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Quaderni di Quartucciu
Anno IV - Numero 19 - Ottobre 2000
 


La posta per QdiQ

a cura della redazione

L’articolo di Viviana Ricci, “QUNTO: NON UCCIDERE”, pubblicato sul numero di luglio, ha dato vita a un dibattito che prosegue nel forum di discussione del sito internet di QdiQ.

...STATO LAICO:
LICENZA DI UCCIDERE?

 


Da: Anna Savona <annasavo@tin.it>
A: www.qdiqnews@tiscalinet.it <www.qdiqnews@tiscalinet.it>
Data: sabato 29 luglio 2000 2.48
Oggetto: Quinto:"non uccidere"

Gentile redazione di Qdiq, ho già avuto il piacere di scrivere per voi in un precedente numero e credo che approfitterò ancora della vostra disponibilità (sempre che lo riteniate opportuno), per fare alcune osservazioni in relazione alla questione sollevata dalla Signora(ina?) Viviana Ricci nel numero di Luglio alla pagina 5: la pena di morte.

Devo ammettere che molte delle argomentazioni svolte nell'articolo su indicato sonosicuramente di peso e possono indurre moltissime persone ad essere decisamente contro la pena di morte, tuttavia non mi sembrano decisive.

Devo inoltre constatare che nel nostro ordinamento giuridico la pena di morte è, salvo la possibilità di prevederla per delitti commessi in tempo di guerra , inammissibile sulla scorta del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione (forse peraltro tale comma è utile solo per quel che riguarda la previsione dell'eccezione suddetta; infatti già dal secondo comma dello stesso articolo 27 della Costituzione si può ricavare il divieto della pena di morte:"le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato."

Quale rieducazione del condannato nella morte?

Detto ciò però credo di non sbagliare dicendo che certe norme furono il frutto della profonda influenza della morale cristiana sul costituente, il che è decisamente in contraddizione con la professione di laicità dello stato. Nell'ambito di una morale laica (ed ammetto forse anche cinica) mi sembra possa avere ingresso la pena di morte.

Sono dunque sicuramente corrette tutte le osservazioni della Signora Ricci nel momento in cui si appoggia al Vecchio ed al Nuovo Testamento; tuttavia sono giuste dal punto di vista di un cristiano, dal punto di vista della Chiesa di Roma; lo stato è laico. Inoltre, ci è dato di osservare che in molti paesi in cui i testi sacri sono la legge e la legge sono i testi sacri si ha uno scadimento terribile della civiltà giuridica; quindi combattere la pena di morte sulla base di quanto scritto da testi sacri mi sembra possa portare, a causa di eventuali confusioni fra leggi e stato, ad un peggioramento della cultura giuridica e sociale.

Esistono inoltre altre argomentazioni proposte contro la pena di morte che non mi hanno convinto: viene citato il caso di Gary Grahm il quale ha dovuto aspettare diciannove anni prima di essere giustiziato. Sinceramente la lunga attesa mi sembra nascere dal fatto che vi sono stati vari gradi di giudizio, i quali hanno sicuramente richiesto indagini approfondite, e tutto ciò a favore di chi se non dell'imputato?

In altri tempi la giustizia americana, ma non solo l'americana, era sommaria e sbrigativa: condannato venivi portato al patibolo. Certo i tempi della giustizia sono eccessivi, ma ci troviamo davanti ad una coperta corta: accorci i tempi e diminuisci le garanzie per l'imputato, aumenti i gradi di giudizio ed i tempi per le indagini e costringi l'imputato (con suo dispiacere?) ad aspettare svariati lustri.

Per quanto poi riguarda la colluttazione precedente all'esecuzione non si tratta forse di un detenuto che si ribella con la violenza? Cosa avrebbero dovuto fare le Guardie?
Ed ancora non mi sembra decisivo che la questione "pena di morte" venga strumentalizzata dal governatore o dalle televisioni; quello è un difetto del sistema politico e televisivo, non è un difetto della pena di morte in se stessa.
Ed ancora, è vero che la pena di morte non ha fatto diminuire i reati per i quali è prevista, ma nessuno ci assicura che senza di essa i delitti non sarebbero aumentati, probabilmente la pena di morte ha evitato che ci fosse un maggior numero di delitti.

