Sommario del capitolo 4º: "Linguaggio Pubblicitario e Linguaggio Giovanile"
4. LINGUAGGIO PUBBLICITARIO E
LINGUAGGIO GIOVANILE
4.1 Giovani e pubblicità
4.1.1 La pubblicità mirata ai giovani
4.1.2 I giovani e la pubblicità
4.1.3 Particolarità del messaggio
4.1.4 Gli effetti della pubblicità sui giovani
4.2 Influenza del linguaggio pubblicitario sul linguaggio
giovanile
4.2.1 Somiglianze comunicative tra linguaggio pubblicitario
e linguaggio giovanile
4.2.2 L'influsso della lingua dei mass-media e della
pubblicità sui linguaggi giovanili
4.2.3 L'adozione di slogan e di altre forme di comunicazione
pubblicitaria da parte dei giovani
Del
sempre più evidente potere comunicativo dei giovani si è presto accorta la
pubblicità. Infatti, fino a qualche decennio fa i ragazzi non erano al centro
dei consumi. Oggi si è in qualche modo rivalutato il target "giovani" e la
pubblicità parla sempre di più ad un pubblico giovanile usando, o cercando di
usare e a volte in modo limitato, il loro stesso linguaggio (cfr. 5). Vedremo in
questo capitolo come, d'altra parte, la pubblicità eserciti sui ragazzi una
certa influenza, fra cui quella linguistica, soprattutto quando si rivolge
precisamente a loro.
La pubblicità mirata ai giovani riguarda, naturalmente, i prodotti ad
essi destinati: bibite (Red Bull, Coca Cola, Fanta, Sprite, ecc.), birre
(Peroni, Nastro Azzurro, Dreher, ecc.), snack (Kit Kat, Mars, Duplo, ecc.),
auto (Clio), scooter (Aprilia), yogurt (Danone, Yomo), lozioni per i brufoli
(Topexan) o per la forfora (Clear) e via dicendo.
Per la birra, bevanda diffusa tra i giovani, sono stati creati slogan
quali "Nastro Azzurro ti porta lontano" dove il verbo "portare" rimanda al
viaggio come "effetto della droga", che ti fa andare fuori di testa
(Giacomelli 1988, 118–19 e 181–82). O ancora "Peroni ama la vita".
Naturalmente la pubblicità mirata ai giovani, soprattutto se riguarda
prodotti quali le bevande alcoliche, deve stare attenta a non usare elementi
troppo suggestivi, a non dare false promesse ("La birra ti dà quello che
vuoi: piacere e sicurezza…"). A volte, infatti, tali slogan, basati su
accostamenti emotivamente molto potenti, esercitano una influenza, spesso
negativa, soprattutto sui giovani.
I messaggi pubblicitari diventano poi estremamente influenti e
suggestivi nel momento in cui si utilizzano i cosiddetti "testimonials",
ossia, personaggi famosi normalmente appartenenti al mondo dello spettacolo o
dello sport che, come sappiamo, affascinano particolarmente il pubblico
giovanile. In particolare, sono i miti del calcio ad aver letteralmente
inondato gli spot pubblicitari, attraendo soprattutto il pubblico giovanile:
ne sono un esempio lo spot della Danone, in cui troviamo i fratelli
calciatori Inzaghi cantare un divertente jingle (cfr. Appendice I) e
soprattutto gli spot della Nike, i cui protagonisti sono ancora i calciatori.
La presenza di un personaggio famoso all'interno di uno spot attira
inevitabilmente lo spettatore, ancor più se esso è giovane. Tuttavia, a
volte, può portare alla imitazione, all'illusione, allo scontro di questa
illusione con la realtà di tutti i giorni, alla delusione e alla conseguente
frustrazione del ragazzo. Questo soprattutto quando gli spot mirati ai
ragazzi offrono dei modelli di comportamento e degli stili di vita. Ed è il
caso ancora delle bevande alcoliche.
La realtà
di oggi vede la crisi delle tradizionali centrali educative e formative
(scuola, famiglia, istituzioni) che sembrano facciano sui giovani una presa
sempre minore rispetto ad altre centrali. Fra queste, sicuramente giocano un
ruolo fondamentale le "potentissime macro–centrali formative del gusto
giovanile, regolate dalle leggi mass–mediologiche" (Banfi 1997, 154).
È "una dimensione fatta di musica, di video, di mode, di stili
di vita ecc. che impongono (e diffondono) tratti di una Koinè
giovanile che lega, con un collante superficiale, giovani di culture e di
tradizioni linguistiche diverse, collocati in punti del globo anche assai
lontani tra loro. Tale Koinè, promossa da alcuni canali privilegiati
(tra i quali va ricordato soprattutto il canale pubblicitario, notoriamente
"sensibile" al mondo giovanile), riesce a interessare anche fasce
generazionali adulte" (Banfi 1997, 154).
