(da
Famiglie feudali siciliane. Patrimoni redditi investimenti tra ‘500 e ‘600
di Timothy Davies - Salvatore Sciascia Editore)
3.
Le linee direttive delle alleanze matrimoniali nel tardo
'500
Le alleanze matrimoniali contratte nella
famiglia, da Nicolò in poi, rispecchiarono sia il cambiato orientamento
geografico dei suoi interessi economici in questo periodo che, in parte minore,
le ristrettezze sempre piú pesanti che travagliavano i capifamiglia successivi.
Nella prima generazione, Nicolò contrasse matrimonio con una figlia del
barone di Raccuia, della famiglia La Rocca, riaffermando cosí i legami
tradizionali con Messina. Successivamente, gli eredi universali sposarono donne
di famiglie i cui interessi non erano verso Messina ma verso Palermo. La moglie di Francesco, Isabella Torongi, probabilmente era
di una famiglia che deteneva frequentemente alti incarichi a Palermo." La
moglie di Carlo, Melchiora Barresi e Lo Campo, era legata alla capitale tramite
il defunto marito, Giovanni Lo Campo. L'erede di Carlo, la nipote Elisabetta,
sposando Girolamo di Napoli, collegava il patrimonio dei Barresi con quello di
una famiglia che ai primi del '600 stava creandosi a Palermo dei grossi
interessi.
Vista
la frammentarietà delle nostre fonti, non è il caso di parlare di una
transizione del matrimonio locale a quello «supra-Iocale», come avvenne per i
Grimaldi. Mancano i documenti che
potrebbero gettar luce sui rapporti economico-sociali tra i Barresi e la
famiglia La Rocca, con la quale nel 1534 Nicolò contrasse l'alleanza
matrimoniale. E’ difficile, inoltre, inserire il matrimonio contratto tra
Francesco e Isabella Torongi in una tendenza verso matrimoni che servissero all'ascesa sociale della famiglia: la dote dovette
essere piuttosto consistente anche se non ci è pervenuto il contratto, ma il
matrimonio non poteva valere granché dal punto di vista del prestigio, poiché
è quasi certo che i Torongi non avessero possedimenti propri.
Piú o meno nello stesso tempo si concordò il matrimonio della figlia piú
grande di Nicolò, Ippolita, che, sulla base della consistenza della dote (l.700
onze), dovette essere a livello locale.
Verso la fine del secolo, però, l'accresciuto prestigio della famiglia
assicurò a Carlo il matrimonio che, anche se contratto con una parente, fu di
dimensione «supra-Iocale», in quanto la consistenza della dote che egli
riscosse fu di 7.200 onze, che equivale al 40% in piú di quella che nello
stesso periodo era riuscito ad assicurarsi Giulio Grimaldi.
Può darsi che l'elevata consistenza della dote fosse dovuta al fatto che
la sposa, Melchiora Barresi, si trovasse al suo terzo matrimonio," e cioé
che alla sua dote iniziale avesse ora potuto aggiungere anche i dotari dei due
precedenti mariti. Non sembra che gli altri membri della famiglia Barresi della
terza e quarta generazione abbiano contratto matrimonio con coniugi di un
prestigio sociale piú alto del proprio. La
sorella di Carlo sposò il cugino, Pietro Barresi, apportandogli una dote di
circa 1.800 onze, pari al 25% di quella percepita da Carlo. Nella generazione successiva, la nipote ed erede di Carlo,
Elisabetta Barresi, congiunge le fortune dei Barresi di Pietra d'Amico con
quelle di una famiglia in ascesa, i Di Napoli, che non potevano vantarsi di una
genealogia nobile, mentre la sorella di Elisabetta, Agata, sposò un non
titolato la cui condizione sociale non era sicuramente superiore a quella dei
Barresi.