Il recupero delle aree industriali

" Nell’identità di oggi troviamo le tracce del passato e quelle del futuro, i segni della continuità e quelli della differenza. Conoscerli, farli emergere richiede un intenso esercizio di immaginazione e di interpretazione." R. Pavia -"Le paure dell’urbanistica"

La fine dell’era industriale in Europa, è stata la causa dell’abbandono delle vaste aree produttive e delle strutture ad esse legate, come i quartieri operai, le stazioni ferroviarie, i ponti, le centrali per la produzione dell’energia, i magazzini, ecc. Tutto ciò, oggi definito "patrimonio archeologico industriale", convive nei centri urbani, in armonia o in contrasto con le recenti realizzazioni, conservando le tracce di stratificazione delle varie fasi di industrializzazione, che si sono succedute con le varie generazioni di industrie.
Un fenomeno diffusosi in Europa è quello del riutilizzo di tali spazi a scopi produttivi, soprattutto in Gran Bretagna, Francia e Germania, dove si è assistito a grandi processi di trasformazione e recupero di strutture produttive obsolete in aggregati polifunzionali dove convivono servizi avanzati e diffusione di cultura. Alcuni esempi di questo fenomeno sono: il quartiere londinese dei Docks, oggi trasformato in centro di servizi e terziario; la vecchia stazione di Parigi, Gare d’Orsay, divenuta museo d’arte moderna su progetto di Gae Aulenti; la più recente operazione di recupero della Potsdammerplatz di Berlino, su progetto, tra gli altri, di Renzo Piano.
Questi luoghi o strutture, in totale abbandono e degrado, sono diventati importanti investimenti culturali e hanno dato un forte impulso al turismo ed all’economia delle città.
Anche in Italia si sta diffondendo la cultura del recupero e riuso dell’ "archeologia industriale", al fine di creare un collegamento tra il passato industriale e le possibili opportunità di progresso futuro. Questo processo è anche la conseguenza di un rallentamento dello sviluppo della città: infatti, l’attenzione è ora concentrata sul ruolo delle aree dimesse, soprattutto quelle che originariamente si trovavano nelle periferie dei centri urbani, e che successivamente allo sviluppo dell’edificato, sono entrate a far parte delle città stesse.
Il proposito dei progettisti e degli urbanisti è quello di poter utilizzare i "contenitori" delle industrie come centri di diffusione della cultura, al fine di integrare industria, servizi, turismo e potenzialità sociali. Musei, mostre, parchi tecnologici, centri per la diffusione della cultura scientifica, sono tutte parole chiave che rappresentano il concetto del recupero del recente passato ma, soprattutto, esprimono il passaggio irreversibile dall’industria pesante -simbolo del secolo precedente -all’industria leggera della comunicazione.

Quartiere dei Docks
Gare d’Orsay
Postdamarplatz

 

 Il recupero di alcune aree industriali in Italia

Milano: "la Fabbrica del vapore"

La storica fabbrica Carminati Toselli, dove si disegnavano e si producevano tram e locomotive nasce nel 1907, e diviene subito vanto della Milano industriale. Negli anni Trenta viene trasformata nella sede di società e magazzini, ma molto presto verrà abbandonata, divenendo un’area dimessa di 34 mila metri quadrati, nei pressi del centro della città. Tale spazio, chiamato "Fabbrica del vapore", è stato scelto, dalla giunta milanese, come centro di "produzione culturale", prevedendo in esso 74 laboratori "dove i giovani faranno musica, teatro, cinema, grafica, design", il tutto tra caffè, ristoranti etnici, spazi verdi, sale per le prove. Per questo progetto sono stati destinati 15 miliardi, e la gestione sarà poi affidata a privati.
Sono già state demoliti i capannoni aggiunti negli anni Settanta, mentre sono state mantenute le strutture e le vetrate di inizio secolo, come la palazzina all’ingresso, in stile liberty, con decorazioni che richiamano i respingenti, le lamiere, i finestrini delle locomotive.
I lavori, il cui termini è previsti per la primavera del 2001, prevedono: una piazza di 9 mila metri quadrati destinati ai concerti all’aperto; laboratori per i giovani negli spazi ricavati dalle ali della fabbrica; un grande palcoscenico e 1.300 posti a sedere nella parte centrale del complesso.
Inoltre, verranno ristrutturate tutte le parti interne, oltre ad un restauro conservativo all’esterno.

pianta dell’area

 

