LA FAMIGLIA BARRESI - DI NAPOLI

(da Famiglie feudali siciliane. Patrimoni redditi investimenti tra ‘500 e ‘600 di Timothy Davies - Salvatore Sciascia Editore)  

6.  Gli acquisti di un ufficiale riuscito: Giuseppe I Di Napoli

 La carriera di Giuseppe I Di Napoli, costruttore delle fortune familiari, ci fa ricordare quella di Pietro Andrea I Grimaldi.  Piú brillante fu, però, il successo di Giuseppe: nato in una famiglia senza titolo nobiliare, anche se da tempo godeva di molto prestigio politico-sociale nella città di Troina, si elevò fino a diventare uno dei reggenti del Supremo Consiglio d'Italia a Madrid.  Va rilevato che Giuseppe I non era piú « self-made man » di Pietro Andrea Grimaldi, poiché poco prima di lui i passi della carriera legale li avevano calcati con successo due suoi parenti: Francesco Di Napoli, che da giudice della corte stratigoziale di Messina diventò pure reggente, e Girolamo Di Napoli che, verso la fine del '500 fu presidente della corte della Sacra Regia Coscientia . Grazie alla mano dello zio Girolamo, quindi, Giuseppe, ancora piuttosto giovane, nel 1600 assunse il primo incarico come giudice della corte pretoriana. Nel 1612 fu incaricato dell'ufficio di giudice della Regia Gran Corte, dal quale doveva ricavare 800 onze annue.  Nell'anno seguente quando fu nominato avvocato fiscale del Patrimonio ricavava altre 400 onze.  E’ probabile che nel decennio dopo il 1613 i guadagni lordi di Giuseppe in un anno non furono mai inferiori a 1.200 onze, e che aumentarono ancora di piú quando diventò presidente del Tribunale del Real Patrimonio.  Il ricavato effettivo doveva essere almeno due volte il salario ufficiale.

Tra gli investimenti di Giuseppe I è possibile distinguere, grosso modo, quelli effettuati con l'intenzione di scaricarli ad una data successiva o come appannaggio per i cadetti o in permuta di altri possedimenti, e quelli in perpetuum.  Di tutte le rendite detenute da Giuseppe fra il 1591 e il 1621 (un totale di 2.739 onze annue), il 40% circa venne riassegnato e venduto - alcune come parte del prezzo dei due acquisti feudali di Campobello e Resuttano - prima del 1625; mentre un altro 8% del totale (222 onze annue) fu nel 1639 trasferito da Giuseppe al figlio cadetto Antonio .  In questi anni, la maggior parte della proprietà fondiaria fu comprata da Giuseppe I senza patto di riscatto.  Dal 1607 al 1610, dopo aver ereditato, come quota dei beni paterni un « tenimento di terre» a Troina, Giuseppe I si mise ad acquistare case e terreni a Palermo e altri terreni a Troina.  In un primo tempo cercò di acquistare beni nella località di Troina.  Prese anche in gabella la secrezia di Troina e i boschi del suo territorio, e in piú, non tanto lontano da Troina, la baronia di Caronia, possedimento del duca di Terranova. Giuseppe continuò a mantenere legami con Troina anche dopo aver acquistato beni altrove: nel 1625 fu eletto capitano della Città. Dopo che Troina negli anni '20 del '600 fu venduta dalla Regia Corte, Giuseppe diventò uno dei deputati incaricati di riscattarla al demanio ; e dopo il 1634, quando la secrezia fu venduta ad un genovese, egli contribuì con oltre il 25% del capitale necessario per riscattarla .

Ma nel lungo periodo, si scorge la tendenza a fare investimenti fuori della zona tradizionale del prestigio familiare.  All'inizio, dal 1600 al 1616 circa, si effettuarono gli acquisti di terreni e case a Palermo, il che in questo periodo rappresentò il 90% (4.930 onze) del totale spese capitali in beni stabili; inoltre, delle rendite acquistate (l.700 onze annue in tutto) 982 onze (quasi il 60% del totale) gravavano sulla città di Palermo. Nell'indirizzarsi all'investimento in beni palermitani, Giuseppe seguí l'esempio dello zio Girolamo, ma il valore dell'investimento del nipote (4.400 onze) fu quasi due volte di piú.

Via via che, verso la fine del secondo decennio del '600, Giuseppe raggiunse la vetta della carriera politica, vi è da notare una seconda fase nella linea dei suoi investimenti.  Nel comprare le baronie di Guardiola (Campobello) e Resuttano, Giuseppe scelse di stabilire la famiglia in zone abbastanza distanti da Troina.  E tale tendenza venne riaffermata con l' acquisto di Alessandria nel 1625, tramite il matrimonio del figlio con Elisabetta Barresi.  Ormai i terreni a Troina non avevano per la famiglia che una importanza secondaria.

Il prezzo pagato da Giuseppe sia per Campobello che per Resuttano fu pressoché uguale, 16.000 e 17.000 onze.  Sia l'uno che l'altro, inoltre, avevano quasi la stessa superficie, 700 salme e 732 salme, e cosí l'intero patrimonio fondiario era di dimensioni analoghe a quello di Aloisio Arias Giardina (prima della divisione del 1614).  Essendo la superficie di Campobello e Resuttano equivalente complessivamente a 4.795 ha., si può calcolare che per un capitale nominale di 100 onze, Giuseppe avesse acquistato 14,6 ha. di terreno, molto meno che non gli acquirenti di 40/50 anni addietro.

Dal 1600 al 1624 Giuseppe spese un capitale nominale di 57.443 onze nell'acquisto di beni stabili, di cui i due terzi (37.930 onze) per terre e altre proprietà e un terzo (19.513 onze) per rendite." Nel 1622, il bilancio degli investimenti di Giuseppe era simile, grosso modo, a quello di Pietro Andrea I Grimaldi nel 1591.

A differenza di Pietro Andrea Grimaldi, Giuseppe I non riuscí a compiere gli acquisti di beni feudali prima che fosse passato quasi un ventennio dal suo primo incarico.  Nel 1618 circa il 75% dell'importo dei suoi beni (35.390 onze) consisteva in rendite.  L'importo capitale delle rendite che acquistò fra il 1600 e il 1616 (22.403 onze) fu piú di tre volte superiore a quello delle rendite che ereditò e ottenne tramite il matrimonio (7.272 onze).  Circa il 75% dell'importo capitale di tutte le rendite possedute tra il 1591 e il 1622 da Giuseppe I dava un frutto annuale del 7-8%, ma circa il 25% dava un frutto piú alto del 9-10%.  Quasi tutte (piú dell'80%) queste'ultime rendite erano soggiogate sui patrimoni di famiglie indebitate, specialmente quelle a carico del marchese di Giuliana (il 24%) e del duca di Terranova (15%).  Nel 1625 circa il 50% dell'importo delle rendite al 7-8% era stato riscattato, mentre solo il 16% circa dell'importo di quelle al 9-10%.