Il cinema di Gianini e Luzzati

 

Monografiche

di Gianni Rondolino

In programma

Concludendo il suo bel saggio sul cinema di Gianini e Luzzati, Sara Cortellazzo scrive: “Le loro opere sembrano sollevare il sipario sull’immaginazione, aprendosi al mondo della fiaba e a quello della tradizione popolare, ma nel contempo rivisitandoli con sottile spirito ironico e leggero distacco critico. Un ‘teatralissimo’ sipario rosso cala a volte al termine della rappresentazione cinematografica quasi a suggerirci che tutto ciò che abbiamo visto era pura finzione. I personaggi escono di scena, ‘vanno a stuccarsi nei loro camerini’. Si riposano in attesa che un nuovo sipario si sollevi sul cinema dell’immaginazione”. Non si potrebbe dir meglio. E’ infatti il teatro da un lato, la fantasia dall’altro – in uno stretto rapporto di interdipendenza che ci dà di volta in volta il massimo della “teatralità” e il massimo del “fiabesco” –, a costituire ciò che possiamo chiamare l’essenza del cinema di Gianini e Luzzati.
Forse non si è scritto molto sulla loro opera cinematografica, o non abbastanza, e questo lavoro della Coltellazzo è un ulteriore prezioso contributo alla migliore conoscenza d’una poetica e d’una tecnica che si configurano come un caso del tutto particolare, quasi unico, nella storia del cinema d’animazione. E tuttavia sembra che si sia già detto tutto quanto si doveva dire; che – in un certo senso – i loro film parlino un linguaggio così netto, chiaro, inequivocabile, che non ha bisogno di altre spiegazioni. La ragione è semplice, o almeno così pare. Ed è una ragione che penso sia condivisa dagli stessi autori, così schivi, di poche parole, limpidi e naturali come i loro personaggi. La ragione, lapalissiana, è che ogni loro film, come ogni fiaba che si rispetti, esaurisce totalmente al suo interno la sua stessa ragione d’essere. Certo, possiamo – e dobbiamo – andare oltre il segno, entrare nelle pieghe significanti per scorgere la natura dei significati; ed è un’operazione critica ormai consueta, anche al di là dalle intenzioni o dai limiti della semiotica contemporanea. Eppure non  possiamo fare a meno di tornare (di corsa, oserei dire) alla vivacità, alla “corposità”, al fascino ineguagliabile di quei colori, quei ritmi, quei movimenti che riempiono lo schermo come una superficie continuamente mutevole. Il fatto è che l’aspetto fiabesco dei loro film, così calato nelle forme plastiche dei personaggi e dei paesaggi, dei costumi e degli oggetti, è talmente pregnante – appunto come in ogni fiaba classica – che si impone per se stesso, al di fuori di qualsiasi costruzione ermeneutica. Tuttavia il lato fiabesco della poetica di Gianini e Luzzati è appunto soltanto un lato, non ne esaurisce la complessità. C’è, come si è detto, il lato teatrale, che è quello proprio del teatro delle marionette. Ma anche qui, come nella fiaba, il ciclo dei significati pare chiudersi su sé stesso, non rimanda ad altro, se non alla generica simbologia dell’infanzia. Cosicché ci lasciamo attrarre dalle storie e dai personaggi, dalle scenografie e dai pupazzi disarticolati, come quando, piccini ci lasciavano attrarre dai burattini o dalle marionette dei nostri teatrini familiari. Un gioco nel gioco, un rimando continuo alla memoria, un divertimento che nasce e finisce nello spazio e nel tempo d’un film di pochi minuti. Insomma il cinema di Gianini e Luzzati –quei loro cavalieri e donzelle, maschere della commedia dell’arte e personaggi dell’opera lirica, regine della notte e buffi uomini pennuti, draghi e uccelli, sultani e concubine; ed anche quei loro cieli d’un azzurro intenso, quei loro paesaggi di pittura naïve, quegli alberi e fiumi e rocce e case e palazzi e barche e monumenti, che paiono uscire da un gustoso abbecedario illustrato – è un cinema che nasce dal piacere di raccontare e dimostrare, dalla fiaba e dal teatro, senza altri fini se quelli di esprimere la libertà assoluta della fantasia e dell’immaginazione. La “morale” della favola viene dopo, e il più delle volte è aggiunta dai chiosatori, dagli interpreti più o meno autorizzati, appunto come normalmente accade per la fiaba e per il teatro delle marionette. Prima c’è – ed è ciò che rimane anche alla fine, dopo le chiose e le interpretazioni – il piacere di essere liberi, che si manifesta nel gioco dell’invenzione formale.
Ma ancora una volta, come ci ribadisce la Cortellazzo nel suo saggio, questo gioco ci coinvolge perché rimanda ad altro, perché noi non siamo più bambini, ed il cinema di Gianini e Luzzati non è solo memoriale, non si esaurisce in un recupero del passato, anzi. Le loro fiabe – come quelle di Rodari – sono, se così possiamo chiamarle delle “metafiabe”. Lo smottaggio della loro struttura avviene dall’interno, con l’uso dell’ironia, ed è l’ironia a dare alle storie e ai personaggi una nuova dimensione estetica. Ci si accorge allora che il fascino sottile che emana dai loro piccoli film è dovuto soprattutto a questo risvolto ironico della narrazione e della rappresentazione.
Così si torna daccapo a rivoltare le immagini, i colori, i ritmi, i suoni nella ricerca dei doppi fondi dei significati nascosti, come se non ci bastasse il piacere dello spettacolo. Ed è un circolo vizioso, ma ineluttabile. Proprio perché l’opera complessa di Gianini e Luzzati continua a coinvolgerci edonisticamente, ci rendiamo conto che ci deve essere qualcosa di più profondo e duraturo affinché il piacere si ripresenti sempre nuovo e fresco. Basta l’aver individuato nell’intelligenza e nell’ironia questo doppio fondo per esaurire la nostra curiosità, o meglio il nostro bisogno di superare i confini dello schermo? O non c’è qualcosa d’altro ancor più coinvolgente, che ci tocca nell’intimo? E’ così. Lo si può esprimere con una parola sola, abusata e fuori moda ma sempre valida: poesia.
 