Roma: l’architettura industriale del quartiere Ostiense

L’Air Terminal Ostiense

Costituisce l’esempio recente di un progetto che non rispose adeguatamente alle esigenze, rimanendo in funzione solo per tre anni. Nel 1990 venne inaugurato in occasione dei Mondiali di Calcio, nonostante fosse stato già previsto nel 1985, allo scopo era quello di creare un innesto nella rete di trasporti urbani nella nuova linea ferroviaria che raggiunge l’aeroporto di Fiumicino.
Venne scelta l’area del vecchio scalo merci della stazione Ostiense, grazie anche alla vicinanza di una rete ferroviaria già consolidata, che comprende quella nazionale, che transita per la stazione Ostiense, quella per Ostia, ed infine la linea B della metropolitana. Inoltre, importante nodo di traffico stradale, in quanto circondata da arterie di grande viabilità, come la via Cristoforo Colombo e la via Ostiense.
L’Air terminal, progettato dall’architetto Julio Lafuente, era costituito da tre opere: fabbricato viaggiatori, centro commerciale e parcheggio. L’edificio, coperto da una grande volta, è costruito con tubolari metallici che insistono su pilastri in cemento armato. Le grandi vetrate, con infissi in alluminio, sono sorrette da un’ossatura in acciaio. Il fabbricato viaggiatori si sviluppa in un piano terra, occupato da una grande hall, sulla quale si affaccia il secondo piano con gli uffici delle ferrovie dello Stato, e da altri ambienti destinati ad uffici e servizi per il pubblico. Grazie ad una passerella pedonale meccanizzata si raggiungeva la stazione Ostiense, mentre con scale mobili e sottopassaggi si accedeva ai treni della Roma-Lido e della metropolitana.
L’edificio destinato a centro commerciale, situato accanto all’Air terminal, è a pianta centrale, su due piani. La parte centrale della copertura, cuneiforme è costituita da strutture in acciaio e superfici in vetro. L’ultima parte presenta invece, una copertura a terrazzo.

 

La centrale Montemartini

Il primo impianto comunale di produzione elettrica, voluto dal sindaco Nathan e dall’Assessore al Tecnologico Giovanni Montemartini, fu inaugurato il 30 Giugno 1912, con l’illuminazione delle strade tra piazza del Popolo e piazza Risorgimento, le prime a beneficiare dell’energia elettrica prodotta dal nuovo impianto dell’Ostiense. Fu progettato dall’ingegner Puccioni, il quale nascose la centrale dietro una facciata curata nelle decorazioni ed antistante ad un piazzale con un’aiuola ovale e lampioni liberty. La facciata è costituita da un primo piano in bugnato su cui si aprono grandi finestre separate da lesene, che nel piano superiore diventano trifore con cornici e fregi. Nel centro vi è una grande scalinata che porta all’interno, anch’esso monumentale, contenente gruppi di motori Diesel ed un turboalternatore a vapore. L’attività della centrale cessò nel 1968, perché antieconomica, ma i macchinari furono mantenuti all’interno dell’edificio, che dal 1989, in seguito a restauri, fu trasformato dall’ACEA in un centro multimediale per convegni, mostre e spettacoli. Nel 1997 è stato inaugurato il nuovo spazio espositivo Art Center ACEA, destinato a molte collezioni dei Musei Capitolini. Tre sale sono state destinate alla mostra "Le macchine degli dei", dove reperti di archeologia classica sono mischiati genialmente intervallati da reperti di archeologia industriale.

 

 

Gli ex Magazzini Generali del porto fluviale

Il complesso, che oggi ospita l’Istituto Superiore Antincendi, fa parte di una serie di fabbricati risalenti al periodo che va dalla fine dell’Ottocento all’inizio del Novecento, e destinati alle nascenti attrezzature commerciali ed industriali di Roma, lungo la via Ostiense. Fu uno dei primi edifici in cemento armato realizzato a Roma su progetto dell’ingegner Tullio Passarelli, dotato anche di strutture portanti in acciaio, di murature portanti in pietra e mattoni ed un sistema di movimentazione delle merci stoccate, costituito da un traliccio metallico che si dirama dall’interno dell’edificio, creando un collegamento con il Tevere. Sorse sull’area che nella Roma imperiale era occupata da magazzini per le merci provenienti dal Tevere. Ad esso erano collegati alcuni fabbricati ad un solo piano, destinati a sistemi diversi di pesa, oltre al fabbricato della direzione, su via del Commercio.
Dal 1984 viene ristrutturato dallo studio di Architetti Associati Gigli, ed adeguato alle esigenze della Direzione Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendi, e nel 1994 viene consegnato al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.Tuttavia i lavori non saranno completati a causa del ritrovamento di siti archeologici del I secolo a.C. e costruzioni appartenute probabilmente ad una villa con magazzini di fronte al Tevere, in gran parte distrutti: infatti, l’area fu poi destinata alla sepoltura di povera gente, come risulta dal ritrovamento di tombe risalenti al II secolo d.C.

