alchimisti, secondo lui, dovevano cercare di estrarre l'arcano (ossia
quello che oggi si direbbe il principio attivo) cui la terapia deve
la sua efficacia. I medici alchimisti venuti prima di lui erano privi
di qualsiasi mentalità chimica; nessuno di loro perciò pensò mai di
collegare i tanti fatti osservati per desumere una relazione costante
tra medicamento ed azione fisiologica, tanto meno aveva cercato di costruire
una qualsiasi teoria su basi sperimentali.
Dalle
sue convinzioni filosofiche era condotto ad ammettere qualcuna delle
idee averroistiche sulla natura dell'essere umano che considerava un'emanazione
del creatore e, trasportandole nel campo naturalistico, affermo che
il corpo umano contiene, sia pure in piccola misura, tutti gli stessi
metalli, o terre, o spiriti, o qualità elementari che si trovano nel
creato ossia, nell'universo. Sostenne che tali componenti si trovano
disposti in perfetto equilibrio ed integrati fra di loro e che lo scopo
dello iatrochimico è quello di ricercare, in caso di turbato equilibrio
fisiologico, quali siano le carenze ed, in corrispondenza astrologica
col macrocosmo, somministrare quei fattori da quest'ultimo prelevati,
per ripristinare, dopo lunga sperimentazione, il turbato equilibrio
dell'organismo stesso.
Paracelso
ammetteva come base della costituzione di tutto il mondo materiale,
i " tria prima " lo zolfo cioè, il mercurio ed il sale e affermava che
tali qualità elementari, erano messe in moto, anzi in ciclo vitale,
da un principio divino e trascendentale che chiamò archaeus od archeo,
vera essenza di vita sempre presente in tutto il creato, e in maggiore
intensità nell'organismo umano vivente.
Interessantissima
è la concezione della trasmutazione degli alimenti operata nell'organismo
mediante processi chimici. Gli alimenti che fuori dell'organismo sono
cose perfette, come perfetto è tutto ciò che è creato, introdotti nell'organismo
stesso subiscono alterazioni varie che possono essere addirittura letali
per colui che se ne nutre. Ma l'archeo alchimista che sta nello stomaco
è vigile a separare il buono dal cattivo, servendosi dei mezzi fornitogli
dal corpo stesso; in tal modo egli difende l'organismo dall'"ens
venendi" che sarebbe d'origine alimentare.
Sulla
stessa base è la terapia paracelsiana atta a fornire all'organismo quelle
sostanze minerali che reputava deficienti nell'organismo malato. Usò
le composizioni metalliche ritenute velenose come la pietra infernale
(solfato di rame), il sale di saturno (acetato neutro di piombo) e diversi
composti d'antimonio. Impiegò in terapia ferro, rame, piombo, oro, argento,
stagno; fece conoscere il cobalto e lo zinco e consigliò l'uso del mercurio
aggiunto al legno guaiaco ed ai sudoriferi nella cura della sifilide.
Per le sue terapie usò inoltre l'acido solforico in una soluzione alcolica
(chiamato in seguito acido di Haller), le tinture di ferro e di zafferano;
creò numerose preparazioni mercuriali.
Tuttavia
non si può affermare che Paracelso diede una spiegazione prettamente
chimica dei processi vitali; i suoi elementi mercurio, zolfo e sale
non erano da lui concepiti come veri elementi chimici, bensì come qualità.
Questo
non toglie che introducendo il concetto d'equilibrio chimico negli organismi
viventi, Paracelso abbia dato la prima interpretazione chimica della
vita e della malattia e la prima base della farmacologia.
Durante
la sua vita Paracelso si era procurato l'inimicizia di tutti gli speziali,
gli erboristi e i medici dell'epoca. Erano stati fatti numerosi tentativi
per liberarsi di lui e le sue lezioni erano spesso molestate ma le autorità
cittadine lo avevano sostenuto e non avevano ceduto al malcontento popolare;
le cose giunsero ad una situazione critica quando un eminente cittadino
di Basilea, il canonico Lichterfels, essendosi ammalato pensò di offrire
un premio di cento gulden a chi lo avesse guarito. Paracelso
guarì il paziente che rifiutò di pagare la somma promessa e i problemi
giudiziari che ne seguirono lo portarono a lasciare Basilea in tutta
fretta.
Dopo
un periodo di vagabondaggio morì a Salisburgo il 24 Settembre del 1541.
Francesca
Loi
loifrancesca@hotmail.com