Ed anche le motivazioni del principe Myskin non mi sembrano convincenti, sulla base del suo ragionamento chi rapisce non potrebbe essere a sua volta "rapito" dallo stato e rinchiuso in carcere, ed al ladro non si potrebbe infliggere un sanzione pecuniaria in quanto gli si starebbe "rubando": le azioni dello stato poste in essere nel rispetto della legge non possono essere considerate sullo stesso piano di quelle di chi agisce al di fuori della legge.

Non vedo dunque perchè nei casi di assoluta e comprovata colpevolezza, nell'ipotesi di delitti particolarmente gravi che ledono direttamente la persona fisica, non prevedere la pena di morte.

Credo che i cittadini onesti si sentirebbero più tutelati, che i familiari delle vittime non tenterebbero di farsi giustizia da loro e soprattutto credo che questa sarebbe giustizia. Ai pedofili, voi, cosa fareste?

Cordiali saluti

Gaetano Savona


Risponde Viviana Ricci

Non vi è nulla di più gratificante per chi scrive una frase, un articolo o un libro, spinto da ogni qualsivoglia motivazione, di avere la consapevolezza che le proprie produzioni siano lette e con reale attenzione.
Non è necessariamente vero che chi fissa nella carta delle idee intenda convincere l'ipotetico interlocutore della validità delle proprie opinioni; ma, al contrario, potrebbe ricercare un confronto, avviare un dialogo virtuale, proponendo un pensiero, nel rispetto di quello contrario, pur rimanendo convinto di ciò in cui crede.

Nel mio scrivere, fornisco spunti di riflessione (…so di non essere detentrice di alcuna verità…), non ho mai la pretesa di addurre tematiche “decisive”, né tanto meno di smuovere chi, per ragioni personali, politiche o altro, mi sembra ben radicato nelle proprie convinzioni.

Ciò premesso, in merito all'articolo “Quinto: non uccidere” tengo a chiarire che il mio pensiero di fondo, quello che ha dato l'impronta al testo stesso, è il rispetto che nutro per la vita in sé e per sé, in ogni sua forma: umana o no, “buona” o “cattiva” che sia.

…E, per determinati valori non si deve necessariamente essere cristiani o appartenere ad una religione.

Potrei terminare qui e rimandare al medesimo articolo, ma su altri punti mi preme richiamare l'attenzione.

Il concetto di “laicità dello Stato”, ad esempio, è giustissimo perché in uno stesso territorio possono convivere più comunità di diverso credo, di cui bisogna tener conto e rispettare.
Lo Stato, per quanto come istituzione sia qualcosa di astratto, è il risultato di menti umane naturalmente dotate di una morale religiosa o filantropica, sarebbe inconcepibile, dunque, pensare alle sue leggi avulse da un senso umanitario.

Con l'idea di laicità dello Stato non si può giustificare un comportamento disumano. Mi sembra che non “possa avere ingresso la pena di morte”, (idea “inumana” e, come anche detto, “cinica”), se concepissimo lo Stato, come un buon padre di famiglia, che dovrebbe attivarsi responsabilmente in opere di prevenzione, per aiutare gli individui a non sbagliare.

Per quanto concerne il nostro, mi compiaccio che nell'ordinamento giuridico non sia prevista la pena di morte e temo che dell'articolo n° 27 si sia data un'errata interpretazione.

Tutte altre sfere e competenze tocca invece l'argomento sullo “scadimento terribile della civiltà giuridica” di un Paese, quando un testo sacro coincide con la legge.
Si è riportato un passo della Bibbia non solo e non tanto per il mero valore religioso, quanto per citare un testo di sicura conoscenza (è il testo più diffuso al mondo) e per sottolineare come l'uomo già da millenni, già dalle primissime civiltà, abbia tentato di abolire, o almeno attenuare, l'ancestrale pseudo-giustizia, la più istintiva, la vendetta, quella che per me rappresenta reale “scadimento di civiltà giuridica”.

In merito al caso della violenza su Gary Grahm, sono certa che esista un'altra soluzione al di là del picchiare il condannato a morte: cinque guardie avrebbero potuto immobilizzare un uomo, senza alcuna necessità di infierire (…ecco cosa avrebbero potuto fare!).
E' chiaro che quell'episodio rappresenta un ennesimo esempio di violenza nelle carceri.

