I
primi
insediamenti umani nel territorio di Alessandria della Rocca sono da collegarsi
alla storia, o meglio alla preistoria delle popolazioni che abitarono per prime
la terra di Sicania.
Nel
II° millennio a.C., epoca in cui probabilmente risalgono le prime comunità
sedentarie in questa nostra parte della Sicilia, l'ambiente naturale doveva
avere caratteristiche abbastanza favorevoli alla vita, sia per la fertilità del
suolo, sia per la ricchezza di acque, che per una rigogliosa vegetazione.
"La
Sicilia antica era anche un paese ricco di foreste, querce, castagni, pini e
abeti, specie nelle regioni montagnose che si estendono dall'Etna verso
occidente e verso Sud fino ad Agrigento" (1). E sicuramente molto intensi ed estesi dovevano essere i
boschi e le foreste e larghe macchie di vegetazione mediterranea lungo la fascia
del monti Sicani e le valli dei torrenti e dei fiumi, dove ancora oggi se ne
notano segni qua e là sparsi.
D'altra
parte le ampie e degradanti vallate del Platani e del Magazzolo dovevano offrire
tutte le condizioni adatte allo sviluppo di attività di tipo agricolo-pastorale
e una buona rete di comunicazione fluviale.
Flora
e Fauna di questa nostra zona interna, allora, erano straordinarie rispetto
all'idea che possiamo farcene oggi.
Afferma
ancora il Finley che "la Sicilia contemporanea è, sotto certi aspetti,
un'isola diversa da quella che era stata per la maggior parte della sua
storia" (op. cit., p. 13).
La
Sicilia oggi, offesa da tante infamie e da tante ingiustizie e che è stata la
terra dell'esodo di milioni di persone, un tempo fu il polo di attrazione e
luogo di incontro e scontro di popoli diversi e intreccio di diverse culture.
Queste
valli, sono tuttora abbastanza fertili e avviate ad un progressivo sviluppo, ma
l'azione dell'uomo ne ha profondamente mutato le primitive caratteristiche e il
loro habitat. Il Platani, l'antico
Alikos, navigabile e ricco di pesci, ora è asciutto per 3/4 dell'anno; mentre
il Magazzolo è poco più di un torrente; la sua valle ora accoglie l'ampio
bacino della Diga Castello, che prende il nome dell'omonimo feudo, dove si
ergeva il Castello di Pietra D'Amico sul roccione che ora sporge dalle acque.
I fianchi della catena dei monti circostanti invece, mostrano di tanto in
tanto, le profonde ferite che le pale meccaniche hanno scavato e continuano a
scavare per le cave sparse un po' dappertutto.
Foreste,
boschi, pini e querce solo un pallido ricordo.
Qui,
tra le due valli fluviali del Turvoli, affluente del Platani, e del Magazzolo,
nella parte centro-settentrionale, si estende il territorio di Alessandria della
Rocca, avente come orizzonte la catena del monti Sicani, che dal monte Cammarata
degrada lungo la dorsale delle montagne delle Rose verso il mare di Sciacca.
Già
i luoghi ci hanno tramandato per millenni il nome. Qui da noi, i Sicani, hanno lasciato le tracce e i segni
della loro presenza.
Si
tratta di una piccola necropoli del tipo a "forno" o a "grotticelle",
scavata per i fianchi di una montagna che tuttora viene chiamata la montagna
"di li gruttiddri", o più in breve "li gruttiddri".
Essa
si trova in contrada Chinesi-Lurdichedda, in quella parte del territorio che a
valle è delimitata dal fiume Turvoli, e,a monte,dalla omonima montagna di
Lurdichedda, visibile, per la sua elevazione, dal versante opposto e che, molto
verosimilmente, per quella antica comunità costituiva un punto di osservazione
privilegiato per tener d'occhio tutto il giro dell'orizzonte.
Ma
torniamo alla piccola necropoli di "Gruttiddri".
Che si tratti di una necropoli sicana lo ha messo bene in luce Cesare
Sermenghi, nel suo interessante e stimolante lavoro "Mondi minori
scomparsi" (2). Che i Sicani
avessero uno dei loro centri fortificati più importanti a pochi chilometri dai
nostri luoghi, è altrettanto documentato da storici e studiosi di archeologia.
Infatti essi, ormai quasi concordemente, collocano la leggendaria Camico
del re sicano Cocalo nei pressi di S. Angelo Muxaro, dove si trova una
importante necropoli con tombe a grotte e a tholos.
Ma chi erano i Sicani? Quello
che su di essi hanno scritto storici antichi e moderni si fonda, per i primi, su
tradizioni leggendarie e, per i secondi, su ipotesi più o meno attendibili.
Ma
qualunque sia la loro origine è certo che ebbero la loro dimora in queste parti
interne del territorio siciliano.
