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Quaderni di Quartucciu
Anno IV - Numero 19 - Ottobre 2000
 

 

Reportage

a cura della Redazione


Un problema sociale tanto diffuso quanto invisibile

QUEL FENOMENO CHIAMATO "MOBBING"
di Manuela Arca Corda

Il mobbing è un fenomeno molto diffuso nel mondo del lavoro: si tratta di terrore psicologico sul posto di lavoro ed implica una serie di comportamenti aggressivi e persecutori compiuti da uno o più "mobber", che si ripetono per un lungo periodo di tempo per danneggiare qualcuno, quasi sempre in modo sistematico e con uno scopo preciso.

Nel mobbing esiste una costante: la vittima è sempre in una posizione inferiore rispetto ai suoi avversari. Inferiorità non riferita al potere all'intelligenza o alla cultura, ma come status.

La persona colpita viene danneggiata psicologicamente e fisicamente, menomata della propria capacità lavorativa e della fiducia in se stessa. Risente spesso di sintomi psicosomatici, stati depressivi o ansiosi, tensione continua e incontrollata. I casi più gravi riguardano persone giunte a meditare e ad attuare il suicidio.

Mobbing: termine anglosassone, adoperato dall'etologo Konrad Lorenz, che indica il comportamento aggressivo di alcune specie di volatili nei confronti dei loro simili per allontanarli, scacciarli dal gruppo o impadronirsi del loro nido. Dall'inglese to mob, assalire, il termine designa tutte le azioni malevoli, che hanno come unico scopo "immobilizzare".

In Svezia, paese all'avanguardia nello studio sul mobbing, tale fenomeno è stato dichiarato reato punibile penalmente ed i suoi effetti sono ritenuti malattia professionale, consentendo una regolare richiesta di risarcimento per invalidità professionale. Il mobbing, infatti, provoca anche un sensibile calo della produttività all'interno dell'azienda in cui si verifica: la vittima si assente spesso per visite o periodi di malattia. Tale costo si ripercuote poi sull'intera società: una vittima di mobbing è di solito pre-pensionata o invalidata dal lavoro e, secondo stime statistiche, un lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni costa già un miliardo e 200 milioni di lire in più rispetto ad un pensionato all'età prevista.

Il mobbing avviene perché nessuno lo impedisce: esiste una specie di omertà professionale, che innalza un muro di silenzio dietro a cui il mobber può agire indisturbato. Il perché, non giustificabile, è la paura: paura di essere coinvolti, di fare una brutta figura, di essere poi accusati di qualcosa, di subire ritorsioni di qualche genere, di perdere eventualmente il lavoro, di affermare le proprie convinzioni anche a dispetto di tutti gli altri. Il tratto tipico del mobbizzato è l'isolamento e non esiste una categoria di persone predestinata a diventare una vittima del mobbing.

Il mobber, cioè colui che inizia e continua l'attacco, può avere davvero mille motivi per perpetrare il mobbing: paura di perdere il lavoro o la posizione duramente guadagnata o di essere surclassato ingiustificatamente da qualcuno altro più giovane o più qualificato, o semplicemente più simpatico; ansia di carriera che porta a frantumare qualsiasi ostacolo, vero o presunto, gli si pari davanti; semplice antipatia o intolleranza verso qualcuno con cui è costretto a convivere magari otto ore al giorno. Il mobber classico non lascia in pace la sua vittima perché ritiene di riportare vantaggi dalla sua distruzione o la usa come valvola di sfogo dei propri umori. Piò agire da solo o cercarsi alleati.

Gli spettatori sono tutte quelle persone (colleghi, superiori, addetti alla gestione del personale) che non sono coinvolti direttamente nel mobbing, ma che in qualche modo vi partecipano, lo percepiscono, lo vivono di riflesso, non lo denunciano né cercano di interromperlo. Di conseguenza con la loro indifferenza e non disponibilità ad intervenire, lo favoriscono.