Non pare credibile che si possa pensare che i diciannove anni di carcere siano serviti al detenuto per riaprire un caso già chiuso il primo anno di processi e per un uomo povero, incapace di assoldare avvocati competenti affinché lo difendessero.

E poi, quali “gradi di giudizio”, se in stati d'America, come in Virginia, un imputato ha solo 21 giorni di tempo per fornire prove della sua innocenza? E' giustizia forse questa?

A me pare solo un modo per accontentare sbrigativamente persone assetate di vendetta: non importa che sia il reale colpevole o meno, l'importante è che vi sia una vittima sacrificale da portare al più presto sull'ara.

Proprio i politici, sono convinta, giocano in tutto ciò, un ruolo di estrema importanza. Insomma, fra interessi di carriera e legami di partito, negli ingranaggi della “macchina - pena di morte”, strumento della politica, rischia di finire stritolato il diritto alla giustizia.

Ridicole e paradossali mi sembrano le considerazioni sul ruolo dello Stato nel caso di rapimento e furto. Quale differenza ci sarebbe se, anziché lo Stato, fossero i parenti della vittima ad uccidere l'assassino (vero o presunto)?

A maggior ragione se si considera il fatto che non si può definire giustizia quella portata avanti da paesi americani in cui vi è una gravissima inaffidabilità del sistema giudiziario, per l'elevatissimo tasso di errore ai processi (oltre il 90% degli stati che emettono sentenze capitali presentano un tasso di errore superiore al 52%), a causa di frequenti corruzioni delle giurie e perché il più delle volte i giudici sono subordinati al proprio elettorato…

Purtroppo lo Stato è fatto di uomini! Se lo Stato è così imperfetto, come condannare in maniera inappellabile un probabile innocente?

Pur tuttavia, la ragione per cui ho ritenuto opportuno scrivere (come in principio ho affermato), non è solo per andare in difesa dell'innocente, ma è soprattutto per esprimere personalmente e per dare voce a quelli che sostengono che il colpevole abbia comunque diritto di riscatto, di recupero e, sopra ogni cosa, quello della vita.

Viviana Ricci
sogabri@tiscalinet.it


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Intervento tratto dal Forum di discussione

Che inutile spreco!

Dalle epoche più remote, la pena di morte è stata sempre utilizzata per incutere nei cittadini il "timore della legge" secondo la teoria che il rispetto della plebe lo si può ottenere solo con la paura.
Per ottenere il massimo effetto le esecuzioni capitali venivano preferibilmente eseguite in una piazza, davanti a una folla numerosa e con modalità cruenti e spettacolari.

I risultati però non sono mai stati particolarmente esaltanti anche perché, fin dalle epoche più remote, è sempre stato vero il detto secondo cui "LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI MA LA GIUSTIZIA VA AL MIGLIOR OFFERENTE!"
Inoltre noi esseri umani ci adattiamo a tutto, anche a convivere con la paura e con l'azzardo. Aveva ragione Cesare Beccaria quando affermava che il miglior deterrente contro la delinquenza è la certezza della pena e non la sua intensità.

Molti altri motivi rendono la pena di morte completamente inutile:

Non serve alla collettività perché non fa diminuire il crimine e quindi non aumenta la sicurezza dei cittadini.

Non serve ai parenti delle vittime perché nessun supplizio inferto al reo potrà mai risarcirli del danno subito. Anzi molto spesso è addirittura controproducente perché crea delle aspettative di liberazione dal dolore che poi rimangono disattese.
Tra l'altro le sentenze vengono eseguite parecchi anni dopo l'avvento del crimine e spesso le persone che vengono giustiziate sono profondamente cambiate.
Ho sentito interviste di persone che sono rimaste sconvolte nel vedere l'assassino di un familiare andare incontro alla morte con serenità, assistito dalla fede riscoperta negli anni di carcere, mentre loro erano ancora tormentati dal dolore, soli, senza l'aiuto e il conforto di nessuno.

Non serve alla giustizia perché non permette neppure una minima riparazione dei danni causati. Al danno irreparabile costituito dalla perdita di una vita umana si reagisce sprecandone un'altra.

Non serve allo stato perché allontana ancora di più le persone che vivono ai margini della società e che finiscono per ritrovarsi con qualche amico o parente condannato al patibolo.

Ma allora, perché la pena di morte continua ad essere adottata anche da governi fondati sulla democrazia e sul rispetto dei diritti umani?

