UNA SOLITUDINE TROPPO
RUMOROSA
In un magazzino di recupero
della carta vecchia un uomo imballa pacchi destinati al macero. Tra i
quintali di carta che da anni gli passano tra le mani , Hanta, così si
chiama, tiene per sé i libri più preziosi e personalizza ogni pacco
ponendo al centro dell'imballo, come una reliquia, un libro aperto su un
pensiero di Kant, di Erasmo da Rotterdam o di Lao-Tze.
Hanta è il testimone di un
ciclo vita-morte, un tenero macellaio. Si salva e rinasce attraverso la
distruzione. Hanta non beve per dimenticare ma per aiutare il pensiero,
anche per lui l'alcol è un'anima dilatatore. In lui convivono, com'è
naturale , il basso e l'alto: nella sua pressa vanno a finire "la teoria
dei cieli" di Kant e i topi del magazzino, vive nel sottosuolo e
costruisce aquiloni, per dirla con una massima di Lao-Tze "conosce la
propria vergogna e conserva la propria gloria". Hanta è tragicomico, ha lo
sguardo ingenuo e crudo di Chaplin e di Keaton, torbido di birra e lucido
di filosofia, ricorda ma non vive di ricordi, sogna ma sa come realizzare
i suoi sogni. Affronta il suo passaggio epocale soccombendo ma salvando la
sua integrità.
Sono stato attratto
fisicamente dalla possibilità di dare corpo ad Hanta: come cammina, come
parla, con quale voce, com'è vestito, cosa pensa tra una parola e l'altra,
cosa mangia, cosa canta, cosa non dice e tiene per sé.
Questo è il mio gioco: incarnare la storia di Hanta e trasmetterla con gli
strumenti dell'attore, usando il romanzo di Hrabal come una sorta di
canovaccio, una situazione teatrale dalla quale partire e nella quale
abbandonarmi insieme agli spettatori.
Hanta nel romanzo è un
vecchio che sta per andare in pensione, essere anagraficamente più giovane
del personaggio di Hrabal ha fatto nascere un nuovo progetto: ho
immaginato di avere trent'anni di tempo per prepararmi ad interpretarlo.
Penso di affrontare, a scadenze di tempo regolari, altri luoghi fisici e
mentali del suo mondo e di documentare le fasi più importanti.Un lento e
paradossale percorso di avvicinamento ad una impossibile perfetta
interpretazione, che possa costituire l'occasione per un lavoro aperto e
in continuo divenire durante il quale accompagnare il giovane Hanta verso
il vecchio Hanta. La prima tappa del progetto è il mediometraggio L'uomo
di carta, per la regia di Stefano Incerti, girato a Napoli durante le
repliche nella sala Assoli del Teatro Nuovo (aprile 1996).
UNA SOLITUDINE TROPPO
RUMOROSA
dall' omonimo romanzo di
Bohumil Hrabal
di e con Andrea Renzi
scena e regia - Andrea Renzi
luci - Pasquale Mari
suono - Daghi Rondanini
aiuto regia - Costanza Boccardi
direzione tecnica - Lello Becchimanzi
una produzione di Teatri Uniti a cura di Angelo Curti
foto di scena - Cesare
Accetta
ufficio stampa - Sergio Marra
amministrazione - Anna Tramontano
Giulio Baselice - Anna Belmonte
si ringrazia la casa editrice
Ricordi per aver concesso l'utilizzo della traduzione.
Hanta e il paradiso delle donne
L'uomo di carta, prendendolo
in prestito dal film di Stefano Incerti tratto da quello spettacolo,
questa seconda puntata di cui si arricchisce il lavoro è Hanta e il
paradiso delle donne.
Il rapporto con l'opera di Hrabal non vuole consumarsi nella realizzazione
di uno spettacolo compiuto. Come per un libro che si tiene sul comodino
c'è il desiderio di una frequentazione che si prolunghi nel tempo. C'è il
desiderio di farsi accompagnare nel tempo dall'autore e dal personaggio.
Il teatro è lo strumento per fare questo viaggio insieme.