Spesso, parlando del rapporto fra i giovani e la pubblicità, si
trascurano le differenze esistenti nelle diverse classi d'età dei giovani.
Abbiamo visto nel capitolo precedente che la categoria "giovane" non è
omogenea al suo interno. Come già detto, considereremo giovani coloro che
hanno un'età che va dagli 11 ai 19 anni.
Durante il periodo dell'adolescenza si sviluppa un atteggiamento
sempre più critico, diffidente e oppositivo. I ragazzi spesso hanno un
atteggiamento dissacratorio nei confronti della pubblicità e forme di
istintiva resistenza all'imbonimento da parte di questa. Sono diffidenti, ma
più spesso indifferenti ai messaggi pubblicitari e, se gli danno quel minimo
di attenzione, li manipolano con disinvoltura, quasi sempre per scherzarci
su. Ecco perché, come vedremo in seguito, la funzione ludica della pubblicità
e del suo linguaggio, oltre ad essere un fattore di somiglianza fra i due
linguaggi, rappresenta un elemento estremamente importante per raggiungere il
pubblico dei giovani e viene utilizzata molto frequentemente negli spot.
È da tempo assodata l'influenza che i moderni mezzi di comunicazione di massa, e in modo particolare la TV, hanno sui giovani. In particolare, la pubblicità televisiva gode presso i giovani di un certo appeal per diversi, evidenti, motivi e per alcune particolarità del messaggio televisivo:
Il ricorso ad elementi ludici, tra i quali l'aspetto favolistico della pubblicità, che propone messaggi in termini di divertimento creando mini–storie, mini–racconti e mini–favole, che attraggono soprattutto i più giovani.
La brevità del messaggio che viene fruito dal ragazzo in pochi istanti.
La ripetitività del messaggio.
La semplicità delle situazioni narrative presentate dallo spot.
La semplicità verbale ed iconica del messaggio (poche parole e immagini facilmente comprensibili e assimilabili).
La proposta di modelli di comportamento, di stili di vita, di pensiero e di linguaggio.
La struttura esortativa del messaggio.
L'intrusività e quindi l'inevitabile imprevedibilità del messaggio.
Il
messaggio pubblicitario televisivo presenta delle caratteristiche peculiari
che lo differenziano da altri programmi TV. Può infatti esercitare sui
giovani una influenza diversa, più forte rispetto a quella esercitata dai
programmi televisivi. Infatti, mentre i programmi televisivi normali (ossia
non pubblicitari) offrono spesso dei modelli di vita troppo "crudi", per
eccesso di volgarità e di violenza, la pubblicità offre, in genere, l'estremo
opposto. Come abbiamo detto (cfr. 2.1.3), essa, a
volte, crea un mondo del tutto idilliaco, una falsa realtà dove ogni problema
è facilmente risolvibile e i valori predominanti risultano essere la
bellezza, la giovinezza, la ricchezza, il successo e via dicendo. La
pubblicità quando propone la irrealtà come un vero e proprio modello, facendo
passare per reale l'irreale, per essenziale il fittizio, può portare il
ragazzo ad una falsa percezione della realtà e ad un possibile sentimento di
delusione.
Il giovane, nel momento di passaggio dal mondo dell'infanzia a quello
adulto, tende a cercare una propria identità. La pubblicità non è che crei
dei valori e dei bisogni dal nulla, ma sicuramente può offrire, esaltandoli,
amplificandoli e rendendoli essenziali, valori preesistenti (l'affermazione
individuale, il narcisismo, l'edonismo, ecc.) che hanno indubbiamente un
forte potere suggestivo sui ragazzi.
Dunque, il mondo pubblicitario dovrebbe prestare maggiore attenzione a
non presentare determinati valori come essenziali (quando in realtà non lo
sono), a cui far corrispondere il conseguimento di determinati obiettivi (la
macchina potente che ti distingue dagli altri, il motorino che ti fa
"rimorchiare", la birra che ti dà sicurezza, ecc.).
