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L'attentato contro Emilio Lussu è un po'  lo specchio della lotta antifascista svolta in Sardegna.

Il teatro della scena, fu la piazza della Parrocchia, tra la casa del Cavalier Giovanni Agostino Piga e la sede del circolo culturale, in quel periodo sede dei fascisti.
Emilio Lussu, era un deputato dell'opposizione, eletto nelle elezioni del 1921 in un contesto politico caratterizzato dall'ascesa al fascismo. Più volte si attentò alla sua  vita. Era la vigilia di Natale del 1922, quando i fascisti seppero del suo rientro ad Armungia (il suo Paese natale). Sbarcato a Olbia e diretto a Cagliari, fu avvertito da un amico sul fatto che le camicie nere lo attendevano nella stazione del capoluogo. Fu così che deviò a Senorbì. Nel paese la notizia arrivò ai fascisti e convinti com'erano a dargli una lezione, avevano preparato un litro d'olio di ricino.
Il racconto prosegue dalle sue stesse parole, così come riportate sul libro "Marcia su Roma e dintorni"…
(…) Senorbì è un piccolo centro agricolo, gli abitanti prevalentemente contadini erano stati fin da allora avversi al fascismo…   Il mio amico era l'esponente dell'opposizione. Egli era stato mio compagno all'università e alla guerra. Eravamo legati da una grande amicizia reciproca. (…) Seppi subito che nel paese vi era molto fermento perché in quei giorni si era costituita una regolare organizzazione fascista con elementi venuti da Cagliari e con parenti di alcuni agrari locali. Mente parlavo entrano due suoi fratelli, (…) uno disse che i fascisti avevano intercettato il mio telegramma, che sapevano quindi della mia presenza e che cominciavano ad adunarsi nella piazza principale con intenzioni ostili. (…) All'improvviso due colpi furono battuti al grande portone della casa. Un familiare aprì. Apparve un fascista, armato di pistola e pugnale che con espressione di commando disse:"5 minuti di tempo, o ci consegnate il deputato o noi attacchiamo la casa". "bandito" gli rispose il padrone di casa e il portone fu rinchiuso. Nella piazza intanto si era radunata in buon numero di camerati, provenienti anche da paesi vicini, (…) all'interno della casa ci si preparava al combattimento radunando tutte le armi disponibili, non molte in verità e facendo appello al coraggio, questo grandissimo. La folla della piazza si dirige verso la casa che viene totalmente accerchiata di armati. Urla di morte venivano lanciati, (…) i cinque minuti dell'ultimatum erano abbondantemente passati, (…) ma io non potevo sopportare che una famiglia rimanesse in permanente stato d'assedio. Io avevo in tasca la pistola. Senza che i miei amici avessero il tempo di opporsi mi slanciai verso il portone. Lo aprii e mi trovai in mezzo ai fascisti. (…) Chiesi cosa volessero; il capo di quei fascisti era un ex ufficiale che aveva prestato servizio nella mia compagnia; era diventato fascista da poco. "E' lei che comanda la banda?" chiesi. Mi rispose imbarazzato dicendomi che era necessario che mi recassi al club vicino dove ero atteso. Egli mi precedette e passammo tra due file di fascisti e di curiosi accorsi. (…) Vi giungemmo in pochi minuti; l'ufficiale mi lasciò solo e io cominciai una conversazione coi più vicini. Erano questi contadini del paese. "Che cosa volete?" domandai. "Vogliamo Nizza e Savoia e la Dalmazia, la vittoria è stata una truffa" mi rispose un giovanotto. "E prendetevele dunque" risposi, "io non ve lo impedisco".(…) Ma l'ufficiale e di ritorno e mi pregò di seguirlo nel salone dove mi attendeva il notaio del paese che mi presentò in un foglio di carta bollata una formula in cui  sconfessavo il mio  passato politico e riconoscevo nel fascismo il solo partito capace di salvare l'Italia. Avrei dovuto firmarlo. "Questo è un documento che non mi riguarda" dissi all'ufficiale. "Non vuole firmare" gridò lui rivolto ai suoi. "A noi" risposero loro levando in alto manganelli e pistole. (…) Due mi appoggiarono le canne delle pistole sul petto. Io ero armato, ma che serve un'arma in queste circostanze?… fu questo il momento in cui i fascisti tentarono di fargli ingerire l'olio di ricino.
Qui termina il racconto di Lussu ma è possibile completare la storia grazie ai ricordi di altre persone presenti.
Egli ebbe allora un gesto geniale che gli permise di fuggire. "Poiché è un assassinio quello che volete commettere" disse "ecco la mia pistola di guerra, risparmiatevi la spesa della cartuccia". "Chi di voi ha meno scrupoli, spari" e posò la pistola sul tavolino davanti a sé. Nessuno però si mosse; avevano previsto solo l'umiliazione dell'olio di ricino, e non la sua morte. "Ebbene" disse "allora lasciatemi uscire" . I fascisti più vicini si scostarono e mentre si apprestava ad uscire un gridòù: "a morte!!" Fu a questo punto che arrivò la salvezza. Sopraggiunse  infatti un'auto dalla quale scese un giovane ( il rappresentante dei mutilati di guerra sardi), che capita subito la situazione andò incontro a Lussu e all'ufficiale stringendoli in un caloroso abbraccio, poi parlò della guerra e della vittoria. Sempre parlando,  prese Lussu per un braccio e lo accompagnò sull'auto; nessuno pensò a trattenerlo, montarono sulla macchina e fuggirono via.

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