(da “pastelli pupazzi e siparietti - IL CINEMA DI GIANINI E LUZZATI” di Sara Cortellazzo)

 

 

Giulio Gianini è nato a Roma il 9 febbraio 1927. Dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti e dopo aver frequentato i corsi di architettura, entra nel mondo del cinema come direttore della fotografia, specializzandosi nell’uso del colore. In questi anni gira circa 120 documentari e alcuni lungomentraggi a soggetto. A metà degli anni ‘50 incontra per caso Emanuele Luzzati, cui è accomunato dalla medesima passione per il teatro dei burattini, insieme al quale nel 1960 realizza il primo film di animazione I paladini di Francia. Gianini e Luzzati hanno ricevuto ben due candidature all’Oscar per La gazza ladra e Pulcinella. Dagli anni ‘80 Gianini ha iniziato la sua attività didattica, insegnando al C.A.M.S., corso di animazione organizzato dalla regione Lazio e al Centro Sperimentale di Cinematografia.
 

Emanuele Luzzati è nato a Genova il 3 giugno 1921. Ha studiato e si è diplomato a Losanna presso l’Ecole del Beaux Arts, pittore, decoratore, illustratore, ceramista, si dedica alle scene e ai costumi teatrali e, più tardi, insieme a Giulio Gianini al cinema d’animazione. Luzzati ha realizzato oltre 400 scenografie per spettacoli di prosa, lirica e danza in teatri italiani e stranieri. Ha eseguito pannelli, sbalzi ed arazzi, collaborando con architetti per arredi navali e locali pubblici. Ha illustrato e scritto molti libri dedicati all’infanzia (tra cui Le fiabe scelte dei fratelli Grimm, Il candido di Voltaire e Pinocchio di Collodi). Nel 1992 gli è stata conferita all’Università di Genova la laurea honoris causa in Architettura. Luzzati è attualmente direttore artistico del Teatro della Tosse di Genova da lui fondato insieme a Tonino Conte e Aldo Trionfo.

 

 

 

 

Filmografia

I due guerrieri (1957, 2’, incompiuto); Pulcinella: il gioco dell’oca (1959, 4’, incompiuto); La tarantella di Pulcinella (1959, 4’, spot pubblicitario, inedito); I paladini di Francia ovvero il tradimento di Gano di Maganza (1960, 12’); Castello di carte (1962, 10’); La gazza ladra (1964, 11’); Tre Nature Songs - II episodio (Usa, 1965, film didattico); L’armata Brancaleone (1965, 2’30”, titoli di testa del film di Mario Monicelli); Wiston (1967, 2’, spot pubblicitario, inedito); Operazione qualità (1967, 5’, inserto del film di Virgilio Tosi); L’italiana in Algeri (1968, 10’); Alì Babà (1970, 10’); Brancaleone alle Crociate (1970, 2’40”, titoli di testa del film di Mario Monicelli); Il viaggio di Marco Polo (1971, 42’); Giocagiò (1971, 3’, sigla televisiva Rai); Nel mondo di Alice (1973, 3’ titoli di testa per la versione televisiva di “Alice nel paese delle meraviglie” di Guido Stagnaro); Pulcinella (1973, 12’); Turandot (1974, 24’); Seguirà una brillantissima farsa (1974, 2’, sigla televisiva Rai); L’augellin belvedere (1975, 22’); Il flauto magico (Austria, 1978, 33’, esiste anche una versione di 52’); I tre fratelli (Svizzera, 1979, 9’); La donna serpente (Svizzera, 1979, 9’); L’uccello di fuoco (Svizzera, 1981, 9’); Pulcinella e il pesce magico (Svizzera, 1981, 9’); Concerto per gatti (1985, 2’); Contrappunto bestiale (1986, 1’30”); Jerusalem (1990, 20’); La casa dei suoni (50’, cassetta allegata al n.4 della rivista mensile “Video Art Concerto”).
 