Di fronte
all'idea che la pubblicità possa proporre un mondo favoloso e facile da
vivere, non possiamo non preoccuparci delle conseguenze che ne possono
derivare, soprattutto rispetto agli adolescenti che si ritrovano spesso
incapaci di cogliere gli aspetti metaforici dei messaggi pubblicitari. I
giovani possono infatti confondere ciò che la pubblicità propone con la
realtà di tutti i giorni; ciò che la pubblicità promette con ciò che è
veramente utile e importante. In questo modo potrebbero assumere
atteggiamenti distorti e comportarsi secondo i modelli irreali che gli
vengono proposti. La pubblicità, offrendo modelli di comportamento, stili di
vita e di pensiero, potrebbe influenzare la visione che i giovani hanno della
realtà sociale. L'adolescente potrebbe essere spinto a imitare ciò che gli
viene proposto e ciò porterebbe ad una probabile illusione, allo scontro di
questa illusione con la realtà di tutti i giorni, alla delusione e alla
conseguente frustrazione da parte del giovane.
Non si può rimanere indifferenti di fronte alla possibilità che un
adolescente possa rimanere vittima di alcuni messaggi, non sapendo
riconoscere la realtà dalla metafora, prendendo alla lettera tutto quello che
gli viene detto (il già citato slogan: "La birra ti dà quello che vuoi:
piacere e sicurezza…") e mettendo in atto i comportamenti che gli vengono
suggeriti.
La pubblicità, quando si rivolge ai giovani, fa leva su bisogni quali
l'affermazione individuale, il successo, il bisogno di apparire e di
"contare" all'interno del gruppo di coetanei o con la propria ragazza. Tutta
la pubblicità dedicata ai giovani, dagli alcolici ai motorini, dalle lozioni
contro l'acne agli shampoo, offre spesso dei modelli di vita e di
comportamento cui aspirare.
Gli effetti pedagogici, visti in tale prospettiva, potrebbero
risultare devastanti. Naturalmente tali effetti appaiono più gravi in
relazione al mezzo televisivo, anche se non va sottovalutato l'impatto della
pubblicità tramite gli altri mezzi (ad esempio sulla stampa giovanile o sulla
radio).
La pubblicità televisiva, nelle sue svariate forme, è inserita in
tutte le trasmissioni e il ragazzo (così come l'adulto) è esposto ai messaggi
prima di potersene accorgere, ossia senza poterlo prevedere.
All'interno dell'influenza esercitata dal mezzo televisivo in
generale, quella pubblicitaria svolge un ruolo rilevante. I caratteri del
tutto particolari degli spot (sia per quanto riguarda la forma che il
contenuto), sommandosi a quelli propri del mezzo televisivo, sono capaci di
esercitare una forte influenza sul pubblico giovanile. La pubblicità,
soprattutto quella televisiva, è in grado di esercitare una serie di
possibili effetti negativi sul pubblico dei giovani fra i quali:
Incapacità di distinguere la realtà dal mondo irreale che viene presentato nei messaggi e conseguente possibile effetto di disillusione, delusione e frustrazione.
Apprendimento di valori che contrastano con quelli della società o rafforzamento di valori superati (ad esempio stereotipi razziali e sessuali).
Formazione di atteggiamenti di sfiducia verso la società che viene rifiutata (sfiducia dovuta alla sperimentazione di non corrispondenza tra promessa e realtà).
Induzione ad atteggiamenti pericolosi non solo fisicamente (per esempio presentando modelli di comportamento dannosi per la salute) ma anche induzione ad atteggiamenti aggressivi, competitivi, animati da sentimenti di invidia o gelosia.
Sarebbe
ingiusto, tuttavia, ritenere che la pubblicità abbia solo effetti negativi
sul pubblico giovanile, o, comunque, non bisogna esasperare le valutazioni
negative nei confronti della pubblicità e giungere ad una sua, totale e senza
riserve, demonizzazione. L'impatto della pubblicità non è mai assoluto ma
può, e deve, essere mediato dall'intervento di altri fattori che possono, se
non annullare, almeno ridurre gli effetti negativi. Mi riferisco al ruolo
svolto, o che dovrebbe essere svolto, dalle famiglie e delle varie
istituzioni educative che devono portare il giovane alla creazione di una
capacità di valutazione critica dei messaggi pubblicitari. A questo riguardo,
da qualche tempo, anche se con difficoltà e ritardi, la scuola, su cui punta
la media education, si offre come mediatrice tra giovani e pubblicità.
In questo modo non solo si ridimensionano gli effetti negativi, ma si dà ai
giovani la possibilità di utilizzare al meglio i messaggi pubblicitari,
considerandone l'utilità ai fini del consumo, la vivacità delle invenzioni,
il valore formale, ecc.
È inutile e comodo attribuire tutta la colpa alla pubblicità.
