KRZYSZTOF KIESLOWSKI

 

Monografiche

FILMOGRAFIA - HOME PAGE

 

Le tre domande dell'inchiesta sono: In che anno sei nato? Che cosa fai? Che cosa desideri di più ed è più importante per te?

Kieslowski non è stato grande fin da piccolo, fin dagli inizi. La sua ricerca ha preso l'avvio con i primi saggi scolastici, è proseguita con documentari, inchieste, lavori occasionali, progetti abortiti, tentativi di film di finzione, è infine giunta a maturazione con Il cineamatore (1979); Il caso (1981); e Senza fine (1984). Kieslowski ha lavorato su due fronti: si è aperto a fatica un percorso in mezzo agli ostacoli consueti in un paese del socialismo irreale (censura, controlli burocratici, ostilità del potere, limitati mezzi produttivi) e, altrettanto faticosamente, ha ingaggiato una battaglia con il cinema per scoprire un proprio modo di girare, di costruire un film.
"Non credo né alla bellezza, né alla missione, né all'affascinante fugacità, né alla funzione sociale della mia professione. Non credo nemmeno che questa scatola, con la pellicola dentro, sopravviva e conservi qualcosa per qualcuno. Non credo a niente di tutto questo. Faccio dei film per registrare. Sono molto legato alla realtà, perché ciò che esiste è più intelligente e ricco della mia visione e di me stesso. La registrazione dell'esistenza mi basta. Cerco di esprimere la mia inquietudine attraverso quella di qualcun altro ma niente di più. È l'inquietudine e non l'amore, la speranza e tutto il resto che mi fa alzare al mattino. "L'inquietudine racchiude in sé sempre una domanda". Queste parole tratte da una dichiarazione di Kieslowski del 1979 fotografano perfettamente l'atteggiamento del regista polacco nei confronti del proprio cinema, che i suoi cortometraggi documentari rispecchiano con nitidezza. La sua inquietudine è anche una continua interrogazione sul cinema. Una evidente impronta teorica, un tentativo sempre rinnovato di riscoprire il cinema stanno dietro ogni lavoro. Da qui, l'impressione di acuta chiarezza che caratterizza tutto il suo cinema, mai lasciato a se stesso, sempre indirizzato a realizzare un'ipotesi di lavoro, di messinscena.
Cogliere la realtà e metterla in cinema, è questo il compito che si dà il documentarista Kieslowski. La realtà è quella pesante, grigia, della Polonia socialista. Kieslowski è cineasta d'opposizione, oltre che di ricerca. Quando guarda alla gente, la vede alle prese con i guasti della società polacca, con le prevaricazioni di una burocrazia ottusa e con la insopportabilità di una politica che ha la faccia di uomini di partito e funzionari statali, untuosi, ubbidienti, minacciosi. Distacco e freddezza, ma anche sbigottimento e sorpresa: la lucidità porta a registrare le cose e a metterle in forma secondo gli schemi della ripetitività, dei giorni e delle ore; l'inquietudine vuole trasgredire e l'andamento banale e piatto dell'esistenza cerca i momenti in cui la superficie delle cose si rompe.
Kieslowski registra sì la realtà ma le fa anche la posta per coglierne le smagliature, le crepe che vi si possono aprire all'improvviso.
A partire dal 1968 ho realizzato numerosi documentari. Una trentina. E inoltre lungometraggi di finzione e telefilm. E ancora sceneggiati in video per la televisione, che a mio parere sono un'altra forma di regia cinematografica. E infine la messa in scena teatrale di un mio testo, Curriculum vitae, basato sul mio documentario dallo stesso titolo.

 


