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Da un articolo del  "TRENTINO" di Sabato 15 Novembre.
Il mercato del lavoro. La denuncia degli abusi compiuti anche in Trentino ai danni della manodopera straniera
Edilizia, la tratta degli extracomunitari
Per un contratto 4 mila euro. Magari rilasciato da una ditta fantasma

TRENTO. Fabbriche di permessi di lavoro e sfruttamento degli extracomunitari attraverso ditte "fantasma". Succede anche nel civilissimo Trentino. E' quanto emerge dalla denuncia del segretario degli edili Cgil, Massimo Bertolini. Che sollecita tutti gli enti e le associazioni imprenditoriali a collaborare perché si blocchi questo traffico di uomini e di contratti, strumenti di concorrenza sleale che mettono fuori mercato le aziende che rispettano le regole.
Anche il Trentino è terra di sfruttamento degli immigrati. Il prezzo di un contratto di lavoro, che apre la porta al permesso di soggiorno, costa tra i 3 ed i 4 mila euro. Per potersi guadagnare una vita dignitosa, insomma, bisogna pagare il "pizzo". L'alternativa è tornarsene di Albania, in Serbia o in Tunisia a fare la fame. Una situazione nota. Ma constatare che il fenomeno è radicato non solo in Italia, ma anche in regione, suscita allarme. «E' stata anche la nostra reazione» dice il segretario provinciale della Fillea Cgil, Bertolini «Ma non basta indignarsi, bisogna bloccare il fenomeno con l'impegno di tutti: dall'Ispettorato al lavoro alle associazioni degli imprenditori. Se si lascia correre, l'edilizia rischia il collasso». L'ultimo caso esaminato dal sindacato riguarda una ditta che opera nel Basso Sarca. Di dimensioni artigianali, impiega una decina di operai, la maggior parte extracomunitari. Un paio di lavoratori si sono rivolti alla Cgil per l'adeguamento del salario al contratto provinciale, migliore di quello nazionale. Una pratica, quella di pagare meno i lavoratori residenti fuori provincia, abbastanza diffusa. Ma la sorpresa, alle prime verifiche, è stata un'altra: la ditta in questione non esisteva, né nel Registro delle imprese trentine, né in quello della regione di provenienza. «Meglio non dire qual è, mi auguro che l'Ispettorato, dopo la denuncia fatta, indaghi» spiega Bertolini. Una ditta fantasma, insomma, con tanto di certificato di cancellazione risalente agli inizi del 2001 rilasciato dal Registro delle imprese. Non solo, l'azienda non ha mai fatto un versamento alla Cassa edile. «Nonostante tutto ciò sia facilmente verificabile, negli ultimi anni ha continuato ad assumere lavoratori extracomunitari, poi regolarizzati» dice Bertolini. Che aggiunge: «Parlando con gli operai ci si fa un quadro ancor più completo della situazione, soprattutto quando si viene a sapere che per avere "le carte" del lavoro, dovevano pagare dai 3 a 4 mila euro.» Il che spiega anche il continuo ricambio dei dipendenti: più una ditta edile sembra una fabbrica di permessi di soggiorno.
Il caso, purtroppo, non è isolato. Situazioni analoghe sono segnalate anche nel Roveretano. E quando non si lucra su permessi, si sfrutta la precarietà dei lavoratori, stranieri o italiani che siano. «Abbiamo segnalato la pratica, anch'essa purtroppo non eccezionale, di un'azienda che versa il salario contrattuale, ma poi pretende la restituzione della quota di spettanza della Cassa edile, che copre tredicesima e ferie. Ogni tre mesi, quando il lavoratore incassa l'assegno della Cassa, lo passa alla ditta. In questo modo illegittimo, si abbassa il costo del lavoro del 14%».
Pratica denunciata con forza dalle associazioni imprenditoriali perché disconosce il loro stessi contratti e, soprattutto, abbassando i prezzi, costituisce una dannosa concorrenza sleale. «E' così, ma nei fatti le cose sono meno chiare» replica Bertolini «non credo di sbagliare quando dico che molte aziende, magari con i subappalti, non guardano troppo per il sottile ed utilizzano queste ditte fantasma o poco in regola, per lucrare sugli appalti».
Una situazione delicata che coinvolge gli industriali come gli artigiani ed anche il servizio del lavoro provinciale. «Gli ispettori - poco più di una ventina - sono pochi, lo abbiamo sempre detto» conferma il segretario Fillea «e per forza di cose passano più tempo nelle aule dei tribunali per seguire le cause, che sui cantieri». Non è una critica, ma una constatazione. Resta il fatto che anche nel civilissimo ed autonomo Trentino sta radicandosi la piaga del lavoro illegale e una sorta di tratta degli extracomunitari. Un danno per l'economia ed una breccia nella legittimità del mercato del lavoro. Un terreno per la difesa del quale dovrebbero mobilitarsi tutti, dalle imprese alle istituzioni ai sindacati.

   

 

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