REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sui
ricorsi in appello:
1)
n. 1980/2003 proposto
dall'UNIVERSITÀ CA' FOSCARI DI
VENEZIA, in persona
del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato con domicilio eletto in
Roma Via dei Portoghesi n.12;
contro
PA.CO.
PACIFICO COSTRUZIONI S.P.A, in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Biagini e
dall'avv. Angelo Clarizia con domicilio eletto in Roma, Via
Principessa Clotilde, n.2;
e nei
confronti di
DANI
COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Manzi e
dall'avv. Pier Vettor Grimani con domicilio eletto in Roma, Via
F. Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;
2)
n. 2087/2003 proposto
dalla DANI COSTRUZIONI
S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Manzi e dall'Avv. Pier
Vettor Grimani con domicilio eletto in Roma, Via F. Confalonieri,
5, presso lo studio del primo;
contro
la
PACO - PACIFICO COSTRUZIONI S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Alfredo Biagini e dall'avv. Angelo Clarizia con
domicilio eletto in Roma, Via Principessa
Clotilde, 2
presso lo studio del secondo;
e nei confronti di
UNIVERSITÀ
CA’ FOSCARI DI VENEZIA, in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale
dello Stato con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi 12;
per la riforma
della
sentenza del TAR Veneto - Venezia – Sez. I, n. 1 del 2 gennaio
2003, resa tra le parti, concernente aggiudicazione dei lavori
di restauro dell'ex convento di S. Sebastiano;
Visti gli appelli con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della PACO -
PACIFICO COSTRUZIONI S.P.A., della DANI COSTRUZIONI S.R.L. e
dell’UNIVERSITA' CA' FOSCARI DI VENEZIA;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto
l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n.1034,
introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n.205;
Alla
pubblica udienza del 10 giugno 2003, relatore il Cons. Giuseppe
Minicone ed uditi, altresì, l’avv. dello Stato Linda, l'avv.
Manzi e l'avv. Marone per delega dell'avv. Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 9 dicembre 2002, la PA.CO –
Pacifico Costruzioni S.p.A. impugnava, innanzi al Tribunale
amministrativo regionale del Veneto, il verbale della riunione
dell’11 ottobre 2002, con il quale la Commissione della gara
indetta dall’Università Cà Foscari di Venezia, per
l’affidamento a licitazione privata dei lavori di restauro
dell’ex Convento di San Sebastiano, aveva provveduto a
modificare il ribasso percentuale offerto dalla ricorrente, in
quanto discordante dal corrispondente prezzo complessivo, e
aveva aggiudicato l’appalto alla costituenda ATI formata dalla
DANI Costruzioni S.r.l. e dalle Imprese Arte e Restauro s.r.l. e
Consorzio Edili Veneti S.r.l..
Il giudice adito, con sentenza semplificata resa nella camera
di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare,
dopo aver respinto il ricorso incidentale della Dani Costruzioni
(sul rilievo che sussisteva la prova che, in sede di ricalcolo
delle percentuali di ribasso, la ricorrente sarebbe risultata
aggiudicataria), ha accolto il ricorso principale, in quanto
l’operato della commissione di gara aveva violato l’art. 90
del DPR n. 554/1999, che, al comma 2, prevede che, in caso di
discordanza tra prezzo complessivo e ribasso percentuale,
prevale il ribasso percentuale indicato in lettere, e al comma
7, che, in caso di discordanza fra il prezzo complessivo
(eventualmente emendato degli errori di calcolo nella somma o
prodotto dei prezzi unitari) e quello dipendente dal ribasso
percentuale offerto, tutti i prezzi unitari sono corretti in
modo costante in base alla percentuale di discordanza.
Avverso detta decisione hanno proposto appello sia
l’Università Cà Foscari sia la Dani Costruzioni (quest’ultima
sia in via autonoma sia attraverso costituzione e appello
incidentale nel gravame dell’Università), sostenendo
l’inapplicabilità della norma regolamentare alla fattispecie,
in quanto concernente la diversa ipotesi di discordanza fra
l’indicazione in lettere e in cifre, laddove, nel caso
concreto, dovrebbe osservarsi, in apice, il principio generale
dell’attendibilità stessa dell’offerta, inficiata da un
errore meramente materiale nell’indicazione del ribasso
percentuale.
