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Sentenze

Annullamento di aggiudicazione per mancanza di fondi. Nel caso in cui l'amministrazione alla quale compete la verifica dell'aggiudicazione di una gara d'appalto, annulli la gara dopo l'aggiudicazione per mancanza di fondi, non è tenuta ad avvisare l'impresa vincitrice, ma nel contempo è responsabile verso l'aggiudicataria in quanto avrebbe dovuto annullare la gara e non aspettare che si concludesse.

Sentenza Consiglio di Stato Sez. V n.1457 del 19 marzo 2003


R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello nr. 2859 del 2002 , proposto dalla società Baldassini- Tognozzi Costruzioni generali s.p.a. , in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Vinti, Michela Reggio D’Aci, Corinna Fedeli , elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Emilia, n.88,

CONTRO

- il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti , in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n.12,

- il Consorzio Suburbia, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv.ti Arturo Cancrini e Pierluigi Piselli, elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, via G. Mercalli, n.13,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Lazio, sez. II, 5 dicembre 2001,  n. 10725.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e trasporti e del Consorzio Suburbia;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2002 , relatore il consigliere Marcello Borioni, uditi altresì gli avv.ti S. Vinti, P. Piselli e l'avvocato dello Stato P. Palmieri ;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

       Il T.A.R. del Lazio, sez. II, con sentenza 5 dicembre 2001, n. 10725, ha rigettato il ricorso proposto dalla società Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a.: a) per l’annullamento del decreto del Ministero dei lavori pubblici, Direzione generale coordinamento territoriale, in data 8 luglio 2000, con il quale è stata “annullata l’aggiudicazione provvisoria della gara indetta con bando pubblicato sul foglio inserzioni della Gazzetta ufficiale n. 115 del 24 aprile 1996 ed esperita in data 4 settembre 1996 a favore dell’Impresa Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a.”; b) per la condanna del Ministero dei lavori pubblici e del Consorzio Suburbia al risarcimento del danno conseguente alla mancata stipula del contratto di appalto o, in subordine, al risarcimento del danno subìto dalla società predetta per violazione dei princìpi generali del giusto procedimento e di tutela dell’affidamento dei privati;

      Il T.A.R. ha ritenuto, in sostanza, che le censure dedotte avverso il decreto impugnato (omessa comunicazione di avvio del procedimento di annullamento della aggiudicazione provvisoria; omessa comunicazione del decreto di annullamento alla società ricorrente; illegittimità del decreto di annullamento per difetto dei presupposti, insufficienza della motivazione, eccesso di potere) fossero infondate. Il T.A.R. ha escluso anche la configurabilità di un ingiustificato stato di inerzia pluriennale in capo all’amministrazione.

      La sentenza è stata appellata dalla società Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a. , che ne contesta la motivazione e le conclusioni, rinnovando le censure e le domande formulate con il ricorso originario.

     Si sono costituiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, succeduto al Ministero dei lavori pubblici, e il Consorzio Suburbia, che resistono all’appello, chiedendone il rigetto.

     Tutte le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

     Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2002 , il ricorso in appello veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

     Con la sentenza appellata è stato rigettato ricorso proposto: a) per l’annullamento del decreto del Ministero dei lavori pubblici, Direzione generale coordinamento territoriale, in data 8 luglio 2000, recante l’annullamento “dell’aggiudicazione provvisoria della gara indetta con bando pubblicato sul foglio inserzioni della Gazzetta ufficiale n. 115 del 24 aprile 1996, ed esperita in data 4 settembre 1996, a favore dell’Impresa Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali s.p.a.”; b) per la condanna del Ministero dei lavori pubblici e del Consorzio Suburbia al risarcimento dei danni.

     L’appello, proposto dalla ricorrente originaria società Baldassini-Tognozzi Costruzioni generali, è infondato nella parte in cui rinnova la domanda di annullamento.

    Come risulta dalla lettera d’invito, il decreto ministeriale impugnato è l’atto conclusivo di un procedimento che prevedeva un’aggiudicazione provvisoria, disposta dal presidente della commissione di gara (art. 11), e un’aggiudicazione definitiva, che sarebbe intervenuta dopo “l’approvazione dell’esito della gara da parte del Ministero dei lavori pubblici” (art.12). Il decreto è stato adottato in considerazione del fatto che l’aggiudicazione provvisoria non aveva prodotto effetti e che  “…non si può disporre di copertura finanziaria su capitoli del Ministero dei lavori pubblici o in base a fondi di altri soggetti”.

      Ciò posto, va anzitutto rilevato come il carattere endoprocedimentale dell’atto rimosso, il mancato riferimento a vizi di legittimità, il richiamo alla sopravvenuta carenza di fondi indichino concordemente che si tratta in realtà non di un annullamento d’ufficio, ma di un diniego di approvazione.

      Tale essendo, in base al criterio contenutistico, che prevale sul dato letterale, la natura del decreto impugnato, cade la censura di violazione dell’art. 7 della legge n.241/1990. Questa norma, infatti, sancisce l’obbligo di dare comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento, non già di preavvisarlo dell’adozione del provvedimento che lo conclude.

     Va disattesa anche la seconda censura, poiché la mancata comunicazione del decreto alla società appellata, che ne era destinataria, concreta un’omissione concernente un adempimento estrinseco e successivo al perfezionamento dell’atto e, pertanto, non può produrre effetti invalidanti. La sola conseguenza che ne deriva riguarda la decorrenza del termine per l’impugnazione, ma nel caso in esame questo problema non si pone.