Viviamo, e non solo da oggi, in un mondo in cui l'immagine è generalmente assai più importante della sostanza.

Le esecuzioni capitali "fanno immagine".

Mandare al patibolo decine di criminali crea una parvenza di impegno nelle lotta al crimine, anche se poi le rilevazioni statistiche dimostrano che in realtà produce più danni che benefici. Il duro lavoro e il sacrificio delle forze dell'ordine, invece, seppure siano mezzi davvero efficaci, hanno una scarsa visibilità.

Una spettacolare esecuzione capitale ha un impatto visivo analogo alle foto dei "morti-ammazzati" pubblicate in prima pagina nei giornali o trasmesse in TV. Chi è responsabile della sicurezza dei cittadini potrà così facilmente minimizzare anche le più infauste statistiche (…sono solo numeri) e convincere gli elettori di aver fatto fino in fondo il proprio dovere.

Luciano Mei
luciomei@tiscalinet.it

 

Intervento tratto dal Forum di discussione

Non esistono "scorciatoie"

Se la pena di morte fosse un sistema efficace per contrastare il crimine l'umanità avrebbe, da millenni, risolto tale problema, così come ne ha risolti tanti altri... Purtroppo non è così!

Non esistono "comode" scorciatoie! I problemi si risolvono lavorando faticosamente e, soprattutto, imparando dagli errori propri e altrui…

Ma lavorare costa impegno e sacrificio… realtà terribile specie quando i costi e i sacrifici li dobbiamo pagare anche noi!
Allora è più comodo cercare soluzioni più "economiche"… o almeno che facciano pagare altri al posto nostro… .

Nascono così tutte quelle "scorciatoie" che danno l'illusione di allontanare da noi il problema (e soprattutto i suoi costi…).

Problema: - Avvengono molti delitti.
Soluzione: - Bisogna giustiziare gli assassini.

Problema: - Molti reati rimangono impuniti.
Soluzione: - Bisogna dare molto potere alle forze di polizia e ridimensionare i diritti degli imputati (tolleranza zero).

Problema: - Non è possibile garantire sicurezza assoluta contro i criminali.
Soluzione: - Bisogna consentire ai cittadini onesti il possesso delle armi affinché possano difendersi da soli.

Problema: - Siamo invasi da migliaia extracomunitari, poveri e disperati.
Soluzione: - Bisogna creare le industrie e relativi posti di lavoro nei loro paesi d'origine (che non facciano concorrenza alle industrie italiane che devono rimanere in Italia...).

…Purtroppo le cose non sono così semplici...

L'unica soluzione è di affrontare i problemi con umiltà, con la consapevolezza dei propri limiti e senza trascurare gli insegnamenti che ci provengono dalla storia, cioè dai successi e dai fallimenti di coloro che tali questioni le hanno affrontate prima di noi.

L.M.

 

Intervento tratto dal Forum di discussione

Barbarie di stato

Caro Gaetano,

È mia ferma opinione ritenere indegno di uno stato civile l'annoverare all'interno del proprio ordinamento, norme che contemplino la possibilità di mettere a morte chi sia stato giudicato colpevole di un qualunque crimine. Ritengo infatti, anche come indica il titolo del mio intervento, che la pena di morte sia una barbarie di stato.

Forse io non so trovare delle argomentazioni che convincano chi è favorevole alla pena capitale a cambiare idea; ma non ho, però, mai trovato nessuna giustificazione a favore della pena capitale che mettesse minimamente in dubbio le mie convinzioni.

Ritenere la pena di morte un efficace deterrente contro la possibilità di commettere delitti in futuro, affidando alla pena di morte una funzione di prevenzione generale, è da ritenere un falso; dove è in vigore la pena di morte i crimini puniti con quella pena non variano (né in termini numerici assoluti né in termini di percentuale) rispetto ai luoghi che applicano pene alternative.
E' emblematico il caso del Texas, ma persone informate come te non hanno bisogno di questi esempi.

Se allora la pena di morte non assolve alla sua funzione di prevenzione generale, assolvendo però mirabilmente alla funzione preventiva specifica in quanto impedisce a chi ha commesso un crimine di ripeterlo in futuro (Naturalmente è ironica la mia approvazione!), qual è la funzione che assolve o può assolvere la condanna a morte del reo?

