LE
SPESE DI MANUTENZIONE:
IL
DISTINGUO TRA ORDINARIE E STRAORDINARIE
Premessa.
Nell’approssimarsi
del termine per l’approvazione dei rendiconti annuali, è
utile esaminare la disciplina che regola le spese di
manutenzione e riparazione sostenute dall’impresa, e ciò sia
in riferimento a quelle effettuate su beni propri, sia in
riferimento a quelle effettuate su beni in leasing, o, in
generale, su beni non di proprietà dell’impresa.
E’
importante innanzitutto fissare dei paletti per inquadrare quali
categorie di spese si possono riscontrare, e quindi darne un
definizione.
1)
Le spese di manutenzione ordinaria sono quelle
finalizzate a mantenere in efficienza le immobilizzazioni
materiali (o tecniche),
2)
Le spese di manutenzione straordinaria sono quelle
che si concretano in un sostanziale miglioramento del bene su
cui vengono effettuate, al punto da modificarne le
caratteristiche o, quanto meno, allungarne in modo sensibile il
periodo residuo di utilità economica,
3)
Le spese di riparazione sono quelle effettuate per
procedere al riparo di guasti.
Ciò premesso, e stante la diversità delle regole civilistiche
da quelle fiscali, che tra l’altro è causa di ripercussioni
in tema di imposte differite, è opportuno procedere
all’analisi in maniera separata.
Le regole
civilistiche.
Le spese di manutenzione
straordinaria su beni propri devono essere capitalizzate
nel bene su cui sono sostenute, in quanto per definizione ne
incrementano il valore. La loro imputazione al conto economico
avviene quindi come frazione della quota di ammortamento annuale
che ripartisce per competenza il costo del bene negli esercizi
di vita utile del cespite.
E’
comunque da osservare che tale comportamento, che lascia
inalterato il periodo di ammortamento, non è corretto, se come
detto tali spese incrementano il valore del bene; in tal caso,
quindi, è sicuramente consigliabile procedere al ricalcalo
della vita utile del cespite, e quindi modificare il piano di
ammortamento.
Le
spese di manutenzione straordinarie su beni di terzi non
possono essere capitalizzate nel valore del bene, in quanto esso
non è di proprietà dell’impresa che ha sostenuto l’onere.
Pertanto, esse vanno iscritte tra le immobilizzazioni
immateriali, alla voce B I 7) del bilancio Cee, e ammortizzate
sulla base del lasso di tempo intercorrente tra la data di
sostenimento della spesa e la data di conclusione del contratto
in forza del quale all’impresa è concessa l’utilizzazione
del bene altrui. In altre parole :
-
nel caso di contratto di comodato, esse saranno
ammortizzabili nel periodo minore tra quello di loro utilità
futura e la durata residua del contratto;
-
nel caso di contratto di locazione non rinnovabile, esse
saranno ammortizzabili nel periodo minore tra quello di loro
utilità futura e la durata residua del contratto;
-
nel caso di contratto di locazione rinnovabile, esse
saranno ammortizzabili nel periodo minore tra quello di loro
utilità futura e la durata residua del contratto, compreso il
periodo per il quale è prevista la rinnovabilità, se
dipendente dal conduttore; naturalmente, in caso di mancato
rinnovo, le quote residue andranno dedotte interamente
nell’esercizio in cui esso si verifica;
-
nel caso di contratto di leasing, se si prevede di
esercitare il riscatto, esse saranno ammortizzabili nel periodo
minore tra quello di loro utilità futura e la vita utile del
cespite; nel caso in cui il riscatto non avvenga, le quote
residue andranno dedotte interamente nell’esercizio in cui
esso non si è verificato.
Le
spese di manutenzione ordinaria, a prescindere dal fatto
che siano sostenute su beni propri o di terzi, sono costi
d’esercizio e quindi vanno interamente imputate
all’esercizio di sostenimento. Per inciso, si ricorda che, in
base al principio della competenza, esse andranno imputate a
conto economico dell’esercizio in cui verranno ultimate.
Le regole fiscali.
Mentre il codice civile e i principi contabili stabiliscono una
rigida distinzione nel trattamento delle spese ordinarie e
straordinarie, non è lo stesso per il legislatore fiscale, il
quale, nell’articolo 67 comma 7 del Tuir, detta lo stesso
trattamento, senza distinzione, sulla scorta della scelta
risultante da bilancio.
In particolare si prevede che le spese di manutenzione,
riparazione, ammodernamento e trasformazione che
in bilancio non risultano imputati al bene cui si riferiscono sono
deducibili entro il limite del 5% del valore complessivo dei
cespiti di proprietà dell’impresa utilizzati
nell’esercizio. La parte delle spese di manutenzione ordinarie
deducibili su beni propri eccedente il predetto 5% va dedotta
pro quota dal reddito d’impresa dei cinque esercizi successivi
a quello di sostenimento, dando luogo quindi alla rilevazione
delle impose differite attive o anticipate.
E’
appena il caso di rilevare che, nel caso in cui si tratti di
beni a deducibilità limitata (ad esempio, telefonini o
autovetture), l’importo rilevante ai fini fiscali sarà il 50%
di quello sostenuto.
Nel
caso in cui invece si tratti di spese sostenute su beni di
terzi, poiché l’articolo 67 in commento si riferisce alle
spese effettuate su beni di proprietà dell’impresa, è da
ritenere che esse non soggiacciano al tetto massimo, essendo
quindi del tutto deducili.
Infine,
occorre rilevare che il tetto del 5% non si applica neppure nel
caso in cui si tratti di spese sostenute in dipendenza di
contratti di manutenzione periodica, ovvero dei canoni di
manutenzione, corrisposti ad altro soggetto in forza di un
contratto con il quale quest’ultimo si impegna a garantire la
manutenzione ordinaria di un dato bene per un determinato lasso
di tempo.
Ai
fini della determinazione delle imposte, occorrerà in altre
parole procedere come segue:
-
determinare il
totale delle spese di manutenzione sostenute nell’anno, in
base al criterio di competenza, e considerate costi di esercizio
in base ai criteri suindicati;
-
eliminare
l’importo non rilevante, nel caso di beni a deducibilità
limitata;
-
sottrarre
l’importo di quelle derivanti da contratti periodici;
-
la differenza
costituirà il valore da confrontare con il tetto del 5%
-
determinare il
valore dei cespiti di proprietà dell’impresa, avendo cura di
rapportare all’anno quelli acquisiti e/o ceduti nel corso
dell’esercizio, e di escludere il valore di quelli coperti da
contratto di manutenzione periodica;
-
calcolare il 5% su
tale valore;
-
se risulterà
superiore alle spese di manutenzione come sopradeterminate, esse
saranno totalmente deducibili; in caso contrario l’eccedenza
sarà deducibile solo nei cinque esercizi successivi.
giugno 2003
- Danilo Sciuto -
-
dottore commercialista in Catania -
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sciuto@commercialistatelematico.com
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