“Il mondo contadino nel nostro passato"
Parte 3
A novembre inoltrato iniziava la semina delle fave.
Tale operazione avveniva senza conciliazione o, per precisare, si usava
solo lo stallatico che ogni contadino aveva procurato di ammucchiare in un posto
preciso, alla periferia del paese (a la
Pietà, a la Battaria, a la Purtedda, a lu Sirruneddru) ogni qual volta era
necessario ripulire la stalla dallo sterco degli animali, il cui odore forte,
acre, a volte irrespirabile, si diffondeva per tutta la casa, soprattutto nella
stagione estiva. D'inverno, quando
pioveva a dirotto, si profittava per svuotare le stalle da ogni cosa.
La pendenza delle strade facilitava l'operazione di pulitura.
Con pale o vecchie coffe si buttava il concime, misto a paglia o avanzi
di erba, in mezzo all'acqua che, scorrendo, trasportava a valle ogni cosa,
lasciando solo ai bordi tracce di letame o di qualcos'altro.
Quasi
contemporaneamente avveniva la semina del frumento.
Si trattava di un operazione dura e faticosa, sia per contadini che per i
muli i quali, al termine della giornata, si ritrovavano esausti e spossati.
Al rientro a casa, la stanchezza era tale che subito dopo aver destato,
si coricavano, non lasciandosi minimamente sfiorare dall'idea di uscire e andare
in piazza. Predisponevano ogni cosa per l'indomani: la semente, gli
attrezzi, il sacchetto con il pane, l'acqua, il vino, per essere subito pronti a partire e raggiungere il fondo
prima che albeggiasse. Capitava di
svegliarsi durante la notte, al rumore della pioggia che batteva furiosa sulle
tegole, sul davanzale delle finestre, lungo le strade acciottolate.
"Chiovi, e chiovi bonu!--"'
Al che la moglie, anch'essa sveglia: 'Addrummisciti
arré, dumani unnà unni iri”. Consigliava
così il marito a riaddormentarsi. Ed
infatti per qualche giorno, fino a quando la terra era troppo umida, non si
sarebbe potuto seminare. Si
profittava per spaccare la legna per il lungo inverno oppure si andava a
raccogliere le verdure per il companatico.
La semina del frumento, giorno più, giorno meno, si concludeva nel
periodo delle festività Natalizie. E
per tutti era un sospiro di sollievo. Si
poteva pensare fiduciosi al prossimo raccolto.
A quei tempi la ristrettezza economica non era un'eccezione. Tanta gente, molto spesso, non aveva tutti i giorni il
necessario per sfamarsi né gli indumenti per vestirsi.
Sembra opportuno riferire una storia di miseria e di povertà raccontata
dal signor Giuseppe Spoto, che lui, in
persona, aveva vissuto nella stagione della semina.
Sul far della sera, ai primi di dicembre "lu
'zù Peppi " si reca presso una famiglia per chiedere se "Pitrineddru”
, un ragazzo di dodici anni, fosse disponibile a mettere le sementi per una
quindicina di giorni.