L'atteggiamento "apocalittico" nei confronti della pubblicità, il sentirsi
impotenti, è un modo per giustificare i sensi di colpa e il permanere di una
situazione di non intervento. Non solo il mondo pubblicitario, ma anche, e
soprattutto, la famiglia, lo Stato, la scuola e le altre istituzioni
educative hanno una serie di responsabilità di fronte a questo problema. Chi
tende a indugiare di fronte a tale panorama, chi cerca di attenuare
l'influenza della pubblicità sui giovani, è comunque spinto da una
valutazione dei giovani come individui perfettamente capaci di autogestire la
massa di messaggi che riceve ogni giorno, soprattutto dal mezzo televisivo.
È vero che i giovani sono spesso ipercritici, dissacranti e irrisori
nei confronti della pubblicità, ma ciò non significa che essa non eserciti
una chiara influenza su di loro. Influenza gli atteggiamenti, gli stili di
vita, il modo di pensare e, lo vedremo tra poco, i comportamenti
linguistici.
Dunque, non si vuole denunciare o demonizzare completamente la
pubblicità, ma solo quella senza qualità, quella che offende l'intelligenza
umana, che mente e infastidisce. È vero che i giovani non si lasciano
facilmente convincere dalla pubblicità e che spesso manipolano con estrema
disinvoltura i messaggi pubblicitari, ma ciò non vuol dire che non esista la
possibilità di effetti negativi. Per evitare tale possibilità, non solo chi
opera nel settore deve avere un più elevato senso di responsabilità, ma è
necessaria anche la responsabilità del singolo recettore che deve assumere un
senso critico nell'uso dei messaggi pubblicitari (cfr. 2.1.3). Questa
autonomia critica difficilmente può essere raggiunta dal singolo recettore
senza un chiaro ed efficace aiuto proveniente, come abbiamo già detto, dalle
istituzioni educative (fra cui la scuola e la famiglia), dagli organi dello
Stato e dal mondo pubblicitario stesso.
Oggi i giovani hanno un rapporto non di contrasto ma di indifferenza,
di non comunicazione e di non confidenza nei confronti degli adulti. Sono
spesso vuoti di ideali. A volte dietro questo vuoto interiore dei ragazzi c'è
proprio la pubblicità. Non è l'unica responsabile di questa situazione ma
svolge indubbiamente una influenza rilevante sui giovani. In una situazione
in cui i giovani esprimono anche linguisticamente distanza e indifferenza nei
confronti del mondo adulto, della società, delle istituzioni, di ogni forma
di partecipazione e di formazione tradizionale, il mondo adulto, fra cui
quello pubblicitario, non può accettare passivamente senza impegnarsi
seriamente a fare qualcosa di più. Bisogna avvicinarsi realmente ai giovani e
non rassegnarsi alla non confidenza. Giovani e adulti devono comunicare. La
pubblicità in particolare deve caricarsi delle sue inevitabili responsabilità
che derivano dall'influenza che esercita sui ragazzi. Dovrebbe avvicinarsi
maggiormente al reale modo di vivere, di pensare e soprattutto di parlare dei
ragazzi. Il fatto che i giovani siano diventati più fortemente titolari di un
potere comunicativo non più di nicchia, ma ben visibile e arrogante, impone
una riflessione sulla corretta rappresentazione della comunicazione,
sull'impegno ad avvicinarsi realmente al mondo dei giovani, a cominciare dal
linguaggio. Linguaggio che troppo spesso viene deformato o adattato dal mondo
pubblicitario adulto.
Sul piano linguistico i due linguaggi che qui vengono presi in esame presentano molte somiglianze:
Il ricorso a esotismi, che godono di un certo prestigio sia fra i giovani sia nei messaggi pubblicitari. Si pensi a espressioni quali ad esempio quella di qualche anno fa dello spot "Maxi Bon Motta" (two is meglio che one), entrata nel modo di parlare giovanile; o quella dello spot di "estaTHÈ" (te gusta estaTHÈ? Me gusta, me gusta), anch'essa usata dai ragazzi (cfr. Appendice I). Anche i giovani (cfr. 3.2.4) fanno un largo uso di esotismi (arrapescion, fly down, ecc.).
L'uso di elativi (super–, mega–, ultra–, extra–, arci–, –issimo). Ad esempio l'uso di –mega è molto frequente in entrambi i linguaggi. I giovani usano spesso termini quali megagalattico (Radtke 1997, 224). Anche in pubblicità troviamo l'uso di questo affisso (mega Big Babol).
