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Da : Il Valdarno News, anno 5, n.21,
25 Maggio 1999

IL PRINCIPE DEGLI ASSESSORI
L'arguto, ironico pamphlet di Alessandro Tempi




Venerdì 14 maggio è stato presentato, presso la Biblioteca Comunale di San Giovanni Valdarno, il libro di Alessandro Tempi dal titolo "Il Principe degli Assessori", pubblicato dalle Edizioni Cartaverde di Terranuova Bracciolini.. Si tratta di un pamphlet scritto con verve ed ironia in cui per la prima volta nel Valdarno si mette a fuoco non solo la cultura, ma anche la politica locale con tutti i suoi difetti e le sue impurità. ed in cui l'autore esamina spietatamente qualcosa che conosce bene : gli assessorati alla cultura.

Per l'occasione, i relatori erano due vecchi amici dell’autore, Paolo Parigi, ex sindaco della cittadina valdarnese, e Simone Cipolli, imprenditore ed esperto di comunicazione.

Iniziamo la nostra conversazione chiedendo all’autore il motivo che lo ha spinto a scrivere questo libro.

Sicuramente - ci risponde Alessandro Tempi - la breve esperienza che ho fatto come Assessore alla Cultura a San Giovanni Valdarno è all’origine delle riflessioni contenute nel libro. Ma accanto ad essa e forse in maniera preponderante, vi sono le riflessioni svolte in questi ultimi anni sul rapporto fra cultura e politica nel contesto locale e che ho avuto modo di esplicitare talvolta anche sulla stampa, oltre che nei discorsi fra amici. Il libro è nato in venti giorni lo scorso anno ed in questo senso è stato prodotto "di getto". In ciò credo stiano le sue caratteristiche ed anche i suoi limiti.

"Il Principe degli Assessori" si presenta apparentemente come un manualetto per i futuri (giovani) assessori al cultura, ma leggendolo si capisce subito che non mancherà di suscitare polemiche, giacché, come rilevava anche Paolo Parigi nella sua presentazione, l'ironia dell’autore non risparmia niente e nessuno.

Ho scritto questo manualetto, come Lei lo chiama, per cercare di spiegare cosa voglia dire fare l'assessore alla cultura in una cittadina di provincia come la mia. Il fatto è che quando uno è chiamato a quella carica, molto spesso non sa neanche da che parte cominciare anche se è animato dalle migliori intenzioni. Non c’è nessuno che ti spieghi cosa devi fare o non fare, non ci sono punti di riferimento precisi né si hanno a disposizione rotte o schemi da seguire. Te ne stai lì su quella sedia a pensare a cosa di bello potresti fare per la tua città ed hai un solo modo di imparare : dai tuoi errori. Ma spesso quando impari qualcosa è già troppo tardi. Ecco perché ho scritto questo manualetto : forse per prevenire gli errori. E rendere più piacevole e costruttiva un'esperienza che può diventare, se non si è abbastanza accorti, deludente o desolante.

Leggendolo, tuttavia, il Suo libro appare anche qualcosa di più che un semplice dispensario di consigli e suggerimenti. Le Sue osservazioni sul rapporto fra cultura e politica sono spesso acri, salaci e tutto il libro è percorso da una vena dissacratoria. Si direbbe che per Lei fare l'assessore alla cultura non sia quel che sembra.

L'assessore alla cultura com'è concepito oggi è perlopiù chiamato ad un compito difficile, che in due parole può essere riassunto così: rendere simpatici alla gente il sindaco, la giunta ed il loro modo di amministrare; ma anche rendere contenti i cittadini della propria città, farli sentire fieri e soddisfatti di essa. Sono compiti che richiedono doti, senza dubbio, ma che hanno poco a che fare con la cultura. Forse con il turismo, lo spettacolo, la propaganda, l'intrattenimento, ma poco, ripeto, con la cultura. Ecco perché fare l'assessore alla cultura non è quel che sembra.

Se si legge il Suo libro attentamente, lo si trova pieno di allusioni a personaggi della politica valdarnese. Pensa che qualcuno si possa riconoscersi ?

Quando si scrive su un argomento che ha una sua dimensione locale, è inevitabile che siano riconoscibili dei modelli. Ma, nel complesso, penso che in esso vi siano, se mi permette l'espressione, personaggi e non interpreti, nel senso che tipi come quelli descritti si trovano un po' dappertutto; sono insomma il frutto di generalizzazioni empiriche. Del resto anch'io mi sono talora riconosciuto in tali generalizzazioni.

Sia nel titolo che nel contenuto del Suo libro, si leggono forti allusioni a Machiavelli. Lei si sente in qualche modo vicino allo scrittore cinquecentesco ?

In effetti, scrivendolo pensavo proprio ad una sorta di scherzoso "Principe" (nel senso del trattato machiavellano) concepito appositamente per gli assessori alla cultura. Lo pensavo insomma come un manuale "machiavellico" per coloro che volessero sopravvivere alla politica e magari anche fare qualcosa di buono per la loro città. Andando avanti, tuttavia, il pamphlet ha preso il posto del manuale e le riflessioni hanno sostituito i suggerimenti. Come accade, del resto, anche nel "Principe" stesso. E di questa opera, penso, condivide anche l'ironia dell'espressione, la spregiudicatezza di analisi ed il cinismo di fondo che la anima.

Il Suo libro è stato definito "irriverente ed insolente". Pensa che siano qualità o difetti ?

Penso che, nel bene e nel male, siano gli epiteti che esso merita.

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