Da Archimede ai materiali compositi

Il velivolo dei fratelli Wright del 1903

L'uomo ha sempre desiderato potersi librare nell'aria e numerosi sono stati nei secoli i tentativi, spesso frutto di ingegnose intuizioni, ma altrettanto numerosi sono stati gli insuccessi. Eppure la natura aveva creato numerosi esseri viventi in grado di volare in maniera meravigliosa e perfetta, ma, haimè, inimitabile. Però si è capito che l'aria ha sempre avuto i requisiti necessari al volo, ma per secoli sono mancate adeguate conoscenze di fisica e di meccanica e tanto meno si possedeva una tecnologia sufficiente.

La prima possibilità di sollevarsi dal suolo si intravede già con Archimede (287-212 a.C). Il suo principio evidenziava la forza aerostatica dovuta all'immersione di un corpo in un fluido sia esso liquido o gassoso. Già Leonardo (1452-1519) e Galileo (1564-1642) avevano gettato le basi della dinamica, riprese poi da Newton (1642-1727) che da una parte definiva i tre principi fondamentali della meccanica e dall'altra stabiliva la legge di gravitazione universale.

Le conoscenze teoriche erano quindi arrivate al punto per cui tutto sembrava fosse pronto per il volo. In realtà mancava ancora la tecnologia ed in particolare i materiali adatti per ottenere i necessari valori del rapporto peso/spinta. Solo così sarebbe stato possibile costruire mezzi idonei a muoversi nell'aria ovvero gli Aeromobili.

Possiamo distinguere gli Aeromobili in due grandi classi:

-aerostati ovvero aeromobili più leggeri dell'aria, che utilizzano il principio di Archimede. Il primo tentativo di sostentazione riuscito è stato quello dei fratelli Montgolfier: nel giugno del 1783 un pallone gonfiato con aria calda si alza e già nel novembre si raggiungono i 1000 m.

-aerodine ovvero "aeromobili più pesanti dell'aria" che utilizzano il moto per generare una forza aerodinamica di sostentazione uguale o superiore al peso del mezzo e vincere la resistenza all'avanzamento. Nonostante rudimentali alianti spiccassero brevi voli, perché nascesse la moderna aviazione bisognava aspettare il 1903 quando i fratelli Wright riuscirono con il loro "velivolo" a compiere un volo di ben 13 sec.! Non sarebbe giusto attribuire questa conquista ai pochi nomi citati senza accennare alla schiera di persone ingegnose e coraggiose che avevano preparato il terreno prima e collaborato poi, per il successo e il perfezionamento delle imprese dei pionieri. E' necessario osservare che questi perfezionamenti sono stati possibili, non solo dagli ulteriori progressi della tecnologia, ma anche dalla nascita e sviluppo di discipline come l'Aerodinamica, la Meccanica del Volo, la Propulsione Aerospaziale, le Costruzioni Aeronautiche, ecc...

Fino agli anni '20:

- le nozioni di aerodinamica erano approssimative e scarse, soprattutto circa le possibilità di aumento della portanza alle basse velocità;

- la scienza e la tecnologia dei materiali non erano in grado di fornire materiali strutturalmente validi ed insieme leggeri;

- la motoristica era in grado di mettere a disposizione solo motori a pistoni di scarza potenza (pochi kW).

Il risultato non poteva che essere la costruzione di velivoli di basso carico alare, basse velocità e quote limitate. D'altra parte il progetto, una volta iniziati a volare, risultava alquanto semplice e veniva eseguito da poche persone, se non talvolta da una sola, nell'arco di qualche mese.

La struttura era rudimentale, realizzata con "aste" e tiranti che evitavano il collasso dell'intelaiatura. Le ali, nella quasi totalità, risultavano biplane (cioè due sovrapposte) per ottenere la necessaria portanza senza bisogno di superfici allungate che avrebbero esaltato i problemi strutturali. I primi materiali utilizzati erano legno, bambù e stoffe.

Solo negli anni '30 l'impiego, anche se limitato, del metallo e l'aumento di potenza dei motori ha cominciato a rivoluzionare alcuni particolari costruttivi. Pur utilizzando ancora massicciamente il legno e il compensato, si cominciano ad inserire elementi metallici nella struttura portante che diviene "reticolare" sia nella fusoliera sia nell'ala e parallelamente si affinano le parti strutturali, aumentando il numero di elementi resistenti.

Ciò ha consentito la realizzazione di strutture in grado di sopportare carichi maggiori e si è potuta affermare l'ala monoplano (in figura la struttura di un Hawker Hurricane - 1935).

 

L'impiego del metallo come "sostituto" del legno è stato graduale, utilizzato dapprima negli elementi di forza e poi fino al rivestimento, seguendo peraltro i criteri progettativi tradizionali. Questo ha prodotto, anche se per un periodo limitato, strutture rudimentali che mettono in evidenza come, pur utilizzando il metallo per il rivestimento, non era ancora ben chiara la capacità di quest'ultimo a contribuire in modo determinante nell'assorbimento dei carichi di torsione. Così si continuava ad impiegare elementi trasversali reticolari che univano quelli longitudinali, in modo da resistere ai carichi combinati di flessione e torsione.