L'uso di figure retoriche quali la metafora e l'iperbole. In pubblicità la metafora è molto ricorrente (cfr. 2.2.3). I giovani, d'altra parte per crearsi un lessico che si differenzi da quello della lingua comune, fanno un largo uso di metafore (cfr. 3.2.2). Altra figura retorica usata prevalentemente in entrambi i linguaggi è l'iperbole. Si pensi alla vecchia pubblicità dell'aranciata "S. Pellegrino", una aranciata esagerata (Giacomelli 1988, 179); o al recente spot di "Mega Big Babol" (cfr. Appendice I). Nel linguaggio giovanile l'iperbole è ampiamente utilizzata: come dice Coveri (1992, 65) non c'è nulla di semplicemente bello o brutto: tutto è mega, bestiale e allucinante.
Affisazione in –oso, ricorrente in entrambi i linguaggi con una frequenza molto elevata. Diversi gli esempi in pubblicità: un'automobile può essere sciccosa, comodosa, risparmiosa, scattosa e viaggiosa (Serianni 1988, 545). Fra i ragazzi termini come sballoso (proveniente da "sballo") o palloso (nel senso di "noioso") sono molto usati. Come dice Radtke (1997, 223) il linguaggio pubblicitario "può rinforzare l'irradiazione di –oso in queste varietà. Questa tendenza parallela dell'uso di –oso ne consolida la produttività accelerandone la diffusione nel sub–standard".
L'uso di sigle e di slogan. I ragazzi utilizzano spesso slogan (cfr. 4.2.3) e sigle quali TVB "ti voglio bene", o CBCR "cresci bene che ripasso" (usata dai ragazzi/e nei confronti di persone dell'altro sesso di età molto inferiore). Non c'è bisogno di esempi per la pubblicità.
Sia il linguaggio pubblicitario che quello usato dai giovani si caratterizzano, inoltre, per una estrema semplicità usando i diversi espedienti linguistici con la massima disinvoltura e libertà. Sono entrambi linguaggi in cui prevale la funzione ludica. Basti pensare alle deformazioni giocose (per il linguaggio della pubblicità two is meglio che one, per i linguaggi giovanili arrapescion e cucadòr), alle libertà ed irregolarità sintattiche, sino ad arrivare alla creazione di veri e propri neologismi (per il linguaggio della pubblicità le cosiddette "parole–macedonia" come gustolungo – cfr. 2.2.3 – o il recente boccafricio di Aquafresh, cfr. Appendice I; per i linguaggi giovanili termini quali aggratiss o punkabbestia). In questo senso tali linguaggi sono da considerarsi altamente innovativi e caratterizzati da una forte vitalità. Il lessico di tali linguaggi ha una dinamica linguistica molto più veloce rispetto alla lingua comune e i termini usati nei messaggi, o fra i giovani, hanno un ciclo di vita assai breve. Per quanto riguarda i giovani, non solo matusa "anziano" degli anni sessanta è ormai del tutto superato (Sobrero 1992, 49), ma anche le, ormai arcaiche, parolette degli Anni '80, come sfitinzia o cuccare, sono ormai fuori moda ed oggi quelle che "vanno" di più sono: mi piglia bene (mi piace), mi ingrifi 'na cifra (mi piaci molto), seico (sei coglione). Anche per quel che riguarda la lingua della pubblicità i termini usati nei messaggi hanno vita assai breve e devono lasciare il posto ad altre innovazioni.
Fra le
diverse fonti cui i giovani attingono nel loro modo di esprimersi non bisogna
sottovalutare l'influenza dei massa media e soprattutto della
pubblicità.
I mass media giocano un ruolo molto importante nella socializzazione
in quanto da essi "derivano le informazioni ‘centrali' che determinano le
‘subculture' giovanili e le ‘subculture' di gruppo […] derivano
anche codici espressivi particolari come certi linguaggi, molto significativi
all'interno di determinati gruppi di giovani. Si tratta di segnali di
‘identità' che permettono ai giovani che condividono lo stesso stile di
vita di riconoscersi all'interno di un gruppo, di trovare comuni significati
nei rapporti sociali" (Livolsi–Bison 1992, 151).
Abbiamo già detto (cfr. 3.3) che fra i
giovani ricorre, più che una motivazione criptica, una abitudine scherzosa e
di identificazione all'interno del gruppo per affermare la propria
personalità confrontandosi con gli altri. Tale personalità "trae ispirazione
da modelli proposti, oggi, quasi esclusivamente dalla televisione
(pubblicità, film, telefilm, programmi umoristici, ecc.)" (Finessi 1992,
197).
La lingua dei mass media risulta essere un potente punto di
riferimento per la lingua dei giovani. Dalla lingua dei mass media derivano
infatti termini quali puffo "vigile urbano", o drugo "ragazzo
molto scaltro, valido" (Cortelazzo 1992, 72), ambrata "trovata
sciocca" (Manzoni 1997, 16), o zapping "il frenetico cambiamento di
canale per mezzo del telecomando" (Lurati 1990, 209). I mass media
rappresentano lo specchio e il modello dei linguaggi giovanili: dal cinema
(dai film di Verdone all'ultimo film del Piotta) alla stampa per teen agers
(dall'ormai superato "Paninaro" a "Dylan Dog"); dalla radio e la musica alla
televisione.
