(da
Famiglie feudali siciliane. Patrimoni redditi investimenti tra ‘500 e ‘600
di Timothy Davies - Salvatore Sciascia Editore)
LA BARONIA DI PIETRA D'AMICO DOPO IL 1526:L'INSICUREZZA DEL POSSESSO
All'inizio del '500, la baronia di Pietra D'Amico assieme a quella di Motta
Sant'Agata e Cammarata era in possesso della famiglia Abbatellis.
Nel 1523, dopo il fallimento della ribellione di Federico Abbatellis,
tutti i beni vennero sequestrati dalla Corona e furono poi conferiti a Mercurino
Gattinara. Successivamente, le diverse parti degli ex possedimenti
Abbatellis furono sottoposte a transazioni complicate che nel primo'600 diedero
luogo a liti di rivendicazione, e ciò spiega almeno in parte il carattere
piuttosto insicuro del titolo di possesso alla baronia che toccò ai Barresi.
Sorsero equivoci quando il ius luendi fu
venduto a prescindere dal bene che doveva riscattare, e quindi fu reso insicuro
il titolo permanente dei Barresi a Pietra D'Amico, anche se nel 1542 il
contratto di compravendita si stipulò senza riserve, a tutti passati. Chi pretendeva il diritto di rivendicare una
baronia del genere aveva maggior possibilità di successo quando poteva contare
su opportuni appoggi nell'ambiente politico.
La baronia di Pietra D'Amico fu in un primo tempo venduta, nel 1526, a nome
di Mercurino Gattinara con il patto di riscatto a Pietro Gregorio, consigliere
regio, e a questi venne poi alienato, sedici anni piú tardi, il
ius luendi. Pare che Pietro Gregorio abbia ceduto i propri diritti a favore
della Regia Corte, che nel 1542 vendette senza riserve la baronia a Nicolò
Barresi. Il diritto di rivendicare la baronia che gli eredi di Gattinara
continuarono a godere e che fu tramandato alla famiglia Castro, si sarà fondato
sull'inadeguatezza del modo di transigere, prima del 1542, il ius
luendi.
Malgrado Nicolò Barresi avesse comprato, secondo il contratto, Pietra
D'Amico senza riserve, nel 1610 venne mossa una lite contro Carlo Barresi da
parte di Francisco De Castro che volle rivendicarla .30 Poi, nel 1615, una decisione emessa dal Supremo Consiglio
d'Italia riconosceva i diritti di Carlo ma la famiglia Castro non accettò di
rinunciare alle proprie pretese, anzi intensificò l'azione legale soprattutto
quando Francisco de Castro diventò vicerè di Sicilia. Nel 1620 Elisabetta Barresi giunse ad un accordo di
compromesso con i De Castro: ella si impegnò ad assegnare, per una cessione di
diritti, quattro feudi di Pietra D'Amico (cioé Ciniè, Moavero, Petraro e
Scillonato), che avrebbe dovuto riscattare per 20.250 onze entro diciotto anni .32 Successivamente però l'accordo fu sconfessato da
Elisabetta che, dopo che fu riaccesa la lite, riuscí a far ridurre la
liquidazione a 16.000 onze senza l'obbligo della cessione temporanea di una
parte della baronia. La somma
convenuta venne pagata per «partite di Tavola» nel 1633, nel 1638 e nel 163 9.33
Il problema del possedimento insicuro lo dovettero affrontare
altri titolari a cui erano pervenute altre frazioni dell'ex patrimonio
Abbatellis. Nel 1613 il conte di
Castro riuscí a rivendicare otto feudi che facevano parte della baronia di
Motta Sant'Agata .34 Ma a differenza di Pietra D'Amico e Motta Sant'Agata, non risulta che si sia
tentato di rivendicare i quattro feudi della contea di Cammarata che avevano
costituito la baronia di Montefranco .