L' avvento delle tecniche diagnostiche neuroradiologiche, in particolare
della TC, fornisce a volte un alibi per un esame neurologico superficiale,
delegando alle immagini il compito di orientare la diagnosi. È invece
importante ricordare che nessuna indagine radiologica è sufficiente
se isolata dal contesto clinico; l'obiettività può guidare
l'esecuzione e l'interpretazione dell'esame TC: l'impostazione terapeutica
sarà naturalmente conseguente alla sintesi tra clinica e diagnostica
strumentale.
Le condizioni cliniche del paziente spesso non consentono una anamnesi diretta, per cui vanno interrogati gli accompagnatori, focalizzando l'attenzione su:
1. Età, abitudini, familiarità per patologie cardiovascolari
o dismetaboliche
2. Patologie concomitanti a carico di altri sistemi o proprie del SNC
3. Modalità di insorgenza della patologia in atto
4. Assunzione abituale di farmaci
5. Eventuali indagini strumentali o di laboratorio recenti.
È utile ricordare che, nella maggior parte dei casi, si identificano
due modalità d'insorgenza del deficit neurologico:
PUNTI | |
APERTURA DEGLI OCCHI | |
spontanea |
4
|
a comando |
3
|
al dolore |
2
|
assente |
1
|
RISPOSTA MOTORIA
A COMANDI SEMPLICI |
|
esegue |
6
|
localizza |
5
|
si allontana |
4
|
flessione |
3
|
estensione |
2
|
nessuna |
1
|
RISPOSTA VERBALE | |
orientata |
5
|
confusa |
4
|
inappropriata |
3
|
incomprensibile |
2
|
nessuna |
1
|
Per quanto la scala del coma di Glasgow sia designata alla quantizzazione
prognostica dei soggetti con trauma cranico, potrebbe essere utile una
sua applicazione nelle patologie non traumatiche, ad esempio anche nei
soggetti con insufficienza cerebro-vascolare acuta, che consenta tra l'altro
una valutazione seriata, attendibile anche se effettuata da personale non
medico (Tab. 1); è anche interessante notare come punteggi superiori
a 8 abbiano prognosi quoad vitam favorevoli nell'85% dei casi, mentre punteggi
inferiori a 5 siano associati al 97% di decessi o di persistente stato
vegetativo. Una valutazione neurologica "essenziale" dovrebbe sempre essere
effettuata in P.S. anche dal non-neurologo; la postura (decerebrata/decorticata,
deviazione obbligata del capo ), le eventuali mioclonie, i segni meningei,
palpebrali oculari, piramidali, le caratteristiche del respiro, la presenza
di vomito, bradicardia, ipertensione arteriosa, le caratteristiche dell'alito
possono guidare l'orientamento diagnostico ed il primo approccio terapeutico,
in attesa delle indagini strumentali.
All'esordio di un episodio di insufficienza cerebro-vascolare acuta, indipendentemente dalle scelte terapeutiche "mirate" (di tipo specialistico), si può identificare un percorso comune, che può essere praticato nella maggior parte dei casi con l'obiettivo di garantire una prima "stabilizzazione" del paziente. Un approccio di minima corretto dovrebbe sempre garantire un apporto sufficiente di O2, flusso ematico e glucosio.
1. La pervietà delle vie aeree va controllata e garantita, tenuto conto della possibilità, in un soggetto incosciente, della perdita dei riflessi di difesa delle vie aeree o della possibilità di "caduta" posteriore della lingua con ostruzione del retrofaringe (posizione di sicurezza, tubo orofaringeo di Guedel, eventuale frequente aspirazione oro-tracheale, sondino nasogastrico).
2. L'attività respiratoria va monitorizzata, rispettivamente
e possibilmente con emogasanalisi, perché è frequente il
rilievo di una tendenza ad alcalosi respiratoria, di per sé non
molto pericolosa; ma sono anche possibili, per patologie concomitanti,
ipossiemia e/o ipercapnia, sicuramente detrimentali per la funzionalità
cerebrale.