È in particolare il mezzo televisivo ad esercitare una più
decisa influenza sul pubblico giovanile. Esistono termini di recente
diffusione che sono frutto di innovazioni linguistico–culturali veicolate
dalla TV. Fra questi possiamo ricordare troppo+aggettivo (troppo
bello, troppo giusto, troppo simpatico, ecc.) col significato di "molto" (di
probabile origine sarda), "diffuso a livello nazionale da alcune macchiette
televisive (il ‘Paninaro' di Drive in, ed altre ancora; anche dal
film di Carlo Verdone Troppo forte)" (Banfi 1992, 101–102).
Nasce un problema di estrema rilevanza: si tratta di capire quale sia
il ruolo svolto dai media, in particolare dal mezzo televisivo, nel plasmare
e modificare i comportamenti linguistici dei ragazzi. La televisione ha un
ruolo "pervasivo e centrale, ma anche effimero, è insieme solidarizzante e
discriminante" (Banfi–Sobrero 1992, XI). Il mezzo televisivo è sia
specchio che riflette gli usi linguistici, sia modello che ne fornisce di
nuovi. I linguaggi giovanili vanno cioè considerati come linguaggi
mediati dai media, che fungono dunque da specchio riflettore, e
mediatici, in quanto hanno come modello i mass media e in particolare,
come vedremo, la pubblicità. Nel modo di esprimersi dei ragazzi confluiscono,
come una specie di "frullatore culturale", una serie di elementi che sono
tipici della cultura massmediologica. I giovani hanno infatti bisogno di
tormentoni da ripetere con gli amici e il mezzo televisivo non fa altro che
fornirglieli.
Importanti sollecitazioni espressive provengono, in modo particolare,
dal settore comico di molte trasmissioni televisive che "diffondono proposte
effimere ma numerose, ridondanti e ripetute, che entrano rapidamente in
circolazione, e altrettanto rapidamente cadono in disuso, assicurando così
ricambi veloci e sostanziosi ai LG" (Sobrero 1992, 51). È vero che si
tratta di proposte effimere, che durano poco. Si pensi ad esempio a
trasmissioni di qualche tempo fa quali Drive in per le reti private, o
quelle di Arbore per la RAI. Si trattava di trasmissioni all'epoca molto
seguite dai ragazzi e con un grande carisma linguistico. Tuttavia, tra i
giovani di oggi, molti di quei modi di dire sono caduti in disuso, passati di
moda e sostituiti con altri. Si pensi ad alcuni giochi grammaticali e figure
retoriche usate in Drive in per ottenere effetti comici e di cui parla
Antonio Ricci (1992, 205). Fra questi ricordiamo l'allitterazione Chi ha
cuccato la Cuccarini, o l'aferesi Gnorsì, gnorsì! Gnornò, gnornò.
Ricci (1992, 206–207) racconta che la miriade di personaggi che popolavano
Drive in pronunciava frasi proverbiali che identificavano il
personaggio. Fra queste: A me mi pare ‘na strunzata, Capito mi
hai e Orologiao–ao–ao. L'influsso dei mass–media sui
linguaggi giovanili si riscontra anche nell'uso frequente e costante dello
slogan da parte dei giovani (cfr. 4.2.3):
Peccato, signora Longari, peccato (Cortelazzo 1992, 82).
Dunque, la lingua dei mass media è per i giovani una fonte importante
di citazioni, frasi fatte e "fraseologismi che si bruciano, più o meno
rapidamente, con il consumarsi della fonte di riferimento" (Cortelazzo 1992,
78).