 

 

 

Il ponte dell’Industria

E’ uno degli ultimi ponti costruiti nella Roma pontificia, dotato di struttura in ferro (uno dei primi ponti realizzati in tale materiale) mobile. Nasce come ponte ferroviario allo scopo di raccordare la linea di Civitavecchia, che terminava nella sua stazione presso il porto di Ripa Grande, alla stazione Termini.
Fu costruito in Inghilterra e trasportato a Roma in pezzi, per essere rimontato nel 1863. Fu inaugurato il 24 Settembre dello stesso anno, alla presenza di Pio IX e di monsignor De Merode.
Nel 1911 fu trasformato in ponte stradale e, da allora, sostituito per la linea ferroviaria dal ponte San Paolo. L’attuale ponte, lungo 131 metri e largo 7.25 metri, è costituito dai piloni originari della struttura portante: due campate maggiori di 45.60 metri, ed una più piccola, centrale, di 15.20 metri, e da una travatura metallica che nel 1924 sostituì quella originaria.

 

Napoli: il recupero dell’area del porto

Con l’abbattimento della muraglia, che le truppe americane fecero erigere nel ’44 per separare il tessuto urbano dalle attività portuali, ha inizio il processo di recupero e ristrutturazione complessiva dell’area portuale, al fine "di creare una relazione del tutto nuova tra città e porto", come spiega l’architetto Stefano Boeri, al quale è stato affidato il progetto. Il muro segnava ed in parte segna ancora il confine di una "zona franca", dove negli anni sono fioriti commerci ed abitudini non sempre lecite, che la città ora deve riconquistare, al fine di rilanciare l’area commerciale. Una prima fase prevede la riqualificazione delle banchine di quest’area, ed il recupero del terminal dell’Enel, per trasformarlo in una grande piazza a mare per i container. Gli obiettivi principali sono: nuovi terminali croceristici e per le linee del golfo; risistemazione delle banchine ed adeguamento degli edifici demaniali destinati alle riparazioni ed alla cantieristica; nuovi attracchi por le navi più grandi. Tutti interventi che il piano triennale prevede per proiettare lo scalo di Napoli nei circuiti internazionali, con una spesa complessiva di 240 miliardi. Con il rilancio del porto si prevede di rilanciare le attività produttive e commerciali, oltre a quelle turistiche e culturali. E’ già partita la trasformazione dell’area passeggeri,con la collocazione di una piattaforma pedonale collocata al posto del muro davanti alla stazione marittima ed al Molo Beverello, anche se "è una soluzione temporanea, un primo passo verso la grande passeggiata a contatto delle banchine nell’area che va dal Molo Beverello al Molo dell’Immacolatella Vecchia. Qui l’attrazione più grande è lo spettacolo delle navi e dell’andirivieni dei passeggeri, perché il porto che lavora è, a suo modo, uno show" spiega Boeri. L’assessore all’Urbanistica Rocco Papa assicura che "è un intervento temporaneo, simbolico, per rendere plastico e visibile il recupero del rapporto con il mare". " I lavori per il Museo d’Arte Contemporanea nello spazio degli ex Magazzini Generali, prevedono anche un grande spazio pedonale intorno al Molo dell’Immacolatella Vecchia, con bar ristoranti ed altri servizi utilizzabili sia dai passeggeri dei traghetti, sia dai cittadini che vengono al museo o vogliono godersi una passeggiata a mare. Inoltre, è prevista la liberazione dalle auto del tratto compreso tra il Maschio Angioino e Castel Dell’Ovo". Anche i lavori nella grande piazza davanti al Comune per la realizzazione della stazione di interscambio fra le tre linee della metropolitana ed un vasto parcheggio sotterraneo, comodo anche per chi vuole imbarcarsi sui traghetti diretti alle isole, oltre alla trasformazione del vecchio molo borbonico di San Vincenzo, oggi ancora della Marina Militare, in un porto turistico per grandi yacht, partecipano al disegno generale di rilanciare questa storica zona di Napoli, contigua al centro storico (Maschio Angioino, piazza Municipio, la Galleria, piazza Plebiscito), ed entrare in competizione con altri bacini del Mediterraneo per la lunga sosta di yacht e panfili.