Nella metà degli anni '30, mentre in Europa l'attenzione era rivolta fondamentalmente all'aviazione militare, negli Stati Uniti si cominciavano ad intravedere le potenzialità civili del nuovo mezzo di trasporto. Questo ha comportato la necessità di migliorare la capienza della fusoliera considerando la tecnica costruttiva delle barche in legno come modello base per le strutture aeronautiche. Non per altro, ancora oggi, alcuni componenti del velivolo hanno nomi che derivano dalle costruzioni navali (timone, deriva...). Le fusoliere vengono così realizzate con rinforzi circolari, ordinate o paratie, e rinforzi longitudinali, correnti, su cui fissare il rivestimento. Il fondamentale vantaggio di un tale tipo di costruzione è che il rivestimento costituisce un tutt'uno con le ordinate e correnti, risultando anch'esso sollecitato. Tale tipo di costruzione è detta a semiguscio (semi monocoque), per significare che il rivestimento è rinforzato con elementi trasversali e longitudinali, riservando la dizione a guscio alle costruzioni dove non sono presenti i rinforzi.

Come esempio tipico di questa nuova filosofia realizzativa può essere citata la fusoliera del DC3.

Il concetto di struttura a semiguscio viene utilizzato anche per la realizzazione delle strutture alari dove, non essendo le esigenze di spazio così pressanti come per la fusoliera, si presentano uno o più rinforzi longitudinali di una certa dimensione, i longheroni, che costituiscono la spina dorsale dell'ala, i correnti, simili a quelli di fusoliera, e gli elementi trasversali, le centine.

L'industria americana diviene così dominante nella realizzazione dei velivoli civili per l'acquisita capacità di realizzare fusoliere di grandi dimensioni, mentre quella europea seguita ad impiegare strutture reticolari più o meno tradizionali, anche se la Messerschimtt and Supermarine, intorno alla metà degli anni '30 progettarono e realizzarono ali a rivestimento resistente per piccoli aerei.

Fino all'inizio degli anni '40, il progetto e l'analisi privilegiano ancora il carico statico di rottura e, salvo che per i motori, non si tengono in conto i problemi di fatica.

Un grande impulso nelle prestazioni dei velivoli si è avuto durante la IIĀ° guerra mondiale.

Lo sviluppo prima dei motori a getto e dopo dei turbofan (quelli, cioè, con cui noi stessi voliamo), con spinte superiori ai 200 kN, l'approfondimento delle conoscenze aerodinamiche e la produzione di materiali leggeri consente il raggiungimento di quote superiori ai 10.000 m e velocità vicine a quelle del suono.

Vengono prodotti materiali ad alto modulo di resistenza statica senza però un miglioramento nel comportamento a fatica. Ne consegue che il carico statico di rottura non è più sufficiente a garantire la sicurezza del velivolo; il progetto deve comprendere le problematiche connesse alla fatica ed il primo passo è stato quello di garantire che i componenti strutturali in esercìzio risultassero esenti da danni generati dalla fatica (safe-life). Nel periodo 1950-70 si è avuto il grande balzo dell'aviazione civile con un aumento medio annuo nei passeggeri per km trasportati del 14% ed un impressionante aumento di produttività (carico pagante per velocità).

L'adeguamento alle nuove esigenze senza ridurre la sicurezza ha comportato ulteriori filosofie di progetto e costruzione a fatica (fail-safe, damage tolerance) ed imposto nuove regolamentazioni per la certificazione.

Nonostante le numerose varianti, in campo subsonico si è andata affermando una tipica configurazione di base: ala e fusoliera a croce, a corpo centrale fortemente compatto, per la cercata vicinanza del sistema propulsivo al baricentro.

Nel campo transonico e supersonico esiste invece ancora oggi un grande studio e una numerosa serie di idee che porta a soluzioni nuove ed interessanti, ma questo è un argomento così interessante da necessitare una trattazione a parte. Sì assiste così alla progettazione ed anche alla realizzazione di velivoli con ala a freccia variabile (causa gli enormi costi, si hanno esempi solo nel campo militare: MIG23, F14, Tornado...) o a delta, con o senza impennaggi, con o senza fusoliera.

Vorrei a questo punto citare l'importanza rivestita dall'impiego dei materiali compositi ai giorni d'oggi, non tanto dal punto di vista del peso (anche se importante anch'esso, soprattutto per l'aviazione civile), ma dal punto di vista strutturale.

Per fare un esempio, l'ala serve a sviluppare la portanza utile per il sostentamento del velivolo. Però la sua struttura non è rigida, ma elastica: a tal scopo chiunque può osservare l'oscillazione dell'estremità dell'ala di un B747 durante la fase di "taxi", cioè quando si appresta a decollare. Tale oscillazione può raggiungere anche i 3 metri di ampiezza!

Quando questa struttura è soggetta a grandi carichi, quindi, tende a flettersi e a torcersi.

Questo comportamento, in taluni casi, può produrre un'instabilità aeroelastica, cioè l'ala tende ad accentuare sempre più la sua flessione e la sua torsione fino alla rottura!

I materiali compositi hanno la caratteristica di essere ortotropi, cioè rispondono alle sollecitazioni in maniera diversa a seconda della direzione in cui queste vengono applicate. Da qui una maggiore resistenza che, unita al minor peso e alla facile lavorazione, rendono questi materiali ottimi nella realizzazione, per esempio, di rivestimenti alari.

 

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