Oggi le trasmissioni che esercitano una certa influenza sui giovani
sono tante e molte provengono ancora dall'area della comicità. Programmi come
"Striscia la notizia" o "Mai dire gol" si contendono l'egemonia nel
linguaggio giovanile. I programmi televisivi reinventano la lingua e i
giovani la copiano: slogan, battute, tormentoni. Da "Striscia la notizia", ad
esempio, provengono l'aggettivo attapirato ed espressioni come
micio micio, bau bau. Particolare successo hanno fra il pubblico
giovanile le gag di "Aldo, Giovanni e Giacomo", tre comici che hanno
letteralmente inondato i giovani di termini e modi di dire in cui
l'intonazione della voce, l'espressione del viso, la gestualità e
l'imitazione ne costituiscono l'essenza. Pensiamo, per fare altri esempi, ai
personaggi della trasmissione "Avanzi", che hanno costituito modelli
linguistici per molti giovani, o all'ancora attuale personaggio del "Gabibbo"
di "Striscia la notizia", che offre "un genovese comprensibile con alcune
parole–emblema, con i suoi tormentoni: baletta, besugo"
(Ricci 1992, 208). Anche se non passano molto tempo davanti alla TV, i
ragazzi sono comunque influenzati da questo mezzo. La potenza diffusiva della
televisione è tale che espressioni e slogan dei personaggi televisivi entrano
inevitabilmente a far parte del parlare quotidiano dei ragazzi, attraverso un
meccanismo inconscio incontrollabile.
Si nota, dunque, una certa influenza e una forza divulgativa dei
mass–media (soprattutto del mezzo televisivo) sul linguaggio dei ragazzi
se si pensa alla velocità con cui vengono assimilati molti termini
provenienti da alcune trasmissioni televisive. La Finessi (1992, 202) ci
porta l'esempio di alcuni termini appartenenti al patrimonio dialettale e
gergale, anche giovanile, di Genova, ma che "riacquistano vitalità d'uso solo
attraverso il rilancio televisivo operato dalla trasmissione Striscia la
notizia": gabibbo, besugo, baletta, nescio.
Altri termini televisivi entrati rapidamente nell'uso dei ragazzi sono:
twin peaks, laura palmer, toppare, antani,
teribbile, pina, stai punito, tranqui,
babbione, tartufón (Finessi 1992, 202).
Anche se sono soprattutto i programmi televisivi (in particolare
quelli di Antonio Ricci) ad esercitare una maggiore influenza sui ragazzi,
non va trascurato che molti di questi termini (fra cui
tartufón) provengono proprio dal mondo pubblicitario.
Nell'ambito della lingua dei mass media, che si colloca "a metà strada tra
tecnoletto e linguaggio colloquiale" (Radtke 1997, 208), risulta rilevante
l'influenza del linguaggio della pubblicità. I giovani ricorrono spesso allo
slogan (cfr. 4.2.3) e la
pubblicità offre delle proposte che entrano velocemente in circolazione, ma
altrettanto velocemente cadono in disuso. Lo slogan è presto slang, ma
l'adozione da parte dei giovani dura poco più delle rispettive campagne
pubblicitarie. Alcune di queste proposte possono tuttavia passare nello
"strato del gergo a lunga durata" (Sobrero 1992, 50–51) ossia alcuni
termini, espressioni e modi di dire provenienti da pubblicità che oggi non
vengono più trasmesse sono tuttora in uso fra i giovani.
Questa attrazione dei giovani nei confronti della pubblicità, e in
particolare di quella televisiva, trova una sua motivazione nelle diverse
affinità tra questi due tipi di linguaggi (innovazione, vitalità, velocità di
ricambi lessicali e forte presenza di elementi ludici, cfr. 4.2.1).
Possiamo rilevare con Manzoni (1997) l'uso da parte dei ragazzi di
alcuni termini provenienti dal mondo televisivo, da quello pubblicitario o,
comunque, legati alle marche di alcuni prodotti commerciali. Fra questi
ambrata "trovata sciocca, cazzata, stupidaggine" (dal personaggio
televisivo Ambra Angiolini, conduttrice di "Non è la RAI" e "Generazione X");
(comprare le) clark's "votarsi all'andare comune, conformarsi"
(dall'omonima marca di scarpe); duracell in Sardegna vale per "extasy"
(dalla marca della pila omonima): FIAT "bidonata, bidone, fregatura"
(dalla marca di automobili): nutella sinonimo di "antidepressivo"
(dalla omonima marca): uniposca è diventato "il pennarello per
antonomasia" (da una marca di pennarelli); zippo l'accendino made in
USA è usato per indicare "l'accendino in genere"; bostik e
vinavil per indicare "droga di infima qualità" (dai nomi delle marche
di colla).
Tutti questi esempi attestano che nel cosiddetto linguaggio dei
giovani confluisce tutta una serie di motivi tipici della cultura dei
media.
Abbiamo parlato dell'influenza dei mass media, e in particolare della
televisione e della pubblicità televisiva, sui comportamenti linguistici dei
ragazzi. Bisogna ora chiedersi se si deve parlare di modello o di specchio.