Il mobbing è un processo che generalmente segue fasi ben articolate che vanno dal conflitto quotidiano e dal terrore psicologico, agli abusi anche non legali dell'Amministrazione del personale fino all'esclusione dal mondo del lavoro. L'espulsione dal posto di lavoro assume per il mobbizzato le dimensioni di una tragedia personale. Spesso anche davanti ad amici e familiari si sente un fallito; il nervosismo causa spesso palpitazioni tremore, difficoltà respiratorie, problemi di espressione, gastriti e altri disturbi digestivi. Una sfera che risente notevolmente dello stress è il sonno, che viene alterato da incubi, insonnia e sonno interrotto; si manifestano, inoltre, disturbi alle funzioni intellettuali come annebbiamento della vista, difficoltà di memoria e di concentrazione, capogiri e svenimenti.

Il mobbing causa alla vittima anche danni finanziari, di tipo sociale, familiare e perdite economiche dovute a vistose visite mediche specialistiche e sedute psicoterapeutiche, crollo della proprie immagine sociale.

Dalla prima ricerca sul mobbing condotta in Italia nel 1996/1997 dalla "Associazione contro mobbing e stress psicosociale", risulta che la maggior parte delle vittime intervistate provengono dal settore dell'industria produttrice di beni/servizi e da quello della Pubblica Amministrazione, con un'età compresa nel 48% dei casi tra i 41 e i 50 anni. In circa l'88% dei casi il mobber si trova in una posizione superiore a quella del mobbizzato.
I mobber preferiscono attaccare una vittima del loro stesso sesso; inoltre mentre i mobber donna tendono a mobbizzare quasi esclusivamente altre donne, i mobber uomini mobbizzano sia uomini che donne.

Si tratta di una materia delicatissima in cui la legislazione è scarsa ed ambigua e il confine tra lecito esercizio del comando e puro arbitrio aggressivo è più impalpabile che mai.

In Italia si calcola che più di un milione di lavoratori soffrono per mobbing.

Manuela Arca Corda
elaar@hotmail.com

 


 

Presentata dai DS una proposta di legge regionale per la prevenzione delle molestie e delle persecuzioni psicologiche nei luoghi di lavoro.

VIOLENZE E DISAGIO NEI LUOGHI DI LAVORO
a cura di Dino Pusceddu

Il dibattito e le denunce che riguardano le molestie ed il disagio psicologico nei luoghi di lavoro occupano spazi sempre più ampi nelle iniziative sindacali e parlamentari, nonché nella pubblicistica. Un'attenzione crescente da parte dell'opinione pubblica sta accompagnando studi, ricerche e sensibilizzazione sul mobbing, che rappresenta un problema sociale esteso, di larga attualità.

Questa la premessa alla proposta di legge del gruppo DS che detta “Norme per la prevenzione delle molestie e persecuzioni psicologiche negli ambienti di lavoro e per la tutela dei lavoratori vittime di mobbing”. Firmatari: Dino Pusceddu, Renato Cugini, Silvio Lai, Ivana Dettori, Antonio Calledda, Giovanni Demuru, Bachisio Falconi, Siro Marrocu, Cicito Morittu, Giambattista Orrù, Nazareno Pacifico, Giampiero Pinna, Giuseppe Pirisi, Alberto Sanna, Emanuele Sanna, Salvatore Sanna, Pier Sandro Scano, Giacomo Spissu.

La proposta di legge si pone “l'obiettivo di rappresentare un primo tentativo di risposta legislativa, a livello regionale, ad una problematica legata al mondo del lavoro che ha bisogno non solo di norme e principi, ma anche di azioni positive”.
Penso prima di tutto ad una riqualificazione del nostro discorso riguardo ad un importante problema, appunto quello delle molestie e delle persecuzioni psicologiche negli ambienti di lavoro. E un tema ampiamente trattato a livello europeo, soprattutto a livello legislativo. La nostra iniziativa in Consiglio Regionale punta ad un contributo di elaborazione e di esperienza che la Sardegna porterà nel grande dibattito in corso”.
La sottolineatura è di Dino Pusceddu, primo firmatario della proposta di legge.