Quando
nel Il° millennio, i Siculi, dalla penisola passarono in Sicilia, spinsero i
Sicani nel cuore dell'isola, cioè nella fascia centro-meridionale delimitata a
Nord-Est dai corsi del Salso e del Platani, che costituivano il confine
Siculo-Sicano.
I
Sicani si espansero lungo tutta la valle del Platani e per tutto l’arco dei
monti circostanti, fino a venire a contatto con gli Elimi che occupavano la
parte occidentale della Sicilia. Probabilmente Sicani ed Elimi inizialmente costituivano un
unico gruppo, differenziatosi successivamente (3).
Comunque,
per quanto concerne la presenza del Sicani dalle nostre parti, non vi sono
dubbi. "Pienamente suffragata
da dati incontrovertibili, almeno limitatamente all'area del gelese e dell'agrigentino,
è poi l'asserzione di Tucidide che i Sicani ancora nella sua età abitavano la
parte occidentale dell'isola" (4).
Una
leggenda riferita dallo storico di Agira, Diodoro Siculo (I° sec. a.C.), narra
che il famoso architetto cretese Dedalo, per sfuggire al re Minosse si costruì
delle ali di cera, attraversò volando il mare e si rifugiò in Sicilia.
Cocalo lo accolse con onore e Dedalo per lui progettò e fece costruire
la reggia-fortezza di Camico.
Si
dice che Minosse con una flotta salpò da Creta, raggiunse la Sicilia e si recò
da Cocalo, per chiedere la restituzione di Dedalo. Ma Cocalo, fingendo di acconsentire, invitò a banchetto il
re cretese, che però durante un bagno, fattogli preparare dalle figlie, fu
fatto annegare.
Il
re Sicano invece fece circolare la voce che si trattò di un fatto accidentale.
La leggenda oltre ad attestarci indirettamente la presenza Sicana nel
nostro territorio, nasconde un altro nocciolo di verità: l'incontro o scontro
con popolazioni egeo-micenee che dopo l'invasione dei Dori si spinsero nel
Mediterraneo in cerca di una nuova patria.
E l'antica Sicilia fu uno del tanti approdi.
Una
variante più antica della medesima tradizione ci è data da Erodoto, il quale
narra che dopo qualche tempo i cretesi, per vendicare la morte di Minosse,
assediarono per 5 anni Camico, ma non riuscirono ad espugnarla.
Per tanti secoli dunque, i Sicani continuarono ad abitare in piena
autonomia i loro villaggi, ben protetti dalla natura dei luoghi e da fortezze
come quelle di Camico, che spesso sorgevano sulle sommità dei monti e
costituivano una valida difesa, dai tentativi di invasione che si susseguirono
in diversi momenti, a cominciare da quelli già accennati dei Siculi e di
Minosse.
Ma
chi riuscì a sottometterli fu il tiranno di Agrigento Falaride.
G. Di Giovanni nelle sue
"Notizie storiche su Casteltermini" riporta la vicenda narrata da
Polieno Macedone (retore del Il° sec. d.C.) il quale racconta, come Falaride
riuscì con uno stratagemma a soggiogare i Sicani (5).
Falaride
non potendo in alcun modo espugnare la fortezza dei Sicani con l'assedio, pose
fine alla guerra e fece trasportare molto frumento negli accampamenti e lo lasciò
ai Sicani, a condizione che glielo restituissero con il prossimo raccolto.
I Sicani, che probabilmente ne avevano tanto bisogno dopo il lungo
assedio, accolsero di buon grado la proposta.
Ma a questo punto scattò l'inganno.
Falaride fece corrompere i custodi del granaio, i quali ne scompigliarono
i tetti e così il grano si imputridì. I
Sicani intanto restituivano il loro nuovo raccolto.
Così, avendo essi dato a Falaride tutto il prodotto della loro terra, e
trovato corrotto il frumento che conservavano, non restò altro che arrendersi
per fame al tiranno di Agrigento. Il
Di Giovanni stabilisce come data approssimativa della sottomissione dei Sicani
l'anno 550 a.C..
Ma
c'è da supporre che la decadenza dei villaggi sicani fu soltanto temporanea,
perché questi dovettero rinascere durante il regno di Terone (488-472 a.C.) che
fece di Akragas una delle più splendide città della Magna Grecia.
Ma
ormai la storia della nostra terra è storia di altri:di Greci, Punici e Romani.
Giuseppe Frisco (Alessandria ieri-1986)
NOTE
(1)
M. 1. Finley, Storia della Sicilia antica,
Laterza, p. 13.
(2)
C. Sermenghi, Mondi minori, ed.
Il Vertice, Palermo, pp. 133-162.
(3)AA.VV.,
Storia della Sicilia, vol. 1, p. 67 e ss.
Napoli, Società per la Storia di Napoli e del Mezzogiomo.
(4)
Ibidem, pp. 55.
(5)G.
Di Giovanni, op. cit., pp. 80-8 1.