In ogni caso, il procedimento delineato dal citato art. 90
opererebbe in sede di verifica successiva all’aggiudicazione,
per eliminare eventuali (piccole) discrasie tra i prezzi e il
ribasso percentuale, mentre, ai fini della valutazione
dell’entità delle offerte, non potrebbe che farsi ricorso ai
prezzi unitari indicati dal concorrente, con la conseguenza che
la discordanza del prezzo complessivo derivante da tali prezzi e
il ribasso percentuale andrebbe risolta, come ha fatto la
Commissione, in favore del primo, che sarebbe espressione sicura
della volontà della parte, che proprio tale elemento ha tenuto
in considerazione in sede di offerta.
In via subordinata, peraltro, la DANI Costruzioni ripropone la
doglianza già sollevata in primo grado con ricorso incidentale
(erroneamente disattesa dal T.A.R., in quanto malamente
interpretata), circa l’inammissibilità dell’offerta della
ricorrente, che, in presenza di una sì rilevante discordanza
tra il prezzo offerto e il corrispondente ribasso percentuale,
non avrebbe potuto essere considerata corretta, in quanto
redatta con un meccanismo diverso da quello previsto dal citato
art. 90, e avrebbe dovuto, quindi, essere esclusa.
Si è costituita la Soc. PA.CO., che ha chiesto il rigetto
dell’appello.
Con ordinanza del 25 marzo 2003 questa Sezione ha respinto la
richiesta di sospensione dell’esecuzione della sentenza
impugnata.
Con successiva memoria, la DANI Costruzioni ha ribadito le
proprie tesi, anche alla luce dell’art. 5 della legge 2
febbraio 1973 n. 14, i cui principi ispiratori dovrebbero
intendersi tuttora vigenti.
Anche l’appellata ha prodotto memoria per confutare le
argomentazioni della controparte.
Infine, all’udienza di discussione del 10 giugno 2003, la
Dani Costruzioni ha depositato nota per chiedere la
disapplicazione, in parte qua, dell’art. 90 del DPR n. 554/99,
per evidente contrasto di tale disposizione, ove interpretata
come ostativa all’accoglimento dell’appello, con la norma di
rango superiore di cui all’art. 21 della legge 11 febbraio
1994, n. 109.
A tale richiesta si è opposta la convenuta, sia per essere
stata la stessa introdotta per la prima volta in appello sia per
assenza del dedotto contrasto tra la norma regolamentare e
quella primaria.
DIRITTO
1. L’impugnata sentenza del Tribunale amministrativo
regionale del Veneto (resa in forma abbreviata ai sensi
dell’art. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come
modificato dall’art. 9 della legge n. 205/2000) ha annullato,
su ricorso della PA.CO. - Pacifico Costruzioni S.p.a., il
verbale della riunione dell’11 ottobre 2002, con il quale la
Commissione della gara indetta dall’Università Cà Foscari di
Venezia, per l’affidamento a licitazione privata dei lavori di
restauro dell’ex Convento di San Sebastiano, dopo aver
modificato d’ufficio (riducendolo da 10,19% a 7,511%) il
ribasso percentuale offerto dalla menzionata Società., in
quanto non concordante con il prezzo complessivo, aveva
aggiudicato l’appalto alla costituenda ATI formata dalla DANI
Costruzioni S.r.l. e dalle Imprese Arte e Restauro s.r.l. e
Consorzio Edili Veneti S.r.l..
1.1. Ha affermato, al riguardo, il primo giudice che
l’operato della commissione di gara aveva violato l’art. 90
del DPR n. 554/1999, che, al comma 2, prevede che, in caso di
discordanza tra prezzo complessivo e ribasso percentuale,
prevale il ribasso percentuale indicato in lettere, e al comma
7, che, in caso di discordanza fra il prezzo complessivo
(eventualmente emendato degli errori di calcolo nella somma o
prodotto dei prezzi unitari) e quello dipendente dal ribasso
percentuale offerto, tutti i prezzi unitari sono corretti in
modo costante in base alla percentuale di discordanza.
2. Con gli appelli in epigrafe – che vanno necessariamente
riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. – sia l’Università
appaltante sia la Soc. DANI Costruzioni criticano le conclusioni
del T.A.R., muovendo dalla premessa che, nel sistema di offerta
per prezzi unitari, osservato nella fattispecie, l’elemento
cardine sarebbe proprio l’indicazione di questi ultimi e,
quindi, quella del prezzo complessivo, rispetto al quale la
determinazione della percentuale di ribasso sarebbe operazione
meramente aritmetica, con la conseguenza che, in caso di
discordanza, dovrebbe darsi prevalenza, come operato dalla
Commissione di gara, al prezzo complessivo.