I film in programma

La gazza ladra
Italia, 1964, 11’, 35mm, colore, s.d.
tecnica: découpage; regia, soggetto e sceneggiatura: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; fotografia, montaggio e animazione: Giulio Gianini; disegno e scenografia: Emanuele Luzzati; musica: Ouverture de “La gazza ladra” di Gioacchino Rossini; consulenza musicale: Gianfranco Maselli; produzione: Gianini - Luzzati
Tre sovrani annoiati decidono di dichiarare guerra agli uccelli. Ben presto colombi, fringuelli e mille altre specie di uccelli variopinti sono costretti a fuggire dalla foresta. Solo una gazza decide di resistere e prendersi la rivincita sui tre impostori.

L’italiana in Algeri
Italia, 1968, 11’, 35mm, colore, s.d.
tecnica: découpage; regia, soggetto e sceneggiatura: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; fotografia, montaggio e animazione: Giulio Gianini; disegno e scenografia: Emanuele Luzzati; musica: Ouverture di L’italiana in Algeri e “Temporale” da Il barbiere di Siviglia di G. Rossini; consulenza musicale: Gianfranco Maselli; produzione: Gianini - Luzzati
 

Pulcinella
Italia, 1973, 12’, 35mm, colore, s.d.
tecnica: découpage
regia, soggetto e sceneggiatura: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; fotografia, montaggio e animazione: Giulio Gianini; disegno e scenografia: Emanuele Luzzati; musica: Ouverture de “Il turco in Italia” di Gioacchino Rossini; consulenza musicale: Gianfranco Maselli; produzione: Giannini - Luzzati
Pulcinella desidera ardentemente, almeno per un giorno, abbandonare la sua squallida vita, liberandosi dagli intoppi della quotidianità: la mogle che lo butta giù dal letto e lo manda a lavorare, i carabinieri che controllano ogni suo gesto… la migliore via di fuga è quella del sogno…


Il flauto magico
Austria, 1978, 55’, 35mm, colore, s.d.
tecnica: découpage; regia, soggetto e sceneggiatura: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; fotografia, montaggio e animazione: Giulio Gianini; disegno e scenografia: Emanuele Luzzati; musica: brani da “Il flauto magico” di W. A. Mozart; montaggio musicale: Michael Rosa; collaboratori animazione: Manfredo Manfredi, Jan Trmal; produzione: Thalia Film.
Le vicende di un principe, Tamino, che, assistito dal buffo uccellatore Papageo, deve superare una serie di prove impostegli dall’alto sacerdote del tempio della Sapienza, Sarastro, prima di potersi unire in matrimonio con l’amata Pamina, figlia della Regina della notte. 

 

Roma, Marzo 1974

Cari Amici,

ho visto il vostro “Pulcinella”. Beh, voi vi ricordate quanto mi era piaciuto “La gazza ladra”, quanto avessi ammirato la fantasia figurativa, l’estro umoristico, il senso della fiaba e le geniali soluzioni grafiche di quel vostro lavoro; non credevo avreste potuto fare di meglio. Con gioia, invece vi dico che ci siete riusciti. Pulcinella è più bello, ha qualcosa di più, e questo qualcosa di più è preziosissimo e appartiene alla poesia perché si riferisce a un sentimento che nell’altra vostra opera mi sembra fosse meno evidente, ed è il sentimento dell’umano, della sofferenza, del bisogno insopprimibile della giustizia…
Il vostro “Pulcinella”, pur rispettando la tradizione della maschera napoletana che lo vuole clown fantasioso e canagliesco, surreale e tutto sprofondato nei problemi di sopravvivenza animalesca, racconta soprattutto il dramma grottesco e straziante di un uomo che vuole con tutte le sue forze essere libero.
Non è così?
Vi saluto con molta simpatia e arrivederci presto al prossimo lavoro.


Vostro
Federico Fellini



 

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