Tra i documentari, naturalmente ho le mie preferenze, ma senza esagerare.
Guardo sempre a quello che ho fatto con un certo distacco. Per me è abbastanza difficile provare vere preferenze. Mi piacciono abbastanza, comunque, Curriculum vitae, La fotografia, Dalla città di Lodz, L'ospedale.
Dal punto di vista del guardiano notturno.
Perché faccio dei lungometraggi? Perché ci sono temi che non possono essere trattati in un documentario, sia perché non si prestano alla breve durata, sia perché la verità non può essere piegata a questi temi. Ad esempio, il documentario penetra con difficoltà nella vita privata; ognuno di noi desidera conservare il riserbo intorno alla propria, non gradisce essere esibito in uno spettacolo. I grandi temi psicologici, politici, non si lasciano facilmente trattare in un documentario: bisognerebbe filmare il modo di vivere degli uomini, il loro rapporto col lavoro, con le donne. È molto difficile ottenere il loro accordo. Per questi motivi ho deciso di fare film di finzione. Ma si tratta di una diversa forma di espressione?
Certamente, perché sono costretto a inventare io stesso, a creare il mondo da filmare. Inoltre, quando giro un lungometraggio, sono sempre al corrente di come andrà a finire. Mentre quando giro un documentario lo ignoro. E proprio questo è appassionante: non so come finirà l'inquadratura che sto girando in questo momento, e ancor meno come finirà il film. Secondo me il documentario è una forma d'arte superiore al film di finzione. Penso che la vita sia più intelligente di me, crea situazioni più interessanti di quelle che sono capace di inventare da solo.
Quando facevo documentari mi sentivo molto vicino alla vita, alla gente reale. Il documentario mi permetteva di conoscere le reazioni della gente, il loro modo di vivere. Il documentario è un'ottima scuola per imparare il pensiero sintetico del cinema. L'esperienza del documentario mi ha influenzato enormemente. Agli inizi ero affascinato dalla frontiera tra la finzione e la realtà, dalla loro articolazione. Nello stesso tempo, tra i due approcci, il documentario e il film di finzione, c'è una differenza fondamentale, una differenza che riguarda il modo di costruzione. Nel film narrativo la storia è fondata sull'azione, nel documentario è l'idea che comanda. Raccontare l'idea partendo dal principio che l'idea è più importante dell'azione: questa preoccupazione mi è rimasta.
L'ospedale è nato per raccontare della sanità o delle sofferenze della gente. Sentivo il bisogno di fare un film sulla fratellanza, la cercavo ovunque, da una squadra di pallavolo a un convento di frati. Per vari motivi ho abbandonato diversi esempi concreti di questa
idea generale e sono giunto alla conclusione che bisognava fare un film su un gruppo di persone che si unisce per portare aiuto a chi ne ha bisogno. Ho aggiunto il mio scopo? A me sembra di sì. Durante i tre mesi di preparazione medici mi hanno raccontato moltissimi aneddoti. Tra i quali, uno era davvero incredibile. Vent'anni prima un chirurgo aveva conficcato a colpi di martello un chiodo nella gamba di un malato e il martello si era rotto. Avevo deciso di mettere questa storia nel film. Sistemo la macchina da presa in sala operatoria e aspetto.
Portano un malato, io inizio a filmare, comincia l'operazione... e il martello si rompe davvero!
Sette donne di età diversa è un po' diverso dai miei soliti film. Ma forse non è vero neanche questo. Ogni tanto faccio un film che si occupa di cose un po' più generali: un film imperniato su idee di portata un po' più ampia delle mie solite indagini documentarie. Ma devo riconoscere che quelle idee mi piacciono meno, mi interessano meno, sia quando giro il film, sia dopo.

 


Però non posso certo rinnegare quel che ho fatto. Non mi sembra che il film sia segnato dall'amarezza. Penso che la vita a volte porti con se delle soddisfazioni, altre invece sia amara. Esiste l'una e l'altra cosa.
In genere dipende solo dalla scelta del tema e il tema del mio film non erano le soddisfazioni, ma l'idea che la vita inizia, continua, finisce.
Forse allora la vita mi sembrava triste, domani invece mi può benissimo apparire allegra e posso mettermi a girare un film molto più sereno e pieno di soddisfazioni sulle stesse ballerine. Lei dice che Sette donne è amaro: se lo è, non è perché l'abbia voluto io così. Nell'ultima sequenza, in cui da tutto ciò che è passato emerge un senso, un insegnamento, mi pareva di aver dato al film un altro carattere, non solo amaro.


(Krzysztof Kieslowski intervistato in "Kieslowski" a cura di M. Furdal e
R. Turigliatto, Torino, Museo Nazionale del Cinema, 1989)

 

 

 
Home
Presentazione
Indice V-Art
Monografiche
Informazioni
Regolamenti
Iscrizioni
Guestbook
Credits
 

Home | Presentazione | Indice V-Art | Monografiche | Informazioni | Regolamenti | Iscrizioni | Guestbook | Credits