Riferendosi alla relazione che accompagna la proposta di legge di cui è il principale ispiratore, Dino Pusceddu afferma che ''anche nel nostro Paese si assiste al tentativo di adeguare la legislazione a quella europea”.
Con quale fine?
Prevenire e sanzionare una condotta che colpisce circa il 6 per cento dei lavoratori e produce danni alla salute fisica e psichica. Nei casi più gravi, è causa di suicidio. Gli studi compiuti in Svezia da Heyns Leymann, in Francia da Marie France Hirigoyen, e in Italia da Harald Ege dimostrano che il mobbing, oltre a causare un danno alla dignità della persona ed alla sua integrità fisica, è un danno per l'intera società e per le stesse aziende”.

Negli ambienti di lavoro -continua Dino Pusceddu, illustrando la proposta di legge DS- la conflittualità è sempre esistita, così come le vessazioni e gli atteggiamenti discriminatori". "Si assiste ai tempi nostri a vere e proprie strategie aziendali che mirano ad escludere o ad espellere i lavoratori da una determinata organizzazione, mentre si susseguono le prevaricazioni di capi e capetti o tra stessi colleghi

"Per anni la sicurezza sul lavoro in Italia è stata vista come tutela fisica dei dipendenti, nonostante il Codice Civile prevedesse la tutela della personalità morale del lavoratore. Oggi sappiamo che malattia professionale è anche quella psicologica. Allora il mobbing può significare lesioni personali colpose oppure comportamenti dolosi come le minacce, le molestie sessuali o la diffamazione. Non va infine trascurata la portata sociale del fenomeno. E assodato che qualunque “diversità” di sesso, di origine etnica, di razza, di convinzioni personali, di orientamenti sessuali, di cultura ecc, può essere causa scatenante di molestie o di atteggiamenti ostili e discriminatori. Inoltre nella specificità italiana, come evidenziano le ricerche di Harald Ege, il mobbing rischia di avere effetti devastanti sulla stessa struttura familiare (doppio mobbing)”.

Cosa fare per prevenire le nuove forme di disagio sociale ed evitare che queste vere e proprie “torture psicologiche” continuino a dilagare nei luoghi di lavoro?
Dino Pusceddu è più che mai convinto che “servono risposte istituzionali le quali mirino al miglioramento dell'organizzazione e della sicurezza del lavoro, allo stato di prevenzione, informazione, ricerca, assistenza medico-legale e psicologica”.

Siamo dunque al problema di una legislazione adeguata capace di porre riparo finalmente ad una situazione divenuta ormai intollerabile?
Esattamente, la nostra proposta di legge va in questa direzione. Rispetto alle iniziative legislative finora presentate, che affrontano la tematica del mobbing con un approccio giuslavoristico tendente essenzialmente a far emergere il danno biologico e a delineare il conseguente aspetto sanzionatorio e/o risarcitorio, la nostra proposta di legge rappresenta il primo organico tentativo di risposta legislativa, a livello regionale, ad una problematica legata al mondo del lavoro che ha bisogno non solo di norme e principi ma anche di azioni positive. Infatti così come per il diritto al lavoro, alla salute, allo studio, ecc., le norme per non essere vane hanno bisogno di essere accompagnate da azioni, ed anche nel caso oggetto della proposta di legge, da noi presentata in Consiglio Regionale, si punta molto alla messa in campo di iniziative specifiche”.

C'è da ripensare ruoli e compiti della Regione di fronte ad un problema che riguarda il mondo del lavoro e l'intera opinione pubblica. La Sardegna non è estranea al dibattito che si va intensamente sviluppando attorno al tema del “mobbing”, e la Regione Sarda deve prenderne atto con una legislazione adeguata.

Vorrei -conclude Dino Pusceddu- che il Consiglio Regionale diventasse un grande soggetto della vicenda del mobbing, emanando una legge precisa per la prevenzione delle molestie e persecuzioni psicologiche negli ambienti di lavoro. Sarebbe un passo in avanti decisivo, in una grande battaglia di giustizia e di civiltà”.