Né a ciò si opporrebbe l’art. 90 del DPR 21 dicembre 1999,
n. 554, posto che il comma secondo, richiamato dalla decisione
impugnata, si limiterebbe a stabilire il criterio di prevalenza
in caso di discordanza tra l’indicazione in cifre ed in
lettere del ribasso percentuale, mentre, a sua volta, il 7°
comma (laddove prevede che, in caso di discordanza tra il prezzo
complessivo e quello dipendente dal ribasso percentuale offerto,
devono essere corretti tutti i prezzi unitari in rapporto alla
percentuale di discordanza) si riferirebbe solo
all’eliminazione di piccole incongruenze, nella successiva
fase di verifica, da effettuarsi dopo l’aggiudicazione.
Nella fattispecie, invece, la discordanza emersa in sede di
gara atterrebbe alla regolarità dell’offerta, onde la stessa
o sarebbe suscettibile di essere emendata a priori, nel senso di
attribuirle, attraverso la correzione dell’errore, il
contenuto effettivamente voluto dalla parte, o darebbe luogo,
altrimenti, all’inevitabile esclusione dell’offerta stessa,
in quanto irregolare.
3. Le tesi degli appellanti non meritano condivisione, in
quanto, pur astrattamente dotate di una loro intrinseca logicità,
appaiono del tutto avulse dal sistema delineato dall’art. 90
del DPR n. 554/1999.
4. Quest’ultima norma – che opera in materia delegificata
dall’art. 3, comma 1, lett. b della legge 11 febbraio 1994, n.
109 - prevede un sistema concluso, volto a risolvere,
nell’ottica della certezza e della trasparenza delle
operazioni di affidamento degli appalti, ogni incertezza che
possa insorgere in un’offerta articolata quale quella per
prezzi unitari, in modo da prevenire contestazioni circa
l’effettiva volontà della parte privata, in caso di
discordanze fra le diverse componenti dell’offerta stessa.
4.1. In sede regolamentare, il legislatore (che pure avrebbe
potuto sanzionare di nullità tutte le offerte contenenti dati
non congruenti fra loro), ha preferito privilegiare, per quanto
possibile, la conservazione delle offerte medesime, risolvendo
le ipotesi di ambiguità della manifestazione di volontà non
attraverso una (sempre controvertibile) ricostruzione
dell’effettiva volontà dell’offerente, ma attribuendo alla
dichiarazione equivoca un contenuto legalmente sostitutivo,
maggiormente idoneo, per il suo carattere predeterminato e
obiettivo, a garantire la trasparenza della procedura e la
connessa par condicio dei concorrenti.
4.2. A tal fine è preordinato, innanzi tutto, il secondo
comma dell’art. 90, il cui dato testuale è tassativo nello
stabilire (dopo aver indicato le regole per la compilazione
dell’offerta) che:
a) in calce al modulo vanno indicati il prezzo complessivo
offerto ed il corrispondente ribasso percentuale rispetto al
prezzo posto a base d’asta;
b) il prezzo complessivo e il ribasso vanno indicati in cifre
e in lettere;
c) in caso di discordanza (quale che sia la causa e l’entità
di tale discordanza) “prevale il ribasso percentuale indicato
in lettere”.
4.3. A fronte di tale chiara indicazione, è evidentemente
insostenibile la tesi degli appellanti, che vorrebbero limitare
l’oggetto della previsione normativa alle sole ipotesi di
discordanza fra l’indicazione in cifre e quella in lettere,
nell’ambito di ciascuna voce (prezzo e ribasso).
E’ sufficiente, infatti, osservare che l’espressione “in
caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in
lettere”, collocata immediatamente dopo quella “il prezzo
complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed in
lettere”, ove volesse riferirsi alla sola non congruenza
interna a ciascuna voce, sarebbe formulata del tutto
illogicamente, giacché, per esprimere tale significato, avrebbe
dovuto dire soltanto “prevale l’indicazione in lettere”
ovvero (ove si fosse voluta conservare l’analiticità)
“prevalgono rispettivamente il prezzo complessivo o il ribasso
percentuale indicato in lettere”.
4.4. La semplice lettura della norma, condotta secondo il suo
significato letterale e le sue concordanze sintattiche, conduce,
invece, alla piana conclusione che con essa si è posto un
criterio di chiusura, volto a dare prevalenza, in tutti i casi
di discordanza fra i dati indicati in calce al modulo di offerta
(riferiti sia al prezzo sia alla percentuale di ribasso), al
ribasso percentuale indicato in lettere, sì da precludere alla
Commissione di gara ogni intervento correttivo sull’offerta,
ai fini dell’aggiudicazione.
