"E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza,
noi predichiamo Cristo crocifisso,
scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani;
ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.
Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini,
e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini". (1 Cor 1, 22-25)
 
 
Pubblichiamo la nota Sir sulla recente sentenza del tribunale dell’Aquila di rimuovere il crocifisso da una scuola locale.
 
08:58 - CROCIFISSO NELLA SCUOLA: NOTA SIR
La sentenza del tribunale dell’Aquila, che ordina di rimuovere il crocifisso da una scuola di Ofena non può non lasciare sconcertati. Anzitutto perché esistono delle leggi che dispongono l’esposizione dei crocifissi nelle aule, poi perché i toni della sentenza, per quanto è stato diffuso, appaiono davvero fuori misura. Si parla di "imposizione", di Stato che pone "il culto cattolico al centro dell’universo"…Sul crocifisso a scuola (o nei luoghi pubblici in generale) si polemizza in modo ricorrente. Ogni tanto succede che qualcuno ne avverta la presenza come offensiva o capace di "turbare" alunni non cristiani. In realtà una sentenza del Consiglio di Stato di qualche anno (è la n. 63 del 1988) fa chiariva bene come, al di là del significato per i credenti, la croce rappresenti "il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa".
Il cardinale Ruini ha ricordato, domenica, come il crocifisso esprime "l’anima profonda del Paese" e deve rimanere nelle scuole come "segno dell’identità della nostra nazione". Non c’è prevaricazione religiosa nell’esposizione di un simbolo che tra l’altro, per se stesso, indica invece tutt’altro. La sentenza dell’Aquila, dunque, ha le gambe corte. Tuttavia pone una serie di questioni serie, che in questo inizio di millennio chiedono un ripensamento efficace. Si tratta di riflettere sui rapporti tra le religioni e la società civile e politica, sul ruolo della scuola, sulla prospettiva multiculturale e interculturale verso cui, inevitabilmente, il nostro mondo si incammina. L’incontro tra diversità non può ridursi a scontro o a indifferenza reciproca. Né si può pensare che l’accoglienza richieda l’annullamento delle identità. Il caso recente, in Francia, delle ragazze espulse da scuola perché portavano il velo islamico, le discussioni in Germania, dove è stato attivato anche un insegnamento di religione musulmana, il dibattito, di scenario, sul riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nella futura Costituzione dell’Ue sono tutti segnali di quanto sia decisivo ripensare i termini di una moderna laicità che non sia neutralità o indifferentismo e superare i falsi pudori nei confronti delle matrici religiose della nostra cultura. La scuola è, per questo, un luogo privilegiato. A scuola si può e si deve studiare e approfondire la storia dei nostri popoli, per cogliere vitalità e prospettive di futuro. A scuola si può superare la paura del "diverso", dello straniero, innescando invece meccanismi virtuosi di conoscenza e rispetto reciproco. Come di fatto succede nelle tantissime classi reali del nostro Paese, dove ragazze e ragazzi diversi, aiutati da adulti consapevoli, provano a camminare insieme. E allora lasciateli camminare. Parte da qui la costruzione di quella nuova cultura della convivenza necessaria per affrontare gli anni a venire, se non vogliamo trasformarli in una infinita sequela di "atti di forza". Giù le mani dal crocifisso, giù le mani dalla scuola. Basta con le squallide provocazioni come è anche quest’ultima che parte da Ofena. Sconcerta e inquieta che un giudice l’abbia raccolta e che ci siano ora pesanti strumentalizzazioni politiche anche contro la Chiesa.