L'unica che io vedo, allora è una funzione puramente retributiva-vendicativa, solo una mera vendetta che la società applicherebbe in virtù di una Giustizia superiore, ma pur sempre giustizia umana!

Poi anche ammettendo che possa essere "giusta e motivata" la funzione retributiva della pena di morte, chi dovrebbe decidere quali crimini sono punibili con la pena estrema e quali no?

Dovrebbe essere il legislatore, che in base agli umori della gente ,propone la pena di morte come punizione per il delitto "di moda" in quel momento?

Ammesso poi che una legge statale certa e chiara preveda quella sanzione, chi mi saprebbe spiegare perché dove il boia è ancora una professione, coloro che finiscono uccisi appartengono sempre alle fasce deboli e persone che hanno commesso delitti analoghi appartenenti a ceti diversi raramente vengono condannati? (Lombroso avrebbe giustificato geneticamente questo trend, io lo spiego col fatto che è comodo utilizzare i deboli, i paria, come esempi per indicare che lo stato protegge i suoi cittadini, quando invece in quello stato i delitti puniti con la massima pena non diminuiscono affatto).

Chi è a favore della pena di morte, mi dica chiaramente che ritiene giusto che un uomo muoia perché così la sua coscienza si appaga nel momento in cui sa che un criminale è stato ucciso. Solo allora potrei "capire" gli assertori della pena capitale, pur non giustificandoli, sia inteso.

Non mi si dica poi che chi si macchia di certi crimini è giusto che muoia, perché così chi ha subito il danno dovuto al crimine è veramente risarcito, perché le vere vittime dei delitti puniti con la pena di morte, non avrebbero nessun beneficio, così come nessuno di noi vive più tranquillo sapendo che se dovesse essere ucciso da qualcuno, l'assassino verrebbe condannato a morte. (oh che consolazione sarebbe!)

Non mi si dica che è giusto vivere in uno stato in cui si ammette la vendetta e anzi dove proprio lo stato assolve alla funzione di vendicatore: ma mi si dica perché è giusto che sia cosi!

Non ho mai (come già detto) ottenuto risposte soddisfacenti. C'è chi dice che si è veramente liberi se si è tutelati da leggi penali severe. Giusto -dico io- , ma aggiungendo che le leggi severe non devono mai essere estreme e ribadendo che è la certezza della pena e non la sua severità che può fungere da deterrente.

Senza contare poi il fatto che una pena reclusiva seppur severa, qualora si scoprisse un errore giudiziario, potrebbe avere una conclusione, cosa si dovrebbe fare nel caso in cui un condannato a morte dovesse morire per un errore giudiziario?

Ancora: perché poi di solito ( a parte gli Stati Uniti, che furono per secoli uno stato di frontiera in cui l'autodifesa era la regola: da cui deriva la propensione degli statunitensi per la pena di morte),la pena di morte si applica soprattutto nei paesi a regime dittatoriale e totalitario?

Non è forse la pena di morte un modo per soffocare le libertà e incutere negli oppositori il terrore? ( Non è scandaloso che in Cina e in molti paesi islamici avvenga ciò?).

Mi piacerebbe avere delle risposte, mi piacerebbe che la mia sicurezza a proposito dell'ingiustizia della pena capitale, venisse messa in discussione, anche se so che verrebbe rafforzata; ma io voglio solo capire non voglio convincere nessuno, né essere convinto a proposito dell'utilità della pena di morte!

Come al solito mi faccio prendere dalla foga e perdo in chiarezza espositiva! Vorrei dire pero un'ultima cosa a proposito della nostra costituzione, la quale sarebbe il frutto di orientamenti cattolici. E' solo in parte vero, a tal punto che ancora oggi sono soprattutto i cattolici e pochissimi laici gli assertori della pena di morte in Italia; visto e considerato che nessun precetto dottrinale della chiesa cattolica è a sfavore della pena capitale, anche se è da riconoscere il fatto che il mondo cattolico e in primis il Papa è schierato apertamente contro la pena capitale.

Il tempo e miei limiti mi impediscono di essere più chiaro ed esaustivo, intanto ti saluto, sperando che magari si possa discorrere dal vivi, con più tempo e più calma di questo importantissimo argomento che secondo me è da considerare lo spartiacque tra uno stato civile e uno stato ancora intriso di troppi istinti poco razionali.

Ciao

Ivan Vargiu


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