4.5. E che un intervento siffatto sia precluso in radice, in
questa fase del procedimento, è dimostrato dalla previsione del
sesto comma dell’art. 90, il quale recita coerentemente:
“Nel giorno e nell'ora stabiliti nel bando di gara, l'autorità
che presiede la gara apre i plichi ricevuti e contrassegna ed
autentica le offerte in ciascun foglio e le eventuali correzioni
apportate nel modo indicato nel comma 5; legge ad alta voce
il prezzo complessivo offerto da ciascun concorrente ed il
conseguente ribasso percentuale e procede all'aggiudicazione in
base al ribasso percentuale indicato in lettere ai sensi di
quanto previsto all'articolo 89, commi 2 e 4”.
Il che conferma che tra i poteri della Commissione non rientra
la correzione delle offerte, ma solo la valutazione di congruità
di quelle risultate anomale, in applicazione delle disposizioni
di legge, restando fermo l’obbligo di aggiudicazione a quella
che, superata la verifica condotta in base alle giustificazioni,
abbia offerto il maggior ribasso percentuale indicato in
lettere.
4.6. E del resto, ove si riconoscesse un potere di correzione
alla Commissione dei dati indicati dai partecipanti, per
ricondurre a congruenza gli stessi, secondo la valutazione
soggettiva dell’organo, non si avrebbe alcuna precostituita
certezza né circa i contenuti delle offerte né circa la soglia
di anomalia da individuare.
4.7. Ed è già sufficiente tale rilievo per rendere
illegittima la condotta dell’Autorità preposta alla gara e
condurre all’annullamento degli atti da essa adottati, in
conformità alle conclusioni raggiunte dal primo giudice.
5. Ma v’è di più.
5.1. Poiché i criteri dettati dal secondo comma dell’art.
90 del DPR n. 554/99 sono preordinati esclusivamente a risolvere
le ambiguità ai fini dell’individuazione dell’offerta
aggiudicataria, ma non eliminano dette ambiguità dal corpo
dell’offerta stessa, il settimo comma dello stesso art. 90 si
occupa della “chiusura” del sistema, attraverso la rimozione
delle incongruenze, in modo da definire esattamente i contenuti
dell’offerta, ai fini dell’esecuzione del contratto.
5.2. Tale operazione – che è affidata alla stazione
appaltante e si svolge in un momento successivo
all’aggiudicazione definitiva e prima della stipulazione del
contratto - è disciplinata anch’essa analiticamente con
criteri coerenti con quelli indicati al secondo comma.
5.3. In particolare, dopo aver proceduto alla verifica
dell’esattezza dei calcoli dei prezzi unitari,
l’Amministrazione, ove riscontri una discordanza fra il prezzo
complessivo (eventualmente corretto) e quello corrispondente al
ribasso percentuale offerto, deve provvedere a correggere tutti
i prezzi unitari “in modo costante in base alla percentuale di
discordanza”.
Infine, i prezzi così corretti costituiscono “l’elenco
dei prezzi unitari contrattuali”, da valere in sede di
esecuzione dell’appalto.
6. Certo, a tali criteri di risoluzione delle discordanze se
ne potrebbero opporre anche altri, ritenuti, secondo l’assunto
degli appellanti, più congrui o razionali.
Ma, così argomentando si finisce con il sostituire
valutazioni soggettive alle scelte regolamentari, che, proprio
attraverso l’espressa abrogazione della precedente disciplina
recata dall’art. 5 della legge 2 febbraio 1973, n. 14, hanno
mostrato di privilegiare, invece, il perseguimento della finalità
di dare certezza alla procedura di aggiudicazione, sottraendola,
per quanto possibile, da un lato, alla discrezionalità della
stazione appaltante nella individuazione della volontà
dell’offerente, dall’altro alle contestazioni di quest’ultimo
(e degli altri partecipanti alla gara) circa l’effettivo
contenuto delle offerte.
7. Stabilita, dunque, l’illegittimità dell’intervento
correttivo della Commissione di gara sull’offerta della Soc.
PA.CO., va, a questo punto, esaminata la censura (già proposta
inutilmente in primo grado dalla DANI Costruzioni, attraverso
ricorso incidentale e, ora, reiterata in appello), secondo la
quale, la discordanza rilevata dall’Organo di aggiudicazione
tra il prezzo complessivo e il corrispondente ribasso
percentuale avrebbe dovuto comportare, in apice,
l’inammissibilità dell’offerta stessa e, conseguentemente,
la sua esclusione.