E' domenica, giorno di riposo dell'operaio Hanta. Libero dal lavoro alla
pressa meccanica lo ritroviamo a casa: al gabinetto. Tra letture e birra
divaga come suo solito e ricorda le donne della sua prima giovinezza.
"Istruito contro la sua volontà" ha trasposto in un poemetto in quartine
ed endecasillabi la storia di un amore. Nel suo italo-slavo reinventato,
una sorta di suo volgare, racconta dell'incontro con una piccola zingara.
"Ogni oggetto amato è il cuore del paradiso terrestre" dice Hanta citando
l'amato Novalis. E' alla luce di questa frase che va visto il suo
sommergersi nei libri preziosi, il ricoprirsi di ricordi, il formare una
gradevole cuccia dove raccontarsi, proteggersi e trasformarsi. Perché lo
sguardo di cui Hrabal dota il suo personaggio non è intimista, privato,
anzi è uno sguardo che attraversa il reale in tutte le sue componenti:
materiali e spirituali. Dal gabinetto al paradiso, da Goethe ai topi,
dalla poesia alla birra. Uno sguardo che coglie le trasformazioni epocali
(il passaggio dalla pressa meccanica a quell'idraulica), gli sfondi
storici e politici e culturali, ma da un punto d'osservazione personale:
la soglia tra vita e morte, tra ombra e luce, tra corpo e spirito. E' lì
che Hanta colloca il suo magazzino, la sua casa.
E se questo è il livello di lettura metaforica del romanzo, non va
dimenticato e disgiunto il livello di lettura realistico. La descrizione
della vita materiale del personaggio con implicazioni autobiografiche.
Hrabal stesso dice di non sapere più distinguere quali episodi siano
accaduti a lui, che ha lavorato per alcuni anni in un deposito del macero,
quali al "vero" Hanta, suo collega di lavoro più anziano, e quali siano
inventati di sana pianta.
Rispecchiarci attraverso il teatro in un personaggio che vive
materialmente alla soglia della nostra cultura, tra il macero e le
macerie, può aiutarci a guardare dall'esterno i nostri valori. E a
riconsiderarli profondamente.
E' solo nell'incontro vivo con un poeta, uno scrittore e non un letterato,
per usare la bella distinzione che faceva Elsa Morante, che possiamo
sperare in un aumento di vitalità.
E qui l'attore e il teatro si mettono umilmente al servizio di un grande
scrittore del secolo scorso che può farci compagnia nel nuovo millennio.
Hanta e il paradiso delle donne
di e con Andrea Renzi
scene Andrea Renzi, Lino
Fiorito -
disegno luci - Lucio Sabatino
suono - Daghi Rondanini
aiuto regia - Costanza Boccardi
direzione tecnica - Lello Becchimanzi
macchinista - Mirko Manduri
una produzione Teatri Uniti a
cura di Angelo Curti
L'uomo di carta
con Andrea Renzi
regia Stefano Incerti
prodotto da Angelo Curti per
Teatri Uniti - fotografia Pasquale Mari - montaggio Iacopo Quadri -
consulenza musica e suomo Daghi Rondanini - suono in presa diretta Eliana
Matania - organizzazione Francesca Cima, Nicola Giuliano - aiuto regia
Costanza Boccardi - direzione tecnica Lello Becchimanzi - assistente alla
regia Alessandro Scippa - assistente operatore Alfredo Betrò - assistente
al montaggio Luciana Pandolfelli - ammministrazione Anna Tramontano -
cassiere Giulio Baselice - segreteria Anna Belmonte - ufficio stampa
Sergio Marra
si ringraziano
Bianca Film,
Teatro Nuovo di Napoli
Alcune note su L'uomo di carta: un film dal teatro
Lo spettacolo Una solitudine
troppo rumorosa mi ha folgorato la sera stessa in cui per la prima volta,
non conoscendone il testo, vi assistevo da semplice spettatore. Mi colpiva
il contrasto tra la durezza di un personaggio ispessito da una solitudine
cercata e vissuta con orgoglio, e la semplicità, quasi dolcezza,
dell'attore che ne interpretava, da solo in scena, inquietudini e
passioni, tormenti e gioie.