3. L'equilibrio emodinamico è un obiettivo di vitale importanza,
perché di fronte ad un episodio di insufficienza cerebrovascolare
acuta l'encefalo perde la propria capacità di autoregolazione: il
flusso cerebrale diviene direttamente dipendente dalla pressione di perfusione
(CPP), a sua volta dipendente dalla pressione arteriosa media (MAP) e dalla
pressione intracranica media (MICP), come di seguito:
In assenza di monitoraggi sofisticati ed invasivi, un obiettivo ragionevole potrebbe essere quello di tenere i valori di P.A. tra 120 e 160 di valore sistolico e al di sotto di 90 di valore diastolico, inizialmente con farmaci ad emivita breve, per consentire aggiustamenti frequenti del dosaggio in rapporto all'evoluzione clinica. L'aspetto più strettamente cardiaco è altrettanto significativo, per l'importanza che ha la gittata cardiaca nel garantire l'apporto di O2 (DO2) agli organi vitali, secondo la relazione
dove C.O. sta per gittata cardiaca e CaO2 è il contenuto arterioso di O2, dipendente da PaO2 ed emoglobinemia.
4. Il bilancio idroelettrolitico è un altro punto di interesse primario,sia per l'influenza delle concentrazioni plasmatiche di K+, Ca++ e Mg++ sulla eccitabilità neuromuscolare (attenzione alla diuresi forzata!), sia soprattutto per la potenziale influenza di sodiemia e osmolarità plasmatica sulla citoarchitettonica neuronale; è noto che i neuroni - in condizioni di ridotta disponibilità di energia - si comportano da osmometri. Pertanto, in corso di insufficienza cerebrovascolare acuta sono da evitare sia l'iponatremia (che aumenterebbe il rigonfiamento cellulare), che la disidratazione ipertonica, che - drenando acqua fuori dai neuroni - potrebbe determinare danni biochimici e morfologici a carico dei neuroni.
5. Altri approcci terapeutici relativamente recenti (possibile ruolo
protettivo dei calcio-antagonisti) o recentissimi (antiaggregazione spinta,
trombolisi) sono tuttora oggetto di dibattito e di ricerca clinica in ambiente
specialistico.
IL NURSING
Tra i fattori che possono significativamente influenzare il decorso e la prognosi di un soggetto con ICV, la qualità del "nursing" gioca un ruolo predominante. In estrema sintesi i punti-chiave di una buona assistenza infermieristica dovrebbero tener conto della necessità di:
1. Migliorare il livello di comunicazione tra il personale, il paziente ed i familiari: nella ICV il problema è reso più complesso dalle insufficienti capacità percettive del paziente, aspetto in parte risolvibile con un maggiore impegno nella comunicazione non verbale.
2. Infondere nei familiari e, per quanto possibile, nel paziente un senso di fiducia e attendibilità, che può significativamente ridurre l'ansia e l'incertezza, che avrebbero sicuramente un influsso negativo. È in proposito un buon punto di riflessione considerare quanto spesso si parli del paziente e quanto poco al paziente.
3. Le informazioni sul bilancio dei fluidi, sull'alvo, sul sensorio
e sui principali parametri vitali, annotati sulla cartella infermieristica
e riferiti al medico, contribuiscono sicuramente ad una gestione ottimale
di una categoria di malati particolarmente impegnativa.
1. CLOCHESY JM: Critical Care Nursing (1996). Saunders Ed.
2. MITCHELL P, MAUSS N: Relationships of patient/nurse activity to
intracranial pressure variations (1978). Nursing Research 27, 4-10.
3. SIMPSON T: Critical care patient's perceptions of visits (1991).
Heart and lung, 20, 681-688.
4. BONGARD FS, SUE DY: Current critical care: diagnosis and treatment
(1994). Lange Ed.
5. BOWSHER D: Neurological emergencies in medical practice: a hand-book
for the non- specialist (1988). Croom Helm Ed.
6. ROPPER AH, KENNEDY SF: Neurological and neurosurgical intensive
care (1988). Aspen Ed.