Il mercato del
lavoro. La denuncia degli abusi compiuti anche in Trentino ai
danni della manodopera straniera
Edilizia,
la tratta degli extracomunitari
Per
un contratto 4 mila euro. Magari rilasciato da una ditta fantasma
TRENTO. Fabbriche di permessi di lavoro e sfruttamento degli
extracomunitari attraverso ditte "fantasma". Succede
anche nel civilissimo Trentino. E' quanto emerge dalla denuncia
del segretario degli edili Cgil, Massimo Bertolini. Che sollecita
tutti gli enti e le associazioni imprenditoriali a collaborare
perché si blocchi questo traffico di uomini e di contratti,
strumenti di concorrenza sleale che mettono fuori mercato le
aziende che rispettano le regole.
Anche il Trentino è terra di sfruttamento degli immigrati. Il
prezzo di un contratto di lavoro, che apre la porta al permesso di
soggiorno, costa tra i 3 ed i 4 mila euro. Per potersi guadagnare
una vita dignitosa, insomma, bisogna pagare il "pizzo".
L'alternativa è tornarsene di Albania, in Serbia o in Tunisia a
fare la fame. Una situazione nota. Ma constatare che il fenomeno
è radicato non solo in Italia, ma anche in regione, suscita
allarme. «E' stata anche la nostra reazione» dice il segretario
provinciale della Fillea Cgil, Bertolini «Ma non basta
indignarsi, bisogna bloccare il fenomeno con l'impegno di tutti:
dall'Ispettorato al lavoro alle associazioni degli imprenditori.
Se si lascia correre, l'edilizia rischia il collasso». L'ultimo
caso esaminato dal sindacato riguarda una ditta che opera nel
Basso Sarca. Di dimensioni artigianali, impiega una decina di
operai, la maggior parte extracomunitari. Un paio di lavoratori si
sono rivolti alla Cgil per l'adeguamento del salario al contratto
provinciale, migliore di quello nazionale. Una pratica, quella di
pagare meno i lavoratori residenti fuori provincia, abbastanza
diffusa. Ma la sorpresa, alle prime verifiche, è stata un'altra:
la ditta in questione non esisteva, né nel Registro delle imprese
trentine, né in quello della regione di provenienza. «Meglio non
dire qual è, mi auguro che l'Ispettorato, dopo la denuncia fatta,
indaghi» spiega Bertolini. Una ditta fantasma, insomma, con tanto
di certificato di cancellazione risalente agli inizi del 2001
rilasciato dal Registro delle imprese. Non solo, l'azienda non ha
mai fatto un versamento alla Cassa edile. «Nonostante tutto ciò
sia facilmente verificabile, negli ultimi anni ha continuato ad
assumere lavoratori extracomunitari, poi regolarizzati» dice
Bertolini. Che aggiunge: «Parlando con gli operai ci si fa un
quadro ancor più completo della situazione, soprattutto quando si
viene a sapere che per avere "le carte" del lavoro,
dovevano pagare dai 3 a 4 mila euro.» Il che spiega anche il
continuo ricambio dei dipendenti: più una ditta edile sembra una
fabbrica di permessi di soggiorno.
Il caso, purtroppo, non è isolato. Situazioni analoghe sono
segnalate anche nel Roveretano. E quando non si lucra su permessi,
si sfrutta la precarietà dei lavoratori, stranieri o italiani che
siano. «Abbiamo segnalato la pratica, anch'essa purtroppo non
eccezionale, di un'azienda che versa il salario contrattuale, ma
poi pretende la restituzione della quota di spettanza della Cassa
edile, che copre tredicesima e ferie. Ogni tre mesi, quando il
lavoratore incassa l'assegno della Cassa, lo passa alla ditta. In
questo modo illegittimo, si abbassa il costo del lavoro del 14%».
Pratica denunciata con forza dalle associazioni imprenditoriali
perché disconosce il loro stessi contratti e, soprattutto,
abbassando i prezzi, costituisce una dannosa concorrenza sleale.
«E' così, ma nei fatti le cose sono meno chiare» replica
Bertolini «non credo di sbagliare quando dico che molte aziende,
magari con i subappalti, non guardano troppo per il sottile ed
utilizzano queste ditte fantasma o poco in regola, per lucrare
sugli appalti».
Una situazione delicata che coinvolge gli industriali come gli
artigiani ed anche il servizio del lavoro provinciale. «Gli
ispettori - poco più di una ventina - sono pochi, lo abbiamo
sempre detto» conferma il segretario Fillea «e per forza di cose
passano più tempo nelle aule dei tribunali per seguire le cause,
che sui cantieri». Non è una critica, ma una constatazione.
Resta il fatto che anche nel civilissimo ed autonomo Trentino sta
radicandosi la piaga del lavoro illegale e una sorta di tratta
degli extracomunitari. Un danno per l'economia ed una breccia
nella legittimità del mercato del lavoro. Un terreno per la
difesa del quale dovrebbero mobilitarsi tutti, dalle imprese alle
istituzioni ai sindacati.
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