Devo
denunciare alcuni problemi che ho incontrato nello stendere queste pagine che
hanno occupato mesi di studi, riflessioni, approfondimenti nonché incertezze
e perplessità.
Il primo problema è inerente alla povertà di studi, in Italia, sui
cosiddetti "linguaggi giovanili" (povertà di cui si parlerà meglio
in seguito; cfr. 3). A differenza di quanto è
avvenuto in altri paesi, come la Germania, in Italia la tradizione di studi è
abbastanza recente e, direi, ancora insufficiente.
Il secondo problema che ho rilevato riguarda invece la quasi totale
mancanza di ricerche approfondite sul rapporto fra linguaggi giovanili e
pubblicità. Si tratta di un campo molto fertile, di una strada ancora poco
battuta e di un tema che merita un interesse maggiore a quello finora
datogli.
Il terzo problema è connesso alla difficoltà di definire l'oggetto
d'indagine (cfr. 3): bisogna parlare di
"linguaggi giovanili" o di "linguaggio dei giovani"?
Inoltre, chi va considerato "giovane"? Anche chi non appartiene
alla "categoria" limitata agli 11–19 anni e che magari ha già
superato da un pezzo i 20? Di giovani ve ne sono di tutte le età. Ci si
può sentire, o essere, sempre giovani (cfr. 3.2.1). Inoltre l'oggetto d'indagine (i
giovani e il loro linguaggio), è sconosciuto e indecifrabile per gli adulti e
sfugge all'analisi: è difficilmente classificabile e, per sua natura,
ambiguo. I giovani sfuggono all'osservazione, sono ironici, critici,
diffidenti e derisori. Depistano i metodi d'indagine che spesso risultano
inadeguati.
Considerando quest'ultimo punto, devo dire che, nel fare ricerca, mi
sono sentita avvantaggiata, anche se, avendo quasi 24 anni, sono già fuori
dalla "categoria giovani" e forse soffro anch'io, come tanti altri,
della moderna "sindrome di Peter Pan" (cfr. 3.2.1). Il fatto che i
giovani sfuggano all'osservazione impone di mimetizzarsi il più possibile al
loro mondo, di essere "uno di loro". Durante la stesura della tesi
ho cercato il contatto diretto con i giovani e mi sono sentita
"autoanalizzata" in quanto facente ancora parte non tanto di una
categoria (che presuppone la delimitazione e classificazione per età
anagrafica, che mi escluderebbero), quanto di una realtà e di un mondo fatto
di simboli, di valori, di espressività, di idee, bisogni condivisi e che io
sento ancora vicini a me. Naturalmente ho sempre cercato di essere il più
possibile obiettiva e imparziale nella mia analisi.
Per mesi mi sono giunti aiuti, suggerimenti, spunti e osservazioni da
numerosi miei coetanei e dal campione di ragazzi fra gli 11 e 19 anni
intervistati con i questionari. I cosiddetti "giovani", quelli
indifferenti, più spesso ipercritici e diffidenti, quelli che sfuggono
all'osservazione e all'etichettamento, quelli che ti prendono ironicamente in
giro facendoti credere di poterli "catturare" e catalogare, hanno
accettato con entusiasmo l'idea di mostrarsi, così da rendermi specchio della
loro e della mia identità.
Certamente il mio lavoro non è stato rivolto al linguaggio giovanile
in generale ma al rapporto esistente fra questo tipo di linguaggio e i mass
media, in particolare la pubblicità. Si è dato maggior interesse alla
pubblicità televisiva, pur non trascurando alcune osservazioni su quella su
radio, stampa, e affissioni.
Ci si chiede che tipo di giovani ha plasmato la TV e con essa la
pubblicità; che linguaggio ha loro imposto e come utilizza il linguaggio dei
giovani. Sono domande alle quali si cercherà, per quel che è possibile, di
dare una risposta.
Il rapporto che lega giovani e pubblicità è molto più complesso e
articolato di quanto sembri. La pubblicità "sfrutta" gran parte del
lessico giovanile per evidenti motivi. I giovani, d'altro canto, hanno un
rapporto spesso ambiguo e indecifrabile con la pubblicità. Da una parte
sembrano assorbire passivamente l'influsso dei numerosi spot ed adeguarsi ai
consumi indotti, dall'altra assumono un certo distacco critico, che sfiora la
derisione feroce, nei confronti della pubblicità.
Bisogna rilevare l'importanza di tale rapporto e la presenza di
interconnessioni fra questi due mondi, soprattutto sul piano linguistico.
Ormai non esiste più confine fra spot, TV e linguaggi giovanili: lo slogan è
presto slang e viceversa. Oggi gli influssi maggiori sui ragazzi derivano
proprio dai mezzi di comunicazione di massa. Tuttavia il ragazzo non è
stupido e, quando vuole, sa smontare gli spot con la naturalezza e la
disinvoltura di chi conosce il mondo in cui è nato e cresciuto. I giovani
sono critici, spesso prevenuti, quasi sempre ironici e persino moraleggianti.
Criticano con durezza la strumentalizzazione del corpo maschile e femminile,
l'ambiguità delle metafore sessuali associate ai diversi prodotti, la
violenza esplicita e deridono spesso la demenzialità degli spot. Dunque i
giudizi verso la pubblicità sono per lo più critici e negativi e lo diventano
sempre di più con il crescere dell'età. L'influenza della pubblicità è
percepita dai ragazzi in quanto priva di passività: dicono di essere
influenzati solo per loro volontà e non perché non possono resistergli. La
pubblicità è finzione e questo i ragazzi lo sanno bene.
Il lavoro è stato diviso in due parti: una teorica e l'altra
sperimentale. Nella prima parte, dopo un capitolo introduttivo che tratta
della lingua e del linguaggio e della natura e meccanismi dell'interferenza
linguistica (cap. 1), il discorso si sposta sulla
descrizione dei due linguaggi in questione: il linguaggio pubblicitario (cap.
2) e quello giovanile (cap. 3). Due capitoli chiudono la parte teorica, che
ipotizza un'interazione fra i due linguaggi: la pubblicità da una parte
influenza il modo di parlare dei giovani (cap. 4), dall'altra attinge spesso dal loro vocabolario
(cap. 5).
Infine il lavoro è stato completato da una ricerca sperimentale. La
seconda parte, infatti, è volta a confermare o meno l'ipotesi di partenza.
L'analisi del linguaggio giovanile mediante le interviste con questionario ha
come obiettivo quello di verificare l'ipotesi sostenuta nel capitolo quarto
(ovvero l'influsso della pubblicità sui linguaggi giovanili). D'altra parte
l'analisi dei testi pubblicitari è finalizzata a verificare quanto detto nel
capitolo quinto (ovvero la presenza in pubblicità di termini e modi di dire
giovanili). Naturalmente il progetto ha natura pilota. Si tratta di un primo
globale esame che andrà ampliato, integrato e aggiornato.
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