     Quanto agli asseriti vizi di difetto di motivazione e di eccesso di potere, va rimarcato che l’amministrazione si è indotta a non dare corso all’esito della gara perché non disponeva dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera. Questa circostanza costituisce una motivazione congrua ed esaustiva, poiché il corretto svolgimento dell’azione amministrativa ed un principio generale di contabilità pubblica risalente all’art. 81 della Costituzione esigono che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se provvisti di adeguata copertura finanziaria. D’altra parte, se specifiche ragioni di interesse pubblico possono consentire la revoca dell’aggiudicazione di un appalto (Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2000, n.5710), a  maggior ragione deve riconoscersi che l’amministrazione è legittimata a negare l’aggiudicazione definitiva quando non sarebbe possibile l’assunzione dell’impegno di spesa.

     Il riconoscimento che il decreto ministeriale impugnato è indenne da vizi esclude che si sia verificata la lesione della pretesa sostanziale della società appellante, onde l’azione risarcitoria non merita, sotto tale profilo, accoglimento.

      Tuttavia nell’appello viene anche prospettata, come già in primo grado, l’ipotesi della responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 cod. civ..

      In concreto si tratta di accertare se le amministrazioni appellate (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, già dei lavori pubblici; Consorzio Suburbia in liquidazione) abbiano compiuto azioni o siano incorse in omissioni contrastanti con il principio espresso dalla norma predetta, secondo il quale la pubblica amministrazione, al pari dei soggetti privati, è tenuta a comportarsi con correttezza nelle relazioni con i terzi nella fase prenegoziale.

      Preliminarmente va rilevato che la questione si collega a comportamenti tenuti dall’amministrazione nell’esercizio della funzione pubblica relativa al procedimento di gara e, pertanto, rientra nei poteri di cognizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva essendo intrinsecamente connessa ad una procedura “di affidamento di lavori” (art.6, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n.205.)

     Nel merito la domanda è fondata nei limiti di seguito specificati.

     Nelle premesse del citato decreto n. 623 dell’8 luglio 2000 si legge che, con precedente decreto ministeriale n. 891 del 9 giugno 2000, erano “state accertate le economie di spesa per la quota parte delle somme, in stato di perenzione, a favore del Consorzio Suburbia sul capitolo 9423 e non più utilizzabili a favore di altro creditore, ai sensi delle norme di contabilità di Stato”. Inoltre, dalla memoria dell’amministrazione del 21 novembre 2001 si apprende che i fondi stanziati a suo tempo erano “andati in perenzione pochi mesi dopo la stipula della convenzione, esattamente il 31 dicembre 1992, e non è stato possibile ottenere la copertura finanziaria per l’appalto in questione”.

     Poiché la mancanza di fondi costituisce una circostanza oggettivamente impeditiva della realizzazione dell’opera, il principio di correttezza esigeva che, nel momento in cui è stato accertato o poteva essere accertato il venir meno della copertura finanziaria, il Ministero dei lavori pubblici disponesse il rinvio della gara.

      Ma il Ministero non ha adottato alcuna iniziativa in questo senso e, in particolare, non ha informato della carenza di fondi il Consorzio Suburbia, tenuto a svolgere le funzioni di stazione appaltante (art.11 della convenzione), neppure quando questo, con nota del 14 novembre 1995, comunicava l’intento di procedere “alla fase realizzativa, tramite indizione della gara di appalto, nei modi concordati e ai sensi delle norme vigenti in materia”.     

     Siffatto comportamento, del quale non è stato fornita alcuna giustificazione, concreta una violazione del principio che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede anche nelle attività precontrattuali e, per conseguenza, determina il configurarsi, a carico del Ministero, della responsabilità di cui al citato art. 1337 cod. civ. nei confronti della società appellante, che, per parte sua,  ha partecipato alla gara avendo pieno titolo a confidare sulla affidabilità degli atti di gara, adottati dal concessionario in nome e per conto del Ministero (art.10 della convenzione 27 dicembre 1990 e atto aggiuntivo del 15 luglio 1991).

     Nell’ipotesi di responsabilità precontrattuale il danno risarcibile consiste, secondo la costante giurisprudenza, nella diminuzione patrimoniale che è diretta conseguenza del comportamento del soggetto che ha violato l’obbligo della correttezza, definito comunemente “interesse contrattuale negativo”.

       La società appellante definisce l’oggetto della domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 1337 cod. civ. “nelle spese sopportate per l’approntamento della partecipazione alla gara, nonché nella perdita delle occasioni di lavoro alternative”, tuttavia, mentre ha esplicitato e specificato le spese  sostenute non ha in alcun modo dimostrato l’entità dell’asserito pregiudizio derivante dalla perdita di altre occasioni. Sicché, per questa seconda parte, la domanda è inammissibile.

      Accertata la fondatezza dell’azione risarcitoria nei limiti predetti, si assegna al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in applicazione di quanto previsto dall’art.35, comma 2, del D. Lgs. 31 marzo 1998, n.80, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente decisione per la formulazione di un’offerta di risarcimento commisurata alle spese sostenute dalla società appellante per la partecipazione alla gara.        

      In conclusione l’appello va accolto in parte nei sensi sopra specificati.

     Le spese e gli onorari dei due gradi di giudizio possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), definitivamente pronunziando sull'appello, meglio indicato in epigrafe, accoglie l’appello nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese dei due gradi di giudizio compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato,  nella camera di consiglio del 3 dicembre 2002 , con l'intervento dei sigg.ri

Stenio RICCIO                       Presidente,

Domenico LA MEDICA           Consigliere,

Marcello BORIONI                  Consigliere, estensore

Giuseppe CARINCI                Consigliere,

Vito POLI                               Consigliere.

 

L’ESTENSORE                                 IL PRESIDENTE

 

IL SEGRETARIO

 

 

 

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