Il dibattito in corso sulla condizione dei lavoratori e delle lavoratrici, vittime del mobbing, ha portato in Sardegna ad una prima importante iniziativa legislativa: la proposta di legge presentata dal Gruppo dei Democratici di Sinistra, primo firmatario Dino Pusceddu. “In questa lotta -egli ha specificato- il Consiglio Regionale deve porsi come elemento centrale, ma è fondamentale l'azione dei movimenti dei lavoratori, in primo luogo delle organizzazioni sindacali, il consenso e la piena solidarietà dell'opinione pubblica".

Sono almeno 30 mila nella nostra Isola le persone perseguitate o molestate sul luogo di lavoro. La condizione delle vittime del mobbing è stata denunciata da Dino Pusceddu nel corso di una conferenza stampa convocata al Consiglio Regionale. Vi hanno partecipato, oltre al primo firmatario, il vice presidente del Consiglio Regionale Giacomo Spissu, Antonio Calledda, Silvio Lai, Nazareno Pacifico, Giampiero Pinna ed Emanuele Sanna, anch'essi tra i firmatari della proposta di legge, che è stata sottoscritta da tutti i 18 consiglieri del Gruppo DS.

La proposta di legge che abbiamo presentato -ha specificato Dino Pusceddu- tende essenzialmente a far emergere il danno biologico ed assicurare il risarcimento alle vittime del mobbing. In particolare la proposta di legge da noi sottoscritta propone interventi della Regione Sarda nel campo dell'informazione, formazione, prevenzione e ricerca, allo scopo di combattere il fenomeno anche con la collaborazione delle associazioni di volontariato e dei sindacati”.

Rispetto alle iniziative legislative nazionali, siamo certamente andati ancora più avanti. Il provvedimento legislativo del Gruppo DS al Consiglio Regionale, prevede l'istituzione di centri di ascolto, gestiti dagli Enti Locali o da associazioni senza scopo di lucro, per assicurare sostegno e solidarietà ai lavoratori vittime di discriminazioni. Gli interventi per prevenire molestie, avviare l'informazione periodica per far emergere situazioni di mobbing, creare figure professionali che operino nei centri di ascolto, e per avviare studi sul fenomeno, dovranno essere attuati con l'adozione di un piano triennale articolato in programmi annuali. Questi sono gli elementi caratterizzanti la proposta di legge. I suoi obiettivi e la sua strumentazione operativa costituiscono gli elementi caratterizzanti di una legislazione che può recare un contributo determinante nella difesa dei lavoratori e delle lavoratrici”.

Dino Pusceddu, Giacomo Spissu, Antonio Calledda, Nazareno Pacifico ed Emanuele Sanna, a chiusura della conferenza stampa, hanno rivendicato ancora la piena solidarietà dei sindacati, delle organizzazioni del volontariato e dell'intera opinione pubblica sarda, affinché la proposta di legge divenga al più presto operante.

Nell'articolato che la compone, viene prevista una dotazione finanziaria per la fase di avvio di 770 milioni di lire, e si prevede che il 20 per cento delle risorse siano destinate dalla Regione per la formazione continua alle attività di informazione e formazione sul mobbing e per il recupero delle vittime. “Non soltanto occorre l'unità del Consiglio Regionale perché questa proposta di legge venga adottata e resa operante, ma è necessario -ha ribadito infine il primo firmatario Dino Pusceddu- che, oltre la sede parlamentare, si estenda a tutta l'Isola la mobilitazione.

 


 

Una testimonianza degli effetti devastanti del mobbing, tratta da “La Repubblica” del 25-07-2000.

La signora sull’orlo del suicidio
di Gianfranca Cacciatore

Sette mesi fa, al settimo piano di un condominio di città, la signora X. guardava la strada e meditava il salto a testa sotto per fuggire le vessazioni subite dall'azienda, un tour operator internazionale presente sul territorio italiano con trenta succursali.

Facciamo un passo indietro.

Nel 1985, la signora X., direttore tecnico della filiale di Palermo, seleziona il personale, cura la formazione, gestisce il volume d'affari in linea con il programma dell'azienda. Vento in poppa per dieci anni.