Mi sembrava che esistesse una continuità con il mio film precedente, Il
verificatore e che la rappresentazione della solitudine lì cruda e
estrema, qui soave e poetica, meritasse ancora una volta la realizzazione
di un film.
L'uomo di carta, non solo per parafrasare più autorevoli esempi di cinema
polacco, ma per sottolineare la fragilità del protagonista non di ferro o
di marmo, ma di carta: leggera come l'ultimo foglio che plana dolcemente,
lasciato cadere da Hanta nel finale, o lieve come la sua condizione di
non-emotività, di contemplazione e godimento, e pesante come la cassa
piena di carta pronta per il macero più volte faticosamente sollevata dal
protagonista o grave come i suoi pensieri.
Ne L'uomo di carta si sfruttano al massimo le scenografie naturali dello
spazio in cui è rappresentato: non un teatro ma un vero e proprio
magazzino interrato, con tanto di colonne, interruttori elettrici a vista,
scale e balaustre in ferro.
Girato in bianco e nero per esasperare nei contrasti cromatici la verità
della condizione di uomo solo, accentuando le geometrie fornite
dall'architettura dello spazio e portando la macchina da presa a duettare
all'interno della scena con il protagonista, il film solo nel finale,
delicato e commovente, si apre al colore e ad una narrazione non
espressionistica permettendosi, supportato dal suggestivo incalzare del
Kanon di Pachelbel, una dimensione più lirica.
Stefano Incerti
Biografia di Andrea Renzi
Andrea Renzi, nato a Roma il 7
febbraio 1963. E' tra i fondatori delle compagnie Falso Movimento e Teatri
Uniti. E' stato protagonista dei principali spettacoli di Mario Martone,
fra i quali Rosso Texaco (1980), Tango glaciale (1982),
Otello (1983), Il desiderio preso per la coda (1985),
Ritorno ad Alphaville (1987), La seconda generazione (1988),
I Persiani (1990), Riccardo II (1993), I sette contro Tebe
(1996), di Toni Servillo, L'uomo dal fiore in bocca (1990), Il
misantropo (1995), Le false confidenze (1998), Tartufo
(2000) e Antonio Neiwiller, Dritto all'inferno (1991), Canaglie
(1992). È stato autore, interprete e regista di Sangue e arena
(1984), Premio Narni Opera Prima. Tra le sue regie: Fuochi a mare per
Vladimir Majakovskij (1992), Insulti al pubblico (1992), A
proposito di Van Gogh (1994), dal 1995 conduce un progetto pluriennale
di messa in scena del romanzo di Bohumil Hrabal Una solitudine troppo
rumorosa, da cui è stato tratto il flm di Stefano Incerti L'uomo di
carta, presentato al Festival di Locarno 1996. Nel 1997 ha diretto e
interpretato al Festival di Benevento Rosencrantz e Guildenstern sono
morti, dal quale è stata tratta una versione video, realizzata con un
gruppo di attori-bambini. Ha interpretato le produzioni televisive della
sede RAI di Napoli Tango glaciale, Perfidi incanti, Il
desiderio preso per la coda, dirette da Mario Martone. A teatro ha
lavorato inoltre con Elio De Capitani, Marco Baliani, Leo De Berardinis.
Nel 2000 ha ricevuto il Premio Salvo Randone per la sua attività di
interprete. Nel 2001 ha diretto Roberto de Francesco e Toni Servillo ne
Le avventure di Pinocchio, in tourneè in Italia nella prossima
stagione.
Per il cinema, con la regia di Mario Martone, ha interpretato Morte di
un matematico napoletano, Gran Premio della Giuria alla Mostra del
Cinema di Venezia 1992, ed è stato protagonista di Teatro di guerra
presentato al festival di Cannes 1998, e, con la regia di Giovanni Fago,
di Sulla spiaggia al di là del molo presentato al Festival di
Berlino 2000. E' apparso ne Le fate ignoranti di Ferzan Ozpetek, in
concorso al Festival di Berlino. Protagonista, in coppia con Toni Servillo,
de L'uomo in più film d'esordio di Paolo Sorrentino, in cui
interpretava il ruolo del calciatore Antonio Pisapia, in concorso alla 58
Mostra del Cinema di Venezia.
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