(da
Famiglie feudali siciliane. Patrimoni redditi investimenti tra ‘500 e ‘600
di Timothy Davies - Salvatore Sciascia Editore)
2.
L'inadeguatezza del fidecommesso per la conservazione della integrità
patrimoniale
A differenza dei Grimaldi, i capifamiglia Barresi stabilirono
immancabilmente il fidecommesso tramite il testamento e non la donazione propter
nuptias: né Francesco, né Carlo, né Elisabetta, l'erede di Carlo, si
sposarono prima che fosse morto il capofamiglia; Girolamo Di Napoli, che acquistò
il patrimonio Barresi sposandosi con Elisabetta, morí intestato e il suo erede
universale, Giuseppe, rimase scapolo." I diritti dell'erede universale
furono attentamente riconosciuti nei testamenti di ogni capofamiglia da Nicolò
in poi. Però, ad ogni generazione successiva, vennero modificate le
disposizioni testamentarie in merito ai vitalizi che dovevano spettare ai
cadetti." E ciò malgrado la famiglia Barresi non godesse di un titolo
sicuro su Pietra d'Amico. Ma il
fidecommesso non impedí l'alienazione temporanea di una frazione della baronia
da parte di Francesco, successore di Nicolò.
Mosso dalle strettezze finanziarie, questi dovette, per pagare la dote
della sorella, vendere col patto di riscatto il feudo di Cinié - uno dei
quattro feudi che originariamente comprendeva la baronia - unicamente ad un
terreno allodiale a Palermo. Nella terza e quarta generazione, poi, Elisabetta e
Carlo Barresi dovettero resistere ai tentativi di rivendicare la baronia da
parte degli eredi di Mercurino Gattinara, il quale l'aveva acquistata e poi
venduta dopo che era stata sequestrata, nel 1523, alla famiglia Abbatellis (per le vicende della baronia del
'500, vedi Appendici 9 e 1 0). Ed
è anche possibile che, se il patrimonio Barresi fosse passato, in mancanza di
eredi maschi in mano di una famiglia con le finanze piú salde, l'accumularsi
dei debiti avrebbe lo stesso costretto Carlo Barresi ad alienare definitivamente
una parte della sua eredità.