Falla: un pranzo d'affari con i vertici dell'azienda.
A Ciampino, due uomini valigetta chiedono la testa di una sua valente collaboratrice. Che si dimetta dietro compenso. E chiedono ancora alla signora X. un volontario allontanamento prospettato come promozione. Zitto tu e zitto io, lodi professionali e baciamano per la signora, alcuni giorni dopo le facce dei "due tipi" gracchiano nella sua gola. Per respirare deve per forza ingoiarli, o sputarli fuori, dire tutto alla collaboratrice; informata soltanto dall'arrivo inatteso della lettera di trasferimento. Che non accetta. Viene licenziata. Intenta causa.

La signora X., chiamata a testimoniare dall'azienda, dice che «il licenziamento della valente collaboratrice è stato programmato a tavolino». In appello il tour operator internazionale con succursale a Palermo, dove la signora X. aveva l'incarico di dirigente, perde la causa.

Si parla con fastidio, ai vertici dei vertici dell'azienda, di questa signora X., 38 anni, che deve imparare a stare al suo posto e non è affatto d'esempio per tutti i dipendenti.Si agisce allora di conseguenza.

L'azienda progressivamente riduce il personale che fa da spalla a X. Le inviano un osservatore, psicologo che seleziona il personale. Per smaltire le ferie non ancora usufruite la sede chiude l'ufficio. X. lavora lo stesso, serrande abbassate, otto ore al giorno.

Circa un mese e mezzo. Sul posto sopraggiunge un dirigente. Propone le sue dimissioni dirette e una offerta concreta di sei milioni. X. rifiuta l'offerta. Le viene imposto un trasferimento a Verona.

Nella nuova sede non ha un tavolo, un telefono, un computer. I colleghi fanno la spia. Miserie quotidiane. Relazionano alla direzione se X ritarda l'inizio lavoro. Al bar quanto tempo sta fuori, se è sgarbata.

Sopravvive a Verona, a sue spese, lontana dagli affetti. È costretta ad assentarsi per motivi di salute. Viene perseguitata da pressanti visite fiscali. Dal 14 aprile '97 all'8 agosto '99 soffre di crisi ansiose.

Altro trasferimento. Destinazione Perugia. Le vengono ritirate le chiavi del nuovo ufficio. La controlla una dipendente assunta da appena due anni. X. manda giù Seroxat, Valpinax, Lexil, Spasmodil, Debridat, Xanax, e altri psicofarmaci. Perde i capelli, non sente rumori, ha incubi, inappetenza, un tic nervoso alle palpebre. L'allergia respiratoria, l'asma.

È ricoverata d'urgenza, le somministrano farmaci in vena. Continua la via crucis per la signora X. Gli uomini gracchianti nel suo collo sono ancora lì. L'assalto vorace vuole sgozzarla, inizialmente a bassa voce. Ma quando il pozzo sembra senza fondo, la signora X., ora ha 43 anni, trova le energie per salvarsi.

La sua salute risale con coraggio dall'abisso. Comincia ad argentarsi anche se le hanno fatto diventare i capelli di lana. X. sorride, pensa di andare al mare con il figlio. Quand'era piccolo non capiva quali intrugli per avvelenarla. Poi guarda fuori dalla finestra. Ricorda la mano del marito che la ferma prima di buttarsi.

Insieme tutta la cornice degli affetti. La madre, gli amici, la suocera, i nipoti, i medici, il suo avvocato. Non vuole più andare sotto, insieme con i piccoli e velenosi serpenti che da bambina vedeva a Vassouras, vicino a Rio de Janeiro. L'abbaiare del cane ne avvertiva la presenza.

Per la signora X. non è ancora detta l'ultima "vessazione". I tentativi di conciliazione con l'azienda sono falliti. A marzo non si è presentato nessuno all'Ufficio provinciale del lavoro di Palermo. La prossima udienza è fissata il 10 ottobre.

Stanca di guerra dopo cinque mesi di malattia stamani torna al lavoro. Nell'ufficio di Perugia. Alle 9,30.

G.C.


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