Giuseppe
Antonio Lonis nacque a Senorbì nel 1720.
Generazione d'artisti, suo zio (Salvatore Lonis il
grande) fu titolare a Senorbì di una
"bottega" dove si praticava l'intaglio
del legno e dove l'illustre nipote fece il suo
apprendistato. Nella stessa bottega svolgevano le
proprie mansioni lavorative anche ulteriori
componenti della famiglia Lonis: Salvatore
"junior", Francesco Ignazio Bardilio e
Giuseppe Ignazio. Dagli scritti risalenti a quel
periodo risulta che notevole era l'importanza
della famiglia Lonis sotto il profilo artistico e
numerose sembrano essere le creazioni attribuibili
a questa "scuola". Ma questi usavano non
firmare le proprie creazioni e per giunta qualcuno
di questi artisti risulta fosse analfabeta.
Giuseppe Antonio Lonis, dimostrò le sue doti fin
da ragazzo e fu avviato nella famosa scuola
napoletana (1735 circa) per perfezionare la
propria tecnica e li risiedete per 11 anni. Questo
suo soggiorno nella città partenopea finì per
temprare il carattere del Lonis. Rimase
affascinato dai "Lazzeri", simpatici ma
violenti e rissosi, che condizionarono poi
positivamente la sua carriera artistica.
Quando tornò in Sardegna Giuseppe Antonio Lonis
preferì aprire la propria bottega in un centro
importante attraverso il quale entrare più
facilmente in contatto con una clientela più
ampia. Si sistemò così a Cagliari nel quartiere
di Stampace; la sua bottega acquisì ben presto
un'ottima fama in relazione alle splendide
creazioni che da essa vennero fuori nel corso di
cieca 50 anni. L'arte era la sua vita; le sculture
solo scrupolosamente sul legno erano il suo pane
quotidiano.
Ma G.A. Lonis oltre ad essere conosciuto come
ottimo artista (forse il migliore che si poteva
trovare a Cagliari) lo era anche in virtù del suo
carattere bizzarro; era infatti anche uno ottimo
spadaccino!!! Tenero e crudele ma generoso e
permaloso contemporaneamente, si era
contraddistinto per particolari aneddoti dei quali
nel corso del tempo si era reso protagonista.
Acceso sostenitore della propria terra, la
Sardegna, odiava e disprezzava chiunque osasse
offendere "l'isola" e il suo essere
sardo, spesso e volentieri risolveva questi
divverbi con una adeguata vendetta a colpi di
spada.
Dimostrò le sue abilità di provetto spadaccino
anche in una lite con alcuni militari forestieri
che lo avevano insultato dicendogli di essere un
"mentecatto con manie guerresche"o
ancora quando in sua presenza due
"forestieri" disprezzarono la Sardegna.
Giunse addirittura a tagliare con la lama della
sua spada i bei baffoni di un uomo che invece di
chiamarlo scultore, senza pensarci troppo, lo
aveva chiamato impropriamente
"mastro".Questi episodi dimostrano come
Giuseppe Antonio Lonis non amasse la diplomazia e
al contrario preferisse celermente ricorrere alle
maniere spicce e che troppo spesso in virtù delle
inimicizie che riuscì ad accattivarsi lo
costrinsero a lasciare per brevi periodi la
città.
Le sue opere tutte d'immenso valore storico e
artistico sono riconducibili alla scuola
napoletana. Nel corso della sua carriera artistica
si lanciò ben presto verso nuove forme
espressive: lo stile barocco, passò
successivamente a creazione ispirate da un
realismo crudo e marcato, in cui la sua sardità
assume un peso notevole ( i volti di queste opere
hanno tratti somatici proprie dei sardi). Le
ultime opere risentono invece dell'influsso
neoclassico.
A Giuseppe Antonio Lonis va attribuita la
paternità della statua raffigurante San Saturnino
della cattedrale di Cagliari e quella di
Sant'Efisio della omonima chiesa (quella portata
in processione annualmente per la sagra di
Sant'Efisio a Cagliari).(scuola napoletana)
Il San Pietro Pascasio della parrocchia di San
Giorgio a Quartucciu, il San Raffaele della chiesa
del Carmine a Cagliari. (barocco).
Sono attribuibili al Lonis anche le due serie dei
"Misteri"della passione di Gesù,
conservata nella chiesa di San Michele una, e
nella chiesa di San Giacomo l'altra, entrambe a
Cagliari.(realismo)
A Senorbì vengono conservati il
"crocifisso" collocato nel 1777 nella
cappella del transetto sinistro. Il volto del
Cristo in quest'opera potrebbe essere un
autoritratto. Inoltre il San Michele, il San
Raffaele e la statua raffigurante Santa Barbara.
Infine la statua di San Domenico venerata come S.
Antonio Abate.
G.A.Lonis morì nel 1805.
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ARTICOLO
TRATTO DA UNIONESARDA.IT - GIUGNO 2006
Giuseppe
Antonio Lonis
è stato uno scultore sardo di una certa rinomanza
nel suo tempo e che, invece, oggi è quasi
interamente dimenticato. In particolare nessuna
via gli è intitolata a Cagliari, dove visse e
morì nel 1805,
dopo
essere nato a Senorbì nel 1770. Che fu l’anno in
cui i piemontesi si sostituirono agli spagnoli,
anche se il loro lungo possesso dell’isola
continuò a dominarci, con le incancellabili
albagìa, arroganza e vocazione a farsi
giustizia da sé, ereditati da loro. Lonis ricorda
il Ludovico dei Promessi Sposi, anche se lui non
diventò mai il Cristoforo manzoniano e continuò
a viziarsi dei mali nativi. Anzi questi si
accrebbero, quando si trasferì a Napoli, dove ritrovò
i costumi spagnoli. Per tutto il lungo periodo in
cui operò nella bottega di Giuseppe Pigano e
Gennaro Franco e ne assimilò la scuola della
pittura paesistica.
Giovanni
Spano, che esplorò ogni angolo di Cagliari per
scriverne la Guida, che fu pubblicata 1861 e che
contiene una descrizione minuziosa di tutte le
opere d’arte, ha anche compiuto un ritratto
felicissimo del Lonis: «Questo valente artista
aveva un genio bizzarro e spadaccino, e veramente
alle sue opere dava un aspetto marziale,
specialmente se aveva da scolpire qualche soggetto
in abiti guerreschi. Tanti fatti si raccontano di
costui che avrebbero rallegrato i lettori, se
qualcuno li avesse raccolti scrivendo la sua
vita come di sé fece il Cellini. Egli era alto di
persona, e trovandosi un giorno nella strada di
San Francesco del Molo, tre. soldati tedeschi si
burlarono di lui. Gli saltò la mosca al naso, e
tosto li sfidò tutti e tre a duello». La sfida
fu accettata e gli sfidati, raggiunto un piccolo
bastione che sorgeva dietro la dogana, vennero
sconfitti. Il Lonis poi tornò a Cagliari e dal 1750
tenne
bottega a Stampace. Lì scolpì il suo famoso
Sant’Efisio, che vediamo nella processione del
Lunedì dell’Angelo, vestito con un
abbigliamento a forti tinte, la statua è tutta un
misto di pizzi, di spada d’onore con una grande
elsa arabescata, piumaggi sull’elmo. Il Lonis
probabilmente la statua l’aveva già scolpita,
quando il Santo fu invocato nei giorni di fuoco
del 1793,
quando
la flotta francese minacciò la città. Perché
non celebrare questo artista, insieme patriota e
religioso, intitolandogli una delle vie
cittadine?
ANTONIO
ROMAGNINO
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