7.1. Anche tale doglianza si rivela, però, infondata.
7.2. Le cause di esclusione delle offerte devono essere
previste nel bando e riguardano, in via di principio, o la
mancanza dei requisiti prescritti o l’inosservanza di formalità
tassativamente stabilite o la carenza di elementi essenziali
dell’offerta stessa o l’anomalia dell’offerta non
adeguatamente giustificata.
Ora, nella specie, nell’offerta della PA.CO. non si
riscontrava alcuno degli elementi ostativi dianzi descritti,
bensì solo la discordanza tra il prezzo complessivo e il
corrispondente ribasso percentuale.
Sennonché, proprio con riguardo a tale ipotesi, ha
provveduto, come si è detto, il regolamento, il quale, senza
distinguere circa l’entità e la natura delle discordanze, ha
configurato un meccanismo idoneo a rendere, comunque,
utilizzabili le offerte; meccanismo che, evidentemente, quale
che sia il giudizio soggettivo degli appellanti, non lascia
spazio al potere della Commissione di disporre, in limine,
l’esclusione dell’offerta che presenti una di siffatte
discordanze.
7.3. Va detto, comunque, per completezza, che, anche alla
stregua dei principi civilistici, la discordanza in parola si
traduce in un errore nella manifestazione di volontà, che, a
tutto voler concedere, è invocabile, al fine della richiesta di
annullamento del contratto, solo dalla parte che vi abbia dato
causa, onde, anche sotto questo profilo, in assenza di
disposizioni della lex specialis della gara ed in armonia con le
disposizioni regolamentari già esaminate, non si configura un
vizio che legittimi la controparte, di sua iniziativa,
all’annullamento dell’offerta.
8. Le considerazioni che precedono recano in sé anche le
ragioni per le quali appare del tutto inaccoglibile l’istanza,
avanzata solo all’udienza di discussione, di disapplicazione
dell’art. 90 del DPR n. 554/1999, per contrasto con la norma
di rango superiore di cui all’art. 21 della legge 11 febbraio
1994, n. 109.
Ed invero, in disparte il rilievo che tale istanza si concreta
in un addebito di illegittimità a carico di una disposizione
mai censurata né in primo grado, in sede di ricorso
incidentale, né in sede di appello contro la sentenza che
l’aveva posta espressamente a fondamento dell’accoglimento
del ricorso ed anche a prescindere dalla problematica circa
l’istituto della disapplicazione, ad opera del giudice
amministrativo, nei confronti di una fonte regolamentare
indipendente, in quanto operante in materia delegificata, sta di
fatto che non si ravvisa alcun contrasto con l’art. 21 della
legge n. 109, il quale non si occupa affatto della specifica
materia, che è, infatti, integralmente demandata, dall’art. 3
della stessa legge, alla potestà regolamentare del Governo.
8.1. Ne consegue che difettano, nella fattispecie, gli stessi
presupposti giuridici della disapplicazione, posto che quest’ultima,
anche nei casi in cui sia riconosciuto, in capo al giudice
amministrativo il relativo potere, postula, comunque
l’esistenza e l’immediata applicabilità, al caso concreto,
di una norma primaria, cui sia di ostacolo una, difforme, di
livello secondario, da rimuovere, appunto, mediante
disapplicazione.
Viceversa, nella fattispecie, la disapplicazione richiesta
lascerebbe senza alcuna disciplina l’ipotesi concreta (non
essendo questa rinvenibile nell’art. 21 invocato
dall’appellante), onde la stessa si risolverebbe in definitiva
nel chiedere, in via giurisdizionale, un intervento volto a
ignorare una norma dell’ordinamento vigente per creare una
regolamentazione diversa asseritamente più aderente
all’intenzione del legislatore primario; il che non può
rientrare evidentemente tra le attribuzioni del giudice
amministrativo, ma tutt’al più, potrebbe essere oggetto, de
jure condendo, di intervento del potere regolamentare, volto ad
assumere un indirizzo diverso da quello attualmente seguito.
9. Per tutte le considerazioni esposte gli appelli devono
essere respinti.
La natura della questione trattata rende equa la compensazione
delle spese del grado di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe, li
respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 10 giugno
2003 con l'intervento dei Sigg.ri:
Salvatore
GIACCHETTI
Presidente
Carmine
VOLPE
Consigliere
Giuseppe
MINICONE
Consigliere Est.
Lanfranco
BALUCANI
Consigliere
Guido
SALEMI
Consigliere
Presidente
Consigliere
Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il.....................................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla
presente è stata trasmessa
al
Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto
1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
|