In particolare, la pubblicità costituisce il modello che offre modi di dire
al mondo giovanile, o al contrario è uno specchio che riflette gli usi
linguistici di tale mondo? Certo la pubblicità (lo abbiamo appena visto)
costituisce una fonte cui i giovani attingono ed è dunque un modello; ma, a
sua volta, (lo vedremo nel capitolo che segue) attinge dai linguaggi
giovanili, soprattutto quando è rivolta ai ragazzi. Riteniamo dunque che non
sia solo la pubblicità a influenzare i linguaggi giovanili, ma anche questi
ultimi, a loro volta, forniscono il modello linguistico di molti messaggi
pubblicitari in un fenomeno di estrema circolarità linguistica e in "un gioco
di specchi in cui emittente e destinatario si scambiano continuamente i ruoli
con fenomeni di rapidissima messa in circolo e quindi forte labilità di
moduli linguistici" (Sobrero 1992, 62).
L'influenza della pubblicità sui linguaggi giovanili può essere riscontrata
nell'uso da parte dei giovani di alcune forme di comunicazione pubblicitaria.
Lo slogan, in particolare, è usato molto nel linguaggio dei giovani. Si pensi
alle scritte che inondano i muri di molti centri abitati. Chi scrive sui muri
esprime un'idea nella forma rapida e concisa dello slogan. La sloganizzazione
è una caratteristica fondamentale e costante nei linguaggi giovanili "in
quanto tentativo di coniazione di una verbalizzazione formale sui
generis non–conformista a livello del sub–standard linguistico"
(Sobrero 1997, 225). L'uso di slogan da parte dei giovani nasce dal bisogno
di veri e propri tic verbali, formule spesso stereotipate e frasi fatte da
adottare, deformare, e ripetere in continuazione con gli amici.
Numerosi sono gli slogan provenienti dal mondo pubblicitario e
adottati dai giovani: È nuova?/Lavata con Perlana, o
Silenzio/Parla Agnesi (Sobrero 1992, 51). Altri esempi: Mi vuoi
tutta ciccia e brufoli?(da "Duplo"); Mira il dito (da
"estaTHÈ"); Me cala la palpebra (da "Delonghi"); Bella
Alcaciofa (da "Cynar") O così o Pomì (da "Pomì").
L'adozione di questi slogan da parte dei giovani è di breve durata ma
contribuisce alla rapidità dei ricambi e quindi alla forte vitalità che
caratterizzano i linguaggi giovanili.
Molti slogan pubblicitari sono stati adottati anche dai giovani tifosi. Il mondo del calcio, lo sappiamo, occupa oggi un posto importante fra i ragazzi. La pubblicità sa sfruttare questa situazione, facendo un largo uso di personaggi provenienti da tale mondo. Spot "sportivi" come quello della "Nike" hanno un grandissimo successo fra i giovani. D'altro canto le tifoserie delle diverse squadre di calcio, composte in prevalenza da giovani, utilizzano slogan pubblicitari nei loro fantasiosi e coloratissimi striscioni esposti negli stadi.
Eccone alcuni simpatici esempi:
Che mondo sarebbe senza Montella (Azienda Sportiva Roma): dallo slogan pubblicitario " Che mondo sarebbe senza Nutella " ("Nutella Ferrero"). In quest'ultimo si riscontra l'imitazione fonetica e grafica: ossia, l'uso di "Montella" (nome del centravanti della Roma) al posto di "Nutella" (nome del prodotto), e il ricalcamento del carattere tipografico.
Bevo e sono felice (Cannyballs Cremapergo): dallo slogan pubblicitario delle "Aranciate Sanpellegrino" (Immagine 3).
Non sottovalutate la potenza dei Diavoli (Teramo–Triestina): dallo slogan pubblicitario "Non sottovalutate la potenza di Playstation" (Immagine 4).
Anche
nella musica giovanile si riscontra un certo uso di termini, espressioni e
slogan pubblicitari. Si pensi ad alcuni testi di canzoni di cantanti che
hanno avuto un successo enorme fra i giovani di ieri e di oggi, come ad
esempio Vasco Rossi (cfr. Appendice III).
Oltre agli slogan, dal mondo pubblicitario deriva l'adozione, da parte
dei ragazzi, anche di altre forme di comunicazione pubblicitaria come jingle
o musiche usate in modo particolare negli spot:
Nel primo caso si pensi all'adozione da parte dei ragazzi del jingle creato per la McDonald's "Succede solo da McDonald's " o per la Danone "Danette, Danone, che fresca bontà" (cfr. Appendice I).
Nel secondo caso ci riferiamo al particolare modo con cui la nuova pubblicità della Clio ha usato una vecchia canzone di James Brown ("Sex Machine"): ne è uscito uno strano verso ("gerappa" da "get up") che i giovani non fanno altro che ripetere imitando il personaggio dello spot.
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